Commercio, industria, turismo – Demanio marittimo – Istanza di concessione – Diniego – Discrezionalità amministrativa – Sussiste
Poichè ai sensi dell’art 16, c. VIII^, L.R. n. 17/2006: “Negli ambiti demaniali di più facile accesso, principalmente nei centri abitati o a ridosso di essi, devono essere individuati nei PCC una o più aree da destinare alla pubblica fruizione”, è legittimo il diniego di concessione demaniale motivato in relazione alla circostanza che l’intervento ricadrebbe su area demaniale marittima da riservare alla “pubblica” fruizione: per consolidato orientamento, infatti, dagli artt. 30 e 36 c. nav. è rimessa al potere ampiamente discrezionale dell’Amministrazione la valutazione di quale tra i vari usi del bene demaniale si presenti nel caso singolo più proficuo e conforme all’interesse della collettività .
N. 01391/2015 REG.PROV.COLL. N. 00151/2009 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 151 del 2009, proposto da: Kebar s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Gabriele Bavaro, presso il cui studio elett.te domicilia in Bari alla via Marchese di Montrone n. 106; contro Regione Puglia in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Leonilde Francesconi, presso il cui studio elett.te domicilia in Bari al Lungomare Nazario Sauro n. 31-33; Comune di Bari in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Vito Bruno e Augusto Farnelli, con domicilio eletto presso il primo in Bari, c/o Avv.ra Comunale alla via P. Amedeo n. 26; per l’annullamento – della nota del Dirigente del Servizio Demanio e Patrimonio della Regione Puglia prot. n. 20/12471/P del 25.11.2008; – di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ancorchè non conosciuto dalla ricorrente, in quanto lesivo della propria sfera giuridica, ivi comprese – ove occorra – le presupposte note del Comune di Bari prot. n. 189359 del 16.7.2008 e prot. n. 196008 dell’8.8.2005; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia in persona del Presidente p.t.e di Comune di Bari in persona del Sindaco p.t.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2015 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori Caterina Bavaro, Augusto Farnelli e Marco Ugo Carletti; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La società ricorrente ha impugnato la nota del 25/11/2008 a firma del Dirigente del Servizio Demanio e Patrimonio della Regione Puglia recante il rigetto dell’istanza di concessione demaniale avanzata dalla ricorrente nell’anno 2004, avente ad oggetto la realizzazione di un chiosco per la vendita di bevande e di un piccolo snack bar con annessa area verde e servizi igienici su un’area attualmente in stato di degrado adiacente il Lungomare Cristoforo Colombo – ex sciala S. Michele. L’istanza, già positivamente riscontrata dal Comune di Bari (con parere sia della ripartizione urbanistica che della ripartizione sviluppo economico), era stata, in seguito, inoltrata alla Regione per sopravvenuta competenza ex L.R. 17/06. La ricorrente ha richiesto l’annullamento del diniego (oltre che delle note comunali 16/7/08 e 8/8/05), lamentando: 1) violazione dell’art. 10 bis l. 241/90: la Regione si sarebbe limitata ad una sintetica motivazione in cui, pur dando atto di aver valutato le osservazioni presentate dalla ricorrente, non ha compiutamente esplicitato le ragioni del contrasto tra l’intervento progettuale proposto e l’interesse alla “pubblica fruizione”, invocato come ostativo alla realizzazione di quello; 2) violazione degli artt. 2 e 3 l. 241/90: è stato violato il termine di conclusione del procedimento di gg. 90 ex art. 2 l. 241/90, essendo il diniego regionale pervenuto a distanza di ben quattro anni dalla presentazione dell’istanza; 3) violazione art. 36 cod. nav.: la Regione, sulla scorta di una più attenta istruttoria, avrebbe dovuto ritenere compatibile l’intervento proposto dalla ricorrente con la invocata fruizione pubblica, peraltro attualmente impedita dallo stato di degrado e di abbandono in cui versa il tratto di costa interessato, già solo per questo inidoneo, allo stato, a qualsiasi uso pubblico e, per giunta, non interessato da alcun programmato intervento di recupero; 4) violazione dell’art. 3 l. 241/90, per non avere la Regione adeguatamente motivato circa le concrete ragioni di incompatibilità tra l’intervento progettuale e la invocata fruizione pubblica; 5) eccesso di potere per disparità di trattamento: a soli 300 mt. dall’area interessata è stato assentito un intervento su area demaniale (cd. “Il Grecale”). Per tali ragioni, la ricorrente ha chiesto l’annullamento degli atti gravati oltre al risarcimento del danno in forma specifica (con condanna della Regione al rilascio della concessione) o, in subordine per equivalente, tenuto conto del pregiudizio subito per l’impossibilità /il ritardo nella realizzazione dell’intervento. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Bari e la Regione, insistendo per il rigetto della domanda. All’udienza del 8/10/2015 la causa è stata trattenuta in decisione. Il giudizio verte sostanzialmente sulla legittimità del diniego di concessione demaniale relativo alla realizzazione in zona costiera ex sciala S. Michele di un chiosco bar con annessa area verde e servizi. Il diniego risulta motivato in relazione alla circostanza che l’intervento ricadrebbe su area demaniale marittima da riservare alla libera fruizione in quanto ricadente in zona urbana e, dunque, di facile accesso (ex art. 16 co. 8 l.r. 17/2006, secondo cui: “Negli ambiti demaniali di più facile accesso, principalmente nei centri abitati o a ridosso di essi, devono essere individuati nei PCC una o più aree da destinare alla pubblica fruizione”), di talchè essa presenta un prevalente interesse di natura pubblica (secondo quanto già rappresentato alla ricorrente nella nota ex art. 10 bis l. 241/90, riscontrata dalla società ). Orbene, tale motivazione costituisce manifestazione non irragionevole della discrezionalità amministrativa e si sottrae pertanto al sindacato giurisdizionale, che ove ammesso impingerebbe inammissibilmente nel merito amministrativo. Va infatti evidenziato che per consolidato orientamento, “dagli art. 30 e 36 c. nav., è rimessa al potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione marittima la valutazione di quale tra i vari usi del bene demaniale si presenti nel caso singolo più proficuo e conforme all’interesse della collettività ; la scelta dell’amministrazione stessa di concedere spazi di arenile va effettuata considerando sempre il superiore interesse pubblico a garantire la libera balneazione e rapportando, quindi, tale esigenza alla situazione effettiva delle persone e all’esistenza di spiagge sufficienti a soddisfare il bisogno collettivo. Ciò non significa che l’ampio potere discrezionale, di cui gode l’amministrazione, sia sottratto al sindacato giurisdizionale; infatti, in casi come quello di specie, sussiste sempre la necessità che la scelta dell’autorità marittima in ordine alla singola istanza di concessione del bene demaniale sia motivata con riguardo ai criteri applicati ed alla valutazione della fattispecie concreta, al fine di evitare il sorgere, anche in via soltanto potenziale, di dubbi circa la legittimità della determinazione assunta in relazione a detta istanza.” (Consiglio di Stato, sez. 6, dec. 11/12/09, che richiama Consiglio Stato, sez. 6, sent. 31 maggio 2006, n. 3312). Tanto premesso, è agevole rilevare che l’interesse pubblico alla libera fruizione dell’area demaniale non possa essere adeguatamente soddisfatto da un progetto (come quello oggetto di causa) che consente il libero accesso ad un’area verde prossima al mare, ma non pure al mare, impedendo in quella zona la libera balneazione. Risulta, inoltre, smentito ex actis (diversamente da quanto argomentato dalla ricorrente) che il Comune si sia disinteressato dell’area oggetto dell’istanza: la nota del 17/7/2003 indirizzata dal Sindaco di Bari alla Regione (doc. A produzione Regione) rivela, infatti, che il Comune intendeva procedere alla riqualificazione di quel tratto di costa, mediante la demolizione di strutture ivi esistenti, tra cui proprio la cd. sciala S. Michele (sulla cui area dovrebbe sorgere il bar della ricorrente). Il progetto di bonifica risulta assentito dalla Regione con nota emessa il 29/7/03. Nè va sottaciuto che nel successivo mese di settembre furono respinte svariante istanze di rilascio di concessione demaniale relative alla medesima area, proprio sul presupposto della programmata bonifica, con restituzione del tratto di costa alla “pubblica fruibilità ” (cfr. all. C, d ed E produzione Regione). L’infondatezza nel merito della domanda consente di assorbire i motivi di ricorso relativi a violazioni formali in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione, stante il chiaro disposto dell’art. 21 octies l. 241/90. Solo per completezza (ed in estrema sintesi), osserva il Collegio che: – non si riscontra nell’operato della P.A. la lamentata violazione dell’art. 10 bis l. 241/90, contenendo l’atto gravato espresso riferimento alle osservazioni presentate dalla ricorrente, ritenute non idonee a superare i rilevi già contenuti nel preavviso di diniego: nè d’altronde, dalla lettura delle predette osservazioni si ricava alcuna dettagliata e documentata “smentita” delle ragioni dell’Amministrazione, essendosi la ricorrente limitata a ribadire che la “fruizione pubblica” dell’area sarebbe stata assicurata dalla previsione in progetto di servizi (bagni) pubblici anche per disabili e di uno spazio destinato a “verde attrezzato”. Si tratta, all’evidenza di elementi già tutti ricavabili dallo studio della documentazione (relazione e tavole) in possesso della Regione, il cui richiamo non poteva certo comportare un aggravamento dell’onere motivazionale nell’atto conclusivo; – neppure è sufficiente a caducare l’atto gravato in via principale il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento: ed invero, nonostante il lungo tempo trascorso tra l’istanza, avanzata nel 2004, e il provvedimento impugnato, adottato nel 2008, si osserva che il suo trascorrere non comporta di per sè l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto pacificamente il semplice passaggio del tempo, anche oltre il termine di conclusione del procedimento, non implica la decadenza in capo all’amministrazione del potere-dovere di provvedere: restando comunque integre per l’interessato tutte le difese che l’ordinamento attrezza nei confronti dell’inerzia illegittima della P.A (T.A.R. Campania, Napoli, sez 7, sent. 30/3/15 n. 1860). Per tali ragioni, il gravame avverso il diniego di concessione demaniale va respinto. Quanto alle note comunali gravate unitamente al diniego, si osserva che con la nota della ripartizione Sviluppo Economico del 8/8/2005, il Comune ha trasmesso l’intero fascicolo alla Regione Puglia, evidenziando che la ripartizione Edilizia ha rappresentato essere in corso un riesame del redatto PCC, invitando la ripartizione Sviluppo economico a sospendere l’istruttoria sull’istanza Kebar. Contenuto meramente confermativo ha la successiva nota del 16/7/2008. Trattasi, all’evidenza, di meri atti interlocutori, privi di lesività rispetto alla posizione giuridica della ricorrente, che non incidono sul provvedimento finale nè sul piano motivazionale nè su quello effettuale: ciò ne rende inammissibile l’impugnazione. L’infondatezza nel merito della domanda determina l’inaccoglibilità della richiesta di risarcimento del danno in forma specifica; il difetto assoluto di prova circa l’effettivo pregiudizio subito determina, altresì, il rigetto della domanda di risarcimento del danno da ritardo. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte infondato, in parte inammissibile per difetto di interesse. Compensa le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati: Sergio Conti, Presidente Desirèe Zonno, Primo Referendario Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA |