1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Opere abusive –  Verbale di sopralluogo – Impugnazione  – Inammissibilità 
2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Istruttoria – Contestazione documenti esibiti – Querela di falso – Necessità 
3. Edilizia ed Urbanistica- Attività  edilizia privata – DIA – Istruttoria – Mancato adempimento – Archiviazione del procedimento
4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Opere abusive – Potere inibitorio della p.A. – Natura 
5. Edilizia ed Urbanistica – Attività  edilizia privata – Certificato di agibilità¡ – Adeguamento all’uso effettivo dell’immobile – Necessità 

1. In materia di opere edilizie abusive, il ricorso proposto avverso il verbale di sopralluogo  redatto dagli ufficiali della Polizia Municipale è inammissibile, in quanto atto avente valore endoprocedimentale e mera efficacia dichiarativa delle operazioni effettuate dagli organi accertatori, ai quali non compete l’adozione di atti di amministrazione attiva, occorrendo invece che l’Autorità¡ amministrativa, attraverso il responsabile del procedimento,  ne faccia proprio l’esito attraverso un formale atto di accertamento produttivo di effetti.
2. Nel processo  amministrativo la contestazione relativa al contenuto dei documenti formati dalla pubblica amministrazione o da una delle parti non può avvenire con affermazioni generiche e surrettizie bensì soltanto proponendo la  querela di falso. 
3. Per le opere assentibili con DIA  la richiesta da parte dell’amministrazione di integrazione documentale  è determinante ai fini della efficace conclusione del procedimento risultante incompleto agli atti, con l’effetto che, in caso di mancata esecuzione da parte del privato di detta integrazione istruttoria, il procedimento deve ritenersi archiviato per presunta rinunzia all’esecuzione delle opere (nella specie, peraltro, le due note con le quali l’amministrazione aveva chiesto l’integrazione istruttoria in questione contenevano entrambe detto espresso avvertimento). 
4. Il potere di controllo sulla liceità  delle opere edilizie, anche se oggetto di DIA può essere esercitato in ogni momento dall’amministrazione, in quanto integra un potere – dovere del tutto privo di margini di discrezionalità¡ rivolto solo a reprimere gli abusi accertati,  al fine di ripristinare la legalità  violata.
5. Deve ritenersi legittimamente adottata un ‘ingiunzione di pagamento di sanzione amministrativa per difforme utilizzo di un immobile rispetto alla destinazione certificata, laddove si riscontri la mancata presentazione di apposita istanza tesa al rilascio del certificato di agibilità  aggiornato all’attuale uso dell’immobile stesso. Il rilascio del certificato dia agibilità , infatti, richiede la  la verifica della sussistenza delle necessarie condizioni igienico-sanitarie dei locali prescritte dalla legge e dal regolamento comunale in relazione allo specifico uso che dello stesso si fa, accertamento che mantiene una sua distinta finalità  rispetto a quello di conformità  edilizia dell’immobile (nella specie il ricorrente non si era attivato per ottenente un certificato di agibilità  dei locali utilizzati ad uso studio medico, conforme a detto uso, mentre gli stessi risultavano ancora abilitati ad uso deposito, secondo un certificato dl agibilità  risalente al 1977).

N. 00076/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01230/2011 REG.RIC.
N. 01343/2012 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1230 del 2011, proposto da: 
Stella Della Queva, rappresentato e difeso dall’avv. Mavi Cinzia Della Queva, con domicilio eletto presso Mavi Cinzia Della Queva in Bari, Via Calefati, n. 249; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avv. Anna Valla, Augusto Farnelli, con domicilio eletto presso Augusto Farnelli in Bari, c/o Avvocatura Comunale Via P. Amedeo, n. 26; 



sul ricorso numero di registro generale 1343 del 2012, proposto da: 
Stella Della Queva, rappresentato e difeso dall’avv. Mavi Cinzia Della Queva, con domicilio eletto presso Mavi Cinzia Della Queva in Bari, Via Calefati, n. 249; 

contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avv. Anna Valla, Augusto Farnelli, con domicilio eletto presso Augusto Farnelli in Bari, c/o Avvocatura Comunale Via P. Amedeo n. 26; 

per l’annullamento
quanto al ricorso n. 1230 del 2011:
– dell’ordinanza Dirigenziale 2011/00441 – 2011/130/00062 di ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa e ripristino coattivo dello stato dei luoghi ai sensi e per gli effetti dell’art. 37 co. 6 D.P.R. 380/2001, per interventi eseguiti in assenza o in difformità  dai titoli abilitativi- procedimento amministrativo n° 99/08 – e del Verbale di accertamento di violazione urbanistico edilizia n° 441/02/08 – notificati alla ricorrente in data 4 maggio 2011;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale all’atto impugnato.
quanto al ricorso n. 1343 del 2012:
– dell’ordinanza 709/2012 dell’11.06.2012 del Direttore della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata, notificata il 19.06.2012;
– dell’ordinanza di sospensione lavori n. 845/2011;
– dei verbali di accertamento nn. 148/2011 e 151/2011 della Polizia Edilizia;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale agli atti impugnati.
 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione nei due giudizi riuniti del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Cinzia Mavi Della Queva e Augusto Farnelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso Reg. 1230/2011 la Sig.ra Stella Della Queva impugna l’ordinanza n. 2011/00441 – 2011/130/00062, del Dirigente della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari, notificata in data 08.05.2011, con cui si ingiunge il pagamento di una sanzione amministrativa e il ripristino coattivo dello stato dei luoghi, per interventi eseguiti in assenza di titoli abilitativi, come da Verbale di accertamento n. 441 del 25.02.2011.
2. Con il successivo ricorso Reg. 1343/2012, la ricorrente impugna l’ordinanza n. 2012/00709 del Dirigente della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari contenente ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa irrogata per utilizzo di immobile in assenza di certificazione di agibilità , ai sensi dell’art. 24-27 del D.P.R. 380/01, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti. Essa segue una precedente ordinanza di sospensione dei lavori e dei verbali di accertamento di abusi, anch’essi gravati.
3. Trattandosi di provvedimenti inerenti la medesima unità  immobiliare di proprietà  della sig.ra Della Queva, con ordinanza n. 168/2014 del 05.02.2014 è stata disposta la riunione dei ricorsi sopra indicati.
Più specificamente l’intera vicenda è relativa ad un immobile di proprietà  della Sig.ra Stella Queva, sito in Bari al corso Alcide De Gasperi n. 378/A, int. T/2 (già  via Ponte n. 36/n Carbonara di Bari).
Riferisce la ricorrente di aver presentato in data 11.09.2001 un’istanza per l’esecuzione di alcuni lavori edili sull’immobile, avente ad oggetto la D.I.A. n. 2726/01.
Dopo aver riscontrato una richiesta istruttoria di chiarimenti ed integrazione documentale inviata dal Comune di Bari in data 30.02.2002, aggiunge di non aver ricevuto più alcuna comunicazione, anche dopo la conclusione dei lavori oggetto dell’istanza avvenuta in data 04.09.2002.
A seguito di sopralluogo, i vigili con verbale del 25.02.2008 hanno rilevato violazioni urbanistico -edilizie, contestando alla sig.ra Della Queva l’esecuzione di lavori nel seminterrato dell’immobile di sua proprietà , in assenza di regolare D.I.A.
Alle osservazioni inviate dalla ricorrente per contestare il procedimento sanzionatorio relativo agli abusi contestati, il Comune dava riscontro negativo, contestando la legittimità  della DIA invocata, ritenuta non conclusa in considerazione di mancato riscontro alla richiesta di integrazione documentale.
Sulla base di tali rilievi, il Comune emetteva ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa e di ripristino dello stato dei luoghi, gravata con il primo ricorso, per i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 23, 27 e 37 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; artt 19 e 20 L. 241/1990; mancato esercizio dei poteri inibitori con formazione del silenzio assenso sul rilascio del titolo autorizzativo degli interventi edilizi; mancato annullamento dei titoli formatosi per silenzio assenso.
L’ingiunzione di pagamento e ripristino dello stato dei luoghi è stata emanata a distanza di quasi sette anni dalla DIA, senza adeguata motivazione sulle ragioni di interesse pubblico ritenute prevalenti;
b) mancata e/o carente motivazione, eccesso di potere, illogicità  manifesta, contraddittorietà , incongruenze e perplessità .
4. Si è costituito in giudizio il Comune di Bari con atto depositato in data 01.07.2011, per resistere al ricorso.
Evidenzia a tutela della legittimità  dell’ordinanza gravata che il piano seminterrato dell’immobile di proprietà  della ricorrente è stato illegittimamente adibito ad uso residenziale, rispetto alla previsione originaria di destinazione a deposito.
Quest’ultima risulterebbe confermata anche dall’atto di compravendita dell’immobile, versato in atti, mentre la destinazione a residenza sarebbe conseguita alla realizzazione degli interventi abusivi, dal cui accertamento sarebbe derivata la necessità  di applicare il gravato provvedimento.
5. Con successiva memoria difensiva, la ricorrente eccepisce che mai alcun presunto abuso edilizio per mutamento di destinazione d’uso le sia mai stato contestato, facendo piuttosto riferimento il provvedimento impugnato alla presunta mancanza e/o incompletezza della DIA. Contesta il mancato riscontro ad una presunta nota di richiesta di integrazione documentale della DIA del settembre 2002, sostenendo di non averla mai ricevuta, nè il Comune avrebbe fornito prova dell’effettiva notifica della stessa. In ogni caso l’amministrazione essendo stata informata sia della data di inizio che di conclusione dei lavori, avrebbe dovuto intervenire tempestivamente e non a distanza di quasi sette anni.
Sulla questione del mutamento di destinazione d’uso, nel ribadire l’assenza di tale contestazione nel gravato provvedimento, evidenzia che nell’atto di compravendita del 18.12.1976 si descrive l’immobile come costituito da un’unica abitazione sviluppata in due superfici, tra piano seminterrato e piano rialzato, interamente destinata, dunque, ad abitazione.
Nel certificato di abitabilità  del 05.04.1977, inoltre, pur emergendo la destinazione ad uso deposito del piano seminterrato, quest’ultimo viene descritto con le medesime caratteristiche strutturali e funzionali del piano rialzato.
Gli interventi contestati non avrebbero comportato alcuna modifica strutturale rispetto a quanto riportato nella pianta allegata al contratto di compravendita, tanto da potersi eventualmente configurare una modifica di destinazione d’uso funzionale, essendo invariata la conformità  dell’immobile rispetto al progetto originario.
Nè alcun abuso sarebbe mai stato contestato e dimostrato dal Comune.
6. Con ordinanza n. 641 del 14.07.2011 veniva respinta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, successivamente riformata con ordinanza n. 5149 del23.11.2011 della Sezione Quarta del Consiglio di Stato.
7. Con successive memorie le parti hanno insistito nelle contrapposte versioni sulla richiesta istruttoria del Comune inviata in data 27.09.2002, che la ricorrente sostiene di non aver mai ricevuto.
La ricorrente contesta, altresì, il richiamo contenuto nelle difese del Comune ad un verbale dei vigili del 12.07.2011 relativo ad un accertamento sulla modifica della destinazione d’uso dell’immobile, in quanto successivo all’ordinanza gravata, che, invece, non conterrebbe alcun riferimento al mutamento di destinazione d’uso, limitandosi a contestare la presunta irregolarità  della D.I.A.
Il Comune ha contestato la rilevanza del decorso del tempo che in alcun modo potrebbe avere efficacia sanante di un abuso edilizio, trattandosi di illecito di natura permanente.
8. Con ordinanza n. 845/2011 veniva ordinata la sospensione dei lavori dal Direttore della Ripartizione Urbanistica; con provvedimento n. 855/2011 veniva comunicata alla ricorrente l’apertura di un procedimento amministrativo, n. 97/2011, a seguito di accertamento per violazione urbanistico-edilizia di cui al verbale n. 151/2011, che richiamava a sua volta il verbale n. 148/2011 del 11.06.2012.
Con successiva ordinanza n. 709/2012, notificata in data 19.06.2012, veniva adottata ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa per utilizzazione dell’immobile in assenza di certificazione di agibilità  ex. artt. 24-27 D.P.R. 380/2001.
Gli atti citati sono stati impugnati con autonomo ricorso Reg. 1343/2012, successivamente riunito al Reg. 1230/2011.
Tra i motivi di ricorso, la ricorrente anche per tali atti, contesta:
A. la mancanza di titolo autorizzativo dell’intervento edilizio, in quanto esso si sarebbe formato a seguito del silenzio significativo dell’amministrazione, per non aver esercitato i poteri inibitori previsti in materia di D.I.A. nei termini di legge;
B. la ricorrenza del mutamento della destinazione d’uso del piano seminterrato. L’immobile in questione non avrebbe subito alcuna modifica strutturale, potendosi parlare eventualmente di modifica di destinazione d’uso funzionale, che secondo la normativa regionale, attendo allo iusutendi e non aedificandi, non sarebbe soggetta al rilascio di alcun titolo autorizzativo;
C. la ricorrenza di alcun mutamento della destinazione d’uso del piano rialzato. La destinazione ad uso professionale dell’abitazione sarebbe consentita dall’art. 40 NTA del Comune di Bari.
La ricorrente con il secondo ricorso ha richiesto anche il risarcimento dei danni per il danni subiti all’immagine, al decoro e alla salute.
9. Il Comune, costituendosi in giudizio anche nel secondo giudizio, ha rivendicato l’esercizio in ogni tempo delle misure repressive degli abusi edilizi, che nel caso in esame consisterebbero nel cambio di destinazione d’uso.
Quest’ultimo anche nel caso in cui non comporti la realizzazione di opere edilizie, non sarebbe, comunque, attività  del tutto libera e priva di vincoli.
L’amministrazione evidenzia l’assenza di certificato di agibilità -abitabilità  per il cambio d’uso funzionale del paino rialzato da abitazione a studio medico.
Più grave sarebbe la modifica della destinazione d’uso del piano seminterrato da deposito ad abitazione.
Della domanda risarcitoria evidenzia l’infondatezza e l’assenza di prova.
10. La ricorrente nella memorie di replica ribadisce le argomentazioni addotte a sostegno dei motivi di ricorso, insistendo per la regolarità  della DIA, come sarebbe dimostrato anche da una nota della Responsabile del procedimento del 30.06.2011 del Comune di Bari, versata in atti.
11. Con ordinanza n. 168 del 05.02.2014, oltre alla riunione dei due ricorsi, sopra indicati, venivano disposti incombenti istruttori nei confronti del Comune di Bari.
12. Con nota depositata in data 05.05.2014, l’Amministrazione depositava documenti e una relazione, in ottemperanza all’ordinanza sopra indicata.
Con riferimento al procedimento amministrativo n. 99/08 a carico della sig.ra Della Queva Stella (proprietaria) e di Casiello Vito (direttore dei lavori), il Comune ha ribadito la richiesta di documentazione integrativa, nel corso dell’istruttoria relativa alla D.I.A. presentata in data 11.09.2001, prima con nota prot. n. 20311 del 30.07.2002 e successivamente con nota prot. n. 20311 del 27.09.2002, rimasta inevasa. A dimostrazione dell’invio di tale seconda richiesta istruttoria, della quale la ricorrente ha contestato la mancata ricezione, il Comune ha prodotto copia della ricevuta di ritorno della raccomandata firmata dalla ricorrente. Gli interventi sull’immobile per cui è causa sarebbero stati realizzati, pertanto, in assenza di regolare D.I.A.
Quanto al procedimento amministrativo sanzionatorio n. 90/11 a carico dei medesimi sig.ri Della Queva e Casiello, il Comune ha riaffermato che, a seguito di sopralluogo, con verbale n. 148/11, veniva accertata la realizzazione di “un intervento di ristrutturazione edilizia consistente in un cambio di destinazione d’uso” relativi all’unità  abitativa costituita da un piano rialzato e da un piano seminterrato.
Sul procedimento n. 97/2011, l’Amministrazione ha ribadito di aver fatto riferimento al verbale n. 151/2011 del 12.07.2001 con cui sono state contestate le violazioni degli artt. 1-2 del Regolamento Edilizio, degli artt. 24 c. 1-27 del D.P.R. 380/01 s.m.i. e del D. L.gs. 301/2002.
Sulla base dei provvedimenti richiamati il Comune ha nuovamente contestato la regolarità  della D.I.A. per mancata integrazione documentale, con specifico riferimento all’uso del piano seminterrato, non essendo stata riscontrata la raccomandata di cui ha prodotto la ricevuta di ritorno.
Ha richiamato le norme del Regolamento Edilizio e di quello di Igiene del Comune di Bari per confermare l’illegittimità  dell’uso residenziale dei seminterrati, tanto più in considerazione dell’altezza di misura inferiore ai 3 mt.
13. Con memoria depositata in data 20 ottobre 2014, la ricorrente ha integralmente contestato quanto prodotto dal Comune in adempimento dell’ordinanza n. 168/2014.
Insiste, in particolare, sulla mancata ricezione della raccomandata del 27.09.2002, evidenziando che lo stesso numero di protocollo n. 20311, sia stato assegnato anche a quella del 20.07.2011, tanto da doversi escludere ogni certezza circa l’esatta identificazione delle note e del momento della loro ricezione. La difficoltà  di dimostrare l’irregolarità  della D.I.A. troverebbe conferma anche in un documento a firma del responsabile del procedimento del Comune.
Ribadisce l’assenza di assoggettamento a titolo abilitativo del cambio di destinazione d’uso funzionale. Con riferimento allo studio medico ne elenca le differenze rispetto all’ambulatorio medico, per affermarne la compatibilità  con la destinazione dell’unità  immobiliare ad abitazione.
14. All’udienza pubblica del 26 novembre 2014, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
15. La vicenda per cui è causa è relativa ad un’unica unità  immobiliare di proprietà  della sig.ra Della Queva Stella, sita in Bari, Carbonara al Corso Alcide De Gasperi, n. 378/A, già  via Ponte n. 36/N, costituita da un piano rialzato e da un piano seminterrato.
Su tale immobile sono stati effettuati degli interventi. Più specificamente essi consistono nell’apertura di un vano porta e nella realizzazione di una scala per l’accesso al piano seminterrato dal cortile di pertinenza esterno, oltre al rifacimento degli impianti idrico-fognante, termico ed elettrico del medesimo piano seminterrato.
Il Comune ha contestato ai proprietari con vari provvedimenti: la realizzazione degli interventi senza idonei titoli abilitativi, ritenendo non perfezionata la relativa D.I.A. presentata; la modifica della destinazione d’uso in assenza di abitabilità /agibilità , sia del piano seminterrato, che da deposito di pertinenza dell’abitazione, situata al piano rialzato, sarebbe stato utilizzato come abitazione, sia del piano rialzato destinato ad uso abitativo ed, invece, utilizzato come studio medico.
Le questioni su cui le parti si sono maggiormente soffermate nel sostenere le contrapposte posizioni sono relative alla formazione della D.I.A. e alla modifica di destinazione d’uso.
Su di esse il Collegio ritiene di soffermarsi, procedendo con la trattazione dei motivi dei ricorsi riuniti secondo un ordine che prevede l’esame dei principi ritenuti dirimenti ai fini della definizione del caso.
16. Preliminarmente, si rileva l’inammissibilità  dell’impugnazione dei verbali di accertamento gravati sia con il ricorso n. 1230/2011 (il n. 441/2008) che con quello n. 1343/2012 (i nn. 148/2011 e 151/2011), in quanto, come pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa in analoghe fattispecie (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. Giurisd., 15 febbraio 1999, n. 32; T.A.R. Lazio, 12 novembre 2001 n. 9155; T.A.R. Campania, 7 gennaio 2011 n. 215; 14 giugno 2010 n. 6555; 27 agosto 2010 n. 17245), il mero verbale redatto dagli ufficiali del Comando della Polizia Municipale “ha valore endoprocedimentale ed efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dagli organi accertatori, ai quali non è attribuita la competenza all’adozione di atti di amministrazione attiva, a tal uopo occorrendo che la competente autorità  amministrativa ne faccia proprio l’esito attraverso un formale atto di accertamento produttivo di effetti” (Così da ultimo, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, sent. n.6668 del 16.12.2014).
17. Nel merito, infondate sono le censure della ricorrente ai rilievi dell’Amministrazione secondo cui gli interventi al piano seminterrato sarebbero avvenuti in assenza di idoneo titolo assentivo.
Più specificamente, con il verbale n. 441/2008 si contesta la realizzazione di interventi in assenza di regolare D.I.A., in quanto non completato l’iter della pratica, a cui consegue l’ordinanza contenente ingiunzione di pagamento e ripristino dello stato dei luoghi.
I lavori eseguiti in forza di una dichiarazione di inizio attività  incompleta equivalgono ad interventi privi di titolo assentivo: dalla mancanza di documentazione integrativa richiesta dall’Amministrazione, deriva che l’attività  edilizia eseguita è a tutti gli effetti abusiva con la conseguente applicazione della misure repressive, di fatto, adottate.
Nè rilevano le considerazioni di parte ricorrente sulle distinte note di richiesta di integrazione istruttoria, inviate dal Comune rispettivamente in data 30.07.2002 e 27.09.2002. Di quest’ultima, in particolare, la sig.ra Della Queva ha contestato la ricezione. Tale rilievo è stato superato dal Comune che, in adempimento dell’ordinanza n. 168/2014, ha depositato la relativa ricevuta di ritorno, debitamente firmata dalla ricorrente.
Infondata, in proposito, è anche la successiva replica della ricorrente che, in modo generico e surrettizio, solleva dubbi sulla veridicità  delle due note di richiesta istruttoria in quanto contraddistinte dallo stesso numero di protocollo.
Giova osservare a riguardo che eventuali contestazioni sulla genuinità  dei documenti formati dalla pubblica amministrazione o delle attestazioni di ricevimento di raccomandata avrebbero dovuto essere proposte con formale querela di falso.
Le questioni relative alla protocollazione, inoltre, attengono alla regolarità  “interna” dell’atto, producendo eventualmente responsabilità  disciplinare del suo compilatore, ma non possono inficiare la validità  e l’efficacia dell’atto stesso.
Rilevante è piuttosto il contenuto delle due richieste istruttorie e il fatto che delle medesime rimangono inevase proprio le richieste di chiarimenti sulla destinazione d’uso del piano seminterrato. In entrambe le note, inoltre, si specifica che in mancanza dell’invio della documentazione richiesta la D.I.A. sarebbe stata archiviata per presunta rinunzia all’esecuzione delle opere.
E’ per questo che al difetto di integrazione documentale è conseguita la mancata formazione della D.I.A., da cui deriva la fondatezza della contestazione contenuta nel verbale n. 441/2008 e della successiva ordinanza dirigenziale 2011/0441 – 2011/130/00062 di ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa e ripristino coattivo dello stato dei luoghi.
Trattasi di esercizio di un potere-dovere del tutto privo di margini di discrezionalità  in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati, da esercitare in ogni tempo anche in ipotesi di opere astrattamente assentibili con DIA, al fine di ripristinare la legalità  violata. A ciò si aggiunga che l’amministrazione prospetta, in alternativa al ripristino dello stato dei luoghi, la possibilità  per la proprietaria di presentare apposita istanza di sanatoria.
Da tutto quanto esposto deriva l’infondatezza dei motivi di ricorso di cui al Reg. 1230/2011, che deve, pertanto, essere respinto.
18. Occorre ora soffermarsi sulla questione della modifica della destinazione d’uso, relativa sia al piano seminterrato che al piano rialzato e delle relative conseguenze.
Con il ricorso Reg. 1343/2012 vengono contestati i rilievi emersi dai sopralluoghi effettuati in data 01.07.2011, di cui si dà  conto nel verbale n. 148/2011, e in data 12.07.2011, le cui risultanze sono riportate nel verbale n. 151/2011 e ai quali segue l’ordinanza n. 2012/00709 di ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa per utilizzo dell’immobile in assenza di abitabilità /agibilità .
Con riguardo all’impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 00845/2011, il Collegio rileva che l’ efficacia circoscritta temporalmente a 45 giorni dalla sua adozione rende irrilevante ogni approfondimento sulla ricevibilità  del ricorso, proposto oltre il termine decadenziale di 60 giorni dalla sua notifica, così come quella sulla improcedibilità  della sua impugnazione, quand’anche proposta prima del decorso dei quarantacinque giorni dalla sua notificazione, per sopravvenuta carenza di interesse a motivo della postuma perdita di effetti dell’ordinanza stessa. Irrilevanti sono, altresì, le pur fondate censure volte a sostenere che essa non vada emessa a fronte di opere ultimate, data l’assenza di attività  in corso. Dalla durata circoscritta dell’ordine di sospensione deriva, peraltro, che nessuna conseguenza potrebbe conseguire dall’accertamento della sua illegittimità  sugli altri provvedimenti gravati, avendo la decorrenza del tempo privato di qualunque effetto l’ordinanza in questione.
