1. Edilizia e urbanistica – Piano regolatore – Variante  – Reiterazione vincolo preordinato all’esproprio – Onere motivazionale rafforzato in capo alla p.A. – Sussistenza – Fattispecie 


2. Edilizia e urbanistica – Piano regolatore – Variante – Vincolo conformativo – Discrezionalità  della p.A – Limiti – Individuazione


3. Edilizia e urbanistica – Piano regolatore  – Vincoli urbanistici – Decadenza – Procedimento di ritipizzazione – Obbligo comunicazione avvio del procedimento – In presenza di interesse qualificato e differenziato del proprietario – Sussiste – Fattispecie


4. Risarcimento del danno –  Piano regolatore – Vincoli urbanistici – Decadenza – Danno da illegittima reiterazione del vincolo –  Lucro cessante  – Fattispecie


5. Risarcimento del danno –  Piano regolatore – Vincoli urbanistici – Decadenza – Istanza di ritipizzazione – Silenzio dell’Amministrazione – Illegittimità  – Danno da ritardo – Distinzione – Onus probandi 

1. In caso di reiterazione del vincolo espropriativo decaduto sussiste in capo alla p.A l’onere di fornire una specifica motivazione dell’interesse pubblico al mantenimento del vincolo stesso, nonchè dell’assenza di eventuali soluzioni alternative unitamente alla previsione d’indennizzo, in modo da rendere concreta e tangibile la volontà  dell’Amministrazione di provvedere effettivamente alla realizzazione dell’opera pubblica. (Nel caso di specie l’Amministrazione, secondo il TAR,  si era limitata alla generica affermazione dell’esistenza di un pubblico interesse senza tuttavia dare conto dell’attualità  della previsione vincolistica, in assenza, quindi, di adeguata comparazione fra i diversi interessi pubblici e privati coinvolti.)


2. Le scelte urbanistiche in merito all’apposizione di vincoli conformativi effettuate dal Comune in sede di variante al piano regolatore generale, costituiscono valutazioni  discrezionali attinenti al merito amministrativo che, come tali, sono censurabili ove manifestamente irragionevoli o fondate su presupposti non veritieri, o ancora, afflitte da disparità  di trattamento rispetto a situazioni del tutto consimili. 


3.  In ipotesi di decadenza di un vincolo espropriativo, non potendosi disconoscere che il proprietario sia portatore di un interesse qualificato e differenziato a partecipare al procedimento di ritipizzazione delle aree di sua proprietà , deve ritenersi sussistente l’obbligo in capo alla p.A di comunicare l’avvio del ridetto procedimento.


4. Non è fondata la domanda di risarcimento del danno derivante dalla pur accertata illegittimità  di reiterazione di vincolo preordinato all’esproprio nel caso in cui il danno allegato dalla ricorrente non sia  sia comunque eziologicamente riconducibile al provvedimento impugnato. (nel caso di specie la ricorrente individuava quale lucro cessante l’asserita perdita di un’occasione di vendita risalente a ben sei anni antecedenti l’adozione del provvedimento lesivo.)


5. Ai fini dell’accertamento e della quantificazione del danno da ritardata adozione del provvedimento di riqualificazione urbanistica (in ottemperanza al giudicato che ha sancito l’illegittimità  del silenzio dell’amministrazione sull’istanza a ciò finalizzata), occorre preliminarmente distinguere il danno derivante dal conseguimento del risultato utile dopo lo spirare del termine per provvedere e quello da mero ritardo. Nel primo caso, è esclusa la risarcibilità  del danno laddove a seguito di annullamento della variante ci si trovi di fronte alle c.d. zone bianche, per impossibilità  di identificare la lesione del diritto di proprietà  nell’an e nel quantum. Nel secondo caso, il ricorrente è gravato dell’onere di provare gli elementi costitutivi ai sensi dell’art. 2043 cc e sotto il profilo del quantum allegare elementi di fatto precisi e circostanziati.

N. 01290/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00608/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 608 del 2013, proposto da: 
Anna Buonvino, rappresentata e difesa dall’avv. Emanuele Tomasicchio, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Di Modugno, in Bari, Via Maggiore Turitto, n. 3; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dall’avv. Augusto Farnelli, con domicilio eletto presso Augusto Farnelli, in Bari, Uffici dell’Avvocatura Comunale, Via P. Amedeo n. 26; 
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso Anna Bucci, in Bari, Via Nazario Sauro n. 33; 

per l’annullamento
– della delibera del Consiglio del Comune di Bari n. 106 del 15.12.2011 avente ad oggetto la variante di PRG che in parte conferma, in parte modifica la destinazione urbanistica di aree già  gravate da vincolo di viabilità  pubblica decaduto;
– della delibera della Giunta regionale n. 61 del 5.2.2013, nonchè
– di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale a quelli impugnati, ancorchè non conosciuto,
nonchè,
– per il risarcimento dei danni derivanti dalla impossibilità  di utilizzare i suoli reiteratemente vincolati e dal ritardo nell’adozione del provvedimento di riqualificazione urbanistica;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari e della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Emanuele Tomasicchio e Rosaria Basile per delega dell’avv. Farnelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Anna Buonvino, proprietaria di suoli siti nel Comune di Bari destinati dal PRG/1976 a “verde pubblico, verde urbano, viabilità  di PRG area di rispetto ai principali assi di comunicazioni stradali e ferroviari, zone per attività  primarie di tipo A”, riferisce – riepilogando una vicenda già  approdata in sede giurisdizionale – che, alla scadenza dei vincoli espropriativi gravanti su taluni di detti suoli, faceva seguito:
– la reiterazione di detti vincoli con delibera del 5.4.2006 del Commissario ad actaall’uopo nominato per l’esecuzione della sentenza n. 7388/2005 del Consiglio di Stato;
– la sentenza del TAR Puglia 1172/2007 che annullava la delibera del Commissario;
– la diffida ad eseguire il giudicato del TAR ed istanza di riqualificazione urbanistica dei suoli;
– la nota dell’Ufficio della Ripartizione Urbanistica del Comune di Bari del 28.2.2008 n. 58615 che rinviava l’esame dell’istanza di ritipizzazione all’adozione di un nuovo PRG;
– la sentenza del Tar Puglia 1910/2008 che riteneva detta nota un sostanziale diniego e ne dichiarava la nullità  per contrarietà  al giudicato;
– la sentenza n. 2047/2010 del TAR Puglia adito per l’ottemperanza che ordinava la riqualificazione delle aree della ricorrente interessate dalla decadenza dei vincoli espropriativi;
– l’adozione, dopo due anni, della delibera di C.C. 106/2011 con la quale alcuni dei suoli in questione venivano destinati a rotatoria, altri a zona agricola.
La ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe con quattro motivi di ricorso:
1) nullità  per violazione dell’art. 21 septies l. 241/90 anche in relazione all’art. 31 c.p.a. – violazione ed elusione del giudicato – illegittimità  per violazione dei principi generali in materia urbanistica e del principio del giusto procedimento – difetto di motivazione e di istruttoria – violazione dei principi generali in materia di esercizio del potere di controllo da parte della Regione sugli atti del Comune – eccesso di potere per motivazione perplessa ed apparente, sviamento erroneità  dei presupposti – travisamento.
Gli atti impugnati avrebbero riproposto, a fondamento della reiterazione dei vincoli sui suoli di sua proprietà , le stesse ragioni contenute nei precedenti provvedimenti annullati dal TAR, anzichè esternare una puntuale e adeguata motivazione che desse conto sia della perdurante necessità  di realizzare l’opera pubblica, sia della prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello della proprietaria ricorrente.
