1. Espropriazione per pubblica utilità – Domanda di accertamento obbligo di provvedere ai sensi dell’art. 42 bis T.U. espropri – Adozione provvedimento acquisizione sanate – Improcedibilità per difetto di interesse
2. Espropriazione per pubblica utilità – Impugnazione proposta della Giunta comunale al Consiglio di adozione del provvedimento di acquisizione sanate – Improcedibilità
3. Processo amministrativo – Domanda risarcimento danni – Mancata dimostrazione – Non accoglibile
4. Processo amministrativo – Procura ad litem – Conferita con il ricorso principale – Motivi aggiunti – Nuova procura – Necessità – Non sussiste nel caso in cui contempli espressamente la facoltà di proporre anche motivi aggiunti
5. Processo amministrativo – Rito abbreviato ex art. 119 c.p.a. – Ricorso – Termine dimezzato – Non si applica
6. Espropriazione per pubblica utilità – Pendenza giudizio restituzione suoli e/o giudicato restituzione suoli – Legittimità provvedimento acquisizione sanate – Sussiste
7. Espropriazione per pubblica utilità – Acquisizione sanate – Termine conclusione procedimento – Non perentorio – Superamento – Illegittimità – Non sussiste
8. Espropriazione per pubblica utilità – Acquisizione sanate – Opera viaria – Ragioni di pubblico interesse – Comparazione con interessi privati – Condizioni
9. Giurisdizione – Espropriazione per pubblica utilità – Acquisizione sanate – Contestazione quantum indennizzo – G.A.
1. E’ improcedibile per difetto di interesse il ricorso principale proposto per ottenere una pronuncia che dichiari l’obbligo di provvedere in ordine al procedimento ex art. 42 bis T.U. espropri, ove, nelle more, sia intervenuto il provvedimento conclusivo che ha disposto l’acquisizione dei suoli (impugnato con motivi aggiunti).
2. Il ricorso proposto avverso la delibera con cui la Giunta comunale ha proposto al Consiglio l’acquisizione ai sensi dell’art. 42 bis T.U. espropri di terreni occupati per la realizzazione di un’opera pubblica è improcedibile in quanto volto a demolire un atto meramente endoprocedimentale.
3. Non può trovare accoglimento la domanda risarcitoria a titolo di danno c.d. da ritardo, nel caso in cui essa sia rimasta del tutto indimostrata.
4. Nel caso in cui il mandato conferito nel ricorso principale contempli espressamente la facoltà , per il difensore, di proporre anche motivi aggiunti, è irrilevante l’assenza di una espressa procura alle liti nel corpo del ricorso per motivi aggiunti.
5. Il termine dimidiato non opera, per espressa previsione di cui all’art. 119 cpa, per la proposizione del ricorso (principale, incidentale o per motivi aggiunti).
6. La legittimità del provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis T.U. espropri non trova ostacoli nella pendenza del giudizio per la restituzione dei suoli ovvero per essere intervenuta la relativa sentenza di primo grado, nè trova preclusioni nell’intervenuto giudicato di restituzione.
7. In difetto di una specifica disposizione che preveda come perentorio il termine assegnato all’Amministrazione per concludere un procedimento, il termine deve intendersi di natura sollecitatoria o ordinatoria, con la conseguenza che il suo superamento non produce l’illegittimità dell’atto (nella specie, si trattava del superamento del termine di conclusione del procedimento per l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante di cui all’art. 42 bis T.U. espropri).
8. La natura viaria dell’opera, la sua funzionalità al decongestionamento del traffico in entrata ed uscita, nonchè la funzione di raccordo tra il tessuto urbano già costruito ed i lotti di futura edificazione (trattasi di una rotatoria posta in periferia) -uniti alla circostanza che i terreni in questione hanno uso (di fatto) meramente agricolo ed in taluni casi sono del tutto incolti, sicchè il sacrificio imposto ai privati non è esorbitante- costituiscono effettive e concrete ragioni di interesse pubblico, comparativamente e motivatamente valutate, atte a giustificare l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante.
9. Spetta al G.A. la giurisdizione a scrutinare le censure inerenti il quantum dell’indennizzo normativamente previsto dall’art. 42 bis T.U. espropri, a nulla rilevando che nella sentenza di appello resa sul ricorso proposto per la restituzione dei suoli illegittimamente appresi e per il risarcimento dei danni, sia stata indicata la giurisdizione del G.O. per le controversie inerenti il quantum dell’indennizzo, atteso che l’affermazione è oggetto di un obiter dictum inidoneo ad assumere forza di giudicato, esulando la questione dalla domanda giudiziale.
* * *
Vedi Cons. St., ric. n. 322/2016, sentenza 23 settembre 2016, n. 3929 – 2016
N. 01304/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00528/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 528 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Emilia Codegoni, Enzo Chiarullo, Laura Chiarullo, Lidia Chiarullo, Oronzo Chiarullo, Addolorata Chiarullo e Rocco Campanale, rappresentati e difesi dagli avv. Vincenzo Augusto e Marco Sica, con domicilio eletto presso Enzo Augusto in Bari, Via Abate Gimma, n. 147;
contro
Comune di Cassano delle Murge, rappresentato e difeso dall’avv. Nicola De Trizio, con domicilio eletto presso Lorenzo Derobertis in Bari, Via Niccolo’ Pizzoli n.8;
per l’annullamento:
della deliberazione della Giunta comunale n. 42 in data 08.04.2013 avente ad oggetto “Acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 32712001 e s.m.i. dei suoli occupati dai sig.ri Addolorata Chiarullo, eredi Giuseppe Chiarullo, Oronzo Chiarullo e Rocco Campanale, per l’esecuzione di opere pubbliche. Proposta al Consiglio comunale”;
della nota prot. n. 0004380/P in data 19.03.2013 -ricevuta in data 4.04.2013- avente ad oggetto “Ditta Chiarullo Addolorata, Chiarullo Oronzo, eredi Chiarullo Giuseppe, Campanale Rocco. Procedimento di acquisizione sanante. Relazione tecnica e determinazione provvisoria del debito (pagg. 15)”;
di tutti gli atti del procedimento iniziato con le comunicazioni di avvio del procedimento stesso prot. n. 18685, 18686, 18687, 18688, 18689, 18690 e 18691 in data 21.12.2012;
Con i MOTIVI AGGIUNTI del 5 luglio 2013:
per l”annullamento – della deliberazione del Consiglio comunale n. 13 in data 30.04.2013 avente ad oggetto “Acquisizione sanante ex ad. 42-bis DPR n. 327/2001 e s.m.i. di suoli occupati per opere di urbanizzazioni primarie a servizio e collegamento zona 167. Riconoscimento debito fuori bilancio”;
del telegramma inviato allo scrivente difensore in data 02.05.2013;
del decreto dirigenziale n. 01/2013, protocollo n. 8285 in data 4.06.2013 avente ad oggetto “Acquisizione sanante ex ad. 42-bis DPR a 327/2001 e smi di suoli occupati per opere di urbanizzazioni primarie a servizio e collegamento zona 167”;
di tutti gli atti del procedimento e quelli presupposti, connessi e consequenziali, conosciuti e non conosciuti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cassano delle Murge;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Roberto D’Addabbo e Vito Aurelio Pappalepore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Per una migliore comprensione della complessiva vicenda, giova premettere che, con precedente ricorso dinanzi a questo Tar, i ricorrenti hanno proposto domanda restitutoria e risarcitoria per l’illegittima occupazione di suoli in loro proprietà (su cui è stata integralmente realizzata l’opera viaria rappresentata da una rotatoria) da parte del Comune di Cassano delle Murge, nell’ambito di una procedura ablatoria avviata fin dal 1988, i cui atti sono stati definitivamente annullati dal Consiglio di Stato con sentenze nn. 6173, 6175, 6176 e 6177 del 12 dicembre 2008.
I sigg.ri Emilia Codegoni e altri (in epigrafe meglio indicati) hanno chiesto, in particolare, la restituzione di tutte le aree illegittimamente occupate (anche in via di mero fatto, eccedendo i limiti del piano particellare) e il ristoro del danno cagionato dal prolungato mancato godimento della proprietà , per effetto della medesima occupazione sine titulo.
Con la sentenza n. 23/2011, questo Tar, all’esito di apposita CTU, ha ordinato la restituzione dei suoli de quibus e la corresponsione, a titolo di risarcimento, di somme da computarsi sulla base di specifici criteri all’uopo dettati, condannando, inoltre, il Comune al pagamento delle spese processuali.
Detta sentenza è stata appellata dagli originari ricorrenti, lamentando l’erronea individuazione delle aree da restituire e l’erronea quantificazione del danno risarcibile, nonchè in via incidentale dal Comune.
Con sentenza n. 3455/2013, il Giudice di Appello, preso atto dell’acquisizione sanante nel frattempo disposta dal Comune, con la deliberazione consiliare n. 13 del 30.4 2013 (cui è poi seguita la necessaria determina dirigenziale), ha ritenuto tale sopravvenienza idonea a determinare l’improcedibilità della pretesa attorea, per sopravvenuto difetto di interesse, ed ha per ciò dichiarato parzialmente improcedibile il ricorso di primo grado, annullando – in parte qua- senza rinvio, la sentenza impugnata, fermo restando, per la restante parte del giudizio, l’ordine al Comune di provvedere alla restitutio in integrum di qualsivoglia porzione di suolo in proprietà dei ricorrenti, già oggetto di occupazione e non ricompresa negli atti dell’originaria procedura espropriativa nè nella più recente delibera di acquisizione, della quale ad oggi perduri l’illegittimo spossessamento.
In estrema sintesi, la originaria domanda restitutoria dei suoli occupati in virtù della originaria procedura espropriativa si è conclusa con l’accoglimento solo per quella parte dei suoli non coperta dalla procedura di c.d. acquisizione sanante ex 42 bis TU espr, mentre per la restante parte, il successivo provvedimento acquisitivo ha, sostanzialmente, posto nel nulla le pretese dei ricorrenti che agiscono, in questa sede, per vedere soddisfatta la loro istanza di giustizia.
In particolare, con il ricorso principale, i ricorrenti impugnano la delibera di Giunta che ha proposto al Consiglio l’acquisizione dei terreni occupati per la realizzazione dell’opera viaria in esame, proponendo contestualmente (ma solo nelle conclusioni del ricorso e non anche nell’oggetto), domanda ex art. 117 cpa per la conclusione del relativo procedimento (invocando che la dichiarazione dell’obbligo di provvedere si estenda a pronunciare sulla fondatezza della pretesa volta a dichiarare inammissibile l’acquisizione sanante), nonchè domanda risarcitoria per la violazione del termine procedimentale di conclusione del procedimento.
Con quello per motivi aggiunti impugnano, invece, la delibera consiliare n. 13 del 2013 che ha disposto l’acquisizione sanante, liquidando il relativo indennizzo, e la successiva determina dirigenziale.
Muovono una serie numerosa di censure (per la cui puntuale indicazione si rinvia al ricorso introduttivo e per motivi aggiunti) che, esigenze di sintesi, impongono di ricondurre a 3 categorie di massima (si precisa, peraltro, che le censure proposte nel ricorso per motivi aggiunti ricalcano pedissequamente quelle indicate nel ricorso introduttivo, ad eccezione di quelle rubricate, nel ricorso principale, sub 3) e 6), sicchè, in conclusione, le censure su cui si deve pronunciare sono tutte quelle indicate nel ricorso per motivi aggiunti, nonchè quelle sub 3 e 6 del ricorso introduttivo):
1) 1) quelle con cui si contesta il ricorso all’istituto dell’acquisizione sanante, stante lo spirare del termine massimo per l’adozione del relativo provvedimento, in ragione della proposizione dell’originario ricorso (n.1427/2008, conclusosi con sentenza n. 23/2011) e dell’adozione della relativa sentenza ovvero del termine massimo di conclusione del procedimento che precluderebbero, nell’inerzia mantenuta nel pregresso giudizio, di acquisire ex post i suoli in questione;
2) 2) quelle con cui si censura il difetto dei presupposti per l’adozione del provvedimento acquisitivo, sotto il diverso profilo della mancanza dei requisiti dell’interesse pubblico e della corretta comparazione degli interessi contrapposti;
3) quelle con cui si censura l’erroneità della delibera acquisitiva, da un lato perchè le aree in questione non avrebbero la destinazione urbanistica ritenuta dall’Autorità comunale e, comunque, il relativo indennizzo sarebbe irrisorio e notevolmente inferiore a quello stimato dall’apposita CTU – sugli stessi terreni- disposta nel precedente procedimento, dinanzi a questa Tar, n.1427/2008.
Replica alle censure il Comune che solleva, nel contempo, varie eccezioni preliminari, sulle quali ci si soffermerà dettagliatamente nel prosieguo.
All’udienza del 9.7.2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso principale, nella parte in cui mira ad ottenere una pronuncia che dichiari l’obbligo di provvedere in ordine al procedimento ex art. 42 bis cit., è divenuto improcedibile per difetto di interesse, essendo nelle more, intervenuto il provvedimento conclusivo che ha disposto l’acquisizione dei suoli (impugnato con motivi aggiunti).
Parimenti improcedibile è nella parte impugnatoria, in quanto volto a demolire atti meramente endoprocedimentali, la cui legittimità , comunque, viene delibata unitamente al ricorso per motivi aggiunti.
Quanto alla domanda risarcitoria svolta nel ricorso principale (c.d. danno da ritardo), deve rilevarsi che essa è rimasta del tutto indimostrata, sicchè non può trovare accoglimento.
Il ricorso per motivi aggiunti va ritenuto ammissibile sotto il profilo della tempestività e della presenza del mandato conferito.
Infatti, il mandato conferito nel ricorso principale espressamente contempla la facoltà , per il difensore, di proporre anche motivi aggiunti, sicchè l’assenza di una espressa procura alle liti nel corpo del ricorso per motivi aggiunti è irrilevante.
Quanto alla tempestività , deve rilevarsi che il termine dimidiato non opera, per espressa previsione di cui all’art. 119 cpa, per la proposizione del ricorso (principale, incidentale o per motivi aggiunti), sicchè la relativa eccezione si appalesa manifestamente infondata ed anzi capziosa, essendo stato il ricorso per motivi aggiunti spedito per la notifica – per stessa ammissione del Comune controinteressato (v. pag. 11 memoria conclusionale) – il 1°.7.2013, mentre la delibera impugnata inviata a mezzo telegramma del 2.5.2013.
Venendo al merito delle censure sollevate, rileva il Collegio che infondate sono quelle con cui si contesta la legittimità del provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis cit, in ragione della pendenza del giudizio per la restituzione dei suoli ovvero per essere intervenuta la relativa sentenza di primo grado.
L’istituto in questione, infatti, come correttamente indicato dal Comune anche nel corpo motivazionale dell’atto impugnato, non trova preclusioni neppure nell’intervenuto giudicato di restituzione (v. Consiglio di Stato, n.2454/2015 e n.993/2014 che, nell’indicare il Giudice munito di competenza funzionale a decidere sulla legittimità del decreto di acquisizione sanante, ha fornito le coordinate ermeneutiche anche in ordine ai rapporti tra giudicato di restituzione ed istituto dell’acquisizione sanante “In sede di ottemperanza il giudice amministrativo può essere adito solo nell’ipotesi in cui l’Amministrazione non restituisca il bene immobile nè provveda all’emanazione del provvedimento di acquisizione ma non quando la stessa, all’esito di una rinnovata ed autonoma valutazione degli interessi in conflitto, decida di acquisire al suo patrimonio indisponibile il bene in forza dei poteri espressamente riconosciutigli dall’ordinamento; in sostanza l’emanazione del provvedimento di acquisizione non è un tentativo di sottrarsi agli obblighi di restituzione derivanti dal giudicato, quanto piuttosto l’esercizio di un potere che trova proprio nel decisum le ragioni della sua esistenza, con la conseguenza che delle contestazioni in ordine alla sua legittimità conosce il giudice della cognizione e non quello dell’ottemperanza salva, ovviamente, l’ipotesi in cui l’atto promani dal commissario ad acta già nominato per l’ottemperanza.”).
Parimenti infondata è la censura con cui ci si duole – a vario titolo- del superamento del termine di conclusione del procedimento per l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante; infatti, in difetto di una specifica disposizione, che preveda come perentorio il termine assegnato all’Amministrazione per concludere un procedimento, il termine deve intendersi di natura sollecitatoria o ordinatoria, con la conseguenza che il suo superamento non produce l’illegittimità dell’atto (v. Consiglio di Stato sez. V 14 aprile 2015 n. 1872).
Analoga sorte merita la doglianza (sub 15) ricorso per motivi aggiunti e, pedissequamente, sub 7) ricorso principale) con cui si lamenta la mancanza di effettive e concrete ragioni di interesse pubblico – ed in generale il difetto dei presupposti- sottostanti all’adozione del provvedimento di acquisizione sanante.
Sia nella delibera consiliare che nel provvedimento di acquisizione (ed anche nella delibera di Giunta che proponeva l’acquisizione) è evidenziata la natura viaria dell’opera, la sua funzionalità al decongestionamento del traffico in entrata ed uscita, nonchè la funzione di raccordo tra il tessuto urbano già costruito ed i lotti di futura edificazione (trattasi di una rotatoria posta in periferia).
I ricorrenti contestano, anche in punto di fatto, la sua effettiva utilità , evidenziando che si tratta di una rotatoria che, in realtà , non ha grande utilizzo, in quanto i territori in espansione sono rimasti inedificati ed il traffico è, comunque, smaltito attraverso le due strade provinciali che attraversano il Comune.
Tali argomentazioni, tuttavia, a fronte delle reiterate allegazioni di segno opposto del Comune resistente, risultano infondate, in quanto indimostrate.
L’ eccezionalità delle ragioni di interesse pubblico, al contrario, emerge laddove si ponga mente al fatto che :
-l’opera è caratterizzata dalla strumentalità al soddisfacimento di uno scopo di utilità diffusa e generale (attesa la natura viaria);
-la sua rimozione determinerebbe il dissipamento di pubbliche risorse sotto il duplice aspetto dei costi da sopportare per la sua distruzione nonchè dello sperpero di somme già spese per la costruzione;
-la rimozione dell’opera, per il semplice venir meno della rotatoria già realizzata (la cui utilità , anche laddove fosse contenuta, è innegabile), cagionerebbe un deterioramento delle condizioni dell’attuale viabilità .
Tali elementi, uniti alla circostanza che i terreni in questione hanno uso – di fatto – meramente agricolo ed in taluni casi sono del tutto incolti, sicchè il sacrificio imposto ai privati non è esorbitante, rendono pienamente soddisfatte le ragioni di interesse pubblico comparativamente e motivatamente valutate.
Con la censura sub 16) del ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti lamentano il difetto e l’erroneità dell’istruttoria, sostenendo la natura edificabile dei suoli (zona C), contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità comunale che li ha qualificati come suoli destinati a viabilità o a verde di rispetto.
Anche tale doglianza è infondata.
I ricorrenti allegano, a suo fondamento, il certificato di destinazione urbanistica allegato al n. 20 del ricorso introduttivo.
Il certificato, tuttavia, non è dirimente, in quanto indica solo per alcune particelle la vocazione edificatoria, attestando, per altre, quella a strada di piano o verde di rispetto.
Convincono, poichè documentalmente riscontrate dal confronto con il decreto dirigenziale di acquisizione, le difese argomentate dal Comune a pag. 20 della memoria conclusionale, secondo cui le particelle interessate dalla procedura ablatoria postuma sono solo quelle prive della destinazione edificatoria (cioè quelle sub 1120; 1152; 1273; 1274, 1275; 1276; 1277; 1278, per le quali il certificato urbanistico esclude la natura edificatoria).
Con l’ultima censura, i ricorrenti si dolgono, in primo luogo, che il Comune avrebbe acquisito solo una parte delle aree occupate per la realizzazione dell’opera, permanendo nella occupazione di fatto di altre porzioni di suolo che sarebbero escluse dall’acquisizione, pur se di fatto apprese alla mano pubblica.
Tale profilo di doglianza è, tuttavia, infondato.
L’esatta estensione delle aree occupate (anche se solo in via di fatto ed esorbitando dal piano particellare della originaria procedura ablatoria), con accertamento in fatto inappuntabile, è stata oggetto della CTU svolta nel precedente giudizio, dalla quale emerge che l’estensione delle aree concretamente occupate è, in realtà , inferiore a quella indicata nel decreto ex art. 42 bis cit.
Ed infatti, la CTU ha accertato, per ciascun ricorrente, la seguente estensione delle porzioni di suolo occupate:
– -mq 88,81 per Addolorata Chiarullo;
– -mq 790,67 per Oronzo Chiarullo;
– -mq 506,43 per eredi Giuseppe Chiarullo;
– -mq 1322,00 per Rocco Campanale.
Il decreto dispone l’acquisizione di:
– -mq 143,00 per Addolorata Chiarullo;
– -mq 797,00 per Oronzo Chiarullo;
– -mq 514,00 per eredi Giuseppe Chiarullo;
– -mq 1322,00 per Rocco Campanale
Come si può notare, le superfici acquisite coprono integralmente le aree occupate, al dichiarato fine di evitare che permangano situazioni di utilizzo di fatto, prive di “copertura” provvedimentale.
Nella restante parte della censura i proprietari si dolgono della esigua quantificazione dell’indennizzo, parametrato alla cifra di 1 euro/mq per i terreni destinati a viabilità di piano (con equiparazione al valore dei suoli agricoli) ed a 5 euro/mq per i suoli destinati a verde di rispetto.
Preliminarmente, ritiene il Collegio che spetti al Giudice adito la giurisdizione a scrutinare le censure inerenti il quantum dell’indennizzo normativamente previsto.
Si aderisce, sul punto alla più recente giurisprudenza alle cui argomentazioni si rinvia (v. Consiglio di Stato sez. IV 01 settembre 2015 n. 4080 “Nel caso di acquisizione sanante ex art. 42 bis, t.u. 8 giugno 2001, n. 327 l’indennizzo dovuto al proprietario espropriato costituisce un risarcimento del danno cagionato da fatto illecito della Pubblica amministrazione, con la conseguenza che le relative controversie rientrano a pieno titolo nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.” ed anche Consiglio di Stato sez. IV 05 marzo 2015 n. 1114; Consiglio di Stato sez. IV 03 settembre 2014 n. 4501 ; Consiglio di Stato sez. IV 03 settembre 2014 n. 4490 ; Consiglio di Stato sez. IV 06 agosto 2014 n. 4203; Tar Brescia sez. II 07 aprile 2015 n. 492).
Non rileva che nella sentenza di appello n.3455/2013, resa sul primo ricorso, sia stata indicata la giurisdizione del G.O. per le controversie inerenti il quantum dell’indennizzo, atteso che l’affermazione è oggetto di un obiter dictum inidoneo ad assumere forza di giudicato, esulando la questione dalla domanda giudiziale.
Nel merito la doglianza è infondata.
Deve rilevarsi che, effettivamente, il valore indicato per tali suoli appare davvero esiguo e decisamente inferiore a quello indicato dal CTU del precedente giudizio che lo aveva stimato in misura pari a poco più di euro 27,00.
Tuttavia, la relazione tecnica che ha preceduto la quantificazione (v. all. 3 controricorso) indica in modo dettagliato le ragioni di tale computo, evidenziando che i terreni agricoli (salvo quelli con colture intensive e specializzate) di pari caratteristiche (zona pedemurgiana), cui sono assimilabili quelli con destinazione a strada, non superano, nelle compravendite, il valore di 1 euro/mq.
A conforto di tale conclusione, la relazione tecnica indica specificamente 9 atti di compravendita, tutti stipulati con rogito notarile, e datati tra il 2011 e 2013, in cui il valore medio oscilla dagli 0,55 euro/mq ai 0,98 euro/mq.
Analoghe considerazioni conducono alla quantificazione di 5 euro/mq per i terreni con destinazione a verde, atteso il basso indice di edificabilità .
Tale impianto motivazionale ed i dati concreti e specifici su cui esso si fonda è rimasto esente da specifiche censure, essendosi i ricorrenti genericamente lamentati della esiguità del valore e della impossibilità di discostarsi dai dati della precedente CTU.
Senonchè tale affermazione non può essere condivisa, in quanto l’accertamento svolto dal comune per individuare il valore dei suoli è più recente rispetto a quello che ha condotto il CTU (che ha esaminato atti più risalenti) ed anche fondato su maggiori elementi (il CTU aveva esaminato solo 2 atti di compravendita).
Sulla scorta di tali considerazioni il ricorso va respinto nel suo complesso.
Tuttavia, la particolarità della vicenda ed il comportamento del Comune – che solo a distanza di svariati anni ha inteso acquisire le aree in questione – impongono la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così provvede:
-dichiara il ricorso principale parzialmente improcedibile, per come chiarito in motivazione, ed in parte lo respinge, quanto alla relativa domanda risarcitoria;
– respinge il ricorso per motivi aggiunti.
Spese integralmente compensate.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 luglio e 8 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)