1. Espropriazione per p.u. – Occupazione sine titulo – Accessione invertita – Esclusione
2. Espropriazione per p.u. – Occupazione illegittima – Mero fatto – Conseguenze
3. Espropriazione per p.u. – Acquisizione sanante – Potere originario ed autonomo – Presenza di giudicato – Irrilevanza 

1. Le ripetute pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno determinato la cancellazione dal nostro ordinamento dell’istituto della cd. accessione invertita, ideato e disciplinato dalla giurisprudenza e privo di suggello normativo, rilevandone l’insanabile contrasto con le garanzie di cui la proprietà  privata è assistita all’interno della Carta europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e, più precisamente, con l’art.1 del Protocollo n.1.
2. La realizzazione di un intervento pubblico su un fondo illegittimamente occupato costituisce un mero fatto, inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà , conseguibile in via esclusiva attraverso un formale atto di acquisizione dell’Amministrazione e non anche attraverso atti o comportamenti di tipo rinunziativo o abdicato.
3. Il potere di acquisizione c.d. sanante spetta alla p.A. a titolo originario e autonomo, essendo soggetto esclusivamente alla valutazione comparativa degli interessi imposta dal legislatore ed esercitabile anche in corso di causa, e finanche in presenza di un giudicato già  formato in materia di occupazione illegittima. Accertata, quindi, l’assenza di un valido titolo di esproprio, nonchè la modifica del fondo e la sua utilizzazione, rimane impregiudicata la discrezionale valutazione in ordine agli interessi in conflitto da parte dell’Amministrazione, che potrà  scegliere tra la restituzione dell’area (previa riduzione in pristino delle trasformazioni realizzate) e l’acquisizione ex art. 42/bis del DPR n. 380/2001.

N. 01497/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01843/2009 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1843 del 2009, proposto da: 
Michele Favale, rappresentato e difeso dagli avv. Fernanda Chiarelli e Francesco Calculli, con domicilio eletto presso Teresa Chiarelli in Bari, alla via N. De Giosa, n. 6; 

contro
Comune di Gioia del Colle, in persona deòl Sindao p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Quintino Sella, n. 40; 

per la condanna del Comune di Gioia del Colle, in persona del legale rappresentante p.t., al risarcimento dei danni tutti, nelle forme descritte in ricorso e, prioritariamente, in quella della reintegrazione in forma specifica, in conseguenza dell’annullamento giurisdizionale degli atti della procedura espropriativa avviata per la realizzazione di strada di p.r.g. in zona F1, disposto con sentenza di questa Sezione n. 3004/2004;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Gioia del Colle;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. Francesco Calculli e avv. Fulvio Mastroviti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso introduttivo del presente giudizio le parti ricorrenti, adducendo distinti titoli di legittimazione, hanno reclamato la tutela restitutoria e -in subordine- quella risarcitoria in ragione della perdita della disponibilità  di un suolo ubicato in territorio comunale di Gioia del Colle, in zona classificata “F” dal piano regolatore, illegittimamente occupato dal Comune ed effettivamente trasformato in strada (il prolungamento di via Sannazzaro), sulla scorta di atti annullati con precedente sentenza di questa Sezione n. 3004/2004, passata in giudicato.
Si è costituito in giudizio il Comune resistente opponendosi in particolare alla domanda restitutoria e invocando il potere discrezionale dell’Ente ex art. 42 bis T.U. espropriazioni (D.P.R. n. 327/01).
All’udienza del 2 luglio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- Il ricorso è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Non può dubitarsi che -nel mutato quadro ordinamentale- l’Amministrazione abbia l’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione sine titulo, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto attraverso la restituzione dell’immobile al legittimo titolare, previa demolizione di quanto realizzato.
Le ripetute pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno, infatti, determinato la cancellazione dal nostro ordinamento dell’istituto della cd. accessione invertita, ideato e disciplinato dalla giurisprudenza e privo di suggello normativo, rilevandone l’insanabile contrasto con le garanzie di cui la proprietà  privata è assistita all’interno della Carta europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e, più precisamente, con l’art.1 del Protocollo n.1 (prima tra tutte Sez.II, 30.5.2000, Carbonara e Ventura c/ Italia).
Tali pronunzie hanno destabilizzato il sistema nazionale ormai assestato sull’elaborazione di principi giurisprudenziali quasi unanimemente condivisi.
La realizzazione di un intervento pubblico su un fondo illegittimamente occupato costituisce dunque un mero fatto, inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà , conseguibile in via esclusiva attraverso un formale atto di acquisizione dell’Amministrazione e non anche attraverso atti o comportamenti di tipo rinunziativo o abdicativo (cfr. da ultimo C.d.S. Sez. IV, 8.9.2015, n. 4193; C.d.S., Sez. IV, 3.9.2014, n. 4479; T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. III, 5.6.2015, n. 1317; T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, 27.2.2015, n. 615; cfr. in termini anche questa Sezione, 16.9.2014, n. 1111).
In tale mutato contesto si giustifica l’inserimento dell’art. 42 bis nel T.U. sugli espropri, alla stregua del quale l’autorità  che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità , valutati gli interessi in conflitto, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale; quest’ultimo forfettariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene.
Orbene, secondo condivisa giurisprudenza, l’intervenuto annullamento giurisdizionale di atti della procedura espropriativa non è preclusivo dell’esercizio del potere sanante rimesso alla discrezionalità  dell’Amministrazione; sicchè, ove il giudice -in applicazione- dei principi generali, condannasse alla restituzione del bene illegittimamente trasformato, il vincolo del giudicato eliderebbe irrimediabilmente il potere sanante stesso, con conseguente frustrazione degli obiettivi avuti a riferimento dal legislatore (cfr. C.d.S., Sez. IV, 16.3.2012, n. 1514; in termini Tar Sicilia, Palermo, Sez. III, 3238/2014 e questo Tar, Sez. III, n. 1104/2014).
In tali decisioni si è, pertanto, condivisibilmente addivenuti alla conclusione che i principi desumibili dalla norma su citata e le possibilità  insite nel principio di atipicità  delle pronunce di condanna, ex art. 34 lett. c) c.p.a., impongano una limitazione della condanna all’obbligo generico di provvedere ex art. 42 bis.
Proprio da ultimo, la quarta Sezione del Consiglio di Stato è tornata sulla questione ribadendo che “il potere di acquisizione c.d. sanante spetta alla P.A. a titolo originario e autonomo, essendo soggetto esclusivamente alla valutazione comparativa degli interessi imposta dal Legislatore ed esercitabile anche in corso di causa, e finanche in presenza di un giudicato già  formato in materia di occupazione sine titulo” (cfr. Sez. IV, 7.7.2015, n. 3363).
L’applicazione dei riportati principi alla fattispecie in esame comporta che, accertata l’assenza di un valido titolo di esproprio, nonchè la modifica del fondo e la sua utilizzazione, rimanga impregiudicata la discrezionale valutazione in ordine agli interessi in conflitto da parte del Comune resistente. Ove l’Ente ritenga di non restituire il fondo ai legittimi proprietari previa riduzione in pristino delle trasformazioni realizzate, potrà  in via alternativa disporne l’acquisizione.
In tale ultimo caso, dovrà  liquidare in favore del ricorrente il valore venale del bene al momento dell’emanazione del provvedimento, aumentato del 10% a titolo di forfettario ristoro del pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale arrecato, nonchè il 5% del valore che l’immobile aveva in ogni anno successivo alla scadenza dell’occupazione legittima (avvenuta per decorrenza del termine quinquennale dall’immissione in possesso) a titolo di occupazione sine titulo; detratto quanto già  corrisposto a vario titolo ai ricorrenti e subordinando l’effetto traslativo -come per legge- all’effettivo pagamento delle somme.
L’ultima voce risarcitoria indicata dovrà , peraltro, essere corrisposta anche nel caso in cui l’amministrazione dovesse optare per la restituzione. In tal caso, se le somme già  ricevute dal ricorrente si rivelassero superiori al danno da occupazione, esse dovranno essere restituite per l’eccedenza.
Ai sensi dell’art. 34 lett. c) del c.p.a. si dispone che il provvedimento di restituzione o, in alternativa, il provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis ,venga emanato entro giorni 60 dalla comunicazione o notificazione della presente decisione; tempestivamente notificato ai proprietari e, nel caso dell’acquisizione, anche trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’Amministrazione procedente, nonchè comunicato alla Corte dei Conti.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo accoglie e, per l’effetto, ordina al Comune di Gioia del Colle di procedere alla restituzione del bene in favore degli aventi diritto e al contestuale pagamento in favore dei medesimi dell’indennità  per occupazione illegittima,fatta salva l’opzione per l’esercizio del potere di acquisizione del bene a norma dell’art. 42 bis, nei termini di cui in motivazione
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori e contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Paola Patatini, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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