Il Comune avrebbe poi omesso di predisporre la provvista necessaria per il pagamento dell’indennità  di esproprio e di esaminare soluzioni alternative alla reiterazione del vincolo sugli stessi suoli, ancorchè più onerose.
2) violazione di legge – difetto di motivazione e di istruttoria – violazione degli articoli 42 e 97 Cost. e art. 1 protocollo addizionale della CEDU – violazione di legge ed eccesso di potere per falsità  dei presupposti, illogicità , contraddittorietà  anche per omessa inclusione nel piano triennale OO. PP. – violazione dell’art. 128 codice dei contratti e degli articoli 14 e 16 d.P.R. 554/99 e del D.M. 11.11.2011 – violazione dei principi generali in materia di reiterazione dei vincoli a contenuto espropriativo, anche in relazione all’omesso accantonamento delle somme necessarie per il pagamento delle indennità  di esproprio, nonchè in materia di esercizio del potere di controllo da parte della Regione sugli atti del Comune.
L’opera che dovrebbe interessare le aree della ricorrente non sarebbe stata oggetto di uno studio di fattibilità , nè di un progetto preliminare e neppure risulta che sia stata inserita nel piano triennale delle opere pubbliche del Comune Bari.
3) violazione del principio del giusto procedimento e degli articoli 9 e 11 T.U espropriazioni anche in relazione alla omessa comunicazione di avvio del procedimento/omessa partecipazione al procedimento.
La ricorrente non sarebbe stata avvisata dell’avvio del procedimento di ritipizzazione, il quale ha avuto inizio dopo un anno e mezzo dalla pubblicazione della sentenza 2047/2010 che aveva ordinato la riqualificazione urbanistica delle aree ed nominato all’uopo il Commissario ad acta.
4) violazione di legge per violazione dei principi generali in materia di urbanistica – difetto di motivazione – eccesso di potere per illogicità , falsità  dei presupposti, ingiustizia manifesta, disparità  di trattamento.
La destinazione a zona agricola delle aree precedentemente vincolate a bretelle o attraversamenti stradali risponderebbe alla finalità  di non erogare alcun indennizzo e sarebbe comunque in contrasto con la vocazione urbanistica dei suoli, situati al confine con la zona C e con aree edificabili adibite ad attività  commerciali e artigianali e incompatibile con la qualificazione che lo stesso Commissario ad actaaveva deciso di imprimere a dette aree sin dal 1.12.2004, senza però ottenere l’assenso della Regione.
Anna Buonvino chiede infine il risarcimento dei danni, da stimarsi con CTU, per la trentennale inutilizzabilità  dei suoli in questione e per la perdita dell’occasione di venderli vantaggiosamente unitamente alla particella 302 per la quale pende altro giudizio.
Resistono il Comune di Bari e la Regione.
La Regione eccepisce il difetto di giurisdizione con riferimento alla domanda di risarcimento da qualificarsi come domanda di pagamento dell’indennizzo ex art. 39 T.U. delle espropriazioni.
Eccepisce inoltre il difetto di legittimazione passiva poichè il Comune, non la Regione, sarebbe tenuto, in qualità  di p.a. procedente, al pagamento dell’indennizzo.
Nel merito oppone che il provvedimento gravato esprime scelte urbanistiche di competenza esclusiva del Comune che non coinvolgono l’Ente regionale e che la proposta di acquisto, della quale la ricorrente lamenta di non poter profittare, riguarderebbe solo la particella n. 302, la quale non è oggetto del giudizio.
All’udienza pubblica del 9 luglio 2015 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è in parte fondato.
1. E’ infatti ormai acquisito in giurisprudenza il principio secondo il quale, “[¦.]mentre nell’ipotesi ordinaria di semplice reiterazione di un vincolo espropriativo decaduto è esigibile e doverosa l’esternazione da parte dell’Amministrazione dell’attualità  delle ragioni d’interesse pubblico che la sorreggono, nonchè dell’assenza di eventuali soluzioni alternative, e la previsione d’indennizzo, tale da rendere concreta e tangibile la volontà  dell’Amministrazione di provvedere effettivamente alla realizzazione dell’opera pubblica, nel caso in cui il vincolo espropriativo si ricolleghi all’approvazione di un progetto preliminare è invece evidente che l’Amministrazione intende effettivamente eseguire l’intervento, per cui è legittimo che l’indicazione dell’indennizzo sia rinviata alle successive ordinarie fasi del procedimento espropriativo, e la motivazione è sufficiente allorchè il provvedimento dia conto dell’interesse all’ esecuzione dell’opera (C.d.S n. 1317/2015).
Nel caso in decisione, come fatto presente dalla ricorrente e non contestato dalle parti resistenti, l’opera di viabilità  pubblica, per la quale sarebbe stato necessario prenotare nuovamente con vincolo destinato all’esproprio alcune delle aree della ricorrente, non risulta inserita in un programma o piano di opere pubbliche, nè oggetto di un progetto specifico.
Ne consegue che l’aver ribadito la necessità  di mantenere il vincolo su alcuni suoli che ne erano già  gravati, in mancanza di iniziative specificamente programmate, è solo una conferma della previsione di piano generale che attende di essere attuata da oltre trent’anni alla quale – è incontestato – non hanno fatto seguito strumenti esecutivi.
Per questo, alla luce dei principi sopra richiamati, la reiterazione dei vincoli avrebbe dovuto essere assistita da un motivazione rinforzata e circostanziata anche con riferimento all’aspetto economico dell’operazione di esproprio.
Non è invece sufficiente – anzi appare tautologico perchè così il Comune si limita a ribadire le scelte di PRG – l’aver posto a fondamento della decisione “la necessità  di non sconvolgere la rete della viabilità  primaria contemplata nel PRG e ritenuta necessaria per il corretto sviluppo urbanistico in via di evoluzione unitamente al fatto che la realizzazione della previsione di PRG potrebbe comportare il decongestionamento del traffico.
Il Comune infatti, lungi dal prevedere una possibile concreta alternativa all’esproprio, ha escluso in radice qualsiasi variante alla previsione di PRG ritenendo che, qualunque fosse, non sarebbe stata percorribile perchè avrebbe comunque modificato la viabilità  progettata nel PRG.
Si tratta all’evidenza di un ragionamento che enuncia un’ovvietà : ogni modifica dello status quo altera l’assetto precedente.
Ciononostante, nel caso di reiterazione di un vincolo ablatorio, la valutazione di soluzioni alternative implicanti una modifica dell’assetto precedentemente divisato finalizzata alla salvaguardia dell’interesse privato, è un’operazione doverosa, che nel caso in esame è mancata del tutto.
Invece la motivazione in rassegna descrive un sistema viario in evoluzione e, senza spiegare se e quando i suoli della ricorrente saranno impiegati, ipotizza che la loro trasformazione potrebbe comportare un decongestionamento del traffico con benefici per la sicurezza stradale e con l’abbattimento delle emissioni inquinanti.
Si tratta anche in questo caso della mera enunciazione di finalità  astratte, non già  dell’esternazione dell’interesse pubblico concreto corrispondente hinc et inde al sacrificio nuovamente imposto alla ricorrente e, soprattutto, non altrimenti evitabile.
Deve pertanto disporsi l’annullamento della delibera del Consiglio comunale n. 106/2011 con effetto caducante della delibera della Giunta regionale n. 61/2013 che in essa ha il suo presupposto unico e necessario.
2. Parimenti non resiste al ricorso la decisione, gravata con il quarto motivo, di destinare ad uso agricolo le altre aree della ricorrente.
Si tratta di un vincolo conformativo, espressione dell’ampia discrezionalità  che presiede alle scelte di governo del territorio, che è censurabile ove manifestamente irragionevole o fondato su presupposti non veritieri, o afflitto da disparità  di trattamento rispetto a situazioni del tutto consimili. E tale doglianza viene dedotta dalla ricorrente, che indica, negli esistenti insediamenti artigianali e nella destinazione a zona C edificabile della limitrofa particella n. 302, gli elementi di fatto a sostegno delle censure articolate con il quarto motivo.
Infatti la delibera comunale descrive il contesto ove si trova l’area da ritipizzare come prevalentemente agricolo.
Occorre in proposito evidenziare:
a) che con delibera del Commissario ad acta n.1/2004, per la particella 302, limitrofa a quelle oggetto di riqualificazione, era stata proposta la tipizzazione a zona C3 reiteratamente bocciata dalla Regione, da ultimo con DGR 62/2013, poi annullata da questo Tar con sentenza 944/2014.;
– che detta particella fa parte del contesto territoriale interessato dalla variante impugnata come si evince dalla planimetria allegata agli atti della Regione, ove sono riportate alcune delle particelle oggetto di detta variante;
– che la variante impugnata attribuisce la destinazione ad attività  primarie di tipo A delle particelle 301, 305, 214, 82, 93, 84, 85 e 43 – già  destinate a viabilità  di PRG -in sintonia con la destinazione urbanistica e con lo stato dei luoghi delle aree contermini, benchè in premessa avesse descritto un contesto con ampie aree verdi prevalentemente con destinazione agricola ad eccezione delle aree ad ovest ¦.[ove si trovano] un ampio insediamento militare, un sistema artigianale misto il cui fulcro è costituito dalla struttura distributiva Ikea.
Chiaramente la delibera comunale impugnata non ha considerato che, fra le aree contermini a quelle ritipizzate, oltre al sistema artigianale esistente che di per sè interrompe la continuità  rurale del contesto, c’è la particella n. 302, alla quale il Commissario ad acta, esaminando la stessa porzione di territorio ha ritenuto di attribuire la destinazione edificatoria con delibera n. 1/2004.
Sotto questo profilo appare dunque fondata la censura che lamenta l’omessa valutazione di un presupposto di fatto rilevante ai fini della scelta di pianificazione dichiaratamente ispirata a porsi in sintonia con lo stato dei luoghi.
Parimenti è fondata la censura di difetto di motivazione poichè non si evincono le ragioni per le quali, nonostante la variante descriva un contesto territoriale a conformazione mista, sia prevalsa la scelta di dare alle aree della ricorrente la destinazione agricola.
3. Quanto alla omessa comunicazione di avvio del procedimento, il Collegio osserva che certamente la ricorrente aveva un interesse qualificato e differenziato a partecipare al procedimento di ritipizzazione delle aree di sua proprietà  da avviarsi in seguito alle pronunce del giudice amministrativo adito per l’accertamento del silenzio del Comune.
Doveva pertanto essere avvisata dell’avvio del procedimento anche in considerazione del fatto che la variante di ritipizzazione è stata adottata dal Comune a due anni dalla sentenza del Tar n. 2047/2010 che aveva all’uopo nominato un Commissario ad acta.
Tuttavia occorre considerare che l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ha effetti invalidanti ex art. 21 octies l. 241/1990 solo se risulta che l’apporto dell’interessato pretermesso avrebbe potuto determinare un esito diverso da quello cui procedimento è approdato.
Il relativo onere probatorio, che la disposizione pone a carico della p.a., non è però assoluto perchè, se così fosse, la p.a. dovrebbe prima prospettare tutte le possibili allegazioni dell’interessato e poi dimostrare che nessuna di queste avrebbe potuto condurre ad un esito diverso del procedimento.
Per questo la giurisprudenza è concorde nel riferire all’interessato un onere di allegazione dell’apporto che avrebbe dato per volgere il procedimento a suo favore, onde consentire alla p.a. di dare la prova contraria.
