1. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Accreditamento istituzionale – Convenzioni – Limiti e natura
2. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Accreditamento istituzionale – Tetti di spesa sanitaria – Criteri di ripartizione – Contabilizzazione per specialità – Legittimità
1. Ai fini della stipulazione delle convenzioni per l’erogazione delle prestazioni sanitarie a carico del sistema sanitario regionale, il momento concertativo, avente natura propriamente negoziale, è circoscritto alla stipula degli accordi fra le ASL e le case di cura, mentre la fase, ad essi prodromica, della definizione dei limiti massimi di spesa e dei preventivi annuali delle prestazioni per ciascun soggetto accreditato, nonchè degli indirizzi (criteri) per la contrattazione, fa capo alla potestà autoritativa unilaterale della Regione, sicchè quanto più specifiche sono le determinazioni assunte in materia di limiti di spesa e preventivi annuali delle prestazioni per ciascuna istituzione sanitaria pubblica o privata, tanto più ristretto è l’ambito della negoziazione, fino ad arrivare al mero recepimento delle suddette determinazioni regionali.
2. Il criterio con il quale l’amministrazione regionale ha stabilito che che il volume delle prestazioni rimborsabili sia identificato specificamente per ciascuna disciplina e non con riferimento al raggruppamento disciplinare è da ritenersi legittimo in quanto il D.M. 22.7.1983, recante lo schema della convenzione accessiva all’accreditamento “non ha vincolato le regioni a contabilizzare le degenze in relazione a raggruppamenti di specialità , ma ha inteso rimettere alla loro discrezionalità di stabilire se tale contabilizzazione debba essere effettuata in relazione a specialità singole o raggruppate” (Corte Cost., 7.4.1994 n. 125). Peraltro, il criterio di contabilizzazione per specialità si rivela tutt’altro che irragionevole poichè garantisce al paziente l’accesso a cure adeguate ed in particolare di essere ricoverato, in relazione alla diagnosi e alla terapia, nel reparto al quale è destinato, ove opera personale in possesso delle relative competenze specifiche, mentre non può affermarsi altrettanto ove operi il criterio della fluttuazione dei ricoveri ordinari da una specialità all’altra, sia pure all’interno di un raggruppamento disciplinare.
N. 00189/2015 REG.PROV.COLL. N. 00975/2010 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 975 del 2010, proposto da: Daunia Medica Srl, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Abbattista, con domicilio eletto presso Gaetano Scattarelli in Bari, piazza L. di Savoia 37; contro Regione Puglia, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Grimaldi, Sabina Ornella Di Lecce, con domicilio eletto presso Sabina Ornella Di Lecce in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33; per l’annullamento, – della delibera di Giunta regionale n. 728 del 15.3.2010 ad oggetto “D.G.R. n. 1494 del 4.8.2009. Accordi contrattuali anno 2009. Modificazioni. Case di cura private accreditate”; – di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ancorchè non conosciuto; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2015 la dott.ssa Maria Colagrande; Uditi per le parti i difensori Giovanni Abbattista e Maria Grimaldi; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La ricorrente opera, in regime di accreditamento con il Servizio sanitario regionale, nel territorio della città di Bari mediante diverse strutture, per l’erogazione di prestazioni sanitarie. Premette di aver impugnato, con ricorso 2037/2009 davanti a questo TAR, la delibera di G.R. 1494/2009, avente ad oggetto la definizione dei tetti di spesa per la remunerazione delle prestazioni sanitarie erogate da soggetti privati accreditati e la fissazione dei criteri provvisori per la stipula degli accordi previsti dall’art. 8 quinquies del d.lg. 502/92 fra questi e le ASL. Chiede, in questa sede, annullarsi la successiva delibera della G.R. n. 728 del 15.3.2010, nella parte in cui dispone che gli accordi contrattuali sono stipulati applicando i medesimi criteri stabiliti dalla D.G.R. n. 1494/2009. Deduce