1. Accesso ai documenti della p.A. – Presupposti di rito – Legittimazione – Interesse – Natura e caratteristiche – Documentazione richiesta – Rapporti con la natura dell’interesse sotteso
 
2. Edilizia e urbanistica – Permesso di costruire  – Accesso ai titoli abilitativi rilasciati a favore di terzo – Accesso endoprocedimentale – Istanza di accesso – Condizioni – Obbligo di motivare l’esistenza di un interesse giuridicamente tutelato – Disciplina di cui all’art.10 T.U.E.L. e di cui all’art.25 l.n.241/1990 – Differenze e caratteristiche

1. Premesso che nell’ambito della giurisdizione esclusiva di cui alla disciplina del diritto di accesso il giudice amministrativo debba solo verificare la sussistenza o meno dei presupposti all’accesso, a prescindere dagli specifici vizi e/o motivazioni dell’atto amministrativo di diniego all’accesso, deve affermarsi che l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto richiedente l’accesso non sia necessariamente coincidente con un interesse legittimo o un diritto soggettivo, dovendo tuttavia trattarsi per lo meno di un interesse giuridicamente tutelato e dovendo altresì tale interesse porsi in rapporto di strumentalità  con la documentazione richiesta, purchè tale rapporto sia inteso in senso ampio, vale a dire che la documentazione risulti anche solo un mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non necessariamente uno strumento di prova diretta della lesione di tale interesse.

 
2. Posto che l’art. 10 T.U.E.L. (D.Lgs. n.267/2000), non contemplando l’onere di motivare la richiesta di accesso agli atti dell’Amministrazione -a differenza di quanto invece preveda l’art. 25 della l.n. 241/90- sancisce (unicamente) il principio della pubblicità  degli atti delle Amministrazioni locali, senza tuttavia implicare una diversa configurazione del diritto di accesso così come delineato dal suddetto art.25 l.n.241/90, e senza neppure disciplinare modalità  differenziate di esercizio di tale diritto -contenendo difatti l’art. 10 T.U.E.L. una deroga al solo art.24 l.n.241/90 ma non anche alle disposizioni di cui al successivo art.25-, ne discende che l’istanza di accesso agli atti di pratiche edilizie presentata con riferimento all’art.10 T.U.E.L. risulti legittimamente negata dall’Amministrazione qualora il richiedente ometta di esplicitare l’esistenza in capo a sè di un interesse concreto ed attuale: ciò in ragione del fatto che anche rispetto all’accesso ai titoli edilizi, pur dovendosi tenere in conto il peculiare controllo diffuso sull’attività  edilizia che il legislatore ha inteso assicurare ad un’ampia seppur circoscritta parte della collettività , occorre ciò nondimeno essere portatori di un interesse qualificato, concreto ed attuale all’acquisizione degli atti richiesti, interesse corrispondente ad una situazione giuridicamente qualificata e differenziata che risulti idonea a giustificare l’istanza di accesso.   

Pubblicato il 04/04/2017
N. 00321/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00874/2016 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 874 del 2016, proposto da: 
Grazia Lagreca, rappresentata e difesa dall’avvocato Sergio Casareale, domiciliato ex art. 25 cpa presso . Segreteria Del T.A.R. Puglia in Bari, piazza Massari, 6; 

contro
Comune di Gravina in Puglia, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Lucia Lorusso, con domicilio eletto presso lo studio Giacomo Valla in Bari, via Quintino Sella N. 36; 

nei confronti di
-OMISSIS-non costituita in giudizio; 

per l’annullamento
del provvedimento prot. 17859 del 22.06.2016 recante rigetto dell’istanza di accesso ai documenti (ex art. 116 c.p.a.) relativi a pratiche edilizie di terzi.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Gravina in Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2017 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso in esame, notificato il 19 luglio 2016, depositato il 22 luglio 2016, l’avv. Grazia La greca impugna il provvedimento, in epigrafe meglio specificato, recante rigetto dell’istanza di accesso proposta in data 1.6.2016, intesa a visionare ed estrarre copia degli atti relativi a pratiche edilizie ben specificate. Il diniego definitivo impugnato risulta preceduto da preavviso di diniego, oggetto di osservazioni da parte della ricorrente e dalla ferma opposizione manifestata dalla controinteressata, avvisata dall’amministrazione comunale della richiesta di parte.
1.1.- Avverso il provvedimento reiettivo dell’istanza ostensiva, motivato con la circostanza che in capo alla ricorrente “mancherebbero i presupposti di fatto e di diritto e per l’opposizione della controinteressata, salvo l’accesso alla nota di opposizione della controinteressta e la copia del titolo edilizio già  rilasciato”, la ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 10 T.U.E.L. e dell’art, 97 Cost. lamentando il vulnus al principio della trasparenza, inteso come accessibilità  totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività  delle pubbliche amministrazioni, introdotto dal legislatore allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul corretto esercizio delle pubbliche funzioni e, nel caso specifico, sulla corretta applicazione degli strumenti urbanistici. 
Ha richiamato sul punto le disposizioni di cui al d. lgs n. 97 del 2016, a mente delle cui indicazioni gli obblighi di pubblicazione che incombono sulla p.a. comportano il diritto di chiunque di richiedere la pubblicazione dei documenti omessi nonchè il diritto del cittadino ad accedere ai dati e documenti detenuti dalle pp.aa., ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione.
2.- Si è costituita in giudizio per resistere l’intimata amministrazione comunale chiedendo il rigetto della domanda perchè inammissibile ed infondata. Ha ribadito che nel preavviso di diniego era stato rappresentata alla parte istante la mancata esplicitazione di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata alla documentazione richiesta; che analoga istanza di accesso dell’avv. Sergio Casareale, domiciliato presso lo studio della richiedente, era stata già  parzialmente negata con provvedimento impugnato innanzi al Tar con ricorso dichiarato improcedibile; che gli atti richiesti erano al vaglio dell’Autorità  Giudiziaria Penale trattandosi di un procedimento rubricato al n. -OMISSIS-R.G.N.R., siccome acquisiti nell’ambito delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari.
3.- Con note di udienza, la ricorrente ha rimarcato che, alla data dell’istanza di accesso il procedimento penale era ormai giunto alla fase dell’udienza preliminare, per cui gli atti in questione non erano più coperti dal segreto istruttorio, giusta previsione di cui all’art. 329 c.p.p.
4.- Alla camera di consiglio del 1^ marzo 2017, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
5.- Il ricorso è infondato alla stregua delle considerazioni che seguono, ancorate al principio, consolidato in giurisprudenza, per il quale ove un provvedimento amministrativo sia sorretto da una pluralità  di motivazioni, tra di loro autonome, la validità  anche di una sola di esse, è sufficiente a giustificare la legittimità  dell’atto senza che il giudice debba pronunciarsi anche sulle ulteriori ragioni ostative, il cui esito resta assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla motivazione ritenuta fondata (ex multis C.G.A. 7 marzo 2014 n. 98).
5.1.- Come più volte ha precisato anche questo Tribunale, la giurisprudenza in materia di accesso è ormai consolidata nel ritenere, in punta di diritto, che :
– l’accesso è oggetto di un diritto soggettivo di cui il giudice amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva;
– il giudizio ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto di accesso, piuttosto che la verifica della sussistenza o meno di vizi di legittimità  dell’atto amministrativo. Infatti, il giudice può ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, così sostituendosi all’amministrazione e ordinandole un facere pubblicistico, solo se ne sussistono i presupposti (art. 116, comma 4, Cod. proc. amm.). Il che implica che, al di là  degli specifici vizi e della specifica motivazione dell’atto amministrativo di diniego dell’accesso, il giudice deve verificare se sussistono o meno i presupposti dell’accesso, potendo pertanto negarlo anche per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo [Cons. Stato, VI, 12 gennaio 2011, n. 117]. Sicchè il giudice può anche ravvisare motivi ostativi all’accesso diversi da quelli opposti dall’Amministrazione (ex multis Cons. St. Sez. VI 19 gennaio 2012 n. 201.