Nel caso in decisione tuttavia la ricorrente, con riferimento alle aree soggette a reiterazione del vincolo, si è limitata a contestare l’insufficienza della motivazione, senza dire quali elementi, con essa incompatibili e ulteriori, rispetto a quelli sui quali si è formata la volontà  provvedimentale, avrebbe allegato se avesse partecipato al procedimento.
La censura pertanto deve essere respinta.
4. La ricorrente domanda infine il risarcimento dei danni per i seguenti titoli:
– illegittimità / nullità  dei provvedimenti impugnati (illegittima reiterazione del vincolo di viabilità  e retrocessione a zona agricola degli altri suoli)
– illegittima reiterazione del vincolo che le avrebbe impedito per trent’anni di utilizzare i suoli che ne sono ancora oggi gravati;
– ritardo nell’adozione dei provvedimenti dovuti per legge o in esecuzione dei giudicati;
Sul versante del quantum allega il fallimento di trattative avviate per la cessione dei suoli in questione, ivi compresa la particella 302.
4.1.Preliminarmente va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dalla Regione sul presupposto che la ricorrente agisca, in sostanza, per ottenere l’indennizzo per la reiterazione del vincolo.
Il diritto all’indennizzo, la cui cognizione è attratta alla giurisdizione del giudice ordinario, sorge solo in conseguenza della reiterazione legittima del vincolo legittimamente imposto e serve a compensare il proprietario del sacrificio impostogli.
La ricorrente invece si duole del danno derivante dalla illegittima reiterazione del vincolo nonchè dal ritardo e dall’ illegittimità  dell’azione amministrativa.
L’indagine va condotta pertanto in applicazione dei principi generali in materia di risarcimento del danno da ritardo o da attività  amministrativa illegittima che avrebbero determinato l’indisponibilità  dei suoli.
4.2 Sul danno da illegittimità  dei provvedimenti impugnati.
Non ricorre tale ipotesi di danno che la ricorrente individua nella perdita – lucro cessante – dell’occasione di profittare della proposta del 13.11.2006 (all. 8 del ricorso) di vendere, per diversi corrispettivi, la particella 302 – purchè ne restasse confermata la destinazione zona C – e gli altri suoli (non identificati nell’offerta con riferimenti catastali) destinati ad attività  primarie di tipo A e a viabilità  di PRG
Infatti:
a) l’offerta risale a circa sei anni prima dell’adozione di detti provvedimenti, onde ad essi non può ricondursi il danno da perdita dell’ occasione di vendere, in difetto di prove ulteriori sul permanere dell’interesse del proponente ad acquistare;
b) con riferimento alla particella n. 302 i provvedimenti impugnati, che non ne hanno stabilito la destinazione urbanistica, non possono di conseguenza essere ritenuti causa dell’impossibilità  di venderla come edificabile;
4.3. Neppure ricorre un danno riconducibile alla delibera impugnata nella parte in cui ha destinato alcuni suoli a zona agricola, destinazione ritenuta deteriore rispetto a quella precedente (viabilità  di PRG) poichè la ricorrente non ha allegato la perdita derivante dal passaggio dall’una all’altra destinazione.
4.4. Sul danno derivante da illegittima reiterazione del vincolo di viabilità  di PRG.
Occorre premettere che, nell’offerta in questione, il proponente richiama espressamente il regime urbanistico dei suoli, quali destinati a viabilità  di PRG, dichiarandosi disposto ad acquistarli rebus sic stantibus.
Ne consegue che la perdita dell’occasione di vendere i suoli già  vincolati a viabilità  di PRG non dipende certo dal fatto che detto vincolo, noto al proponente e interessato comunque ad acquistare, sia stato reiterato.
4.5. Sul danno derivante dal ritardo nell’adozione dei provvedimenti dovuti per legge o in esecuzione dei giudicati.
Occorre premettere che il danno da ritardo postula l’obbligo del Comune di provvedere sulla ritipizzazione dei suoli in ottemperanza al giudicato che ha sancito l’illegittimità  del silenzio dell’amministrazione comunale sull’istanza a ciò finalizzata.
Il danno da ritardo ha una duplice dimensione.
Si distingue il danno derivante dal conseguimento del risultato utile dopo lo spirare del termine per provvedere, pari, in linea di principio, al mancato godimento per tutto il tempo di durata dell’inerzia nel provvedere, dell’utilità  poi concretamente conseguita dall’interessato, e quello da mero ritardo conseguente alla violazione del termine per provvedere che incide sulla certezza delle relazioni giuridiche e impedisce, a chi ne è parte, di programmare l’assetto dei propri interessi che da esse dipendono.
4.5.1. Nel primo caso – danno da ritardato conseguimento del risultato utile – non può dirsi che ad oggi ne siano maturate le condizioni poichè i suoli della ricorrente, annullata la variante che per alcuni ha reiterato il vincolo di PRG e per altri ha impresso la destinazione ad attività  primarie di tipo A, sono ad oggi aree prive disciplina urbanistica ,
La lesione del diritto di proprietà  non può essere pertanto ancora identificata nell’an e nel quantum fino a quando non sarà  stabilita la (eventualmente più redditizia) destinazione urbanistica dei suoli predetti.
Ciò vale anche per la particella 302 – da intendersi in attesa di conformazione urbanistica – avendo questo Tar annullato, con sentenza 944/2014, la DGR n. 62/2013 con la quale la Regione Puglia ha bocciato la destinazione a zona C ad essa pressa con delibera del Commissario ad acta n.1/2004.
4.5.2. Nel secondo caso – danno da mero ritardo – richiamando la giurisprudenza che ammette la risarcibilità  di tale ipotesi di danno, indipendentemente dall’esito del procedimento favorevole all’interesse del privato, il Collegio ritiene che – pur volendo prescindere dalla tardività  dell’azione promossa oltre i termini stabiliti dall’art. 30 comma 4 c.p.a. – non ne ricorrano i presupposti.
E’ pur vero che la risarcibilità  del danno da ritardo presuppone che il tempo costituisca un’essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento (C.d.S. Sez. V, 28.2.2011 n. 1271), condizionandone la relativa convenienza economica, e che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo per chi ha interesse all’adozione del provvedimento.
Occorre tuttavia provarne gli elementi costitutivi ai sensi dell’art. 2043 c.c. ( C.d.S., sez IV 22.12.2014, n. 6263) e, sotto il profilo del quantum, allegare elementi di fatto precisi e circostanziati, potendosi far luogo ex art. 1226 c.c. alla valutazione equitativa del danno che non sia possibile quantificare, solo se ne è stata accertata l’esistenza (Tar Bari, Sez. I, 16.7.2014 n. 917; TAR Palermo 2573/2014, Cons. St., sez. VI, 18.3.2011 n. 1672; TAR Milano, sez. II, 30 marzo 2011, n. 854; TAR Catania, sez. II, 6.8.2012, n. 2015; TAR Lecce, sez. II, 12.11.2012, n. 1868 ; TAR L’Aquila, 5.4.012, n. 217; TAR Lazio, sez. II, 3.5.2012, n. 3924).
Escluso però, per le ragioni già  spiegate, un danno da perdita di occasione di vendere i suoli per cui è causa e considerato che, comunque, non è risarcibile la mera lesione, dovendosi invece provare, anche in via presuntiva, la perdita di che ne è la conseguenza diretta, occorre rilevare che la ricorrente non ha allegato l’ulteriore pregiudizio che avrebbe subito in dipendenza della mancata conformazione urbanistica dei suoli, dei quali peraltro ha mantenuto la disponibilità  .
5. Dato l’esito del giudizio le spese di causa sono poste a carico del Comune di Bari, mentre sono compensate nei confronti della Regione Puglia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie in parte e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Bari al pagamento delle spese di giudizio che liquida in € 3.000 , oltre accessori di legge, compensandole nei confronti della Regione Puglia.
Contributo unificato rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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