quindi, 1) illegittimità della delibera impugnata derivante dai vizi che affliggono la delibera n. 1494/2009 presupposta; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 8 quinquies d.lg. 502/92 – violazione e falsa applicazione dell’art. 32 comma 8 l. 449/97 – violazione dell’art. 18 l.r. Puglia 26/2006 – violazione della nota direttiva n. 2/554/SP/A del 16.5.2007 – violazione dei principi generali in materia di fissazione dei limiti di remunerazione e di definizione degli accordi contrattuali – eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta – violazione dell’art. 32 Cost. – eccesso di potere per manifesta irragionevolezza; secondo la ricorrente le decisioni sui criteri per la definizione degli accordi (che, ai sensi dell’art. 8 quinquies d.lg. 502/92, regolano obiettivi, volume massimo e corrispettivo delle prestazioni erogabili dalla struttura accreditata) e sul limite dei tetti di spesa, sono demandate al documento di indirizzo economico funzionale (DIEF) da adottarsi da parte della Regione, previo confronto con le rappresentanze degli operatori del settore; deduce quindi che contrasta con l’assetto negoziale previsto dalla legge l’aver confermato, per il 2010, il tetto di spesa del 2009 e stabilito i criteri, senza concertazione nè intesa con le organizzazioni di categoria, prima provvisoriamente con la delibera n. 1494/2009, confermandoli poi per l’anno 2010 con la delibera n. 728/2010, la quale puramente e semplicemente ad essi rinvia, rendendoli di fatto definitivi e precludendo in merito, altrettanto definitivamente, una decisione concordata; 3) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta – violazione di principi generali dell’irretroattività e affidamento – violazione degli articoli 1175 e 1337 c.c. perchè: – la delibera n. 728/2010 recepisce per relationem i criteri negoziali stabiliti dalla precedente n. 1494/2009, laddove estende, anche agli accordi a valere per il 2010, il principio secondo il quale le quote di tetto di spesa dirottate verso la specialistica ambulatoriale, ai sensi degli accordi pregressi, devono essere conteggiate nel volume dell’attività specialistica rientrante in altro accordo e non nelle prestazioni di ricovero; sarebbe quindi contraria all’affidamento riposto nella prassi del libero trasferimento delle risorse, secondo la quale le risorse trasferite da una branca ad un’altra a fine esercizio tornano alla consistenza che avevano indipendentemente dal trasferimento; – la delibera n. 1494/2009 limita la regressione tariffaria alla parte restante dell’anno corrente, mentre i criteri per la definizione degli accordi richiamati nella delibera n. 728/2010, non fanno alcun riferimento a detta limitazione; – fra i criteri stabiliti con la delibera n. 1494/2009, recepiti dalla delibera n. 728/2010, è prevista la regressione tariffaria nell’ambito del tetto di spesa assegnato a ciascuna casa di cura, relativamente alle prestazioni erogate fra l’80% e il 100% del volume stabilito, si applica la regressione tariffaria del 15%, in violazione del sistema concertativo e delle precedenti intese recepite nel DIEF per il 2007 che aveva ridotto la regressione tariffaria dal 15% al 7%; 4) violazione e falsa a applicazione del d.M. Sanità 30.6.1975, dell’art. 5, commi 2 e 3 del d.M. 22.7.1983 e del d.M. 16.6.1990 – eccesso di potere per difetto di motivazione e irragionevolezza – violazione del principio dell’affidamento, perchè, contrariamente alle fonti citate – che individuano il limite oltre il quale i ricoveri sono considerati in sovrannumero facendo riferimento al volume complessivo dei posti letto della casa di cura accreditata – i criteri richiamati nella delibera impugnata fanno riferimento ai posti letto da contrattualizzare per singola disciplina con la conseguenza che, saturato il tetto per ciascuna disciplina, nonostante ci siano liberi posti letto per un’altra, gli ulteriori ricoveri saranno riconducibili alla prima, quindi considerati in sovrannumero e non rimborsabili. Si è costituita la Regione Puglia deducendo che: – l’attività che fissa il limite di spesa e il volume e la tipologia delle prestazioni rimborsabili a strutture private accreditate costituisce un adempimento obbligatorio delle Regioni, cui corrispondono poteri autoritativi di ampia discrezionalità , nei limiti delle risorse disponibili; – il ricorso è improcedibile alla luce del primo motivo di ricorso, che deduce l’illegittimità della delibera n. 728/2010 per illegittimità derivata dalla delibera n. 1494/2009, sulla quale questo TAR, con sentenza n. 1348/2012, si è già pronunciato respingendo il ricorso fondato sugli stessi motivi oggi all’esame del Collegio. All’udienza del 15 gennaio la causa è passata in decisione. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè la D.G.R. n. 1494/2009, presupposta alla D.G.R. n. 728/2010 che si assume viziata da illegittimità derivata, non è impugnata con il ricorso in decisione, nè rileva che lo sia stata in separato ricorso. stante l’autonomia dei giudizi. Il secondo motivo è infondato. In linea di principio si può affermare che la D.G.R. n. 728/2010, nel recepire i criteri da tenere in conto per la stipula degli accordi per l’esercizio 2010 fra le ASL e le strutture sanitarie accreditate, abbia violato, come sostenuto dalla ricorrente, una riserva negoziale in materia, solo se esiste una fonte normativa o un autovincolo che impone alla Regione di concordare detti criteri o di adottarli previa intesa con le organizzazioni rappresentative delle strutture private. Ebbene l’art. 8 quinquies comma 2 del d.lg. 502/92 stabilisce: “[¦]la regione e le unità sanitarie locali [¦]definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale”. Ciò vuol dire che ciascuna struttura può stipulare detti contratti personalmente o (“anche”) dandone mandato (con rappresentanza) all’organizzazione cui aderisce. L’accordo o il contratto però intervengono dopo la fissazione dei criteri cui devono conformarsi. Ne consegue che la definizione dei criteri per la stipula degli accordi è estranea, nella fattispecie descritta dall’art. 8 sopra citato, al modulo negoziale. Lo stesso è a dirsi per i limiti di remunerazione delle prestazioni erogate dalla strutture private accreditate (così detti “tetti di spesa”) che la D.G.R. impugnata ha stabilito confermando per il 2010 il tetto di spesa del 2009. Infatti, sia nella definizione dei livelli di finanziamento che nella stipula degli accordi e contratti con le strutture pubbliche e private accreditate, le Regioni devono attenersi solo alle proprie linee guida, indirizzi e piani. In dettaglio, il regime normativo applicabile al caso in esame descrive un procedimento – art. 2 comma 8 della l. 549/1995 – secondo il quale “le regioni e le unità sanitarie locali, sulla base di indicazioni regionali, contrattano, sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, con le strutture pubbliche, private ed i professionisti eroganti prestazioni sanitarie, un piano annuale preventivo che ne stabilisca quantità presunte e tipologia, anche ai fini degli oneri da sostenere”. Tale disposizione è stata ulteriormente specificata dall’art. 32 comma 8 della l. 449/97 che dispone: “Le regioni, in attuazione della programmazione sanitaria ed in coerenza con gli indici di cui all’articolo 2, comma 5, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presìdi ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle prestazioni, nonchè gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all’articolo 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”. Ad un’attenta lettura delle disposizioni predette appare chiaro che il momento concertativo è circoscritto alla stipula degli accordi fra le ASL e le case di cura, mentre la fase, ad essi prodromica, della definizione dei limiti massimi di spesa e dei preventivi annuali delle prestazioni per ciascun soggetto accreditato, nonchè degli indirizzi (criteri) per la contrattazione, fa capo alla potestà autoritativa unilaterale della Regione. A livello di normazione regionale il modello è pienamente confermato, sia pure con diverso riparto di competenze: “Nell’ambito delle linee e dei limiti fissati dalla programmazione regionale, a norma dell’articolo 8 quinquies del d. lgs. 229/1999, alle Aziende sanitarie