Edilizia ed urbanistica – Attività edilizia privata – Ordine di demolizione – Natura – Motivazione rafforzata – Necessità – Fattispecie
Sebbene in materia di repressione degli abusi edilizi i poteri inibitori del Comune abbiano natura di atto dovuto non connotato da esercizio di discrezionalità , sussiste per l’amministrazione un onere di motivazione e per giunta rafforzata nel caso in cui l’ordinanza di demolizione attenga a vicende complesse e protrattasi negli anni in cui essa abbia alternato comportamenti inerti a provvedimenti tra di loro contrastanti (nella specie il Comune ha ingiunto la demolizione delle opere in quanto realizzate in assenza o difformità del titolo abilitativo. Tale abuso fonderebbe sulla violazione delle NTA del piano particolareggiato del centro storico, regolamento, tuttavia, che potrebbe essere interpretato anche in modo favorevole per il ricorrente (specificamente facendo ricomprendere le opere edificate nell’intervento di “completamento filologico” degli immobili monumentali del centro storico, ivi previsto). L’interpretazione restrittiva della prescrizione delle NTA, pertanto, adottata dal Comune e posta a fondamento della sanzione, avrebbe dovuto essere supportata da adeguata motivazione volta a fornire elementi specifici dai quali desumere che l’intervento oggetto di ordinanza di demolizione non rientri nella nozione di “ricostruzione filologica” colà elaborata).
N. 00079/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00168/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 168 del 2013, proposto da:
Giuseppina De Leo, rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo Caputi Iambrenghi, con domicilio eletto presso Vincenzo Caputi Iambrenghi in Bari, Via Abate Eustasio n. 5;
contro
Comune di Terlizzi, rappresentato e difeso dall’avv. Fabrizio Lofoco, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, Via Pasquale Fiore, n. 14;
per l’annullamento
– dell’ordinanza dirigenziale n. 26/2012, prot. n. 34879, senza data, ma notificata all’istante il 14 dicembre 2012, mediante la quale è stato ingiunto alla ricorrente “proprietaria, nata a Terlizzi il 24.8.1957 ed ivi residente in Via De Gasperi n. 5, di provvedere a propria cura e spese al ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art.31, co.2 del d.P.R. 380/2001, mediante la demolizione di quanto edificato in sopraelevazione al terzo livello della particella 3381 come indicata nella DIA presentata il 21.3.2012 con prot. 8047 a firma dell’Ing. Vito Tricarico, ed al conseguente ripristino della “luce” nell’attiguo locale di proprietà comunale, il tutto nel termine di 90 (novanta) giorni dalla data di notifica della presente ingiunzione, avvertendo che, decorso inutilmente il termine assegnato di novanta (90), lo stato dei luoghi verrà ripristinato a cura del Comune, con rivalsa delle spese sostenute a carico del responsabile dell’abuso. Si fanno salve ed impregiudicate eventuali sanzioni penali per l’inottemperanza alla presente”.
– dell’ordinanza dirigenziale n. 15 del 23 maggio 2012, di “sospensione dei lavori: opere per una diversa sistemazione delle bucature verso altra proprietà e modifica delle distribuzioni interne, completamento impianti tecnologici ed opere di finitura all’interno del locale a piano terra preesistente, negli ambienti a primo e secondo livello oggetto di completa ristrutturazione e nel terzo livello di nuova edificazione in Corso Vittorio Emanuele n. 30”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Terlizzi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Vincenzo Caputi Jambrenghi e Claudia Pironti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 31.01.2013 e depositato il successivo 02.02.2013, la sig.ra Giuseppina De Leo ha impugnato le seguenti ordinanze dirigenziali: la n. 15 del 23 maggio 2012 di sospensione dei lavori e la n. 26/2012, prot. 34879, senza data, ma notificata il 14 dicembre 2012, con la quale è stato circoscritto l’oggetto ed è stato ingiunto di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi mediante la demolizione di quanto sopraelevato al terzo livello dell’immobile sito in Corso Vittorio Emanuele n. 30, particella 3381 come indicata nella DIA presentata il 23.03.2012 con prot. 8047 a firma dell’ing. Vito Tricarico, ed al conseguente ripristino della “luce” nell’attiguo locale di proprietà comunale.
Espone la ricorrente di essere proprietaria di un immobile sito in Terlizzi al Corso Vittorio Emanuele, in parte ereditato dal defunto coniuge Sig. Vincenzo Carnicella. Su tale immobile il Comune di Terlizzi, in data 05 luglio 2002, rilasciava concessione edilizia n. 168/2001, per l’esecuzione di lavori di recupero conservativo e sopraelevazione di immobile facente parte del fabbricato con accesso da Corso Vittorio Emanuele n. 30, in catasto al fg. 22 p.lle 984/4 e 960.
La suindicata concessione veniva dal Comune dapprima sospesa e successivamente revocata con ordinanza del 09 settembre 2002 n. 10, per una controversia pendente circa la proprietà di parte dell’immobile tra il sig. Carnicella e il vicino sig. Pellegrini, limitatamente alla particella n. 967.
Il sig. Carnicella, presentava nuova istanza di concessione edilizia prot. 1439 del 14.01.2003 avente ad oggetto opere provvisionali ritenute indispensabili per la conservazione del sito, nelle more della definizione delle questioni attinenti alla proprietà di porzione dell’immobile.
A seguito della sentenza del Tribunale di Trani, Sezione di Ruvo di Puglia, depositata in data 17.06.2004, il Comune di Trani, ritenendone decaduti i presupposti, revocava con provvedimento dirigenziale n. 1/2005 prot. 447, l’ordinanza n. 10/2002.
Con successivo provvedimento del 19.04.2005 prot. n. 7716, il Comune disponeva nuovamente la sospensione dei lavori relativi alla concessione edilizia n. 168/2001, ritenendo di disporre accertamenti sull’incidenza dell’intervento rispetto all’immobile confinante “Ex conservatorio SS. Immacolata”, di proprietà comunale e qualificato quale bene culturale ai sensi del D.Lgs 42/2004. Tale provvedimento faceva seguito ad espressa richiesta di chiarimenti da parte della Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio delle Province di Bari e Foggia, con nota del 07.05.2005 prot. 3579, nella quale si riferiva dell’occlusione di una “luce” o “veduta” preesistente a seguito dei lavori eseguiti sulla costruzione in aderenza all’ex Conservatorio.
A seguito della comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio, avvenuto in data 06.03.2006, il sig. Carnicella presentava istanza di concessione in sanatoria l8-12 gennaio 2007.
Il Comune solo in data 20 maggio 2011 con nota prot. 15446, dopo i solleciti della sig.ra De Leo nella more succeduta al defunto coniuge Carnicella, trasmetteva alla Soprintendenza la “Relazione tecnica con relativo grafico in duplice copia” con richiesta del parere di competenza.
La Soprintendenza, con atto prot. 8384 del 01 luglio 2011, comunicava al Comune di Terlizzi parere favorevole all’intervento, in seguito al quale la ricorrente presentava in data 21 marzo 2012 D.I.A. pedissequa alle tavole progettuali allegate ai fini del rilascio del suindicato parere.
Il Comune, con una prima ordinanza del 25.02.2012 sospendeva nuovamente i lavori, a cui seguiva la seconda n. 26/2012 di ripristino delle stato dei luoghi.
A tali ordinanze si oppone la ricorrente, articolando i seguenti motivi di ricorso:.
1. Violazione di legge: artt. 7-10, L. 241/1990; eccesso di potere: difetto di istruttoria e di motivazione.
La difesa della ricorrente lamenta il mancato riferimento alle osservazioni inviate a seguito dell’avviso di avvio del procedimento finalizzato all’ingiunzione di demolizione, incentrate, in particolare, sulla “luce dell’attiguo locale”, precisando che si tratterebbe di chiusura effettuata molto prima dell’acquisto dell’immobile da parte del sig. Carnicella, coniuge dell’odierna ricorrente.
Il Dirigente comunale, che ha emesso il provvedimento impugnato, avrebbe inviato alla Soprintendenza (per l’esame dell’ammissibilità architettonica, ai fini del rilascio del prescritto parere) documenti da cui si desumerebbe che la chiusura della luce sarebbe stata effettuata da precedenti proprietari.
Nella Relazione tecnica dell’ingegnere di fiducia della ricorrente, a fini collaborativi e per superare la questione, sarebbe stata evidenziata la disponibilità a realizzare un “pozzo di luce” a vantaggio del Comune, in luogo della luce occlusa da tempo.
