Pubblicato il 02/05/2017
N. 00436/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01245/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1245 del 2016, proposto da: Valeria Videtta, Nydia Repola, Gaetano Lorusso, Francesco Affortunato, Maria Concetta Simonelli, Carmela Caraci, rappresentati e difesi dall’avvocato Simona Manca, con domicilio eletto presso Antonio Savino, in Bari, Piazza Garibaldi, 54;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97; U.S.R. – Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Fabio Delfine, rappresentato e difeso dall’avvocato Costantino Ventura, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Dante Alighieri, 11;
e con l’intervento di
ad opponendum: Teresa Carbonara, Carmela Martinelli, Alessandra Operamolla, Damiano Maurizio Blasi, Annalisa Di Gioia, Michela Corricelli, Cosimo Annese, rappresentati e difesi dall’avvocato Costantino Ventura, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Dante Alighieri, 11; Patrizia Galzerano, rappresentata e difesa dall’avvocato Marcello Giuseppe Feola, con domicilio eletto presso Michele Perrone, in Bari, Strada Torre Tresca, 2/A;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del Decreto del Direttore Generale dell’U.S.R. Puglia n. 14547 del 9.9.2016 di approvazione della graduatoria generale definitiva di merito del concorso indetto con D.D.G. n. 106 del 23.2.2016 per la classe di concorso A034 – Scienze e Tecnologie Chimiche;
del provvedimento di ammissione alla prova orale dei candidati che hanno superato la prova scritta e quella pratica del suddetto concorso, datato 14.7.2016, e del relativo calendario delle prove orali pubblicato dall’U.S.R. Puglia in data 15.7.2016, nella parte in cui i ricorrenti non siano stati inclusi nell’elenco degli ammessi;
dei provvedimenti di valutazione delle pratiche di ciascuno dei ricorrenti, nella parte in cui non abbiano riportato un punteggio sufficiente all’ammissione alla prova orale;
nonchè di ogni altro atto della procedura presupposto, consequenziale e/o connesso, comunque lesivo della posizione dei ricorrenti, ivi compresi il provvedimento, di estremi ignoti, di convocazione per il 13.9.2016 dei vincitori del predetto concorso per l’assunzione a tempo indeterminato e per i provvedimenti di assunzione conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e di Fabio Delfine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2017 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 13-17.10.2016 e depositato in Segreteria il 4.11.2016, Valeria Videtta, Nydia Repola, Gaetano Lorusso, Francesco Affortunato, Maria Concetta Simonelli e Carmela Caraci adivano il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere la pronuncia di annullamento dei provvedimenti meglio indicati in oggetto.
Gli odierni ricorrenti riferivano in fatto di aver partecipato al concorso a cattedra per titoli ed esami, indetto dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia con decreto del Direttore Generale n. 106 del 23.2.2016, per la classe di concorso A034 “Scienza e Tecnologie Chimiche”, finalizzato al reclutamento del personale docente della scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado, nonchè del personale docente per il sostegno agli alunni con disabilità , ma di essere stati esclusi da suddetta selezione per non aver superato la prova scritta e pratica.
In particolare, rappresentavano che il concorso si articolava in una prova scritta, una prova pratica, una prova orale e nella successiva valutazione dei titoli.
La disciplina delle valutazioni delle prove e dei titoli veniva definita dal Decreto Ministeriale n. 95 del 23.2.2016 e dal relativo Allegato A, il quale stabiliva che le commissioni giudicatrici avrebbero disposto per la valutazione di 100 punti, di cui 30 per la prova scritta, 10 per la prova pratica, 40 per la prova orale e 20 per i titoli.
Per poter essere ammessi alla prova orale, i candidati avrebbero dovuto conseguire nella prova scritta e in quella pratica un risultato complessivo di almeno 28 punti, riportando allo scritto un punteggio non inferiore a quello corrispondente a 18 trentesimi e alla prova pratica un risultato non inferiore a 6 decimi.
In esito allo svolgimento della prova scritta e pratica, i ricorrenti conseguivano un voto complessivo inferiore a 28.
Su tali presupposti, di conseguenza, i suddetti candidati non venivano ammessi alla prova orale.
Tuttavia, in tesi di parte ricorrente, il concorso veniva svolto con “gravissime anomalie procedurali in spregio alle leggi e ai Regolamenti dello Stato, e ai principi cardine delle procedure concorsuali pubbliche, come quello della oggettività , della segretezza e della anonimità “.
A fondamento del gravame i ricorrenti articolavano tre motivi principali di doglianza in fatto, deducendo sia la non integrità che l’assenza di un “codice prodotto” del campione di acido acetico utilizzato per la prova pratica, sia la mancanza di anonimato in relazione a quest’ultima, sia talune situazioni di incompatibilità della Presidente della Commissione con diversi dei candidati che viceversa superavano tutte le prove di concorso.
Tali doglianze erano trasfuse in due motivi di ricorso.
In particolare, con il primo motivo i ricorrenti lamentavano la “violazione e falsa applicazione dell’art. 14 D.M. n. 487/1994 (Regolamento sui concorsi pubblici). Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del D.D.G. 23.02.2016 (Bando di concorso) e degli artt. 6 e 8 del D.M. N. 95 del 23.02.2016 (Regolamento delle prove d’esame e dei programmi del concorso). Violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi di trasparenza, segretezza ed anonimità nei concorsi pubblici. Eccesso di potere per illogicità , irrazionalità , palese disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, arbitrarietà “.
In sintesi, secondo i ricorrenti, la prova pratica sarebbe stata espletata in violazione della regola dell’anonimato posta a garanzia dei candidati, poichè a questi ultimi veniva prescritto di apporre nome e cognome su un apposito modulo contenente le risultanze della prova e il procedimento utilizzato per ottenerle, rendendo così individuabile l’appartenenza degli elaborati da parte della Commissione e ponendo a rischio l’imparzialità della stessa.
Con il secondo motivo di ricorso, invece, si sosteneva la “violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del D.M. 23.02.2016 N. 96. Violazione e falsa applicazione degli artt. 51 c.p.c. e 6 della legge n. 241/1990. Violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi di trasparenza, segretezza ed anonimità nei concorsi pubblici. Eccesso di potere per illogicità , irrazionalità , palese disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, arbitrarietà “.
Secondo la tesi dei ricorrenti, la Presidente della Commissione giudicatrice, la prof.ssa Pinalysa Cosma, si sarebbe trovata in una situazione di incompatibilità , essendo dal 2011 responsabile per l’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari del corso di Tirocini Formativi Attivi (TFA) per la classe di abilitazione A013 – Chimica e Tecnologie Chimiche (attualmente denominata A034) presso cui taluni dei concorrenti avevano conseguito l’abilitazione TFA necessaria per l’insegnamento.
Inoltre, sarebbe altresì risultato che la prof.ssa Pinalysa Cosma non solo conoscesse, ma avesse anche avuto collaborazioni lavorative, scientifiche ed accademiche con alcuni dei partecipanti che avrebbero poi vinto il concorso in oggetto.
Concludevano, pertanto, i ricorrenti domandando l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti di mancata ammissione alla prova orale e di tutte le risultanze del concorso, al fine di ottenere la ripetizione della procedura concorsuale con una diversa composizione della commissione.
Con memoria di costituzione pervenuta in Segreteria in data 5.11.2016, si costituiva in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale – U.S.R. per la Puglia, deducendo la manifesta infondatezza del ricorso ed istando per il suo integrale rigetto, unitamente alla domanda cautelare incidentalmente avanzata.
Con atto di costituzione pervenuto in Segreteria in data 5.11.2016, si costituiva in giudizio Delfine Fabio, nella qualità di concorrente vincitore del concorso di cui venivano impugnati gli atti, instando per il rigetto della domanda, in quanto inammissibile e comunque infondata, nonchè per la reiezione dell’istanza cautelare.
Si costituivano altresì in giudizio per resistere al ricorso e chiederne la reiezione Alessandra Operamolla, Teresa Carbonara, Damiano Maurizio Blasi, Annalisa Di Gioia, Carmela Martinelli, Michela Corricelli, Cosimo Annese e Patrizia Galzerano con atti di intervento ad opponendum pervenuti in Segreteria rispettivamente in data 18.11.2016 e 21.11.2016.
I suddetti, tutti vincitori del concorso in oggetto, domandavano, in primo luogo, l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri candidati utilmente classificati, essendo stato, invece, l’atto introduttivo notificato ad un solo vincitore controinteressato, il dott. Delfine Fabio, e sollevavano, poi, plurime eccezioni di inammissibilità , eccependo il decorso del termine decadenziale di impugnativa, nonchè la carenza di interesse all’impugnazione medesima.
All’udienza pubblica del 22.3.2017 la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
Ciò premesso in punto di fatto, questo Collegio ritiene che il ricorso sia infondato nel merito, in tal modo potendosi conseguentemente de plano prescindere dalla disamina delle eccezioni preliminari di rito e di merito sollevate avverso il medesimo.
Non meritevole di accoglimento si rivela, innanzitutto, la doglianza relativa alla presunta alterazione dell’anonimato.
In particolare, la denunciata irregolarità riguarderebbe la concreta realizzazione della prova pratica perchè caratterizzata dalla presenza di una scheda sulla quale doveva appositamente annotarsi il nome e cognome di ciascuno dei concorrenti.
Ad avviso del Collegio, sembra opportuno preliminarmente chiarire il quadro generale di riferimento della vicenda in causa, richiamando, in primo luogo, le regole di svolgimento della prova.
Rilevano, per quanto di interesse:
a) l’art. 6 del D.M. n. 95 del 23.2.2016 (Prova pratica anche a carattere laboratoriale), ai sensi del quale “la prova pratica anche a carattere laboratoriale [¦] verte sugli stessi programmi della classe di concorso cui si riferisce”;
b) l’art. 9 del medesimo decreto (Predisposizione delle prove), che al secondo comma stabilisce che “le tracce delle prove di cui all’art. 6 sono predisposte da ciascuna commissione secondo il programma, i contenuti e nel rispetto dei criteri generali di cui all’Allegato A e sono estratte 24 ore prima del loro svolgimento”;
c) il relativo Allegato A, che, per la classe di concorso A034, prevede che la prova pratica, di durata di quattro ore, “consiste nell’esecuzione di un’esperienza di laboratorio, proposta dalla commissione esaminatrice, con riferimento ai contenuti e alle tecniche previsti nel programma. Al termine della prova sarà redatta una sintetica relazione intesa ad illustrare i criteri seguiti nella preparazione e nell’esecuzione dell’esercitazione”;
d) la Circolare Ministeriale prot. n. 14097 del 18.5.2016, recante istruzioni per la valutazione della prova scritta e per lo svolgimento della prova pratica, che in tema di verbalizzazione delle operazioni prevede che “per le classi di concorso per le quali sono previste le prove pratiche, le commissioni provvederanno a riportare a verbale le modalità individuate per lo svolgimento della prova pratica o di laboratorio, nonchè, successivamente, la valutazione attribuita alle relative prove. Le commissioni, provvederanno a inserire in piattaforma il verbale di avvenuta conclusione delle operazioni di valutazione delle suddette prove (si segnala che tale operazione è condizione propedeutica per la successiva fase di scioglimento dell’anonimato delle prove scritte, secondo le modalità descritte di seguito)”.
E, difatti, sotto la rubrica scioglimento dell’anonimato, stabilisce che “per le classi di concorso per le quali è prevista la prova pratica, lo scioglimento dell’anonimato della prova scritta avverrà solo al termine della valutazione della prova pratica. In particolare, per le suindicate classi di concorso, il sistema richiederà al Presidente coordinatore o al Presidente della commissione, di dichiarare di avere completato le valutazioni della prova pratica e di aver attribuito il relativo punteggio, inserendo, altresì, il verbale scansionato di avvenuta conclusione della valutazione della prova pratica comprensiva del punteggio ed inserendo, altresì, il numero del verbale e la relativa data”.
Secondo quanto risulta dalla documentazione versata in atti dal Ministero resistente, per quanto riguarda lo svolgimento in concreto della prova contestata, la Commissione esaminatrice provvedeva nelle antecedenti 24 ore ad estrarre le tracce delle prove e ad attribuire in sede a ciascun candidato, riconosciuto e collocatosi liberamente in una delle postazioni appositamente approntate, un campione incognito per la prova, numerato con un codice alfanumerico da indicare sull’intestazione della propria relazione.
Per la redazione della relazione ai candidati veniva fornito un prestampato da compilare secondo un preciso schema già noto ad ognuno di loro.
Stante la legittimità dell’operato della Commissione esaminatrice, in quanto conforme alle statuizioni del decreto, dell’allegato e della circolare citati, che nulla prevedevano e prevedono in termini di anonimato della prova pratica, e tenuta presente la specifica tipologia della stessa, risulta che alcun vulnus alla garanzia di par condicio dei candidati è stato in alcun modo realizzato.
Come è noto, la regola dell’anonimato si concreta in uno strumento funzionale a preservare in sede di procedure concorsuali il giudizio delle commissioni dai possibili condizionamenti connessi alla conoscenza dell’identità dei concorrenti e costituisce, come più volte ribadito, applicazione della più generale garanzia di imparzialità e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, oltre che, come detto, di par condicio dei candidati.
Tanto premesso, la violazione della regola dell’anonimato nei concorsi può venire in rilievo sotto due profili, dovendosi distinguere l’ipotesi in cui i candidati arbitrariamente appongano al proprio elaborato segni di riconoscimento dall’ipotesi in cui la mancata osservanza della predetta regola è addebitabile all’Amministrazione procedente (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., sentenza n. 26 del 9 ottobre 2013); tenuto conto che la vicenda in esame ricadrebbe in quest’ultima previsione, occorre ulteriormente distinguere il caso in cui la violazione investe la prova scritta da quello in cui riguardi la prova pratica.
Prendendo, infatti, le mosse da una constatazione di ordine generale secondo cui il principio dell’anonimato “assume una valenza generale ed incondizionata, mirando ad assicurare la piena trasparenza della procedura concorsuale” e “l’indipendenza di giudizio dell’organo valutativo” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 1071 del 21 dicembre 1999), parte della giurisprudenza amministrativa si è spesso orientata per una sua applicazione rigorosa alle prove scritte, non ritenendo neppure necessario accertare se il riconoscimento della prova si fosse effettivamente determinato, dichiarando “sufficiente la mera astratta possibilità dell’avverarsi di tale evenienza” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen, sentenza n. 27 del 20 novembre 2013). Contrario è, invece, quell’orientamento per cui “l’eventuale, astratta riconoscibilità dei candidati non può costituire ex se causa di invalidazione di una procedura concorsuale” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 5114 del 20 ottobre 2008).
Tuttavia, secondo l’orientamento giurisprudenziale che in questa sede si ritiene di condividere, va evidenziato che se la relazione tra anonimato ed elaborato scritto può ritenersi diretta, sull’opposto versante si colloca quella tra anonimato e prova pratica, nella misura in cui essa implichi lo svolgimento di concreta attività professionale materiale ed anche ove le modalità di svolgimento di quest’ultima si concretizzino nella redazione di uno scritto esplicativo delle operazioni materiali svolte.
Si è, infatti, affermato che “la prova pratica nei pubblici concorsi è configurabile non solo quando il suo espletamento avvenga mediante il compimento di operazioni materiali, ma anche quando si esplichi attraverso operazioni intellettuali il cui contenuto non consiste in una astratta e teorica trattazione di una questione, ma in una dimostrazione del possesso di specifiche conoscenze tecniche e dell’attitudine alla loro concreta applicazione” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 1071 del 21 dicembre 1999).
àˆ in tale contesto che si collocano gli arresti della prevalente giurisprudenza che considerano non applicabile la regola dell’anonimato quando la prova pratica viene effettuata mediante la contestuale descrizione scritta delle operazioni di qualificazione e di interpretazione di un determinato caso concreto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 159 dell’8 marzo 1994), avuto primariamente riguardo al fatto che la prova pratica, di per sè, non è assoggettata al principio dell’anonimato (cfr. T.A.R. Veneto, Venezia, ordinanza n. 14/2017) essendo destinata “ad accertare empiricamente particolari competenze e non a dimostrare capacità di ricostruzione teorica com’è per le prove scritte” (T.A.R. Campania, Napoli, sentenza n. 38/2016).
Secondo, infatti, quanto asserito dalla consolidata giurisprudenza della Sezione VI del Consiglio di Stato (cfr. sentenza n. 1285 del 30 gennaio 2007) “una considerazione della regola dell’anonimato che accentui la sua portata generale ed inderogabile in tutti i casi in cui la prova pratica contenga un qualsiasi elemento scritto, contribuirebbe ad assimilare indebitamente la prova pratica a quella scritta, ed a considerare la prova pratica come un succedaneo della prova scritta. Comporterebbe, perciò, in definitiva, una configurazione della prova pratica che non risponde alla previsione del bando, con il risultato di rendere inutile lo svolgimento di tale prova”, giacchè l’obiettivo che le amministrazioni si propongono di conseguire con suddette prove è “l’accertamento delle capacità tecnico-professionali dei concorrenti” e non la dimostrazione del possesso di “conoscenze teoriche del caso esaminato”.
Nel caso specifico, i candidati venivano chiamati a sostenere un’esperienza di laboratorio consistente nell’analisi di un campione di acido acetico, i cui risultati, unitamente ad altre specifiche indicazioni procedurali utilizzate, dovevano essere riportati su un modulo con nome e cognome dell’autore. La Commissione esaminatrice, per altro verso, effettuava una valutazione della prova basata su criteri oggettivi, come da griglia allegata al verbale del 14.6.2016 e pubblicata sul sito dell’USR Puglia il 17.6.2016, oltre che tenendo conto, come è ovvio, della concreta attività professionale materiale espletata nel corso della prova.
Considerato, ulteriormente, che la prova veniva espletata in presenza del comitato di vigilanza nominato con DDG Prot. n. 10719 del 29.6.2016 e su argomenti già noti a tutti i candidati con 24 ore di anticipo, il Collegio ritiene di poter altresì aderire ad una recentissima ordinanza del T.A.R. Campania, sede di Napoli, (n. 160/2017) con la quale si è statuito, a proposito di analogo concorso, che la “prova pratica, diversamente dalla prova scritta, quando consiste – come nel caso concreto – nell’esecuzione di una attività di per sè identificabile a priori, non è assoggettabile al principio dell’anonimato”.
Invero ed in definitiva, ogni qual volta una prova pratica di concorso implichi lo svolgimento non di un mero testo scritto a carattere pratico, ma di una concreta attività professionale materiale – anche con il supporto di un collaterale testo scritto – non sussiste alcuna realistica possibilità materiale di anonimizzare la prova, dovendo la medesima essere assoggettata a valutazione diretta da parte della Commissione esaminatrice per come fattualmente svolta dal singolo candidato.
Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, dunque, non è ravvisabile nel modus operandi della Commissione alcun contegno che abbia affievolito la garanzia di imparzialità della prova concorsuale.