territoriali compete [¦], la definizione dei volumi, della tipologia e delle modalità di erogazione delle prestazioni richieste, gli accordi contrattuali con detti soggetti e la verifica del loro rispetto anche in materia di appropriatezza delle prestazioni erogate” (art. 25 della l.r. Puglia 28/2000). Quanto ai criteri che presiedono alla stipula degli accordi, l’art. 17, comma 1 l.r. Puglia 14/2004 conferma il riparto delle competenze stabilito dalla legge statale: “la Giunta regionale procede a: [¦]c) emanare indirizzi per la definizione degli accordi contrattuali con i soggetti privati accreditati da parte delle AUSL”. Il sistema delineato comporta che il contenuto degli accordi può essere negoziato entro i limiti inderogabili stabiliti dagli atti di programmazione, pianificazione e indirizzo della Regione, che vincolano soprattutto le ASL, la cui autonomia contrattuale è da essi puntualmente conformata. In tal caso, se l’ente regionale avrà determinato i limiti di spesa e i preventivi annuali per ciascuna struttura sanitaria pubblica e privata, il successivo confronto negoziale si limiterà a recepire l’entità della spesa, quantità e tipologia delle prestazioni oggetto delle scelte già adottate, traducendo in accordo una determinazione unilaterale della Regione. Il quadro sopra delineato è confermato dai principi, assolutamente consolidati, elaborati dalla giurisprudenza: “Ai sensi dell’art. 32 comma 8, l . 27 dicembre 1997 n. 449 le Regioni, in attuazione della programmazione sanitaria ed in coerenza con gli indici di cui all’art. 2 comma 5, l. 28 dicembre 1995 n. 549 e successive modificazioni, individuano preventivamente, per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, compresi i presidi ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario ed i preventivi annuali delle prestazioni, nonchè gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all’art. 1 comma 32, l. 23 dicembre 1996, n. 662; di conseguenza alle Regioni è affidato il compito di adottare determinazioni di natura autoritativa e vincolante in tema di limiti alla spesa sanitaria, in coerenza con l’esigenza che l’attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nell’ambito di una pianificazione finanziaria”. (Consiglio di Stato, sez. III, 6.6.2014, n. 2870). Spetta ad un atto autoritativo e vincolante di programmazione regionale, e non già ad una fase concordata e convenzionale, la fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonchè la determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni. (Consiglio di Stato, sez. III, 30.1.2013, n. 598). In concreto, posto che i preventivi annuali delle prestazioni e per i limiti di spesa, ai sensi del citato art. 32 comma 8 della l. 449/97, possono essere stabiliti specificamente o per ciascuna struttura accreditata o, più in generale per gruppi di esse, rinviando a livello negoziale le ulteriori specificazioni, la parte pubblica può presentarsi ai tavoli negoziali con le case di cura, per la stipula degli accordi previsti dall’art. 8 quinquies d.lg. 502/92, con una proposta più o meno dettagliata, in base alle scelte politiche operate a livello di pianificazione e programmazione. Quanto più specifiche saranno le determinazioni assunte in materia di limiti di spesa e preventivi annuali delle prestazioni per ciascuna istituzione sanitaria pubblica o privata, tanto più ristretto sarà l’ambito della negoziazione, fino ad arrivare al mero recepimento delle suddette determinazioni; viceversa, potendo la Regione, nell’esercizio della propria discrezionalità tracciare solo linee guida generali per gruppi di istituzioni sanitarie, più ampio sarà l’ambito della fase negoziale e l’incidenza della contrattazione fra le parti sull’accordo definitivo. Nondimeno, sul versante della definizione dei criteri per la stipula degli accordi contrattuali fra ASL e soggetti accreditati, che, ai sensi l’art. 17, comma 1 l.r. Puglia 14/2004, spetta in via esclusiva alla Giunta regionale definire, è evidente che la scelta accolta nella D.G.R. n. 1494/2009 è frutto di una scelta politica della Regione e non di un vincolo di fonte normativa, laddove ha