Fatti vecchi e nuovi in tema di responsabilità precontrattuale della P.A.
S’insinua nel più recente indirizzo pretorio il T.A.R. di Torino che ravvisa ipotesi di responsabilità precontrattuale della stazione appaltante nei casi di revoca (legittima) dell’aggiudicazione, avvalorando, tuttavia, l’impellenza di una rimeditazione esegetica – se non legislativa – dell’intera materia.
Una stazione appaltante annulla (rectè: revoca) gli atti relativi alla procedura per l’affidamento di un servizio pubblico biennale, ivi inclusa la disposta aggiudicazione provvisoria.
(Non la prima), la seconda in graduatoria impugna il provvedimento di autotutela invocando, in prima battuta, l’aggiudicazione della gara (con l’esclusione della prima) e la conseguente stipulazione del contratto d’appalto; subordinatamente, il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante oltre al pregiudizio curricolare.
La domanda di annullamento viene dichiarata dal T.A.R. di Torino irricevibile per tardività in quanto la ricorrente aveva notificato il gravame alla controinteressata a un indirizzo che, benchè risultante dalla visura camerale, aveva dato esito d’irreperibilità .
Con ordinanza il Collegio aveva sì rimesso in termini la ricorrente per rinnovare la notificazione del ricorso presso la residenza del legale rappresentante della società aggiudicataria, epperò, non essendosi costituita in giudizio, l’adito G.A., in sede delibativa di merito del gravame, l’ha comunque ritenuto tardivo non ravvisando la ricorrenza dell’errore scusabile in capo alla deducente (per non essere riuscita a notificare il ricorso nei tempi imposti ex lege).
Nonostante l’irricevibilità del profilo demolitorio d’impugnazione, quanto all’azione di risarcimento del danno, il Tribunale amministrativo torinese l’ha delibata poichè riconducibile all’alveo della responsabilità extracontrattuale e, così, legata al termine di prescrizione quinquennale.
La domanda è stata poi accolta con l’accertamento della responsabilità precontrattuale nei confronti della stazione appaltante ex art. 1337 c.c. e riconosciuto un risarcimento commisurato all’importo delle spese vive sopportate dall’impresa (non tutte quelle da essa richieste) per la partecipazione alla procedura di gara.
La decisione
Il T.A.R., in via preliminare, ha riqualificato il provvedimento amministrativo impugnato in termini di revoca, nonostante la connotazione effettuata dalla P.A. quale atto di annullamento d’ufficio, atteso che contenutisticamente esso integra una “rinnovata valutazione dell’interesse pubblico circa l’opportunità della procedura”.
Ha così esaminato le ragioni poste a fondamento della revoca constanti nella necessità della riedizione della legge di gara in quanto non chiara, nonchè in motivi di carattere economico rivenienti dalle linee guida diramate dalla A.S.L. volgenti, nell’ambito di un più generale piano di contenimento della spesa, al conseguimento di risparmi economici in sede di acquisto di beni e servizi (che, punto, suggerivano la riduzione del prezzo posto a base d’asta).
Il G.A. piemontese ha ritenuto legittimo il provvedimento di revoca su entrambi i profili atteso che, quanto alla necessità di una riduzione di costi, essa per tabulas è risultata sopravvenuta rispetto all’avvio della gara, visto che la revoca è chiaramente ammessa (anche) per una rivalutazione dell’originaria situazione. Similmente per il motivo della non (agevole) intellegibilità degli atti di gara, ha apprezzato siffatta assenza di chiarezza nella sua edizione.
Sicchè, pur riscontrando piena legittimità al provvedimento di autotutela recepito dalla stazione appaltante, richiamando l’orientamento largamente condiviso in materia[1], ha sancito l’adito G.A. che in siffatte circostanze la P.A. non è comunque esente dal dovere di tenere comportamenti secondo buona fede nel corso delle trattative ai sensi dell’art. 1337 c.c..
Su quest’ultimo assunto, includendosi la tematica della culpa in contrahendo nel genus della responsabilità aquiliana[2], ha rilevato, quanto al versante oggettivo, che effettivamente la nebulosa predisposizione della lex specialis ha comportato che la ricorrente sostenesse spese per una partecipazione inutile a un procedimento di evidenza pubblica; quanto all’elemento soggettivo, ha appurato che la medesima legge di gara era stata predisposta in termini carenti e, inoltre, soggetti pure non qualificati erano stati invitati alla procedura.
