Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata – Abuso edilizio – Risalente nel tempo – Ordinanza di demolizione – Motivazione – Interesse pubblico  attuale – Necessità  – Conseguenze

E’ illegittima l’ordinanza di demolizione emanata nei confronti di un presunto abuso edilizio commesso in epoca risalente (nella specie 26 anni prima dall’emanazione dell’ordinanza) ove la stessa non sia motivata sul punto  della sussistenza dell’interesse pubblico attuale idoneo  a giustificare il sacrificio dell’affidamento ingeneratosi nel  privato/ricorrente.

N. 00289/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01969/2011 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1969 del 2011, proposto da: 
Filomena Merafina, Michelina Matera, Natale Spada, rappresentati e difesi dall’avv. Francesco Mazzilli, con domicilio ex lege presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, P.zza Massari; 

contro
Comune di Trani, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Capurso, con domicilio eletto presso Giovanni Caponio in Bari, Via S.Lioce, n.52; 

per l’annullamento
1) della ordinanza n. 15 del 1.7.2011, con la quale il Dirigente della IV Ripartizione ordinava ai ricorrenti la demolizione della villa, ritenuta abusiva, di proprietà  dei medesimi; 2) di tutti gli atti alla precedente preordinati, connessi o consequenziali;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Trani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Preliminarmente il Collegio respinge l’istanza di ulteriore rinvio formulata dal nuovo difensore delle parti ricorrenti, all’udienza del 28 gennaio 2016.
In merito, giova ricordare che le parti hanno già  in passato richiesto ben due rinvii dell’udienza di discussione (all’udienza pubblica del 15 ottobre 2014 e 26 marzo 2015), motivando, il primo, in ragione del prospettato (da parte del difensore del Comune) ritiro in autotutela del provvedimento impugnato, il secondo, per le particolari difficoltà  organizzative in cui versava l’ente che non avevano consentito il rispetto dei normali tempi di conclusione del relativo procedimento.
Accordati entrambi i rinvii, all’odierna udienza, il Collegio ha preso atto non solo dell’assenza del difensore comunale, ma anche della richiesta, da parte dei ricorrenti, di ulteriore rinvio (formulata in modo del tutto intempestivo con atto depositato il giorno prima dell’udienza pubblica), motivata in ragione della sostituzione del precedente difensore, a seguito della rinuncia da parte dell’avv. Bottaro.
Ritiene il Collegio che le esigenze processuali dispositive delle parti siano state ormai adeguatamente soddisfatte e che la causa (pendente dal 2011) non meriti ulteriore differimento, in quanto il principio processuale di disponibilità  del processo ad opera delle parti va coniugato con quello di celerità  di definizione, nonchè con le esigenze organizzative della Sezione che impongono di definire le controversie mature per la decisione.
Tanto premesso, per meglio inquadrare la vicenda in ordine alla quale le parti dibattono, deve premettersi che essa risulta analoga a quella già  definita dalla Sezione con sentenza n. 1045/2012 che ha annullato la omologa ordinanza di demolizione n.13/2011, adottata dal Comune in relazione ad altre porzioni del fabbricato in esame (identificate dai sub. 1-4-5-7).
L’ordinanza n. 15/2011 (impugnata in questa sede) riguarda, invece, le porzioni dello stesso fabbricato identificate dai seguenti subalterni: 2-6 di proprietà  Matera; 3-8 di proprietà  Merafina – Spada.
A sostegno del ricorso, sono state articolate le stesse censure già  prospettate avverso l’ordinanza n.13/2011:
I. violazione di legge e falsa applicazione del d.p.r. n. 380 del 2001 e del regolamento edilizio del Comune di Trani vigente all’epoca della edificazione, eccesso di potere per falsa rappresentazione della realtà , difetto di presupposto, erroneo apprezzamento dei presupposti per difetto di istruttoria e travisamento; parte ricorrente lamenta che erroneamente il Comune resistente avrebbe ritenuto che la variante in corso d’opera realizzata nel 1984-1985, consistente nella parziale e limitata demolizione di alcuni volumi e ricostruzione dei medesimi in altra posizione, non fosse mai stata autorizzata (fondando su questo la ritenuta abusività  dell’intera villa e di, conseguenza, dei vari subalterni in cui è suddivisa) e, pertanto, avrebbe concluso che tutta la villa fosse stata edificata in assenza di concessione edilizia, mentre tale variante sarebbe stata approvata con la nota prot. n. 29803 del 17 dicembre 1984, a firma dell’Assessore delegato dal Sindaco, ai sensi dell’art. 6, secondo capoverso del regolamento edilizio del Comune di Trani, introdotto a seguito della modifica di cui alla delibera di C.C. n. 104 del 1976, seppure sottoposto all’espletamento di tutti gli adempimenti di cui alla legge n. 64 del 2 febbraio 1974 (pratica sismica), adempimenti tutti eseguiti dall’originario istante.
II. Eccesso di potere per difetto di presupposto, erroneo apprezzamento dei presupposti per difetto di istruttoria e travisamento, in quanto l’Amministrazione avrebbe erroneamente ritenuto che tutta la villa fosse abusiva, sulla base del verbale di sopralluogo effettuato dal personale dell’U.T.C. in data 3 gennaio 1985 e della successiva ordinanza di sospensione lavori, entrambi richiamati nell’ordinanza di demolizione impugnata; al riguardo parte ricorrente rappresenta che, a seguito della dichiarazione di intervenuta inefficacia dell’ordinanza di sospensione dei lavori, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 1150 del 1942, acclarata con l’ordinanza di rigetto di questo Tribunale resa nell’ambito del ricorso proposto avverso l’ordinanza “gemella” n. 13/2011 , il Comune non avrebbe emesso alcun provvedimento di demolizione, mentre in data 19 aprile 1985 vi sarebbe stato il collaudo della villa ed in data 3 giugno 1985, con nota prot. n. 6176, il Genio Civile avrebbe rilasciato il certificato di rispondenza dell’opera alle prescrizioni di cui alla legge n. 64 del 1974; pertanto, se l’amministrazione comunale avesse tenuto conto della suddetta documentazione, avrebbe concluso per l’intervenuta formazione di tutti i titoli edilizi necessari.
