Accesso ai documenti della pubblica Amministrazione – Poste Italiane S.p.A. – Oggetto della domanda – Gestione ordinaria del personale – Turni lavorativi del dipendente – Ostensione del documento – Obbligo – Esclusione – Ragioni

Secondo i principi enucleati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenza n. 16 del 28 giugno 2016, con riferimento agli enti che, pur essendo soggetti privati affidatari di pubblici servizi, svolgono la loro attività  in regime di concorrenza, l’esercizio del diritto di accesso si deve ritenere limitato ai soli settori di autonoma rilevanza pubblicistica, dovendosene, viceversa, escludere l’ambito applicativo con riguardo agli aspetti della gestione ordinaria del personale. Pertanto, è legittimo il rifiuto opposto dalle Poste Italiane S.p.A. alla richiesta di accesso, formulata da un dipendente, avente ad oggetto le presenze, i  turni e le postazioni di lavoro ricoperti in un certo periodo, in quanto afferenti alla gestione quotidiana del rapporto lavorativo del personale, senza che emergano profili di interesse pubblicistico (inoltre, il TAR ha osservato che le esigenze di difesa sottese alla domanda di accesso potrebbero ottenere tutela in altre sedi giudiziarie).

Pubblicato il 27/06/2017
N. 00740/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00190/2017 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 190 del 2017, proposto da: 
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Grazia Maraschio, con domicilio eletto presso il suo studio in -OMISSIS-, via Augusto Imperatore N. 16; 

contro
Poste Italiane S.p.A. non costituito in giudizio; 
Poste Italiane Spa, rappresentato e difeso dagli avvocati Gaetano Stefano Pesante, Daniela Corbi, Flavia Speranza, con domicilio eletto presso lo studio Gaetano Stefano Pesante in Bari, via Amendola 116; 

nei confronti di
-OMISSIS-non costituito in giudizio; 

per l’annullamento
Annullamento ex art.116, comma 1, c.p.a. ,e 25, comma 4, L. 241/90, del provvedimento di diniego, emesso da Poste Italiane S.p.A., -OMISSIS-, in data 10.01.2017 e comunicato con raccomandata A/R ricevuta in data 12.01.2017, con riferimento all’istanza di accesso agli atti inoltrata in data 19.11.2016 e conseguente declaratoria del diritto all’esibizione degli atti richiesti.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Poste Italiane Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2017 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso in esame, notificato l’11/14.2.2017, depositato il 23.2.2017, il nominato in epigrafe impugna il diniego di accesso agli atti emesso da Poste Italiane in data 10.1.2017, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
Riferisce di aver lavorato alle dipendenze della citata società  dal 23.2.1982 al 30.7.2015, con mansioni di sportellista ed, in particolare , di aver prestato, dal 2.5.2009 al 30.7.2015, la propria attività  lavorativa presso l’Ufficio postale di -OMISSIS-. A seguito della presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, nei suoi confronti veniva instaurato un procedimento penale, nell’ambito del quale è stato imputato del reato di cui agli artt. -OMISSIS- e cioè quello di essersi -OMISSIS-, della cui ricezione era addetto. Al fine dell’esercizio del diritto di difesa, presentava a Poste Italiane istanza di accesso ex art. 22 ss l. n. 241/90 intesa a visionare ed estrarre copia della seguente documentazione relativa all’attività  lavorativa svolta presso l’ufficio di -OMISSIS- : 
– presenze anno2010/mese di luglio; anno 2014/mesi di maggio, settembre ed ottobre; anno 2015/mese di maggio;
-turni di lavoro, postazione di lavoro e password assegnate nei giorni 01/07/2010; 01/07/2013; 02/07/2013; 02/09/2013; 10/09/2013; 28/09/2013; 15/10/2013; 17/06/1014; 21/04/2015; 04/05/2015.
L’istanza de qua veniva espressamente rigettata dalla resistente società  siccome relativa a documenti non ostensibili anche alla luce dell’Adunanza plenaria n. 16 del 28 giugno 2016.
2.- Contestata la lite, si costituiva in giudizio per resistere l’intimata società  Poste Italiane, rappresentando al Collegio, in punta di fatto, che il legale di parte ricorrente, proprio in relazione al procedimento penale che vedeva coinvolto l’istante, aveva già  richiesto alla società , con nota del 9.7.2016, ai sensi dell’art. -OMISSIS-., documenti “attestanti il consumo e la vendita di carte valori postali dell’Ufficio Postale di -OMISSIS- nel periodo da gennaio 2010 al 30.07.2015, data in cui è intervenuto il licenziamento del sig. -OMISSIS- ed in particolare : 1) Documentazione da cui risulta il numero di carte valori postali forniti dalla Filiale di -OMISSIS-, Via Lequile, all’Ufficio postale di -OMISSIS- nel periodo da gennaio 2010 al 30.07.2015; 2) Tutti i registri relativi al consumo e alla vendita, tanto ai tabaccai quanto allo sportello, di carte valori postali nel periodo da gennaio 2010 al 30.07.2015” e che, successivamente alla predetta istanza, anche il ricorrente instava per l’accesso con la nota denegata. In punta di diritto, pone un’eccezione pregiudiziale, rappresentando che, l’art. -OMISSIS- consente che il difensore di parte possa effettuare indagini difensive per ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito e che, l’art. -OMISSIS-al comma 3, prevede che in ipotesi di diniego della pubblica amministrazione sulla richiesta di documentazione, debba essere rivolta istanza al pubblico ministero per il sequestro di documenti ritenuti essenziali ai fini della decisione. Pertanto, il difensore del ricorrente – laddove ritenuta la documentazione di valenza probatoria nel procedimento penale – avrebbe dovuto attivarsi con le predette modalità , e non con le modalità  azionate dal ricorrente, con la successiva istanza radicata alla l. n. 241/90, che non risulta finalizzata ad acquisire elementi di prova nel processo penale, bensì ad attuare la trasparenza nella P.A.
Aggiunge, altresì, che – laddove ritenuta non confacente al caso in esame la rappresentata eccezione pregiudiziale – la trasformazione nel tempo di Poste Italiane comporta l’inapplicabilità  alla stessa delle previsioni di cui alla l. n. 241/90, in ragione dell’attività  svolta dalla stessa e cioè l’attività  bancaria (Banco Posta) ed assicurativa (PosteVita), per cui la residua “parte pubblica” svolta da Poste Italiane è talmente minimale da escludere nei suoi confronti l’applicazione della legge n. 241/90; per questo i suoi atti sarebbero passibili di accesso soltanto laddove si manifesti un interesse pubblico prevalente rispetto a quello imprenditoriale, con onere a carico del lavoratore di fornire e provare quegli elementi atti ad accertare che la richiesta attenga ad attività  di pubblico interesse o alla stessa funzionalmente connessa. Pertanto, non sarebbe sufficiente dimostrare di essere dipendente di Poste Italiane, essendo, al contrario, necessario provare di avere un interesse giuridicamente rilevante all’accesso alla documentazione dell’azienda : in sostanza, l’interesse dovrebbe essere connotato da una connessione oggettiva fra l’attività  svolta dal dipendente, la documentazione di cui è chiesta l’ostensione e la sua strumentalità  all’esercizio dell’attività  pubblica. Dopo aver diffusamente argomentato in ordine ai limiti in cui è suscettibile di accesso l’attività  e la documentazione dei soggetti privati incaricati di un servizio pubblico, si riporta, anche con riferimento agli atti di gestione del rapporto nel pubblico impiego contrattualizzato, alle note conclusioni dell’Adunanza plenaria n. 16 del 2016.
3.- Alla camera di consiglio del 14 giugno 2017, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
4.- Il ricorso è infondato alla stregua del recente arresto giurisprudenziale dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 28.6.2016.
4.1.- Gioverà  ricordare che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 22 aprile 1999 n. 9 aveva sancito il pieno riconoscimento del diritto di accesso nei confronti dei dipendenti di enti privati cui sia affidato un pubblico servizio, in applicazione delle previsioni di cui all’art. 22 l. n. 241/90 nel testo, ratione temporis, vigente.
Com’è noto il previgente testo dell’art. 22 l. n. 241/90 è stato novellato dalla legge 1 febbraio 2005 n. 15, per cui, il Consiglio di Stato, Sez. III, con ordinanza n. 4018/15 del 26 agosto 2015, ha rimesso nuovamente all’Adunanza plenaria la questione del diritto di accesso dei dipendenti di Poste Italiane con riferimento al rapporto d’impiego (di natura privata) in corso fra gli stessi e la citata società . La questione risulta proposta con riferimento al testo dell’art. 22, comma 1, lett. e) della legge n. 241/90, introdotto dall’art. 15, comma 1, l. n. 15/2005, che definisce “pubblica amministrazione” ai fini di che trattasi, “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività  di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”, sollecitando una “nuova indagine interpretativa” alla luce degli interventi di modifica della legge in questione e delle relative disposizioni processuali (art. 116 c.p.a).
Orbene, l’Adunanza Plenaria, dopo una puntuale ricognizione delle novità , in materia di trasparenza, introdotte con il d lgs n. 33 del 2013, ivi compresa la previsione di cui al novellato art. 1, comma ter l. n. 241/90 che onera i soggetti privati “preposti all’esercizio di attività  amministrative” a fornire – per l’attuazione dei principi di economicità . Efficacia, imparzialità , pubblicità  e trasparenza – “un livello di garanzia non inferiore a quello a cui sono tenute le pubbliche amministrazioni¦”, è giunta alla conclusione che “¦.nel settore lavorativo di cui trattasi opera – benchè in una prospettiva diversa (avendo qui rilievo il contesto normativo sotto indicato e non la giurisprudenza comunitaria in tema di appalti, per quanto riguarda gli organismi di diritto pubblico: sentenza C. Giust., C – 396/06 Aigner cit.) – l’accezione restrittiva rilevata per l’applicazione della direttiva 2004/17/CE, riferita agli enti erogatori di acqua e di energia, nonchè a quelli che forniscono servizi di trasporto e servizi postali. Tali enti – in quanto titolari di diritti speciali ed esclusivi – agiscono nell’ambito dei settori sopra indicati, ma svolgono anche attività  in pieno regime di concorrenza, direttamente esposti alle regole del mercato e possono, per tale ragione, vedere in qualche misura attenuata la disciplina propria delle amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda il rapporto di lavoro – strumentale a tutte le attività  svolte – gli obblighi di trasparenza appaiono dunque coerentemente suscettibili di delimitazione, con riferimento al combinato disposto degli articoli 11, comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 (ambito soggettivo degli obblighi di trasparenza), 1, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 (ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in tema di organizzazione degli uffici e di ottimale utilizzazione delle risorse umane) e 1, comma 16 della già  ricordata legge delega n. 190 del 2012: disposizioni, quelle appena richiamate, che consentono di circoscrivere l’accesso ai settori di autonoma rilevanza pubblicistica (e non di quotidiana gestione del rapporto di lavoro), ovvero alle prove selettive per l’assunzione del personale, alle progressioni in carriera e a provvedimenti attinenti l’auto-organizzazione degli uffici, quando gli stessi – benchè doverosamente ispirati a tutti i principi, di cui all’art. 24 del già  citato d.lgs. n. 150 del 2009 – incidano negativamente sugli interessi dei lavoratori, protetti anche in ambito comunitario (ad esempio, in tema di mobilità  o di stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari). Nella situazione in esame, pertanto, gli atti richiesti non potevano essere oggetto di accesso, in quanto attinenti a fasi di gestione ordinaria del personale, per le quali la società  Poste Italiane s.p.a. escludeva persino di possedere riscontri documentali, fatte salve le verifiche, comunque possibili nella sede giudiziaria propria, ovvero innanzi al giudice del lavoro”. 
4.2.- Trasponendo le menzionate acquisizioni giurisprudenziali al caso in esame, appare evidente che gli atti oggetto dell’istanza ostensiva (presenze – turni di lavoro, postazione di lavoro e password assegnate) non possono essere oggetto di accesso, siccome afferenti alla quotidiana gestione del rapporto di lavoro e le eventuali esigenze difensive ben possono trovare tutela nella sede giudiziaria penale
5.- Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità  della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità  nonchè di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente, Estensore
Viviana Lenzi, Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Francesco Gaudieri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità  e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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