Ciò assodato sull’an, il Collegio di Torino ha dunque proceduto alla quantificazione del risarcimento circoscritto al c.d. “interesse negativo”, comprensivo dei costi vivi e delle occasioni perdute, rilevando per incidens che le spese sostenute per la partecipazione alla gara coincidono con l’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies, L. n. 241/1990[3]. Sul proposito ha riconosciuto i costi sopportati dalla ditta per la sottoscrizione della polizza fidejussoria, nonchè per la spedizione della raccomandata contenente i documenti di gara, soggiungendo, in via equitativa, un’ulteriore spesa per le ore lavorative dei dipendenti della società dedicate per la partecipazione alla gara (di molto ridotte rispetto alle richieste – non documentate – della stessa).
Quanto, infine, al preteso risarcimento delle “occasioni perdute”, il T.A.R. ha respinto, con considerazioni in fatto, dette richieste per tre differenti ragioni: – i tempi rapidissimi con cui è stata revocata la gara rispetto all’aggiudicazione provvisoria non hanno consentito la costituzione di un ragionevole affidamento; – la ricorrente non ha perso la chance di partecipare alla prossima edizione della gara; – ha ancora rilevato che, siccome l’interessata è il precedente gestore del servizio in gara, la revoca della procedura riflessamente le consente l’esercizio in proroga del suddetto servizio.
Da ultimo ha rilevato che la ricorrente, ai sensi dell’art. 2697 c.c., non ha in alcun modo dimostrato la perdita di altre occasioni lavorative per effetto della (superflua) partecipazione alla procedura di cui si tratta.
La sentenza a commento, quanto alle affrontate questioni sulla responsabilità precontrattuale della P.A. per la revoca di un’aggiudicazione provvisoria, offre lo spunto per il seguente approfondimento.
La responsabilità precontrattuale della stazione appaltante
Il tema della responsabilità in parola nascente dal ritiro in autotutela dell’aggiudicazione di un appalto, costituisce da lungo tempo un ambagio interpretativo.
Inizialmente l’ammissibilità dell’azione per culpa in contrahendo del concorrente deluso nei confronti della P.A. era inibita dalla Corte di Cassazione sulla considerazione per cui, in siffatte evenienze, risultavano assenti (proprio) i presupposti applicativi concepiti dall’art. 1337 c.c. e, segnatamente, gli elementi costituitivi “parti” e “trattative”. Si riteneva infatti che la responsabilità precontrattuale per violazione del principio di buona fede postulasse, anche nei confronti della P.A., l’esistenza dello schema privatistico di formazione del contratto e non fosse, pertanto, configurabile sotto il profilo di un comportamento lesivo con riguardo al procedimento amministrativo di scelta del futuro contraente in relazione all’aspettativa di aggiudicazione da parte del privato. Tanto valeva, anche, per l’ipotesi in cui la P.A. faceva ricorso al procedimento di licitazione privata, non sussistendo in esso, ad avviso della Suprema Corte, le “parti contraenti” cui fa riguardo l’art. 1337 c.c., nè essendo ravvisabile tra la stazione e i partecipanti alla gara un rapporto personalizzato di “trattative” da cui potesse farsi discendere l’obbligo di buona fede dell’autorità amministrativa e un corrispondente affidamento dei singoli concorrenti: in dette ipotesi, infatti, questi conosceva la propria offerta, ma non quella degli altri e, così, non poteva esprimere una valutazione preventiva circa l’esito favorevole del provvedimento, nè invocare un legittimo affidamento per la conclusione del contratto[4].
Con il riconoscimento legislativo della risarcibilità dell’interesse legittimo a opera dell’art. 35 del D.Lgs. n. 80/1998 e, successivamente, dell’art. 7 della L. n. 205/2000, la giurisprudenza, superando i suindicati limiti strutturali di operatività della disciplina della responsabilità in discorso alla peculiare relazione stazione appaltante-ditta concorrente, ha constatato la necessità di ristorare, oltre agli altri, il pregiudizio ingiustamente patito dalla seconda indotto dalla partecipazione inutile al procedimento di gara, nei limiti del cd. “interesse negativo”[5].
àˆ il caso di precisare che la giurisprudenza amministrativa rintracciava situazioni di responsabilità ex artt. 1337 e 1338 c.c., in disparte talune eccezioni[6], nei casi di revoca da parte della stazione del bando e della procedura di gara a seguito sia di aggiudicazione provvisoria[7], che definitiva[8].