Ogni riferimento alle osservazioni presentate in tal senso dal sig. Carnicella sarebbero state del tutto ignorate, da qui il difetto totale di istruttoria e motivazione.
2. Eccesso di potere: travisamento dei fatti; omesso riferimento al parere 01.07.2011 della Soprintendenza competente; contraddittorietà e difetto di proporzionalità .
Il Comune non avrebbe tenuto conto del parere della Soprintendenza del 01.07.2011, che sulla base dell'” esame degli elaborati prodotti” e “tenuto conto dello stato dei luoghi” non avrebbe avuto “obiezioni alla realizzazione delle opere previste”, pur facendo salve le competenze del Comune circa la verifica “dell’osservanza delle norme edilizie ed urbanistiche”.
Nel provvedimento impugnato non sarebbe presente alcun riferimento al citato parere.
3. Violazione di legge: delle norme del D.P.R. 380/2001, in particolare, gli artt. 31 comma 2, applicato erroneamente; art. 36, sull’accertamento di conformità ; art. 37, sugli interventi eseguiti in assenza o in difformità della denuncia di inizio attività e sull’accertamento di conformità ; art. 38 sull’annullamento del permesso di costruire dopo l’esecuzione delle opere ivi previste.
L’art. 31 comma 2 richiamato a fondamento dell’ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi, mediante demolizione di quanto edificato in sopraelevazione al terzo livello, sarebbe inappropriato non trattandosi di interventi costruiti “in assenza o totale difformità del permesso di costruire”. Si tratterebbe di sopraelevazione del secondo piano al terzo livello per “uniformare le altezze di tutti i lastrici solari dei corpi di fabbrica circostanti e retrostanti rispetto all’unica e continua facciata dell’immobile di Corso Vittorio Emanuele”. Inoltre, la ricorrente evidenzia che tra il 21.03.2012, data di presentazione della DIA, e il 25.05.2012, data dell’ordinanza di sospensione dei lavori, le opere di sopraelevazione sarebbero state completate.
Quand’anche si fosse voluta ipotizzare una revoca implicita della DIA, la fattispecie esulerebbe, comunque, dalla fattispecie di cui all’art. 31 D.P.R. 380/2001.
La ricorrente sostiene, piuttosto, l’applicabilità dell’art. 38 che prevede l’irrogazione di una sanzione pecuniaria quando non sia possibile procedere alla demolizione o la rimozione dei vizi ed, eventualmente, dell’art. 36 che avrebbe potuto portare all’accertamento della conformità delle opere. In tal senso una domanda di accertamento sarebbe stata presentata in data 8-12 gennaio 2007, in seguito a comunicazione di avvio del procedimento del 06.03.2006, rimasta priva di riscontro da parte del Comune.
Secondo la difesa della ricorrente, anche qualora si trattasse di abuso per assenza di permesso di costruire, l’operato del Comune avrebbe violato l’art. 37 del D.P.R., che prevede anch’essa una sanatoria nel caso di doppia conformità .
4. Violazione della normativa del Piano particolareggiato del centro storico di Terlizzi. Contraddittorietà con precedenti comportamenti; difetto assoluto di motivazione.
L’approvazione del Piano particolareggiato del centro storico del Comune di Terlizzi ha registrato un intervento additivo della Soprintendenza per i beni ambientali, che avrebbe avuto riguardo proprio all’edificio della ricorrente, volto a dettare specifiche prescrizioni e a individuare gli “eventuali possibili completamenti filologici”. Tra questi ultimi rientrerebbe anche l’intervento di sopraelevazione al terzo livello della costruzione della ricorrente.
La cartografia comunale a seguito dell’intervento del parere 2011 della Soprintendenza avrebbe previsto la possibilità di uniformare le altezze con il terzo livello, ma a questo il Comune non avrebbe dato alcun seguito.
5. L’ordinanza di sospensione dei lavori, anch’esso impugnata, sarebbe viziata per gli stessi vizi.
6. Eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Nel preambolo del provvedimento impugnato si metterebbe in discussione l’appartenenza della proprietà della ricorrente all’ex istituto conventuale sostenendosi che “la nuova edificazione è stata accorpata¦non costituente l’ex istituto Immacolata concezione”.
