Sentenza n. 477 – 8.04.2022 – Sez. III – Pres. ed Est. Ciliberti

1.L’onere di specificazione dell’interesse conoscitivo nell’istanza di accesso presentata, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., contestualmente al ricorso in materia di appalti
2.L’illecito professionale per pregressa risoluzione contrattuale non è causa di esclusione automatica dalla gara
3.Sul contenuto della valutazione discrezionale della stazione appaltante dei requisiti di moralità e affidabilità del concorrente
4.Sull’incidenza della dichiarazione di esclusione per illecito professionale emanata da distinta Amministrazione
5.In ordine al diverso contenuto della motivazione dei provvedimenti di ammissione e di quelli di esclusione
6.La valutazione di sufficienza della dichiarazione relativa ai requisiti di partecipazione generali e specifici e procedimento di soccorso istruttorio
7.Il contenuto della censura afferente la valutazione operata dalla stazione appaltante dell’offerta economica e dei costi per la manodopera dell’aggiudicatario

1. L’istanza formulata ai sensi dell’art. 116, comma 2, CPA mutua i principi della domanda di accesso documentale sicché, stante la chiara formulazione dell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50/2013, incombe in capo al ricorrente l’onere di specificare in modo adeguato l’interesse conoscitivo concretamente perseguito con riferimento ai motivi di ricorso formulati, essendo preclusa dall’ordinamento una finalità meramente esplorativa.
2. Secondo l’insegnamento contenuto nella sentenza n. 16/2020 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, un eventuale episodio di risoluzione di contratto pubblico d’appalto ricade tra le ipotesi di presunto illecito professionale previste dall’art. 80, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 cui non è correlato un effetto escludente automatico, imponendo una discrezionale valutazione della stazione appaltante, diversamente da quanto accade per quelle contemplate nei commi 1 e 2 dello stesso art. 80.
3. Nella valutazione inerente la moralità ed affidabilità dell’impresa, la stazione appaltante deve acquisire elementi circostanziati, tenendo conto, per esempio, la situazione che l’impresa abbia, comunque, adottato misure di self cleaning ovvero che sia intervenuta la stipula di un accordo transattivo che assume una peculiare rilevanza poiché proveniente dall’unico soggetto in grado di qualificare la gravità degli inadempimenti ascritti all’impresa ed il contesto nei quali essi sono maturati. In una valutazione di tal genere, occorre altresì constatare, del resto, che risponde a criteri di comune esperienza il fatto che un operatore economico, nel corso della propria attività professionale, possa commettere errori o irregolarità che si traducono in parziali inadempimenti a obbligazioni contrattuali, ma ciò non è sufficiente per ritenere radicalmente inaffidabile l’impresa e, pertanto, escluderla dal novero dei possibili contraenti dell’Amministrazione.
4. Non esplica alcuna effetto conformativo del giudizio di affidabilità della stazione appaltante la esclusione disposta da altra pubblica Amministrazione per il medesimo fatto (nel caso regolato il relativo provvedimento era stato sospeso interinalmente dal giudice amministrativo): infatti ciascuna stazione appaltante conserva un’autonoma e distinta sfera di discrezionalità nel valutare i fatti che possono minare l’affidabilità degli operatori economici partecipanti alla gara dalla medesima indetta ed esperita.
5. La stazione appaltante è tenuta, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, a motivare le esclusioni e non anche le ammissioni dei concorrenti ad una gara pubblica: nel caso di errore professionale, il provvedimento di esclusione va fondato sulla valutazione della esistenza di un illecito professionale e sulla sua qualificazione in termini di gravità tali da minare la affidabilità del concorrente; tale regola è destinata a subire eccezione nel solo caso in cui la pregressa vicenda professionale dichiarata assuma una peculiare pregnanza, tale da poter e dover eccitare – secondo l’id quod plerumque accidit ed in conformità della diligenza particolarmente qualificata che deve pur sempre connotare l’agere dei pubblici poteri (art. 97 Cost., art. 1 legge n. 241 del 1990, art. 1176, comma 2, c.c.) – gli officia istruttori e valutativi della Stazione appaltante, imponendo ex post l’onere di dare conto dell’iter logico giuridico all’uopo seguito nella ponderazione prodromica alla decisione sull’integrità del partecipante alla gara; trattasi di una deroga al principio generale, che ricorre quindi solo “in presenza di una pregressa vicenda professionale che appaia, ictu oculi, di particolare rilevanza” (cfr.: Cons. Stato, V, n. 1500/2021 cit.) tale da imporre alle Amministrazioni oneri positivi di istruttoria e di motivazione, in funzione di tutela delle legittime aspirazioni degli altri concorrenti e del più generale interesse pubblico alla retta e trasparente conduzione della procedura.
6. La dichiarazione resa da un concorrente in ordine ai propri errori professionali non può ritenersi approssimativa laddove informata al divieto di venire contra factum proprium ovvero allorquando la dichiarazione afferente i requisiti di ordine generale contenga l’indicazione del titolo di reato per il quale l’Autorità Giudiziaria ha avviato il procedimento penale: infatti, in tali ipotesi la stazione appaltante è posta nelle condizioni di esercitare il procedimento di soccorso istruttorio preordinato all’acquisizione di elementi dettagliati e circostanziati da valutare richiedendoli al candidato stesso.
7. La censura afferente la verifica dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante effettuata sull’offerta dell’aggiudicatario deve essere supportata, a cura del ricorrente, dal corrispondente rilievo sostanziale dell’effettiva insufficienza di tali costi, non potendo trovare ingresso doglianze dal tenore formalistico e generico con cui viene lamentato solo l’omesso espletamento di un adempimento, senza dimostrare che tale omissione abbia prodotto conseguenze invalidanti, rimanendo, diversamente, nel novero delle irregolarità.

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