Non sono inoltre mancati temperamenti esegetici alle tracciate soluzioni per le ipotesi in cui nella legge di gara la P.A. aveva previsto la facoltà del provvedimento di autotutela pur in presenza del perfezionamento di un’aggiudicazione[9].
Le Sezioni unite hanno poi posto in dubbio la giurisdizione (esclusiva) del G.A. a conoscere le descritte controversie a favore della cognizione dell’A.G.O., considerando sul punto che, in dette vicende, non sono in contestazione atti o provvedimenti amministrativi della procedura o relativi all’individuazione del contraente a seguito dell’aggiudicazione ovvero all’aggiudicazione stessa, ma unicamente l’ingiustificato recesso dalle trattative a seguito di una condotta ritenuta non conforme al precetto della buona fede, nell’irrilevanza – all’interno della logica del riparto per posizione soggettiva – della qualificazione in termini di diritto o di interesse legittimo della situazione dedotta in giudizio come fonte del lamentato danno ingiusto[10].
L’Adunanza plenaria, com’è noto, reintrodusse la quaestio nel recinto della giurisdizione del G.A. stante la vis expansiva della giurisdizione esclusiva ex lege riconosciuta ratione materiae (art. 6, L. n. 205/2000), a rimbalzo rilevando come fossero integrati i presupposti di cui all’art. 1337 c.c. nel caso cui la P.A. avesse provveduto alla revoca dell’aggiudicazione, motivata con la carenza in bilancio delle risorse necessarie per far fronte agli impegni del contratto che si accingeva a concludere, “qualora la stessa ha omesso – a procedura già avviata – ogni vigilanza sulla capacità economica per far fronte degli impegni economici che andava assumendo”[11].
Di lì a breve, anche la Corte regolatrice – sul veicolo dello “spartiacque” attinto dalla stipulazione del contratto d’appalto – ha definitivamente accertato la sussistenza in siffatte controversie della giurisdizione del Giudice amministrativo, avendo, al contrario di quanto statuito in precedenza, il suo accertamento a oggetto atti o provvedimenti della procedura concorsuale obbligatoria, nonchè relativi all’individuazione del contraente a seguito dell’aggiudicazione: e comunque inerenti alla fase antecedente alla stipulazione del contratto di appalto[12].
Da questo momento i tribunali amministrativi si sono concentrati sulla connotazione precipua dei presupposti e delle conseguenze della posizione precontrattuale della stazione appaltante[13].
Le forme di manifestazione
E infatti ha, piuttosto eloquentemente, sottolineato in via di principio il G.A. d’appello come non emergono ragioni sistematiche onde escludere la configurabilità di una responsabilità di carattere precontrattuale in capo all’amministrazione in ipotesi in cui il mancato rispetto dei generali canoni di buona fede e correttezza in contrahendo si sia compendiato in un’attività nel suo complesso illegittima, la quale ha comunque determinato l’impossibilità del sorgere del vincolo contrattuale, poichè – per un verso – le trattative fra le parti sono state interrotte allo stadio dell’aggiudicazione provvisoria (fase in cui, anche nel sistema anteriore all’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici era pacifica l’assenza di un vincolo stricto sensu contrattuale) e che – per l’altro – nel corso di tale fase grava sul soggetto pubblico l’obbligo di comportarsi secondo buona fede, atteso che nel corso delle trattative sorge tra le parti “un rapporto di affidamento” che l’ordinamento ritiene meritevole di tutela. Conseguentemente, se durante la fase formativa di un negozio giuridico la P.A. viola il dovere di lealtà e correttezza, ponendo in essere comportamenti che non salvaguardano l’affidamento della controparte in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto, essa risponde per responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c.[14].
Il termine prescrizionale è stato, per le considerazioni prima svolte, individuato in cinque anni[15].
Quanto all’elemento soggettivo, costitutivo della fattispecie d’illecito (riferibile alla responsabilità extracontrattuale), non si è mancato di precisare come la responsabilità (anche) precontrattuale della P.A. sussista qualora sia ravvisabile l’elemento della colpa e tale colpa non può coincidere in modo automatico con l’illegittimità del provvedimento amministrativo[16]. Altre pronunce, tuttavia, hanno rilevato che, ai fini della sussistenza della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., risulta sussistente, in linea di principio, la colpa dell’amministrazione, che addiviene alla conclusione di una procedura di affidamento di lavori senza mai stipulare il relativo contratto a causa dell’omessa verifica e vigilanza sull’esistenza della relativa copertura finanziaria e della propria legittimazione a gestire la procedura[17].