In realtà , la proprietà della zona retrostante il convento si presenterebbe in aderenza della struttura l’ex cine – teatro Odeon, costruito negli anni 20. Ma mai il complesso risultante dopo siffatta costruzione sarebbe stato distinto nella definizione e nella disciplina urbanistica del fabbricato dell’ex convento. In tal senso la sopraelevazione del terzo livello a cui fanno riferimento Comune e Soprintendenza sarebbe solo quella relativa al “completamento del terzo livello di un’ala della struttura conventuale”.
Con ordinanza n. 150 del 08.03.2013 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione.
Il Comune di Terlizzi si è costituito in giudizio, in data 28 marzo 2014, per resistere al ricorso, delimitando prioritariamente, l’oggetto del provvedimento sanzionatorio adottato, in quanto limitato alla sopraelevazione del terzo livello, considerato superfetazione, una nuova costruzione che non costituirebbe compiuta ricostruzione dopo la demolizione.
L’amministrazione specifica che gli interventi assentiti, pur nell’ambito di un travagliato iter procedimentale, riguarderebbero la ricostruzione filologica della porzione mancante al secondo livello dell’ex Istituto dell’Immacolata Concezione, dovendosi, pertanto, ritenere illegittima qualunque altra costruzione.
Così non sarebbe consentito il riadattamento dei vani di cui agli ex servizi della scala cinematografica, neanche come vani tecnici, in quanto di fatto costituirebbero un quid novi, ritenuto illegittimo.
Secondo il Comune, inoltre, la nuova costruzione sarebbe stata accorpata ad altre unità immobiliari, che, in quanto non costituenti l’ex Istituto dell’Immacolata Concezione, non sarebbero oggetto del parere della Soprintendenza.
Ne conseguirebbe che la sopraelevazione del terzo livello sarebbe avvenuta in violazione dell’art. 31 del D.P.R. 380/01, senza alcun titolo edilizio, da cui deriverebbe la doverosità dei provvedimenti adottati volti al ripristino della legalità violata.
Il Comune ribadisce che gli interventi assentiti sarebbero solo quelli relativi al piano terra e al primo piano, oltre a quelli relativi all’impermeabilizzazione del lastrico solare.
Evidenzia, inoltre, come l’ordinanza di demolizione oggetto di gravame richiami espressamente l’art. 3.1.1. delle NTA del PPCS, come fonte da cui scaturirebbe il divieto di costruzione del terzo livello. Le prescrizioni contenute nella suindicata norma sarebbero idonee a motivare il gravato provvedimento, mentre alcun motivo di ricorso è stato riferito a tale previsione.
Con ordinanza n. 493 del 16.04.2014, sono stati disposti incombenti istruttori, a cui il Comune di Terilizzi ha dato riscontro con nota prot. 23814 depositata in data 12.07.2014.
L’amministrazione ha ribadito che l’ordinanza di sospensione dei lavori oggetto di D.I.A. 148/2012 è stata emessa al fine di “verificare l’eventuale inosservanza delle norme di legge e di regolamento e degli strumenti urbanistici, con particolare riferimento alle N.T.A. del P.P.C.S.” e che la successiva di demolizione avrebbe riguardato “le opere relative alla nuova edificazione in sopraelevazione perchè non osservano le prescrizioni dell’art. 3.1.1 delle N.T.A. del P.P.C.S.”
Le motivazioni addotte sono le medesime contenute dall’ordinanza di demolizione.
Con successive memorie le parti hanno insistito sulle argomentazioni addotte a sostegno delle reciproche posizioni. La ricorrente, in particolare, con memoria depositata il 17.11.2014, ha contestato la relazione del Comune trasmessa in esecuzione dell’ordinanza istruttoria, ritenuta meramente ripetitiva del contenuto degli atti gravati.
Nel confermare i motivi di ricorso, evidenzia come la sopraelevazione fosse oggetto fin dall’inizio del progetto relativo all’intervento di cui alla pratica edilizia 168/2001, ma che solo nel 2012 essa sia stata ritenuta possibile sull’ex convento-conservatorio e non su costruzione privata, su cui avrebbe, invece, operato la sopraelevazione la ricorrente.
Aggiunge che solo nel 2012 sarebbe emerso che l’Istituto Convento avesse una “porzione mancante al secondo livello” e che la norma speciale dettata sulla struttura dell’Istituto andrebbe limitata nel suo ambito di applicazione entro il confine dell’Istituto medesimo. Sostiene la ricorrente che il completamento filologico dei fabbricati tutelati, situati nel centro storico di Terlizzi, non sarebbe consentito solo per la sede dell’Istituto Immacolata Concezione, ma anche per gli edifici ad esso adiacenti, secondo le previsioni delle norme tecniche e previo parere della Soprintendenza di Bari.
L’esigenza di completamento filologico dell’Istituto sarebbe estensibile al fabbricato adiacente, anche in applicazione di una ulteriore norma dettata “sugli edifici e le aree circostanti”. La sopraelevazione del fabbricato in questione completerebbe la linea dei lastrici solari senza soluzione di continuità , salvaguardando la visuale del’ex Convento. La questione delle luci non atterrebbe all’urbanistica.
Gli interventi sarebbero stati oggetto di diversi titoli assentivi compreso il parere favorevole della Soprintendenza.
All’udienza pubblica del 18 dicembre 2014, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La lunga e articolata vicenda portata all’attenzione del Collegio, trae origine da interventi edilizi relativi all’edificio sito nel Comune di Terlizzi, in Corso Vittorio Emanuele n. 30, di proprietà della sig. De Leo, in proprio e quale erede del coniuge Carnicella.
Si tratta di lavori di recupero conservativo e sopraelevazione del suindicato immobile, oggetto di richiesta di concessione edilizia fin dal 27-28 novembre 2001.
Il Comune di Terlizzi, dopo una serie di provvedimenti – volti a sospendere, revocare, revocare la revoca e poi di nuovo sospendere – è giunto nel 2012 ad adottare le ordinanze oggetto di gravame col presente ricorso. Il riferimento è più specificamente, all’ordinanza n. 15/2012 di sospensione dei lavori e a quella n. 26/2012 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, a seguito della realizzazione di un vano in sopraelevazione al terzo livello, identificato al catasto al fg. 22 p.lla 3381.
L’esame della vicenda va condotto focalizzando l’attenzione sui profili rilevanti ai fini del vaglio di legittimità dei gravati provvedimenti,.
Preliminarmente, il Collegio osserva che il ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con riferimento all’impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori.
In proposito, occorre richiamare l’art. 27, comma 3, del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 e s.m.i., il quale statuisce che la sospensione dei lavori ha effetto fino all’adozione ed alla notifica dei provvedimenti definitivi sanzionatori, che deve avvenire “entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori”.
L’ordinanza di sospensione dei lavori, secondo l’orientamento della prevalente giurisprudenza condiviso dal Collegio che si è già pronunciato in tal senso (cfr. di questa Sezione III del T.A.R. Bari, sent. n. 269 del 19.02.2014), “ha natura di provvedimento cautelare e provvisorio, inteso ad evitare che l’attività costruttiva abusivamente condotta possa essere portata ad ulteriori conseguenze e ha efficacia temporalmente limitata, spirando al decorso del quarantacinquesimo giorno dalla sua adozione: e ciò sia che venga soppiantata dal provvedimento definitivo di demolizione, sia che quest’ultimo non venga adottato. In ambedue i casi, infatti, l’ordinanza di sospensione dei lavori consuma la sua efficacia e l’eventuale sua impugnazione, quand’anche proposta prima del decorso dei quarantacinque giorni dalla sua notificazione, diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a motivo della postuma perdita di effetti dell’ordinanza stessa” (Cfr. TAR Lazio, Sez. IQuater, 2 maggio 2013, n. 04373).
Irrilevanti sono, pertanto, le censure volte a sostenere che l’ordinanza sarebbe stata emessa a lavori quasi del tutto ultimati o quelle dell’amministrazione volte ad evidenziare la tardività del gravame avverso tale provvedimento. Dalla durata circoscritta dell’ordine di sospensione deriva, comunque, che nessuna conseguenza potrebbe conseguire dalla valutazione delle doglianze lamentate dalle parti, avendo la decorrenza del tempo privato di qualunque effetto l’ordinanza in questione.
L’esame del ricorso deve, pertanto, proseguire soffermandosi sui motivi di gravame riferiti all’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, n. 26/2012.
Il provvedimento in questione ritiene non ammissibili le opere relative alla nuova edificazione in sopraelevazione, in quanto contrarie alle prescrizioni di cui all’art. 3.1.1 delle N.T.A. del P.P.C.S.