III. Violazione di legge, art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per contraddittorietà  tra il provvedimento di demolizione emesso ed il comportamento tenuto dalla P.A. sino all’emissione dello stesso; ad avviso di parte ricorrente il Comune di Trani avrebbe tenuto un comportamento contraddittorio considerato che, a seguito della intervenuta inefficacia dell’ordinanza di sospensione dei lavori ai sensi dell’art. 32 della legge n. 1150 del 1942, esso Comune non avrebbe emesso alcun provvedimento di demolizione, neppure a fronte delle denunce di inizio lavori presentate nell’ottobre e nel dicembre 2010, comportamento che, quantomeno, avrebbe richiesto un particolare obbligo motivazionale.
IV. Violazione di legge, art. 42 Cost., art. 3 della legge n. 241 del 1990, difetto di motivazione in ordine al pubblico interesse perseguito con la demolizione, mancata comparazione degli interessi; parte ricorrente si duole della circostanza che, anche se fossero ritenute superabili le suddette censure, l’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima, in quanto il comportamento tenuto dall’ente locale resistente sin dal 1984 (26 anni) avrebbe ingenerato una posizione di affidamento rispetto alla quale l’amministrazione avrebbe avuto l’onere di una congrua motivazione in ordine all’interesse pubblico prevalente che giustificasse il sacrificio dei proprietari odierni ricorrenti, motivazione omessa nella presente fattispecie.
Il Comune di Trani si è costituito con memoria solo formale, senza articolare compiute difese nel merito.
All’udienza pubblica del 28 gennaio 2016 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Non sussistono ragioni per discostarsi dall’orientamento già  espresso dalla Sezione con la richiamata sentenza n. 1045/2012, le cui motivazioni, in ossequio al principio di uniformità  giurisprudenziale, vanno integralmente recepite.
In particolare, secondo quanto già  statuito nella già  citata sentenza “coglie nel segno il quarto motivo di ricorso con il quale la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 per difetto di motivazione in ordine al pubblico interesse perseguito con la demolizione; parte ricorrente lamenta che, anche se fossero ritenute superabili le censure di cui ai precedenti motivi di ricorso, l’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima, in quanto il comportamento tenuto dall’ente locale resistente sin dal 1984 (26 anni) avrebbe ingenerato una posizione di affidamento rispetto alla quale l’amministrazione avrebbe avuto l’onere di una congrua motivazione in ordine all’interesse pubblico prevalente che giustificasse il sacrificio di essa ricorrente, motivazione omessa nella presente fattispecie.
Rappresenta, invero, orientamento consolidato in giurisprudenza, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, quello secondo il quale, pur confermandosi che l’ordine di demolizione di un’opera edilizia ritenuta abusiva, come atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell’opera senza titolo abilitativo (o in totale difformità  da esso), è in linea di principio sufficientemente motivata con l’affermazione dell’accertata abusività  dell’opera, si fa salva l’ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato. Ipotesi, in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che indichi, avuto riguardo anche all’entità  ed alla tipologia dell’abuso, il pubblico interesse – evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità  – idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3270 del 29 maggio 2006, T.A.R. Catanzaro, Sezione II n. 52 del 20 gennaio 2009 e T.A.R. Valle d’Aosta, n. 72 del 2 novembre 2011).” “Dal provvedimento impugnato emerge invece chiaramente, alla luce di quanto sopra esposto, come l’amministrazione abbia fatto riferimento esclusivamente all’asserita abusività  delle opere realizzate.”
Tali motivazioni (che sono diffusamente illustrate nella sentenza citata n. 1045/2012 e vengono riportate solo in parte, per esigenze di sintesi), sono perfettamente calzanti nel caso in esame, anche per quanto attiene la parte del provvedimento (l’unica difforme da quello omologo n. 13/2011) che indica la natura abusiva del frazionamento in subalterni.
Invero, nel caso in esame , la pluralità  delle vicende procedimentali che hanno connotato l’intero iter del titolo edilizio che ha assistito la costruzione dell’immobile nella sua interezza (in particolare la presentazione della variante del dicembre 1984), puntualmente richiamate nella stessa ordinanza di demolizione, avrebbero imposto, tra l’altro, una decisa presa di posizione in ordine alle ragioni per cui la variante non risultava (a detta del Comune) mai assentita, pur a fronte di svariati atti endoprocedimentali tutti favorevoli.
Tali circostanze, peraltro, è evidente che refluiscano sull’onere motivazionale anche in ordine alla comparazione degli interessi contrapposti.
Il Collegio, conclusivamente, ritiene che i profili di illegittimità  dedotti con le sopra illustrate censure abbiano una indubbia valenza assorbente rispetto agli altri motivi di gravame, sicchè la fondatezza della dedotta censura comporta l’accoglimento del ricorso stesso, senza necessità  di pronunziarsi sugli ulteriori motivi d’impugnazione.
Conseguentemente, deve essere annullato il provvedimento impugnato.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte resistente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’ordinanza di demolizione n. 15/2011 del Comune di Trani.
Condanna il Comune di Trani al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), equamente ripartite tra i sig.ri Merafina da un lato e Spada – Matera, dall’altro, oltre IVA, CAP e spese generali in misura massima, nonchè rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Desirèe Zonno, Presidente FF, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
Maria Colagrande, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria