1. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Permesso di costruire in sanatoria – Diniego – Mancata comunicazione preavviso di ex art. 10 bis L. n. 241/1990 – Irrilevanza.
2. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Interventi in parziale difformità – Demolizione – Ordine – Alternatività con la sanzione pecuniaria ex art. 34 D.P.R. 380/2001 – Insussistenza – Motivazioni
1. La mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità del provvedimento finale di diniego di permesso di costruire in sanatoria, in quanto la disposizione contenuta nell’art. 10 bis L. 7 agosto 1990 n. 241 va interpretata alla luce del successivo art. 21 octies comma 2, il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, rende irrilevante la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell’atto allorchè il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
2. In ipotesi di interventi edilizi eseguiti in parziale difformità , l’ingiunzione di demolizione costituisce la prima e obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico-ricognitivo dell’abuso commesso, mentre il giudizio sintetico-valutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria, disciplinato dall’art. 34, secondo comma, del D.P.R. 380/2001, viene effettuato soltanto in un secondo momento (successivo ed autonomo rispetto all’atto di diffida), ossia quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione e l’organo competente emana l’ordine (non indirizzato all’autore dell’abuso edilizio, ma agli uffici e relativi dipendenti dell’amministrazione competenti o preposti in materia di sanzioni edilizie) di demolizione in danno delle opere edili costruite in parziale difformità .
Pubblicato il 09/03/2017
N. 00226/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01809/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1809 del 2010, proposto da:
Cosima De Vita, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Polignano, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Barile in Bari, via Manzoni, n. 93;
contro
Comune di Putignano non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della nota prot. 31624 del 157.2010, notificata il 19.07.2010, con cui la ripartizione Urbanistica comunale ha negato il permesso di costruire in sanatoria;
dell’ordinanza dirigenziale n. 157 del 10 agosto 2010, notificata l’11 agosto 2010, di demolizione delle opere edilizie prive di titolo abilitativo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 marzo 2017 la dott.ssa Cesira Casalanguida;
Uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – La Sig.ra De Vita Cosima, con ricorso notificato il 2.11.2010 e depositato il 30.11.2010, ha impugnato l’atto in epigrafe specificato, con cui il Comune di Putignano ha negato il permesso di costruire in sanatoria e la conseguente ordinanza di demolizione delle opere edilizie realizzate in assenza di titolo abilitativo su edificio di sua proprietà , sito in agro di Putignano, s.c. La Tranese.
Le opere oggetto di istanza di sanatoria del 26.10.2009 consistono nella realizzazione di garage, intercapedine in accosto al deposito ed alla cantina esistenti, manufatto adibito ad abitazione realizzato al di sopra dei locali suindicati, pozzo nero, fossa biologica.
2.1. – Con il primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 10 -bis L. 241/1990: la mancata comunicazione del preavviso di rigetto avrebbe impedito la partecipazione all’istruttoria procedimentale, ritenuta per questo lacunosa. La ricorrente riferisce che una parte delle opere realizzate sarebbe stata oggetto di istanza di condono edilizio presentata in data 10.12.2004, su cui ritiene che si sia formato il provvedimento di tacito assenso, attesa la mancanza di alcuna comunicazione da parte del Comune.
2.2. – Con il secondo motivo di ricorso censura l’ordinanza di demolizione ritenuta affetta, in via derivata, dai medesimi vizi riferiti al diniego di sanatoria. Rivendica l’applicazione dell’art. 36 d.p.r. n. 380/2001.
2.3. – Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 34 d.p.r. n. 380/2001 sostenendo, anche sulla base di una perizia di parte del 29.10.2010, che la parte del piano terra in sopraelevazione non possa essere demolita, in quanto collegata a livello strutturale con le altre parti dell’immobile, non abusive, senza pregiudizio del “corretto funzionamento strutturale” dell’intero immobile.
2.4. – Con il quarto motivo di ricorso deduce l’omessa acquisizione da parte dell’Ufficio comunale competente del parere dell’ufficio tecnico e della commissione edilizia comunale, in violazione dell’art. 41 della L.R. Puglia 56/80.
3. – Il Comune di Putignano, regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.
4. – All’udienza pubblica dell’1.03.2017, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. – Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
5.1. – Infondata è la doglianza relativa alle violazioni procedimentali di cui, in particolare, all’art. 10 – bis della L. n. 241/1990, posto che per costante insegnamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio ritiene non doversi discostare, nel procedimento amministrativo, la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità del provvedimento finale, in quanto la disposizione contenuta nell’art. 10 bis l. 7 agosto 1990 n. 241 va interpretata alla luce del successivo art. 21 octies comma 2, il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, rende irrilevante la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell’atto allorchè il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (ex multis, Cons Stato sez. VI, sent. 505 dell’8.02.2016; T.A.R. Salerno, sez. II, sent. n. 2559 del 20.12.2013; C.G.A n. 1039 del 22 novembre 2012)
Con specifico riferimento all’ordinanza di demolizione, è sufficiente osservare che in materia di repressione degli abusi edilizi non può considerarsi affetto da illegittimità l’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi che non sia stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto nella prospettiva del ripristino della legalità violata mediante la realizzazione di opere non corredate dal prescritto titolo abilitativo, alcun apporto partecipativo del destinatario del provvedimento sarebbe da considerarsi utile e necessario ai fini dell’adozione del provvedimento demolitorio (ex multis, Cons. Stato, V Sezione, 9 settembre 2013 n. 4470).
A ciò si aggiunga che la presunta istanza di condono pendente presso il Comune, è solo riferita dalla ricorrente che non allega alcun atto da cui desumerne l’effettiva esistenza, l’oggetto specifico e ogni altro elemento idoneo a consentirne una valutazione nel presente giudizio.
Dirimente ai fini della dimostrazione che il dedotto vizio, ossia l’inosservanza del citato art. 10 bis, non potrebbe comunque determinare l’annullamento del diniego di sanatoria è l’ulteriore considerazione per cui l’atto impugnato, tra le plurime motivazioni addotte a fondamento del diniego di sanatoria, fa espressamente riferimento alla carente allegazione, alla istanza di sanatoria, della documentazione atta a dimostrare la cd. conformità dell’intervento, come prescritto dall’art. 36 d.p.r. 380/2001 (“alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”).
5.2. – Tale rilievo è idoneo a superare anche il secondo motivo di ricorso, del quale va, peraltro, rilevata la inammissibilità per estrema genericità , non risultando corroborato da elementi utili a dimostrare la sua fondatezza.
In sostanza la censura si risolve in un’apodittica affermazione della violazione dell’art. 36 d.p.r. 380/2001, senza offrire alcun principio di prova volta a superare le motivazioni addotte dalla civica amministrazione a supporto del diniego di sanatoria, nè circa la riferita omessa allegazione degli elaborati grafici, nè circa la mancata proprietà del lotto minimo previsto dall’art. 77 (ex. 70) per le zone agricole produttive delle N.T.E., in cui ricade l’immobile di proprietà della ricorrente.
5.3. – Del pari è infondato il terzo motivo di doglianza, con il quale si è sostenuta la violazione dell’art. 34 d.p.r. 380/200, in quanto il Comune non avrebbe potuto ordinare la demolizione senza valutare il pregiudizio alla struttura esistente.
Deve, in proposito evidenziarsi che, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza in materia, “in ipotesi di interventi edilizi eseguiti in parziale difformità , l’ingiunzione di demolizione costituisce la prima e obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico-ricognitivo dell’abuso commesso, mentre il giudizio sintetico-valutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria, disciplinato dall’art. 34, secondo comma, del D.P.R. 380/2001, viene effettuato soltanto in un secondo momento (successivo ed autonomo rispetto all’atto di diffida), ossia quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione e l’organo competente emana l’ordine (non indirizzato all’autore dell’abuso edilizio, ma agli uffici e relativi dipendenti dell’amministrazione competenti o preposti in materia di sanzioni edilizie) di demolizione in danno delle opere edili costruite in parziale difformità ” (T.A.R. Napoli sez. VIII, sent. n. 3505 dell’8.7.2016. E ancora, ex multis, T.A.R. Catanzaro, sez. I, 18 giugno 2014 n. 965; T.A.R. Palermo, sez. III, 23 gennaio 2015 n. 21; T.A.R. Napoli, sez. IV, 5 agosto 2013 n. 4056).
Tale valutazione, pertanto, in quanto afferente ad una fase procedimentale successiva rispetto alla demolizione, non può essere dedotta a sostegno della illegittimità della stessa.
5.4. – Infondato è, infine, il quarto motivo di ricorso.
Va affermato, infatti, che l’ingiunzione a demolire le opere edilizie abusive non doveva essere preceduta dal parere della Commissione edilizia comunale, anche qualora questa non sia stata cancellata dall’organigramma comunale ai sensi dell’art. 96 del D.Lgs. n. 267 del 2000, dal momento che l’ordine di ripristino, quale atto vincolato, discende direttamente dalla violazione della disciplina edilizia vigente e non è inficiato, ai sensi dell’art. 21-octies L. 241/1990, da supposte violazioni procedimentali (cfr. TAR Bari, Sez. III sent. n. 402 del 12.03.2015 e n. 802 del 22/05/2013; TAR Lecce Sez. III 18/04/2012 N. 702).
6. In conclusione, stante la ravvisata infondatezza di tutte le censure proposte, oltre alla inammissibilità per genericità di alcune di esse, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.
7. – Nulla deve disporsi per le spese attesa la mancata costituzione in giudizio del Comune intimato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Cesira Casalanguida | Francesco Gaudieri | |
IL SEGRETARIO