1. Processo amministrativo – Principi generali – Domanda – Qualificazione giuridica – Poteri del giudice – Definizione – Limiti
2. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Esecuzione del giudicato – Azione risarcitoria – Condizioni e limiti
3. Processo amministrativo – Domanda – Pluralità di domande e conversione delle azioni
4. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Competenza
5. Risarcimento del danno – Domanda risarcitoria – Elemento soggettivo della condotta – Colpa – Individuazione – Necessità
1. Spetta al giudice, peraltro solo di primo grado, la qualificazione giuridica dell’azione proposta al suo esame, potendo egli anche attribuire al rapporto giuridico dedotto in giudizio un nomen iuris diverso da quello indicato dalle parti, purchè non venga sostituita la domanda giudiziale modificandone fondandosi su una realtà fattuale diversa da quella allegata in giudizio.
2. A seguito delle modifiche apportate con il D.Lgs. 15 novembre 2011 n. 195, l’azione risarcitoria in sede di giudizio di ottemperanza può essere utilizzata soltanto per far valere i danni successivi alla formazione del giudicato, in quanto connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale del giudicato o alla sua violazione o elusione (art. 112, comma 3, c.p.a.) e non anche quelli conseguenti all’annullamento del provvedimento impugnato, facoltà concessa al ricorrente in ottemperanza ai sensi dell’art. 112 comma 4 c.p.a. ora abrogato.
3. L’art. 32, comma 1 c.p.a. espressamente consente che con un solo ricorso si propongano domande da trattare con rito ordinario e domande da trattare con rito speciale, e chiarisce che in tale evenienza l’intero giudizio venga deciso con il rito ordinario.
4. Ai seni dell’art. 113 c.p.a., la competenza a conoscere dei ricorsi in ottemperanza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello, con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.
5. L’azione di risarcimento conseguente all’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo implica la valutazione dell’elemento psicologico della colpa, alla luce dei vizi che inficiavano il provvedimento stesso e della gravità delle violazioni imputabili all’amministrazione, secondo l’ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all’organo amministrativo nonchè delle condizioni concrete in cui ha operato l’amministrazione, non essendo il risarcimento una conseguenza automatica della pronuncia del giudice della legittimità (Nel caso di specie, l’iter amministrativo seguito dalla civica amministrazione non consentiva di ravvisare una condotta colposa sotto forma di articolazione di pratiche defatiganti, inutili e dilatorie, nè il lasso di tempo trascorso consentiva di dimostrare una colpevole volontà di ritardare l’esecuzione del giudicato).
N. 00041/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00318/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 318 del 2014, proposto da:
Angela Doronzo, rappresentata e difesa dall’Avv. S. Massimo Ferrini, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Bari, in Bari alla p.zza Massari e Savino Massimo Ferrini in proprio e quale procuratore di se stesso;
contro
Comune di Barletta, rappresentato e difeso dagli avv. Isabella Palmiotti, Domenico Cuocci Martorano, Rossana Monica Danzi, Giuseppe Caruso, con domicilio eletto presso l’Avv. Raffaele de’ Robertis in Bari alla via Davanzati n. 33;
nei confronti di
Costruzioni Crescente s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco Muscatello e Giuseppe Tempesta, con domicilio eletto presso il primo in Bari, alla strada Torre Tresca n.2/A;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Biagio Rizzitelli, rappresentato e difeso dall’Avv. S. Massimo Ferrini, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Bari, in Bari alla p.zza Massari;
per la condanna
del Comune intimato al risarcimento del danno in forma specifica e per equivalente derivante dal ritardo nell’esecuzione del giudicato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Barletta e di Costruzioni Crescente S.R.L;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2015 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori Massimo S. Ferrini, Domenico Cuocci Martorano e Francesco Muscatello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 27/01/2011 il Comune di Barletta rilasciava in favore di COSTRUZIONI CRESCENTE s.r.l. un permesso di costruire (n. 37/2011) relativo ad un edificio per civili abitazioni elevantesi per sette piani oltre al piano terra, da realizzare – previa demolizione di vecchie fabbriche – alla via Fra’ Dioniso.
Con sentenza 1213/2012, la terza sezione di questo Tribunale, su ricorso degli odierni ricorrenti, annullava il predetto permesso, siccome in contrasto con le N.T.A. relative all’altezza massima consentita nella zona interessata all’intervento. La pronuncia veniva confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3101/2013.
Alla data della notifica del presente ricorso, tuttavia, nessun provvedimento conformativo era stato ancora adottato dal Comune di Barletta.
Doronzo Angela e Ferrini Massimo Savino agiscono, quindi, in questa sede, al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima azione amministrativa, di seguito meglio specificati.
In particolare, i ricorrenti deducono di essere proprietario (il Ferrini) e titolare del diritto di abitazione (la Doronzo) su due distinti immobili siti al primo piano dello stabile con civico n. 75 della via Milano, in Barletta e di aver diritto al risarcimento dei danni cagionati dall’illegittima realizzazione (a mezzo del predetto titolo abilitativo rilasciato a Costruzioni Crescente s.r.l.) dell’edificio adiacente alle rispettive proprietà , di altezza pari a mt. 27, non ancora rimosso nonostante il tempo trascorso dal passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato. I ricorrenti lamentano sia i disagi subiti per circa tre anni durante la costruzione dell’edificio (rumori, perdita di irradiamento solare, aumento del consumo energetico, impossibilità di utilizzo appropriato degli immobili) sia i danni che patiranno fino all’abbattimento parziale del manufatto (che secondo le citate sentenze andrà ricondotto all’altezza di mt. 16,20), cioè:
– riduzione del valore degli immobili causato dal minore irradiamento solare;
– aumento del consumo energetico;
– aumento dei costi per provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria che l’ombreggiamento renderà più frequente, stante la maggiore umidità sulle pareti esterne.
Tanto dedotto, i ricorrenti hanno chiesto – previa concessione di una provvisionale – la condanna del Comune di Barletta al risarcimento in forma specifica mediante l’abbattimento dell’edificio secondo quanto disposto, in ultimo, dal Consiglio di Stato, oltre al risarcimento del danno per equivalente ed alle penalità di mora ex art. 114 co. 4 lett. e) c.p.a., oltre al risarcimento dei danni morali ed esistenziali subiti; con riserva di azionare il rimedio ex art. 112 c.p.a.
Il Comune di Barletta, costituitosi in giudizio, ha eccepito, in primis, l’inammissibilità della domanda ex art. 30 co. 5 c.p.a. con riferimento ai danni successivi al giudicato di annullamento, nonchè l’incompetenza dell’adito T.A.R. ai sensi dell’art. 113 c.p.a. e, nel merito, l’infondatezza della pretesa per mancanza dell’elemento soggettivo della colpa della P.A. e di prova in ordine all’an ed al quantum del chiesto risarcimento.
Anche la Costruzioni Crescente s.r.l. si è opposta all’accoglimento della domanda denunziandone la inammissibilità per indeterminatezza e, comunque, deducendo la propria estraneità rispetto alla pretesa risarcitoria.
In data 2/12/2015 ha spiegato intervento volontario Rizzitelli Biagio, proprietario dell’immobile abitato dalla madre Doronzo Angela, facendo proprie le ragioni e le istanze già esplicitate nel ricorso introduttivo e negli atti di causa.
Rinunciata la domanda cautelare, all’udienza del 3/12/2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
Si impone preliminarmente la qualificazione della domanda formulata dagli odierni ricorrenti, stante la proposizione contestuale di un cumulo di azioni nei confronti del Comune resistente.
In particolare, necessita vagliare la reale consistenza giuridica della domanda di “risarcimento in forma specifica mediante abbattimento dell’edificio entro un termine prefissato”, domanda la cui qualificazione si impone soprattutto alla luce delle eccezioni di inammissibilità e di incompetenza sollevate dal Comune.
I ricorrenti indicano nell’epigrafe del ricorso che lo stesso è proposto “ai sensi dell’art. 30 co. 5 c.p.a. per l’esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. 3101/13” e – in risposta alle eccezioni del Comune – ribadiscono nella memoria depositata il 3/11/2015 che non di azione di ottemperanza trattasi, ma proprio di azione risarcitoria sia per i danni patiti fino al giudicato che per quelli successivi.
Orbene, è noto che “spetta esclusivamente al giudice la qualificazione dell’azione proposta e che a tal fine egli non è vincolato dalla qualificazione o dal nomen juris indicato dalle parti (salvo il divieto di modificare fatti o di fondare la decisione su una realtà fattuale diversa da quella allegata in giudizio, Cons. Stato. Sez. V, 24 aprile 2014, n. 2064; 3 febbraio 2015, n. 498)” – Consiglio di Stato, sez. 5, sent. 7/9/15 n. 4148.
Esaminando il presente ricorso e soffermandosi – oltre che sulle conclusioni in esso contenute – sui motivi di doglianza dedotti dai ricorrenti, il Collegio in virtù del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, ritiene che la richiesta di “risarcimento in forma specifica” altro non sia che una richiesta di ottemperanza al giudicato, volta al ripristino di una situazione di fatto in senso conforme alla situazione giuridica derivante dalla sentenza costitutiva di annullamento. Ed invero, la causa petendi (in relazione a questo capo di domanda) risulta essere costituita non dall’avere il Comune illegittimamente assentito la realizzazione dell’edificio, quanto piuttosto dall’aver omesso di dare esecuzione al giudicato ordinando prontamente la demolizione (sia pure parziale) del fabbricato, perpetrando ai ricorrenti danni che vanno ad aggiungersi a quelli già patiti a far data dall’inizio dei lavori.
Quanto, poi, alla domanda risarcitoria relativa ai danni cagionati agli immobili dei ricorrenti dalla “permanenza del manufatto illegittimo”, può affermarsi che la stessa ricade in parte nell’alveo dell’art. 30 co. 2 e co. 5 c.p.a (e, specificamente, per la parte relativa ai danni patiti prima della formazione del giudicato) ed, in parte, nell’alveo dell’art. 112 co. 3 c.p.a. (per i danni successivi alla formazione del giudicato).
Ed invero, ai sensi del predetto art. 30 cpa, la richiesta risarcitoria si riferisce a profili di danno conseguenti in via originaria all’esercizio illegittimo del potere (e non riparati dalla pronuncia di annullamento).
Quanto invece ai danni successivi al giudicato, si osserva che “il novellato art. 112, co. 3 c.p.a. dispone che “può essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell’ottemperanza, azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonchè azione di risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione”. Sul punto la giurisprudenza ha chiarito che con le modifiche apportate con il D. Lgs. n.195/2011, “l’azione risarcitoria in sede di giudizio di ottemperanza può essere utilizzata soltanto per far valere quei danni successivi alla formazione del giudicato, in quanto ˜connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale del giudicato o alla sua violazione o elusione’ (art. 112, comma 3, c.p.a.). In questo senso milita anche l’intervenuta abrogazione dell’art. 112, comma 4, c.p.a., che precedentemente sembrava consentire una simile possibilità ” (Cons. Stato, sez III, 4 novembre 2013, n. 5301). Questa interpretazione della disposizione conferma l’assunto per il quale, mentre prima della riforma il ricorrente poteva proporre dinanzi al giudice dell’ottemperanza l’azione di risarcimento per i danni derivanti sia dall’illegittimità del provvedimento annullato dalla sentenza da ottemperare, sia dalla mancata esecuzione, violazione od elusione del giudicato, in base al novellato art. 112, co. 3 c.p.a. chi agisce potrà richiedere, dinanzi a tale organo giudiziario, soltanto il risarcimento per i danni connessi all’inottemperanza” (Consiglio di Stato, sez. 4, sent. 27/1/15 n. 362 ).
In definitiva, ritiene il Collegio che nel presente ricorso risultano cumulate le seguenti azioni:
1) di ottemperanza (ex art. 112 co. 2 lett. a c.p.a.) in relazione al giudicato formatosi sull’annullamento del P.d.C. 37/2011;
2) di risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione (ex art. 112 co. 3 c.p.a);
3) di risarcimento del danno ex art. 30 c.p.a. per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.
Va, a questo punto, precisato che pur essendo stata l’azione di ottemperanza proposta in via ordinaria, essendo essa connessa ad una domanda in via principale di risarcimento del danno patrimoniale subìto nelle more, resta ferma l’applicazione al processo del rito ordinario, ai sensi dell’art. 32, co. 1, c.p.a.
Orbene, da tutto quanto innanzi esposto, deriva:
1) l’infondatezza dell’eccezione del Comune secondo cui non l’adito Tribunale, ma il Consiglio di Stato, sarebbe il giudice competente ai sensi dell’art. 113 c.p.a.
Ed invero, tale ultima disposizione prevede, tra l’altro, che la competenza a conoscere dei ricorsi in ottemperanza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello, con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.
Nella specie, si ritiene che proprio su questo T.A.R. si radichi la competenza a giudicare sull’azione di ottemperanza, tenuto conto della portata dispositiva e conformativa della sentenza di primo grado in rapporto a quella di secondo grado nonchè della circostanza che il Consiglio di Stato ha confermato la decisione di primo grado seguendo la stessa ratio decidendi fatta propria dal giudice di primo grado e sulla scorta delle medesime considerazioni in diritto;
2) l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del Comune in relazione alla spiegata azione risarcitoria per danni conseguenti alla formazione del giudicato;
3) l’ammissibilità in rito dell’intervento adesivo del Rizzitelli, con riferimento a tutte le azioni proposte.
Per quanto concerne il merito della causa, osserva il Collegio che la domanda di ottemperanza (da ritenersi tempestivamente proposta anche dall’interveniente Rizzitelli) sia infondata, non sussistendone i presupposti: risulta ex actis che il Comune – per quanto possibile alla stregua del concreto obbligo conformativo derivante dal giudicato – si sia attivato al fine di ottemperare al “comando” recato dalla sentenza di annullamento.
Anche a non voler considerare che subito dopo la notifica della sentenza di primo grado, nel luglio 2012, il Comune aveva intimato alla Crescente Costruzioni la sospensione dei lavori per la parte eccedente l’altezza di mt. 16,20, non può sottacersi che appena un mese dopo la notifica della sentenza del Consiglio di Stato, il Comune di Barletta (nell’agosto 2013, prima della proposizione del presente ricorso) ha comunicato all’impresa di costruzioni l’inizio del procedimento finalizzato all’adozione dell’ingiunzione di demolizione, da ultimo emessa con ordinanza 14992/int. 28 del 13/3/14, all’esito delle osservazioni formulate dalla società . Quindi, accertata l’inottemperanza entro il termine assegnato, in data 16/7/2015 (con ordinanza n. 36795/int. 78) il Comune ha disposto l’immissione in possesso (per un periodo di diciotto mesi, rinnovabili) ai fini delle demolizione in danno delle strutture eccedenti l’altezza di mt. 16,20.
Alla stregua della natura e dell’entità dell’intervento “ripristinatorio”, non può pertanto ritenersi che il Comune sia rimasto inerte rispetto agli obblighi conformativi derivanti dal giudicato, riscontrandosi, al contrario, una concreta – per quanto lunga – attività amministrativa finalizzata all’ottemperanza al giudicato.
Di conseguenza, non può essere neppure utilmente scrutinata la richiesta di parte ricorrente di condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento della cd. penalità di mora, ex art.114 comma 4 lett. e) c. p. a., non registrandosi alcun ritardo apprezzabile, per quanto innanzi detto, nell’attività posta in essere dall’ente.
Per quanto riguarda, invece, le richieste risarcitorie, le stesse si palesano infondate, ove si consideri che:
1) l’asserito danno da deprezzamento degli immobili non risulta essersi concretizzato, allo stato, in alcuna effettiva lesione patrimonialmente apprezzabile, posto che i ricorrenti non hanno, nelle more, alienato gli immobili ad un prezzo inferiore nè allegato alcuna perdita di occasioni contrattuali favorevoli in ragione del mutato stato di fatto;
2) del tutto generico e, comunque, non provato è il danno “morale ed esistenziale” patito dai ricorrenti per l’aggravarsi delle condizioni abitative;
3) ad ogni buon conto e in senso assorbente, l’iter amministrativo (di cui si è innanzi detto) intrapreso dal Comune all’indomani del passaggio in giudicato, non consente di ravvisare una condotta colposa dell’amministrazione (indispensabile elemento, quest’ultimo, per potere ipotizzare una responsabilità risarcitoria a carico delle Amministrazioni: ex multis, si veda Consiglio Stato , sez. IV, 01 ottobre 2007, n. 5052) sotto forma di articolazione di pratiche defatiganti, inutili e dilatorie, nè il lasso di tempo trascorso appare dimostrativo di una colpevole volontà di ritardare l’esecuzione del giudicato.
Le conclusioni assunte con riferimento alle azioni risarcitorie consentono di prescindere dall’esame della tempestività della loro proposizione da parte dell’interveniente Rizzitelli e della sussistenza della legittimazione attiva in capo ai ricorrenti Ferrini e Doronzo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
– respinge la domanda di ottemperanza;
– respinge le domande risarcitorie.
Condanna i ricorrenti alla refusione delle spese di lite in favore del Comune di Barletta e della Costruzioni Crescente s.r.l., liquidandole in euro 1.500,00 per ciascuna parte, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)