Non sono sfuggiti, ancora, attuali pronunciamenti di primo grado che, in una prospettiva “retroguardista”, hanno obiettato come la responsabilità precontrattuale della P.A., non potesse configurarsi anteriormente alla scelta del contraente, nella fase in cui gli interessati non hanno ancora la qualità di futuri contraenti, ma soltanto quella di partecipanti alla gara e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica Amministrazione, senza che possa attestarsi quella “relazione specifica” tra soggetti consistente nello svolgimento delle trattative, che nella menzionata disposizione del Codice civile costituisce il presupposto dell’obbligo di comportamento secondo buona fede, valido anche per l’autorità amministrativa: si è dunque desunto come non sussista il diritto al risarcimento del danno ex art. 1337 c.c. a favore dell’impresa che abbia presentato, senza conseguire l’aggiudicazione, domanda di partecipazione a una procedura a evidenza pubblica, successivamente revocata, con atto legittimo, dalla stazione appaltante[18].
Giova ricordare, infine, come recentemente è stato pure ritenuto, al di fuori del riparto delle materie di giurisdizione esclusiva, che rientra nella giurisdizione dell’A.G.O. la controversia avente a oggetto la richiesta di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale della P.A., conseguente all’annullamento in autotutela di una procedura di gara esperita per l’acquisto di un immobile, in quanto è stato chiesto il risarcimento per l’asserita lesione della libertà negoziale e, così, di una posizione soggettiva diversa dall’interesse legittimo[19].
Considerazioni e prospettive
Da quanto sin qui esposto, l’attuale stato della giurisprudenza, sulla responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per ritiro in autotutela dell’aggiudicazione, risulta quanto mai incerto.
Per lo meno sotto tre distinti profili di argomentazione:
a) la stessa ammissibilità , a diritto positivo fermo, di una culpa in contrahendo della P.A. appaltante;
b) il ristoro precontrattuale di danni seguenti al ritiro di aggiudicazione vuoi provvisoria, vuoi definitiva;
c) il quantum dell’interesse negativo avuto riguardo al risarcimento dell’interesse positivo del (diverso) danno da mancata aggiudicazione di appalto.
Sul primo profilo pare evidente come non risulti composta, sul piano dogmatico, la coniugabilità della responsabilità della P.A. a fronte di un’attività in autotutela dichiarata espressamente legittima dal G.A..
Tanto vieppiù ove si consideri che, ancor oggi, non è irragionevole sostenere la persistenza della presunzione di legittimità degli atti amministrativi[20]; e, al fine, non pare sufficiente neppure il comodo richiamo, per vero frettoloso, alla violazione dei generali principi di buona fede e affidamento del privato.
Al medesimo proposito pare assai arduo, se non attraverso una percettibile forzatura interpretativa, rinvenire nella fattispecie in esame il presupposto applicativo codicistico delle “parti”, nè tampoco l’esistenza di “trattative”; atteso che, nell’un caso, il concorrente non detiene una posizione differenziata prima dell’aggiudicazione, nel secondo una procedura concorsuale sorretta dalla par condicio tra tutti i concorrenti, simultaneamente, in gara non può essere tout court sussunta nel concetto di “trattative” commerciali (prese a riferimento dalla disciplina del 1942).
La conseguenza di tanto può essere rinvenuta nella circostanza che, in siffatte situazioni, si promuove un ricorso diretto agli strumenti del diritto civile che, ovviamente, risultano concepiti per dirimere rapporti tra privati sostanti su posizioni di piena parità : e non è per solo caso se il risarcimento precontrattuale va a combaciare crucialmente con l’indennizzo ex art. 21 quinquies, L. n. 241/1990, nonostante quest’ultimo presupponga la legittimità della revoca, mentre il primo l’illegittimità .
Al fine di ovviare a quanto sopra, non sarebbe irragionevole approfondire la strada, poco battuta, dell’individuazione di un tertium genus di responsabilità c.d. da “contatto”, annoverabile nel modello in “bianco” aquiliano, caratterizzata, tuttavia, dal fatto di possedere taluni tratti della responsabilità precontrattuale e altri di quella per inadempimento delle obbligazioni ex art. 1218 c.c. da ciò discendendo importanti corollari quanto all’area del danno risarcibile, come all’onere della prova d’imputazione soggettiva[21].
Quanto al secondo rilievo, ammesso il ristoro dei danni precontrattuali causati dal ritiro dell’aggiudicazione disposta in favore della concorrente a una gara d’appalto, pare specioso distinguere l’an delle responsabilità , e così finanche la risarcibilità , a seconda che si tratti di provvedimento di autotutela su aggiudicazione provvisoria ovvero definitiva.
E’ ben noto che la distinzione fra i due citati provvedimenti siede nel fatto che l’aggiudicazione provvisoria è decretata all’esito di una procedura di gara con la redazione della graduatoria, quella definitiva è sancita nel momento in cui i soggetti utilmente collocatisi in graduatoria abbiano dimostrato il possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi solo dichiarati per la partecipazione alla gara.
Sotto lo specifico punto di osservazione qui in luce, se è vero che con la responsabilità precontrattuale è soddisfatto il danno del soggetto coinvolto in trattative inutili, risulta di difficile comprensione il discrimen della sua risarcibilità a seconda che si verta nel ritiro dell’aggiudicazione provvisoria ovvero di quella definitiva.
In ultimo pare a chi scrive non ozioso rilevare come la differenza tra il risarcimento precontrattuale limitato al solo interesse negativo e il danno da mancata aggiudicazione d’appalto a seguito di annullamento da parte del G.A. dell’aggiudicazione disposta illegittimamente in favore del primo in graduatoria (nei casi in cui non v’è possibilità di subentro), collegata all’interesse positivo, danno emergente e lucro cessante, si evince poco sostenibile se dipendente (come pare), in via esclusiva, da un errore della P.A. nell’individuazione di una gara senza adeguata provvista finanziaria, ovvero da un errore (rectè: illegittimità ) commesso(-a) nel procedimento di aggiudicazione della gara.
E’ tangibile anche in questo caso, l’insufficienza dell’adattamento degl’istituti jure privatorum “prestati” al diritto amministrativo atteso che, se la limitazione del risarcimento precontrattuale alle spese vive e alle occasioni perdute detiene una propria logica nella previsione “aperta” di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. per le dinamiche tra privati, quanto alla relazione che viene a istituirsi tra operatore economico e stazione appaltante, la frustrazione di siffatto risarcimento al solo interesse negativo sembra scarsamente giustificata se (solo) dipendente dall’esecuzione – o meno – del contratto d’appalto, quando la tutela del soggetto interessato da siffatte vicende è comunque volta alla pienezza della sua libertà negoziale ex art. 41 Cost..
[1] Da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4196, in wwww.lexitalia.it.
[2] Sul punto, Cons. Stato, Sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309, in Foro Amm., CdS, 2008, 9, 2446.
[3] In argomento, Cons. Stato, Sez. V, 9 ottobre 2010, n. 7334, in Urb. & App., 2011, 7, 812, con nota di Gualdani.
[4] Concludeva la S.C. che: “In tal caso la responsabilità precontrattuale della P.A. non può configurarsi neppure a seguito dell’annullamento giurisdizionale degli atti relativi alla soppressione della gara e alla stipula di un contratto a trattativa privata con altre imprese perchè il giudicato amministrativo di annullamento non modifica la consistenza della situazione soggettiva dedotta in giudizio, che rimane immutata come interesse legittimo”, Cass. civ., Sez. I, 29 luglio 1987, n. 6545, in Giust. civ. Mass., 1987, fasc. 7. Convincimento che è restato integro perlomeno sino a Cass. civ., Sez. Un., 26 maggio 1997, n. 4673, in Mass. Giur. it.,1997.
[5] Tra le prime esperienze, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 9 marzo 2000, n. 1869, che rilevò che: “In applicazione dell’art. 35 comma 2, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, va assegnato alla P.A. appaltante un termine (nella specie, fissato in giorni 90) per la proposizione alla ditta interessata di un’offerta di risarcimento del danno da ragguagliarsi esclusivamente al parametro della responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c.. In particolare, dovranno essere considerati: 1) tutti i danni riconoscibili nei limiti del cosiddetto interesse negativo e, cioè, di quello che la ricorrente aveva a che la suindicata procedura ad evidenza pubblica non avesse inizio, consistenti sia nelle spese inutilmente effettuate in vista dell’aggiudicazione sia nell’eventuale perdita, adeguatamente documentata, di ulteriori occasioni contrattuali della stessa natura; 2) gli interessi e la rivalutazione della relativa somma a decorrere dalla data di invito della ricorrente alla gara, in quanto, dando luogo la violazione dei doveri di cui agli art. 1337 e 1338 c.c. a responsabilità extracontrattuale, il conseguente debito deve ritenersi di valore e non di valuta, comporta la maturazione di interessi dal fatto illecito e non solo dalla domanda, ed è sottratto, in linea di principio, quanto al riconoscimento della rivalutazione monetaria, alla regola posta dall’art. 1224 comma 2 c.c.”, in Urb. & App., 2000, 991 con nota di Protto. Si legga a seguire, T.A.R. Toscana, Sez. II, 13 aprile 2000, n. 660, in TAR Toscana, 2000 e anche la prospettiva del Consiglio di Stato inclusa nella decisione della Sez. IV, 28 dicembre 2000, n. 6996, in Foro Amm., 2000, 12.
[6] Recentemente riproposte da T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 7 giugno 2010, n. 12676, che ha affermato che: “La responsabilità precontrattuale della P.A. non si colora fino a quando la procedura selettiva non si esaurisce con l’aggiudicazione definitiva che individua il soggetto possibile contraente, non potendo prima di tale momento l’impresa aggiudicataria essere qualificata come parte della trattativa negoziale; pertanto, in materia di gare pubbliche, la responsabilità precontrattuale è configurabile solo dopo la conclusione della procedura di evidenza pubblica e con riguardo a un segmento procedimentale successivo all’esito della stessa. Ne deriva che, arrestatasi la procedura revocata alla fase dell’aggiudicazione provvisoria, a maggior ragione la pretesa risarcitoria della ricorrente non può trovare soddisfazione”, in Foro amm., TAR, 2010, 6, 2108.
[7] Ex multis, T.A.R. Abruzzo, Pescara, 6 luglio 2001, n. 609, stabilì che: “In una gara di appalto pubblico, la discrezionalità dell’amministrazione nell’individuazione del contraente e nella successiva conclusione dell’accordo trova un limite insuperabile nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento ingenerato nel privato, veri e propri cardini dell’ordinamento, non confinati ai soli rapporti tra privati. Di conseguenza, è configurabile una responsabilità precontrattuale del Comune che, successivamente all’aggiudicazione provvisoria, annulla legittimamente il bando in via di autotutela, potendo così venire in luce la responsabilità di questo per violazione dell’affidamento del privato, anche nella fase procedurale, preliminare o preparatoria all’emanazione di un provvedimento favorevole per il privato medesimo”, in Foro Amm. 2001. Mentre il G.A. d’appello ha ritenuto che: “Risponde a titolo di responsabilità precontrattuale l’amministrazione che, nel momento in cui abbia accertato o poteva essere accertato il venir meno della copertura finanziaria, non ha disposto il rinvio della gara ma ha proceduto all’aggiudicazione provvisoria che, per assenza di copertura, non è stata in seguito definitivamente approvata”, Sez. IV, 19 marzo 2003, n. 1457, in Foro amm., CdS, 2003, 918.
[8] “In caso di mancata stipulazione del contratto all’esito di procedura concorsuale, non spetta all’aggiudicatario l’interesse positivo (id est, il danno pari al 10% del valore dell’offerta reclamato dall’appellante oltre al 3% del valore dell’offerta a titolo di danno emergente), ma, al più, trattandosi di violazione relativa alla fase prodromica alla conclusione del contratto, l’interesse negativo, cioè il danno da responsabilità precontrattuale per culpa in contrahendo, sempre che sia stata esercitata la facoltà di recesso per effetto del ritardo colpevole della P.A.”, Cons. Stato, Sez. VI, 18 aprile 2005, n. 1769, in Foro amm., CdS, 2005, 4, 1169.
[9] “L’accertamento della legittimità dell’esercizio da parte di un Comune della facoltà , prevista nel bando di gara, di non aggiudicare l’appalto per ragioni di pubblico interesse, comporta che nessuna responsabilità precontrattuale può configurarsi, ai sensi dell’art. 1337 c.c., nei confronti della amministrazione appaltante, tenuto conto che questa aveva dichiarato con chiarezza negli atti organizzativi della gara il possibile esercizio della facoltà di non aggiudicare a certe condizioni poi verificatesi”, Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 2002, n. 6291, in Dir. & Formazione, con nota di Chieppa.
[10] Cass. civ., Sez. Un., 19 novembre 2002, n. 16319, Foro amm., CdS, 2002, 2802.
[11] Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6.