Pubblichiamo il testo del “Documento sul contributo unificato”, redatto dal Direttivo, contenente il punto della situazione circa le recenti sortite del legislatore in tema di accesso alla giustizia amministrativa.
Documento della Camera
Amministrativa Distrettuale degli Avvocati di Bari
sulle norme di cui all’art.37 della manovra
finanziaria del governo DECRETO-LEGGE 6 luglio 2011, n. 98 (in G.U. n. 155 del 6 luglio 2011; in vigore dal 6
luglio 2011) convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111 (in G.U. n. 164 del 16 luglio 2011
– in vigore dal 17 luglio 2011) –
Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.
Il 6
luglio è entrato in vigore il d.l. n.98/2011 recante “Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria. Il Decreto legge è stato poi convertito nella
legge 15 luglio 2011 n.111.
Tra le
norme in esso contenute, alcune interessano l’attività che si esplica dinanzi
al plesso della giustizia amministrativa (art.37) e comportano, tra l’altro, il
raddoppio dell’importo di euro 2.000 (già assai oneroso anche perchè del tutto
indipendente dal valore della causa) dovuto a titolo di contributo unificato
per la proposizione di giudizi in materia di appalti pubblici e di
provvedimenti delle autorità amministrative indipendenti.(*)
*****
La Camera Amministrativa Distrettuale
degli Avvocati di Bari esprime sconcerto per la scelta di elevare in modo così significativo ed
indiscriminato l’importo del contributo unificato da versare per accedere al servizio
“giustizia amministrativa”.
In
particolare, appare davvero irragionevole ed ingiustificata – anche
perchè sganciata dal valore dell’appalto e, quindi, della controversia – la scelta di elevare, per i
ricorsi proposti in materia di appalti pubblici davanti ai Tribunali
Amministrativi Regionali ed al Consiglio di Stato, il contributo
unificato da € 2.000,00 a € 4.000,00, prevedendosi per di più un
ulteriore e identico costo anche nell’
eventualità (ormai sempre più frequente, anzi fisiologica) di proposizione di
motivi aggiunti necessari, pena la sopravvenuta inammissibilità del ricorso
originario, all’impugnazione di atti successivi che dovessero intervenire nel
medesimo procedimento con la conseguenza che la tutela giurisdizionale
dei propri diritti in materia verrebbe a costare ben 8.000 euro solo di
contributo erariale.
Non è
sfuggito a questa pratica, che non si esita a definire “decimatoria”, anche il
ricorso straordinario al Capo dello Stato, che sarà gravato per la prima
volta da un contributo di € 600,00.
Che
dire, poi, della inedita sanzione prevista per gli sventurati professionisti
che omettano di indicare nel corpo del ricorso il numero di fax o la pec
(aumento degli importi pari alla metà del contributo unificato dovuto).
Si è dunque stabilito di
intervenire disincentivando, se non precludendo del tutto, l’accesso
alla giustizia amministrativa con la
duplicazione di importi già esorbitanti, e ciò in netta contrapposizione con
quanto previsto per la giustizia ordinaria dove il costo del contributo è
proporzionale al valore del giudizio.
Ciò accade, peraltro, a distanza di brevissimo
tempo dai recenti incrementi già disposti in materia (finanziaria del 2007 e
successive disposizioni) e mentre è ancora in corso di conversione il Decreto Sviluppo (D.L. 110 del 13 maggio
2011) che ha previsto l’introduzione, nella stessa materia, della condanna del
ricorrente soccombente al pagamento di
una sanzione pecuniaria in misura non inferiore al doppio e non superiore al
triplo del contributo erariale dovuto per il ricorso (4.000,00 con la norma del
nuovo d.l.) laddove la decisione di
diniego sia fondata su ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati.
Ne
consegue che con la nuova normativa un giudizio costerà – anche per
un appalto dal valore di soli 100.000 euro e quindi con un utile d’impresa
stimabile in 10.000,00 euro – ben 8.000,00
euro (tra contributo per il ricorso
e per i motivi aggiunti) ai quali potrà aggiungersi, laddove si sia tentato di mutare un orientamento
giurisprudenziale consolidato ma pur sempre sovvertibile, come accade di
frequente nelle aule del Consiglio di Stato, un importo aggiuntivo sino a 12.000
e quindi per un totale di 20.000,00 euro.
Tutto ciò determina una
insanabile contraddizione delle norme in esame rispetto alla loro dichiarata
finalità di “fare cassa” nonchè rispetto
all’esigenza di legalità viceversa sempre più avvertita.
Non è infatti difficile preconizzare
un allontanamento generalizzato dalla giustizia amministrativa e quindi un
minor numero di ricorsi e una minore entrata per le finanze dello Stato,che si traduce poi in un eclatante diniego di giustizia e nella improvvida
eliminazione di ogni forma di controllo di legalità da parte di un Giudice che
non sia quello penale, con gravi conseguenze anche sul piano delle dinamiche della
concorrenza in settori dell’economia così rilevanti e sensibili.
Ed infatti l’aumento dei costi di
accesso alla giustizia – indipendente dal valore della causa e
quindi del bene della vita per cui la si propone – determinerà la rinuncia a far valere le
proprie ragioni nella stragrande maggioranza degli appalti (quelli di
valore non rilevante).
Ciò determinerà già nel breve
periodo:
༠un
minor flusso di entrate;
༠la
sottrazione di qualsivoglia controllo di legalità su tali procedure.
Auspichiamo
pertanto vivamente ed accoratamente che questa improvvida disposizione possa
essere riesaminata e soppressa ovvero modificata con l’introduzione di un
criterio proporzionale per la determinazione del costo del contributo
commisurato al valore dell’appalto.
Proponiamo inoltre di concordare con le Associazioni
consorelle la redazione di un testo da inoltrare quale esposto/denuncia alla
Commissione UE affinchè si dia senza indugio impulso alla procedura di
infrazione del diritto comunitario (e dunque anche della CEDU) da parte dello
Stato Italiano in ragione della irragionevole difficoltà di accesso al
servizio giustizia da parte degli utenti determinata dalla entrata in
vigore dell’art.37 esaminato.
La Camera Amministrativa
[1] Queste le novità introdotte:
<<omissis. 6. Al
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate
le seguenti modifiche:
s) All’articolo 13, il
comma 6 bis è sostituito dal seguente:
“6- bis. Il
contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi
regionali e al Consiglio di Stato è dovuto nei seguenti importi:
a) per i ricorsi previsti dagli articoli 116 e 117 del decreto legislativo
2 luglio 2010, n. 104, per quelli aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza,
di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i
ricorsi di esecuzione nella sentenza o di ottemperanza del giudicato il
contributo dovuto è di euro 300. Non è dovuto alcun contributo per i
ricorsi previsti dall’articolo 25della citata legge n. 241 del 1990 avverso il diniego di accesso alle
informazioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di
attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione
ambientale.;
b) per le controversie
concernenti rapporti di pubblico impiego, si applica il comma 3;
c) per i ricorsi cui si applica il rito abbreviato comune a determinate
materie previsto dal Libro IV, Titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010,
n. 104, nonchè da altre disposizioni che richiamino il citato rito, il
contributo dovuto è di euro 1.500;
d) per i ricorsi di cui all’articolo 119, comma 1, lettere a) e b) del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il contributo dovuto è di euro 4.000;
e) in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla
normativa vigente, il contributo dovuto è di euro 600.
I predetti importi sono aumentati della metà
ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica
certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell’articolo 136 del codice
del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n.
104.
Ai fini del presente comma, per ricorsi si
intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che
introducono domande nuove”. Omissis>>.