I punti su cui si fonda il rilevato contrasto si basano sulla considerazione secondo cui l’edificazione del terzo livello contestato sull’immobile per cui è causa non costituirebbe “accrescimento” filologico e consentito dell’edificio di valore monumentale costituente l’Istituto Immacolata Concezione. L’intervento è stato considerato, piuttosto, come nuova edificazione, accorpata ad altre Unità immobiliari e distinte dall’Istituto menzionato, in quanto tale non consentito.
Dal conseguente obbligo di demolizione conseguirebbe anche quello di ripristino della “luce” dell’attiguo locale di proprietà comunale, la cui quota di pavimento è ritenuta non corrispondente con quella del pavimento del nuovo terzo livello.
Come puntualizzato dal Comune, l’oggetto della controversia deve ritenersi circoscritto alla sopraelevazione dell’immobile sito sulla particella n. 3381, attraverso la realizzazione del secondo piano, sanzionata con l’ordinanza di demolizione, con conseguente ripristino della”luce” dell’attiguo locale comunale.
I vizi che inficiano le legittimità dell’ordinanza di demolizione determinano l’accoglimento del ricorso.
Nei motivi di gravame la ricorrente:
– evidenzia che gli interventi oggetto di controversia erano stati oggetto di istanza di accertamento di conformità presentata in data 8-12.01.2007, mai riscontrata dal Comune;
– censura, inoltre, l’inerzia dell’amministrazione dalla data di presentazione della D.I.A., avvenuta il 21.02.2012 , avente ad oggetto il completamento della sopraelevazione, fino al 26.05.2012, data in cui è stata notificata l’ordinanza di sospensione dei lavori, nelle more sostanzialmente ultimati;
– aggiunge che già l’originaria concessione edilizia n. 168/2001 prevedeva, in realtà , la sopraelevazione del secondo piano al terzo livello per “uniformare le altezze di tutti i lastrici solari dei corpi di fabbrica circostanti e retrostanti rispetto all’unica continua facciata dell’immobile di corso Vittorio Emanuele”.
Della successione di tali atti, del loro contenuto e delle ragioni fondanti le determinazioni assunte con l’ordinanza di demolizione, l’amministrazione non fornisce alcun elemento chiarificatore, necessario nel caso in esame attesa la vicenda complessiva, oggetto di numerosi provvedimenti dai contenuti tra loro contrastanti. A ciò si aggiunga che l’art. 36, comma 3, DPR n. 380/2001, impone al Responsabile dell’Ufficio comunale competente di pronunciarsi sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria con adeguata motivazione, onere rimasto, invece, inosservato.
Il Comune di Terlizzi, nel gravato provvedimento, fonda l’ordinanza di demolizione sul presunto contrasto dell’edificazione in sopraelevazione del terzo livello del fabbricato preesistente, con l’art. 3.1.1 delle NTA del P. P.C.S.
Più specificamente, l’amministrazione distingue la “ricostruzione filologica” consentita, ai sensi della richiamata norma delle NTA, individuandola in quella relativa alla porzione mancante al secondo livello dell’ex Istituto Immacolata Concezione, mentre esclude che possa rientrarvi quella al terzo livello, che, pertanto, viene considerata non quale “accrescimento filologico” dell’edificio di valore monumentale, quanto piuttosto nuova edificazione.
In realtà , l’art. 3 delle NTA del Piano particolareggiato del contro storico, al punto 3.1.1 indica gli edifici e complessi di valore monumentale, con espressa indicazione delle parti di edificio in cui è previsto il “completamento filologico”.
Il Comune sostiene che il terzo livello costituirebbe nuova edificazione, accorpata ad altre unità immobiliari, ma non fornisce riferimenti specifici di quali desumere che tale intervento non costituisca, invece, “ricostruzione filologica”. Al contrario, la produzione documentale della ricorrente, compresa quella da ultimo versata nel corso della discussione durante la pubblica udienza, e non contestata dal Comune, depongono a favore della tesi del completamento filologico.
A ciò si aggiunga che la questione della sopraelevazione del terzo livello era nota al Comune ben prima dell’adozione dei gravati provvedimenti, ma nessuna distinzione circa le parti degli interventi consentite o vietate sull’immobile era mai stata esplicitata prima. Il coinvolgimento della Soprintendenza deriva esso stesso da rilievi relativi proprio agli interventi di sopraelevazione, da cui sarebbe conseguita l’occlusione della “luce”.
Pur nella consapevolezza del diverso ambito in cui si colloca il parere della Soprintendenza e della conseguente infondatezza dei rilievi eccepiti dalla ricorrente con riferimento al valore di tale parere, il Collegio non può esimersi da alcune osservazioni. Nel caso in esame, la Soprintendenza ha rilasciato parere favorevole agli interventi espressamente qualificati come da provvedimento del 01.07.2011. Se da un lato la Soprintendenza, in conformità alla legge, fa espressamente salve le verifiche del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche, dall’altro è pur vero che, se il terzo livello avesse costituito effettivamente una nuova costruzione al di fuori del completamento filologico, è ragionevole dubitare che la sopraelevazione in questione avrebbe potuto superare il vaglio di conformità a livello paesaggistico. Una nuova edificazione, infatti, avrebbe inciso in modo rilevante non solo a livello edilzio-urbanistico, ma anche a livello paesaggistico, in particolare, sulla compatibilità del progetto con il complesso monumentale tutelato, quale quello costituente l’Istituto Immacolata Concezione.
Alla luce della situazione esposta ricorrono, ad avviso del Collegio, i presupposti per un onere motivazionale rafforzato, non adempiuto dall’amministrazione, che nei provvedimenti adottati non esplicita l’iter motivazionale a fondamento delle determinazioni assunte. Nè al quadro fattuale definito “affatto chiaro” dalla medesima difesa del Comune, è possibile sopperire in sede giudiziale, quando le violazioni riscontrate siano imputabili all’operato dell’amministrazione, essendo chiamato il giudice a pronunciarsi proprio sulla legittimità dell’azione amministrativa.
Ne deriva che, da un lato, il richiamo alla previsione dell’art. 3.1.1 delle NTA del P.P.C.S. risulta da solo inidoneo ad escludere che la sopraelevazione del terzo livello possa ritenersi “completamento filologico” consentito e che, dall’altro, il Comune non fornisce ulteriori elementi istruttori idonei a motivare in modo adeguato le determinazioni assunte.
L’esigenza di ripristino della legalità violata che giustifica l’adozione dell’ordinanza di demolizione, rendendolo atto dovuto, nel caso in esame, perde i suoi presupposti, in quanto l’amministrazione – dapprima con atteggiamento inerte sia sull’istanza di sanatoria che sulla D.I.A. e dopo in modo contraddittorio, senza indicare eventuali fatti sopravvenuti, nè un adeguato iter motivazionale- non fornisce elementi idonei a fondare la decisione di ritenere gli interventi contestati come effettivamente realizzati in assenza o difformità rispetto al richiesto titolo abilitativo.
Fondate risultano per questo le doglianze della ricorrente di cui al terzo motivo di ricorso, più specificamente quelle relative all’art 31 del D.P.R. 380/2001.
Analogamente, l’amministrazione non si sofferma sulla questione della “luce”, nè per fornire elementi volti a chiarirne la rilevanza e il collegamento con il provvedimento adottato, nè per contraddire la tesi volta ad affermare l’esistenza della occlusione da prima ancora che il sig. Carnicella, coniuge della sig.ra De Leo, acquistasse la proprietà dell’immobile. Elemento che, secondo la ricorrente, sarebbe stato ammesso dagli stessi tecnici del Comune durante i sopralluoghi effettuati, ma sul quale l’amministrazione evita di fornire alcuna spiegazione.
In conclusione, da quanto sopra evidenziato deriva l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, che deve, pertanto, essere annullata.
Le spese di lite, in applicazione della regola della soccombenza, sono poste a carico del Comune di Terlizzi, secondo l’importo liquidato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per la parte avverso l’ordinanza di sospensione dei lavori, lo accoglie per la parte avente ad oggetto il gravame dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi e per l’effetto annulla il provvedimento n. 26/2012 del Dirigente del Settore Servizi Tecnici del Comune intimato.
Condanna il Comune di Terlizzi a rifondere le spese di giudizio a favore della ricorrente sig.ra Giuseppina De Leo che si liquidano in € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori di legge.
Contributo unificato rifuso ex art. 13 c 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)