5.2.- Chiarito quanto sopra, gioverà  ricordare che la copiosa giurisprudenza in tema di diritto di accesso si è più volte pronunciata in ordine ai limiti intrinseci alla sindacabilità  delle ragioni poste a fondamento dell’accesso (Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55), facendo presente “che l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso non solo non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, dovendo solo essere giuridicamente tutelato purchè non si tratti del generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività  amministrativa e che, accanto a tale interesse deve sussistere un rapporto di strumentalità  tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione. Questo rapporto di strumentalità  deve però essere inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve essere mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse. Pertanto, l’interesse all’accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, escludendo che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità  della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all’accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata.”.
5.3.- Ciò premesso, gioverà  ricordare – con riferimento al caso in esame – che l’istanza di accesso agli atti di alcune pratiche edilizie presentata dalla ricorrente risulta giustificata con riferimento all’art. 10 del testo unico degli enti locali (d. lgs n. 267/2000), a mente delle cui indicazioni “tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli o associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti¦”
La citata disposizione sostanzialmente non contempla l’onere di esplicitazione di una particolare motivazione idonea a giustificare la richiesta di accesso agli atti dell’amministrazione, a differenza di quanto previsto dall’art. 25 della l. n. 241/90.
5.4.- La giurisprudenza amministrativa si è più volte soffermata sui rapporti intercorrente tra le due disposizioni, addivenendo a soluzioni, talvolta, confliggenti. 
Una parte della giurisprudenza risulta attestata – al pari della Commissione per l’accesso agli atti amministrativi – su posizioni favorevoli ad un accesso più ampio di quello previsto dalla l. n. 241/90
(ex multis Tar Lecce sez. II n. 2067 del 2005).
Di diverso avviso risulta altra parte della giurisprudenza, attestata su un diverso approdo esegetico (ex multis Cons. St. Sez. V n. 1772/2011) che di seguito si riporta : “Come la giurisprudenza ha già  avuto modo di rilevare in controversie pressochè analoghe (C.d.S., sez. V, 29 novembre 2004, n. 7773; 20 ottobre 2004, n. 6879; 18 marzo 2004, n.1412), la disposizione contenuta nel primo comma dell’articolo 10 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (secondo cui “tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale, ad eccezione di quelli riservati per espressa disposizione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese”), sancisce il principio della pubblicità  degli atti delle amministrazioni locali, senza tuttavia con ciò possa implicare una diversa configurazione del diritto di accesso, così come delineato dall’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e senza neppure disciplinare modalità  differenziate di esercizio di tale diritto.
Per quanto riguarda i requisiti di accoglimento della domanda di accesso non sussiste dunque alcuna ragione per discostarsi da quelli contenuti nella disciplina generale di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.
In altri termini, come pure è stato opportunamente evidenziato nei citati arresti giurisprudenziali, l’articolo 10 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (e prima di esso l’articolo 7 della legge 8 giugno 1990, n. 142), contiene una deroga all’articolo 24 della citata legge 7 agosto 1990, n. 241, ma non alle disposizioni di cui al successivo articolo 25.”.
Il citato filone giurisprudenziale nega, altresì, qualunque prevalenza anche alle eventuali disposizioni regolamentari locali contenenti disposizioni diverse in tema di accesso, atteso che “il potere riconosciuto all’amministrazione locale, ai sensi dell’articolo 7, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e del successivo articolo 10, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, di disciplinare in concreto il diritto di accesso ai propri atti, non si configura affatto come potere normativo libero e autonomo, derogatorio dei principi generali in materia, bensì si colloca armonicamente proprio come strumentale all’applicazione dei principi fondamentali della materia (nel rispetto, quindi, del fondamentale rispetto del principio di legalità  cui è subordinato l’esercizio del potere regolamentare), essendo diretto, come puntualmente stabilito dalle disposizioni legislative ricordate, ad assicurare ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso ai documenti attraverso la disciplina del rilascio delle copie di atti previo pagamento dei soli costi individuando, anche attraverso norme di organizzazione, gli uffici e i servizi e i responsabili del procedimento; dettando le norme per assicurare ai cittadini l’informazione sugli atti, procedure e provvedimenti che li riguardano ed in generale l’accesso alle informazioni in possesso dell’informazione.”
5.5.- Trasponendo le acquisizioni giurisprudenziale da ultimo menzionate al caso in esame, deve convenirsi che il diniego espresso è legittimo e non sono stati offerti al Collegio elementi utili per un diverso approdo interpretativo dell’art. 10 del T.U.E.L 
5.6.- Nè a diverse conclusioni può giungersi per il sol fatto che oggetto dell’istanza ostensiva siano delle pratiche edilizie, ritenute dalla parte accessibili senza limiti in ragione del controllo sull’attività  edilizia che il legislatore avrebbe inteso assicurare : in proposito parte ricorrente richiama, a suffragio del proprio assunto, la sentenza del Tar Lazio n. 13545 del 2015. 
5.6.1.- Orbene – in disparte la circostanza che la sentenza da ultimo citata dalla parte non arreca alcuna utilità  alle tesi attoree, risultando, al contrario, aderente alle tesi esposte nel diniego – deve escludersi che la richiesta di ostensione di titoli edilizi possa essere azionata, a prescindere dalla dimostrazione di un interesse concreto ed attuale : anche rispetto all’accesso ai titoli edilizi occorre essere portatori di un interesse qualificato, concreto ed attuale all’acquisizione degli atti richiesti
Gioverà  ricordare che già  con la legge urbanistica n.1142 del 1950, l’art. 31, c. 9 si stabiliva che chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali, della licenza edilizia e dei relativi atti di progetto così riconoscendosi una posizione qualificata e differenziata in favore dei proprietari di immobili siti nella zona in cui la costruzione è permessa e a coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la stessa. Parallelamente oggi l’art. 20 c. 6 del T.U. n. 380 del 2001, come inteso dalla giurisprudenza vigente, assicura a qualsiasi soggetto interessato (termine da intendersi non come sinonimo di un’azione popolare ma, come sopra chiarito, con riferimento ai proprietari di immobili siti nella zona in cui la costruzione è permessa e a coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la stessa) la possibilità  di visionare gli atti del procedimento di rilascio di un permesso di costruire, in ragione del controllo diffuso sull’attività  edilizia, che il legislatore ha inteso garantire ed atteso che in subiecta materia non può essere affermata l’esistenza di un diritto alla riservatezza in capo ai controinteressati (cfr. Cons. St. n. 9158 del 2013). In sostanza, rispetto all’ostensione di un permesso di costruire o di altri titoli legittimanti l’esecuzione di interventi in edilizia la legittimazione all’accesso ai documenti amministrativi deve ritenersi consentita a chiunque possa dimostrare che il provvedimento o gli atti endoprocedimentali abbiano dispiegato o siano idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti anche nei suoi confronti. 
5.6.2.- Orbene la richiesta inoltrata all’amministrazione comunale dai ricorrenti risulta sfornita di ogni indicazione in ordine all’interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente qualificata e differenziata, idonea a giustificare la documentazione richiesta.
5.7.- Residua al Collegio un’ulteriore riflessione sulle doglianze rappresentate dalla parte che, dopo aver proposto l’istanza ostensiva, radicandola all’art. 10 del d. lgs n. 267/2000, soltanto nei propri scritti difensivi invoca le previsioni di cui alla normativa contenuta nel d. lgs n. 97 del 2016.
5.7.1.- Non sfugge al Collegio che nell’ambito delle deleghe concesse al Governo di cui all’art. 7 della legge 7 agosto 2015 n. 124 per la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni (c.d. Riforma Madia), in materia di pubblicità , trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, con il d. lgs 25 maggio 2016 n. 97 sono state novellate le disposizioni di cui alla legge 6 novembre 2012 n. 190 ed al d. lgs 14 marzo 2013 n. 33 – previo parere della Sezione Consultiva per gli atti Normativi del Consiglio di Stato, reso nell’adunanza di Sezione del 18 febbraio 2016 – introducendo una nuova forma di accesso civico libero ai dati e ai documenti pubblici, equivalente a quella che nei sistemi anglosassoni è definita Fredom of information act (F.O.I.A.) : questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità  di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati e ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge.
5.7.2.- Anche con riguardo alla normativa de qua, la giurisprudenza ha più volte scrutinato il rapporto intercorrente tra le previsioni in materia di accesso di cui alla legge n. 241/90 e quelle di cui al d. lgs n. 33/2016, modificato dal d. lgs n. 97/2016.
In particolare il Consiglio di Stato, a fronte delle previsioni innovative del d. lgs n. 33/2013, si è orientato a ritenere quanto segue :
” Al riguardo sembra opportuno sottolineare in primo luogo che le nuove disposizioni, dettate con d.lgs. 14.3.2013, n. 33 in materia di pubblicità , trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni disciplinano situazioni, non ampliative nè sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241, come successivamente modificata ed integrata.
Col citato d.lgs. n. 33/2013, infatti, si intende procedere al riordino della disciplina, intesa ad assicurare a tutti i cittadini la più ampia accessibilità  alle informazioni, concernenti l’organizzazione e l’attività  delle pubbliche amministrazioni, al fine di attuare “il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità , buon andamento, responsabilità , efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche”, quale integrazione del diritto “ad una buona amministrazione”, nonchè per la “realizzazione di un’amministrazione aperta, al servizio del cittadino”. Detta normativa – avente finalità  dichiarate di contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione – intende anche attuare la funzione di “coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r) della Costituzione”: quanto sopra, tramite pubblicazione obbligatoria di una serie di documenti (specificati nei capi II, III, IV e V del medesimo d.lgs. e concernenti l’organizzazione, nonchè diversi specifici campi di attività  delle predette amministrazioni) nei siti istituzionali delle medesime, con diritto di chiunque di accedere a tali siti “direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione”; solo in caso di omessa pubblicazione può essere esercitato, ai sensi dell’art. 5 del citato d.lgs., il cosiddetto “accesso civico”, consistente in una richiesta – che non deve essere motivata – di effettuare tale adempimento, con possibilità , in caso di conclusiva inadempienza all’obbligo in questione, di ricorrere al giudice amministrativo, secondo le disposizioni contenute nel relativo codice sul processo (d.lgs. 2.7.2010, n. 104).
L’accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241 è riferito, invece, al “diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi”, intendendosi per “interessati¦.tutti i soggetti¦.che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”; in funzione di tale interesse la domanda di accesso deve essere opportunamente motivata.
Benchè sommarie, le indicazioni sopra fornite appaiono sufficienti per evidenziare la diversificazione di finalità  e di disciplina dell’accesso agli atti, rispetto al cosiddetto accesso civico, pur nella comune ispirazione al principio di trasparenza, che si vuole affermare con sempre maggiore ampiezza nell’ambito dell’amministrazione pubblica.” (Cons. St. Sez. VI n. 5515 del 2013). 
Le riferite conclusioni non risultano superate dalla successiva giurisprudenza che, in sede di definizione dei rispettivi ambiti di operatività  delle diverse norme, ha ulteriormente aggiunto quanto segue : 
“Vuol dire piuttosto che va condotta un’indagine circa la consistenza della situazione legittimante all’accesso e che la relativa valutazione va articolata a seconda della disciplina normativa di riferimento, che varia in significative parti sia con riguardo ai caratteri della posizione legittimante (l’interesse “diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata” di cui alla legge n. 241), sia dei vari presidi che la legge pone verso l’accesso generalizzato (non collegato, cioè, ad un interesse qualificato e differenziato o comunque volto a un controllo diffuso sull’attività  dei pubblici poteri). In particolare sul versante dei rapporti con i pubblici poteri, il legislatore non sconta limiti generali nel prevedere in favore dei cittadini una serie più o meno ampia di diritti ad essere informati, come avviene, per esempio, con le regole di pubblicità  ex art. 29 del Dlg 14 marzo 2013 n. 33. 
E’ fondamentale sottolineare, al riguardo, che l’evoluzione della legislazione in materia, che pure è via via sempre più aperta alle esigenze di trasparenza dell’azione pubblica, ha portato a configurare le diverse forme di accesso più che a guisa di un unico e globale diritto soggettivo di accesso agli atti e documenti in possesso dei pubblici poteri, come un insieme di sistemi di garanzia per la trasparenza, tra loro diversificati pur con inevitabili sovrapposizioni. Sicchè s’avrà  una maggiore o minore estensione della legittimazione soggettiva, a seconda della più o meno diretta strumentalità  della conoscenza, incorporata negli atti e documenti oggetto d’accesso, rispetto ad un interesse protetto e differenziato, diverso dalla mera curiosità  del dato, di colui che esprime sì il bisogno di accedere, ma con le modalità  previste dalla specifica disciplina normativa invocata.
In altri termini, è da considerare che il sistema nel suo complesso dà  luogo a vari tipi d’accesso, con diverse finalità  e metodi d’approccio alla conoscenza ed altrettanti livelli soggettivi di pretesa alla trasparenza dei pubblici poteri. Tali livelli, nel sistema della legge n. 241 -che costituisce il parametro normativo di riferimento nel presente giudizio- saranno più ampi quando riguardano la partecipazione di un soggetto ad un procedimento amministrativo (art. 7, c. 1; art. 8, c. 2, lett. b; art. 10, lett. a) della l. 241/1990) o ad un processo amministrativo già  in atto (art. 116, c. 2, c.p.a.: cfr., p. es., Cons. St., III, 14 marzo 2013 n. 1533), oppure quando l’accesso riguardi «¦ documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici¦» (art. 24, c. 7 della legge n. 241); ma richiederanno pur sempre, nel sistema della legge n. 241, una posizione legittimante nei termini richiesti da quella disciplina. àˆ allora ben chiaro che il diritto d’accesso ex legge n. 241 agli atti amministrativi non è connotato da caratteri di assolutezza e soggiace, oltre che ai limiti di cui all’art. 24 della l. 241/1990, alla rigorosa disamina della posizione legittimante del richiedente, il quale deve dimostrare un proprio e personale interesse (non di terzi, non della collettività  indifferenziata) a conoscere gli atti e i documenti richiesti. ¦. Nè sembri tutto ciò in contrasto con la c.d. “società  dell’informazione” cui a livello europeo tende (cfr. considerando n. 2) la dir. n. 2003/98/CE, poichè, al di là  dell’enfasi così manifestata, tale fonte comunque non esclude, nei ben noti ed ovvi limiti di ragionevolezza e proporzionalità , regimi nazionali che possano delimitare l’accesso anche con riferimento alla titolarità  di una posizione legittimante).
Diversi sono i presupposti che connotano i casi di c.d. “accesso civico” ex art. 5 del Dlg 33/2013 (anche nel testo previgente alla novella del 2016), che tuttavia presuppongono la sussistenza di un obbligo di pubblicazione (cfr. funditus Cons. St., VI, 20 novembre 2013 n. 5515).
E ancora diversi sono i presupposti che disciplinano l’accesso ai sensi del decreto legislativo n. 97 del 2016, che svincola il diritto di accesso da una posizione legittimante differenziata (art. 5 del decreto n. 33 del 2013 nel testo novellato) e, al contempo, sottopone l’accesso ai limiti previsti dall’articolo 5 bis. In tal caso, la P.A. intimata dovrà  in concreto valutare, se i limiti ivi enunciati siano da ritenere in concreto sussistenti, nel rispetto dei canoni di proporzionalità  e ragionevolezza, a garanzia degli interessi ivi previsti e non potrà  non tener conto, nella suddetta valutazione, anche le peculiarità  della posizione legittimante del richiedente.” (Cons. St. n. 3631 del 2016).
5.7.3.- Le riferite acquisizioni giurisprudenziali, intese a rimarcare le sostanziali differenze che connotano i diversi istituti, sostanzialmente non arrecano utilità  alla parte ricorrente atteso che – come provato dalla documentazione versata in atti (vedi la nota e l’istanza di accesso inoltrate dall’avv. Grazia Lagreca in data 1 giugno 2016) – l’istanza ostensiva risulta prodotta ex art. 10 del TUEL e l’intero contraddittorio endoprocedimentale si è sviluppato con riferimento all’istanza radicata al richiamato referente normativo, le cui peculiarità  depongono nei sensi esposti dalla resistente amministrazione comunale con l’atto impugnato, che ha correttamente ravvisato in capo alla ricorrente la carenza dei presupposti necessariamente occorrenti per l’esercizio del diritto di accesso ex art. 10 del TUEL.
6.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della resistente amministrazione comunale delle spese di lite che liquida in euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Francesco Gaudieri, Presidente, Estensore
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Francesco Gaudieri
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

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