Non meritevole di accoglimento è, altresì, il secondo motivo di gravame, con il quale i ricorrenti deducono l’esistenza di una situazione di incompatibilità della prof.ssa Pynalisa Cosma nella sua qualità di presidente della Commissione giudicatrice.
Al riguardo, il Collegio ritiene di dover preliminarmente prendere le mosse dalla disciplina dei requisiti richiesti per la nomina dei componenti delle Commissioni giudicatrici, contenuta nel Decreto Ministeriale n. 96 del 23.2.2016.
Nello specifico, l’art. 6 del suddetto decreto, rubricato “Requisiti generali e cause di incompatibilità o di inopportunità “, al secondo comma, testualmente prevede che “I presidenti e i componenti delle commissioni giudicatrici debbono, inoltre, possedere e mantenere i seguenti requisiti per non incorrere in cause di incompatibilità o inopportunità rispetto all’incarico: a. a partire da un anno antecedente alla data di indizione del concorso, non essere componente dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, non ricoprire cariche politiche e non essere rappresentanti sindacali, ivi compresele Rappresentanze sindacali unitarie, o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali; b. non avere relazioni di parentela, affinità entro il quarto grado o abituale convivenza con uno o più concorrenti; c. non aver svolto o svolgere, a partire da un anno antecedente alla data di indizione del concorso, attività o corsi di preparazione ai concorsi per il reclutamento del personale docente; d. non essere stati destituiti o licenziati dall’impiego per motivi disciplinari, per ragioni di salute o di decadenza dall’impiego comunque determinata”.
Nella fattispecie de qua, i ricorrenti sostengono una supposta incompatibilità della Presidente correlata alla ricoperta posizione di responsabile del percorso formativo TFA, istituito dall’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari, presso cui la maggior parte dei candidati al concorso conseguivano l’abilitazione all’insegnamento, necessaria per la partecipazione alla selezione in oggetto.
Premettendo che la regolamentazione della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado è contenuta nel D.M. n. 249 del 10 settembre 2010, come modificato ed integrato dal D.M. n. 81 del 25 marzo 2013, con il quale sono stati istituiti i Tirocini Formativi Attivi (TFA), ossia corsi di preparazione all’insegnamento per il successivo conseguimento del titolo, occorre precisare che l’art. 4 del succitato D.M. n. 96 del 2016, al quarto comma, lettera d), stabilisce che “costituisce criterio di precedenza nella nomina a componente delle commissioni giudicatrici” l'”aver svolto attività di tutor organizzatore, di tutor coordinatore, di tutor o di aver ricoperto incarichi di docenza presso i percorsi di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 e successive modificazioni”.
Per cui, ad avviso del Collegio, la prof.ssa Cosma, lungi dall’essersi posta in situazione di incompatibilità con la nomina a presidente della Commissione, risultava piuttosto in possesso di un requisito preferenziale previsto da una norma di diritto oggettivo.
Tuttavia, nell’argomentare la propria posizione, i ricorrenti sottolineano altresì l’esistenza di rapporti di collaborazione lavorativa, scientifica ed accademica, tra le vincitrici del concorso, Michela Corricelli, Elisabetta Fanizza, Carmela Martinelli, Alessandra Operamolla e Francesca Intranuovo, e la prof.ssa Pynalisa Cosma, sostenendo l’appartenenza di talune di esse allo staff del CNR – Istituto per i Processi Chimico-Fisici, insieme con la docente, ma in posizione subordinata, e per altre la condivisione con la suddetta insegnante del ruolo di coautrici di pubblicazioni scientifiche.
Deve tuttavia in proposito osservarsi che nell’ambito dei concorsi a cattedra è ovviamente assai frequente l’esistenza di rapporti tra docenti e candidati, sicchè costituisce approdo consolidato della giurisprudenza amministrativa la constatazione che “i rapporti personali, scaturiti dalla cura di pubblicazioni scientifiche in comune fra membri della commissione d’esame e candidati, non costituiscono di per sè soli vizi della procedura concorsuale nè alterano la par condicio fra candidati specie se si considera che nel mondo accademico le pubblicazioni congiunte sono ricorrenti per il rilievo che assumono come titoli valutabili” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza n. 3276 del 31.05.2012; T.A.R. Toscana, Firenze, sentenza n. 236/2012), nonchè per il soddisfacimento che rendono alle esigenze di “approfondimento di temi di ricerca sempre più articolati e complessi, sì da rendere, in alcuni settori disciplinari, estremamente difficile, se non impossibile, la formazione di commissioni esaminatrici in cui tali collaborazioni non siano presenti” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza n. 5885 del 18.08.2010).
Pertanto, non ogni rapporto di colleganza fra uno o più candidati e i componenti delle Commissioni giudicatrici comporta l’obbligo di astensione.
Infatti, per costante orientamento espresso dalla giurisprudenza formatasi in materia, “non costituisce ragione di incompatibilità la sussistenza di rapporti di collaborazione meramente intellettuale, mentre l’obbligo di astensione sorge nella sola ipotesi di comunanza d’interessi economici di intensità tale da far ingenerare il ragionevole dubbio che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con il commissario” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 4782 del 16.08.2011), nonchè in quei casi di esistenza di “una indubbia connotazione fiduciaria” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza n. 3006 del 31.05.2013) e di un “concreto sodalizio di interessi economici, di lavoro e professionali talmente intensi da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva e genuina, ma condizionata da tale cointeressenza” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sentenza n. 6945/2013).
Passando, dunque, all’esame delle censure che investono il caso di specie, il Collegio evidenzia che risulta sicuramente esistente tra le candidate e la Presidente della Commissione un rapporto, anche pregresso, di semplice collaborazione scientifica di carattere accademico, mentre non risulta nè allegata nè provata la sussistenza di un rapporto stabile ed intenso di cointeressenza di carattere patrimoniale.
A conferma di ciò si consideri che, da un lato, non vi è dubbio che l’essere state ricercatrici presso una struttura pubblica come il CNR non ha comportato ex se il sorgere di una cointeressenza economica diretta fra la professoressa Cosma e le suddette ricercatrici, e, dall’altro, risulta essere assente una collaborazione nella redazione di pubblicazioni scientifiche di intensità tale da ritenersi di carattere sistematico e professionale. Come, infatti, risulta dagli atti di causa, gli unici contributi rilevabili non si protraevano per un numero significativo di anni e non si manifestavano in un numero elevato di opere.
Occorre, peraltro, precisare che l’esistenza di siffatti legami di collaborazione scientifica tra la componente della Commissione e le candidate non rientrerebbe nè nelle ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 6 del D.M. n. 96 del 2016, nè in quelle di astensione obbligatoria di cui all’art 51 c.p.c., non essendo ipotizzabile l’esistenza di un rapporto di lavoro, e conseguentemente nemmeno in quella di cui all’art 6 bis della legge 8 agosto 1990, n. 241, non potendosi configurare, nel caso di specie, alcun conflitto di interesse.
La legittimità della nomina della prof.ssa Pinalysa Cosma, quale presidente della Commissione giudicatrice della classe di concorso A034, non risulta perciò essere stata inficiata nè dalla circostanza di aver ricoperto l’incarico di responsabile del TFA che abilitava all’insegnamento taluni concorrenti, nè, tanto meno, dalla semplice collaborazione scientifica che investiva i rapporti con taluni altri.
Dalle argomentazioni complessivamente espresse discende conseguentemente l’integrale reiezione del ricorso nel merito.
Tenuto conto della parziale novità della questione, della condizione soggettiva dei ricorrenti rispetto all’Amministrazione resistente e della peculiarità del caso di specie, ritiene il Collegio che sussistano i presupposti di legge per disporre la piena compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
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L’ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Alfredo Giuseppe Allegretta |
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Angelo Scafuri |
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IL SEGRETARIO
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