stabilito detti criteri provvisoriamente in attesa di definire, previe intese con le organizzazioni rappresentative, le linee di indirizzo definitive per la stipula dei contratti con le strutture private. Nondimeno è nell’esercizio della stessa potestà regolatoria che la Regione ha deciso, con la D.G.R. n. 728/2010, di adottare unilateralmente, anche per l’anno 2010, i criteri stabiliti solo provvisoriamente dalla D.G.R. n. 1494/2009. Quale atto generale espressivo di una potestà riservata, ampiamente discrezionale, la delibera impugnata non necessita di motivazione laddove dispone in modo diverso da un’omologa precedente deliberazione, reiterando criteri negoziali adottati limitatamente all’anno 2009 e solo in via provvisoria. E’ poi da escludere il vizio di violazione dell’art. 18 l.r. 26/2000 che si riferisce a questione, remunerazione delle prestazioni erogate oltre il limite di spesa, estranea al thema delineato nei motivi di ricorso. Quanto alla nota direttiva prot. n. 24/554/SP/A del 16.5.2007, con la quale la delibera impugnata si porrebbe in contrasto, non se ne rinvengono i motivi nella narrativa del ricorso e pertanto la censura in parte qua è inammissibile ai sensi del comma 2 dell’art. 40 c.p.a. Anche il terzo motivo è infondato al lume dei predetti principi. Infatti l’aver recepito con la delibera impugnata i criteri già adottati con la DGR n. 1494/2009 ed, in specie, che “le quote di tetto di spesa dirottate verso la specialistica ambulatoriale ai sensi degli accordi pregressi devono essere conteggiate nel volume dell’attività specialistica ambulatoriale rientrante in un altro accordo e non già nelle prestazioni di ricovero” non si espone alle censure dedotte, sia perchè tale determinazione rientra nell’ambito della potestà autoritativa della Regione, di cui finora si è trattato, sia perchè non si ravvede motivo di tutela dell’affidamento riposto dalla ricorrente nella possibilità di trasferire le risorse da una branca all’altra. Detto criterio infatti, essendo già stato adottato per la stipula degli accordi per l’esercizio 2009, non poteva dirsi ignoto alla ricorrente, che quindi ben avrebbe potuto improntare la pianificazione dell’attività facendo riferimento ai dati contabili e organizzativi dell’anno precedente, secondo i principi stabiliti da C.d.S. A.P. n. 3/2012, di guisa che l’essersene discostata costituisce una libera scelta della ricorrente, esposta al conseguente rischio d’impresa incompatibile con la pretesa di vedersi tutelato un affidamento oggettivamente inesistente. Per l’ulteriore censura – la delibera n. 1494/2010 al punto 5 della parte dispositiva limita la regressione tariffaria alla parte restante dell’anno corrente, mentre i criteri per la definizione degli accordi richiamati nella delibera n. 728/2010, non fanno alcun riferimento a detta limitazione, laddove dispongono in materia di regressione tariffaria – vale quanto detto circa la potestà discrezionale della Regione di stabilire i limiti massimi di spesa sostenibile con periodicità annuale e ciò esclude che possa ritenersi vincolata alle omologhe decisioni degli anni precedenti. Non ha poi fondamento l’asserita lesione della riserva negoziale in merito alla regressione tariffaria del 15% per le prestazioni erogate fra l’80% e il 100% del volume delle prestazioni concordate, stabilita dai criteri recepiti nella D.G.R. n. 728/2010. Tale determinazione infatti attua quanto previsto dall’art. 17 comma 3 della l.r. Puglia 26/2006 che detta gli indirizzi cui le ASL devono attenersi per la stipula degli accordi con le case di cura e, in particolare, dispone: “Il valore soglia di ogni singola struttura, ai fini dell’applicazione della regressione tariffaria del 15 per cento prevista dalla normativa vigente, è rappresentato dal valore del tetto invalicabile così come determinato al comma 2, decurtato del 20%”. Infondato, infine è anche il quarto motivo che lamenta l’illegittimità , per violazione dei decreti ministeriali recanti lo schema della convenzione accessiva all’accreditamento, del criterio con il quale viene stabilito che il volume delle prestazioni rimborsabili sia identificato specificamente per ciascuna disciplina e non con riferimento al raggruppamento disciplinare. Soccorre in proposito il principio enunciato da Corte Cost., 7.4.1994 n. 125 secondo il quale “tale convenzione[contenuta nel d.M. 22.7.1983] non ha vincolato le regioni a contabilizzare le degenze in relazione a raggruppamenti di specialità , ma ha inteso rimettere alla loro discrezionalità di stabilire se tale contabilizzazione debba essere effettuata in relazione a specialità singole o raggruppate”, a conferma del fatto che il sistema dell’accreditamento, nel rispetto della libera scelta e della tutela del diritto alla salute, promuove obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa sanitaria (Consiglio di Stato Ad. plen., 12.4.2012, n. 4), che ove raggiunti, consentono di liberare risorse e rendere più efficiente l’attività di erogazione delle prestazioni sanitarie previste dai LEA. Può aggiungersi che il criterio di contabilizzazione per specialità si rivela tutt’altro che irragionevole poichè garantisce al paziente l’accesso a cure adeguate – interesse di fronte al quale l’affidamento della ricorrente, quale imprenditore privato, è sicuramente recessivo – ossia di essere ricoverato, in relazione alla diagnosi e alla terapia, nel reparto al quale è destinato, ove opera personale in possesso delle relative competenze specifiche, mentre non può affermarsi altrettanto ove operi il criterio della fluttuazione dei ricoveri ordinari da una specialità all’altra, sia pure all’interno di un raggruppamento. Si rivela quindi inconferente il richiamo nella narrativa del motivo, all’art. 9 comma 8 della l.r. Puglia n. 51/1985 che prevede: “L’esercizio della libera attività professionale di cui ai precedenti commi non pregiudica il limite dei ricoveri, che non possono superare, in ogni caco, il numero dei posti – letto autorizzati per tutta la casa si cura o stabilimento di essa e di ciascun raggruppamento in cui si articola”. Alla luce di quanto stabilito dal comma 5 dell’art. 9 citato – “L’ onere delle prestazioni professionali di personale non compreso nell’ organico della casa di cura privata, escluse le prestazioni di consulenza, è a carico dell’ assistito che ne abbia fatta richiesta” – è evidente che è il paziente che richiede la prestazione esterna, per cui sarà lo specialista a seguirlo ovunque sia ricoverato, mentre se fosse ricoverato in un reparto diverso da quello congruente con la diagnosi patologica, sarebbe assistito dai medici che vi afferiscono, non dagli specialisti della patologia di cui è portatore con conseguente vulnus dell’interesse all’accesso a prestazioni sanitarie adeguate (Consiglio di Stato Ad. plen., 12.4.2012, n. 4). Inoltre, la locuzione “raggruppamento in cui si articola”, contenuta all’art. 9 comma 8 della l.r. Puglia n. 51/1985, fa riferimento all’organizzazione della casa di cura in raggruppamenti, ossia ad un mero modulo organizzativo puramente eventuale, mentre lo schema della convenzione – tipo delle ASL con le case di cura private, di cui al d.M. 22.7.1983, espressamente richiamato dalla ricorrente, prevede (art. 3, tredicesimo comma) che, ai fini dell’accreditamento, i posti letto devono essere “distinti in relazione alle singole specialità “, collegando, in linea di principio, il numero dei posti letto alle specialità , proprio per favorire l’efficacia degli interventi di cura. Pertanto la scelta della Regione di limitare i ricoveri, facendo riferimento al tetto stabilito per ciascuna specialità , non solo è coerente con tali disposizioni, ma realizza la finalità insita nell’art. 32 Cost. di garantire cure più adeguate agli assistiti nell’ambito delle strutture afferenti al Servizio sanitario nazionale. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenendo conto della serialità della controversia. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna la parte ricorrente al pagamento di € 2000,00 per spese di causa, oltre accessori come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati: Sergio Conti, Presidente Desirèe Zonno, Primo Referendario Maria Colagrande, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA |