Jazz Corner
a cura di Filippo Giorgio e Michele Didonna
JazzNews (calendario ragionato)
-Jacky Terrason (Bergamo), 25 maggio
-Ah-um jazz festival (Milano), dal 19 al 24 maggio (www.ahumjazzfestival.com)
-Alba jazz festival, dal 5 all’8 giugno (www.albajazz.com)
-Fasano jazz 2014 XVII ed., dal 30 maggio all’11 giugno
-Jazz&more (Verona), rassegna di suoni, sapori e solidarietà , fino al 6 giugno
-Venezze jazz festival (Rovigo), fino al 14 giugno
-Jazz festival Alto Adige, dal 27 giugno al 6 luglio (www.suedtiroljazzfestival.com), evento clou: concerto di C.Corea con S.Clark
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Giornata internazionale del jazz
Il 30 aprile si è svolta la terza edizione dell’International jazz day, giornata istituita dall’Unesco dedicata alla Musica Jazz, quale forma d’arte sinonimo di libertà e unione tra i popoli. La manifestazione è stata ospitata a Osaka in Giappone con un’ampia partecipazione di artisti tra cui Wayne Shorter, Dee Dee Bridgewater, Gregory Porter, Kenny Garrett, Roy Hargrove. L’evento è stato trasmesso in streaming attraverso i siti dell’Unesco, del Dipartimento di Stato degli USA e del Thelonious Monk Institute of Jazz. [www.jazzday.com]
Sede principale per l’Italia della Giornata Nazionale del Jazz è stato il Torino jazz festival (25 aprile-1 maggio) con la presenza di artisti quali: Al Di Meola, Dave Douglas, Kenny Barron, Dave Holland, Caetano Veloso, Ibrahim Maalouf, Diane Schuur, Paolo Fresu, Gianluigi Trovesi, sotto la direzione artistica di Stefano Zenni.
(f.g.)
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Note Blu (discografia ragionata)
-Sweet shadow di Pete Mills, ed. Cellar live
-Monk’n’roll di Francesco Bearzatti, ed Camjazz
-Landmarks di Brian Blade, ed. Blue note
-Great voices of Harlem di Gregory Porter, ed. Pao Records
-Play blue di Paul Bley, ed. Ecm
-Bloom di J.D.Allen, ed. Savant Records
-Southern comfort di Regina Carter, ed. Okeh
-New folks di Philip Catherine, ed. Act
-30! di Paolo Fresu Quintet, ed. Tuk
-Il bidone di Gianluca Petrella, ed. Spacebone Records
-39 steps di John Abercrombie, ed. Ecm Records
-2end Line Smith di Craig Handy, ed. Okeh
-Switch di Nils Petter Molvaer, ed. Okeh
-Gigiabbo di Claudio Bianzino, ed. Dodicilune
-Blues di Vittorio Gennari, ed. Redrecords
-Django roots di Daniele Gregolin, ed. Dodicilune
Ristampe:
-Oh yeah di C.Mingus, ed. Essential Jazz Classic
-Three sounds di S.Turrentine, ed. Essential Jazz Classic
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Anticipazioni:
Umbria Jazz 2014@ARENA SANTA GIULIANA
11 luglio
The Daptone Super Soul Revue
featuring
Sharon Jones & the Dap-Kings
Charles Bradley and his Extraordinaires
Antibalas
The Sugarman 3
with special guests Saun and Starr
and Master of Ceremonies Binky Griptite
14 luglio
ELIANE ELIAS QUARTET
Eliane Elias – piano, vocals
Marc Johnson – bass
Graham Dechter, guitar
Rafael Barata, drums
STEFANO BOLLANI / HAMILTON DE HOLANDA DUO
15 luglio
GALACTIC
DR JOHN interprets LOUIS ARMSTRONG – Sarah Morrow Musical Director
16 luglio
HERBIE HANCOCK / WAYNE SHORTER DUO
MONTY ALEXANDER HARLEM KINGSTON EXPRESS
17 luglio
“VOLCAN”
GONZALO RUBALCABA, piano
JOSE ARMANDO GOLA, guitar
HORACIO “EL NEGRO” HERNANDEZ, drums
GIOVANNI HIDALGO, percussions
HIROMI / MICHEL CAMILO DUO
18 luglio
NATALIE COLE
FIORELLA MANNOIA
ospiti speciali
DANILO REA
FABRIZIO BOSSO
19 luglio
DOBET GNAHORà‰
THE ROOTS
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Jazzman
Pat Metheny: Una faccia che non sembra invecchiare, più da folksinger che da jazzman, insieme ad una vaga somiglianza con l’attore di Hollywood, Mel Gibson; una buona chitarra sempre accanto ed un senso sviluppato per l’Unità , il Gruppo. Questo è oggi Pat Metheny: 60 di vita e 40 di carriera, sette Grammy per sette dischi consecutivi, tra collaborazioni che vanno da David Bowie a Herbie Hancock.
Armonia globale: Il suo intento? Fondere jazz, elettronica, rock, dance. Cercare attraverso continui cambi di ritmo una musica senza schemi e senza regole. àˆ quello che ha cercato di fare nel nuovo album “Kin”, che significa stirpe, famiglia e ruota intorno al concetto di armonia globale tra incastri poliritmici e sperimentazione sonora in “una fusione di talenti”. Magistrali anche le percussioni del batterista messicano. La sua famiglia al momento è il Pat Metheny Unity Group, con Chris Potter al sax, Antonio Sanchez alla batteria, Ben Williams al contrabbasso ed il polistrumentista italiano Giulio Carnassi. Il nome del gruppo è un omaggio all’ensemble della Unity Church, la chiesa vicino alla casa dove il musicista del Missouri è cresciuto (Lee’s Summit).
Il risultato finale può piacere o non piacere, ma di certo, la passione profusa in questi progetti musicali dal chitarrista di Kansas City, non può lasciare mai indifferenti.
Il 20 giugno sarà a Bari, ore 21@ Teatro Team.
(f.g.)
Focus
A joyful day: Purple (ed. Verve Records) è il nuovo lavoro musicale di Fabrizio Bosso. A quarant’anni, appena festeggiati con un grande concerto in suo onore al Moncalieri Jazz Festival, è uno dei migliori trombettisti italiani.
Jazz&Pop: Musicista a tutto tondo, con numerosissime collaborazioni jazzistiche al suo attivo, ha avuto il merito di avvicinare il pubblico più giovane al jazz anche suonando accanto a personaggi quali Sergio Cammariere e Nina Zilli, riscuotendo peraltro, anche in questi casi, un notevole successo ma subendo, al contempo, critiche legate ad un avvicinamento, ritenuto eccessivo, alla pop music.
Spiritual Trio: Con “Purple”, insieme ai musicisti torinesi Alberto Marsico e Alessandro Minetto, rivisita brani gospel come “A Change is gonna come” di Sam Cooke e “Go down Moses ” (ma nel cd sono inclusi anche due inediti). Ma lo fa alla sua maniera, con una tromba che appare a tratti lirica, accompagnata anche dai Solisti Aquilani e dal Sunshine Gospel Choir, ed a tratti esplosiva. Il titolo riecheggia quello del famoso film di Steven Spielberg, “The Color Purple”, opera del 1985 con Whoopi Goldberg, candidata all’oscar, incentrato sulle sofferenze della popolazione afroamericana. Nel disco si passa dai toni romantici di “Dreams come true” a quelli più netti della title track di Donnie Mc Clurkin, dall’energia di “A little ¾ for God & Co.” alla mistica “Total praise”. Il soul si sente e riflette la sinergia tra i musicisti. Sarà l’organo Hammond, saranno gli assoli ben calibrati, gli archi, la tromba che vola: tutto è ben dosato e conferma la bontà del progetto. (f.g)
R.I.P. – Blue note on air
Addio Paco: Non posso sapere cosa ha pensato, sentito, Vicente Amigo quando la notizia della morte improvvisa di Paco de Lucìa l’ha raggiunto; dove si trovava, cosa stesse facendo… Non so in che rapporti fossero i due; se Vicente era, o solo avvertiva, Paco, come un maestro anche putativo, o il mito da battere. Non lo so, non l’ho voluto sapere, ho evitato qualsiasi ricerca anche quelle oggi efficacissime sulla rete. Penso non sia importante. Sono certo, però, che se hai 45 anni e le falangi della mano destra ti frullano sulla chitarra come ali di un colibrì e quelle della sinistra saltano sulle sei corde a una velocità supersonica e precisissima, sapendo che quell’altro, più grande di te, di nome Paco, non c’è più, se n’è andato da un momento all’altro a 66 anni, lasci tutto quello che stai facendo, ti astrai da dove ti trovi e pensi, pensi alla vita, alla morte. Già ¦, alla Spagna, alla musica, al flamenco, torni indietro.
Diventare Paco de Lucia: Paco de Lucìa poteva non essere il migliore (chi può dirlo? el Nià±o Ricardo, Manolo Sanlùcar, Tomatito, lo stesso Vicente¦), ma è stato diverso. Come suo zio Sabicas, ha varcato i confini della sua terra, della sua musica; è stato il primo chitarrista flamenco a suonare al Teatro del Real di Madrid: è diventato “Paco de Lucìa”.
Friday night in San Francisco: A parte le scorribande con quegli altri due, Al di Meola e John Mc Laughlin, che gli son valse la fama mondiale (per inciso, dal suo sguardo severo a San Francisco, sembra solo tollerare le ansie virtuosistiche e autoreferenziali, a volte anche imprecise, di Di Meola), Paco de Lucia, era il suo sestetto andaluso (coi fratelli Pepe e Ramon de Algesiras), cui faceva sempre ritorno, di “Sòlo quiero caminar” con la meravigliosa “Palenque”, poi ripresa per iniziare, in una umida e brillante sera d’estate, sotto le ingannevoli stelle di Siviglia, il “Live¦ One summer night”.
Virtuosismi: Era lì la sua vita, in quegl’inestricabili, funambolici virtuosismi, il legame con la numerosa famiglia di musicisti, la sua città Algeciras, ultima propaggine della Spagna, terra polverosa temprata dal vento forte, di gente fatta di pelle dura e ambrata come il vino e lo sherry, dei traghetti verso Ceuta, della frontiera tesa all’ignoto, cui anch’egli ambiva. Il duo “Los Chiquitos de Algecàras” col fratello Pepe che gli valse, giovanissimo, la prima notorietà , la madre Lucìa alla quale, dopo la scomparsa, con una “z”, dedicò un’appassionata plaquette di musiche in cui c’infilò pure la voce.
Giocando con i figli su una spiaggia messicana, in una mattina di fine febbraio, sulla cometa di un infarto se n’è andato, raggiungendo il carissimo Camaròn de la Isla, el Cantor flamenco, con cui incise oltre 15 album, che, a 42 anni, lo aveva anticipato nel varco per attenuare la trabordante sensibilità con alcol e droga.
Algeciras: E il corpo doveva tornare nella sua Algeciras, il funerale essere lì, ovviamente in una cornice cinematografica sotto la pioggia, in cui non so se c’era Vicente Amigo, ma ritengo ci fosse, ch’era lì, con lui, in silenzio, a testa bassa, capelli lisci e lunghi come lui, nel corteo opaco assieme agli altri amici, nel cerchio che si chiude, ad accompagnarlo verso la terra dei giusti.
(m.d.)
Titoli di coda: « Alcune notti accade qualcosa di magico, ed è veramente quello che speri arrivi sempre…quella cosa magica… la scintilla, o come la volete chiamare! Questa cosa ha comunque la misteriosa capacità di incantare tutto e tutti. E questo è proprio quello che è accaduto quel venerdì notte » |
(John McLaughlin,@Friday night in San Francisco) |