Con specifico riferimento alla questione della destinazione d’uso dell’immobile della Sig. Della Queva, sintomatico è il fatto che a riscontro della prima richiesta istruttoria del 30.07.2002 inviata dal Comune, la ricorrente non abbia fornito informazioni esaustive proprio sulla destinazione d’uso, tanto da dover indurre l’Amministrazione a procedere alla seconda richiesta specificatamente volta ad ottenere chiarimenti sul punto, non riscontrata e oggetto di contestazioni.
Per comprendere quale fosse la destinazione d’uso impressa ai due piani di cui si compone l’immobile di proprietà  della sig.ra Della Queva, occorre far riferimento al certificato di abitabilità  rilasciato in data 5 aprile 1977 dal Sindaco di Bari. In esso si specifica per il piano seminterrato, la presenza di quattro locali per uso deposito.
Nell’atto di acquisto dell’immobile del 29.02.2000, infatti, nella parte relativa alla descrizione del complesso edilizio, si elenca la ripartizione degli spazi, ma non si specifica la destinazione dei medesimi.
Un eventuale diverso uso non rileva in quanto l’abitabilità  (o agibilità , secondo la terminologia del T.U. 380/2001) di un immobile è da riferire alla destinazione d’uso approvata dall’autorità  comunale. Le successive destinazioni richiedono necessariamente una nuova valutazione dell’agibilità  dei locali.
Ne deriva che il mutamento di destinazione d’uso impone il rilascio di un nuovo certificato, che tenga conto anche delle diverse esigenze igienico – edilizie derivanti dal diverso uso dei locali. Ciò in conformità  all’art. 24 co. 2 del D.P.R 380/2001 che elenca le ipotesi per le quali è necessario richiedere il certificato, tra i quali alla lettera c) figurano “gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1”, che a sua volta stabilisce che “il certificato di agibilità  attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità , risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.”
Non risultano, pertanto, fondati i tentativi di parte ricorrente di contestare, per il piano seminterrato, la destinazione dei vani a deposito, in luogo di quella ad abitazione, ritenendosi prevalenti le risultanze del certificato di abitabilità  rilasciato nel 1977, relativo ad immobili tra i quali risulta compreso anche quello per cui è causa e rispetto al quale sono intervenute delle modifiche.
Nel verbale 148/01, più specificamente, oltre a richiamare la precedente contestazione di cui al verbale 441/2009, basata sull’esecuzione di lavori in assenza di idoneo titolo edilizio assentivo, si descrive l’utilizzo che la proprietaria fa sia del piano seminterrato (destinato a deposito ed utilizzato come abitazione), che del piano rialzato (destinato ad abitazione ed utilizzato come studio medico).
Nel successivo verbale n. 151/2011 si contesta espressamente la difformità  dell’utilizzo attuale dell’immobile in questione rispetto alla destinazione risultante dalla certificazione di abitabilità  e l’assenza da parte della proprietaria di apposita richiesta di ulteriore certificato di agibilità .
L’ordinanza di ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa chiarisce espressamente che la regolarizzazione dell’utilizzo dell’immobile potrà  avvenire solo previo riscontro di apposita istanza tesa al rilascio del certificato di agibilità .
Ne deriva che ciò che il Comune contesta con l’ordinanza 2012/00709 è l’assenza del certificato di agibilità  aggiornato all’attuale uso degli immobili.
Pertinente è, in tal senso, il richiamo ai Regolamenti edilizio e d’Igiene della città  di Bari operata dall’amministrazione in quanto, il diverso utilizzo degli immobili impone la verifica del rispetto delle relative prescrizioni in materia sia edilizia che di igiene.
Con specifico riferimento all’utilizzo del piano rialzato a studio medico, occorre osservare come l’elemento della frequentazione umana è stato recepito anche dalla giurisprudenza dominante nel ritenere obbligatorio il rilascio del relativo certificato di abitabilità  per gli edifici aventi una destinazione non domestica ma lavorativa, che comportino una presenza ricorrente della persona nell’ambiente. In un pubblico ufficio, così come in uno studio medico, dove le persone allo stesso assegnate trascorrono gran parte del giorno, debbono necessariamente essere garantite le condizioni di salubrità  degli ambienti.
Occorre puntualizzare che la verifica della conformità  delle opere alle previsioni urbanistiche, come quella di cui all’art. 40 N.T.A. del Comune di Bari, è distinta da quella finalizzata al rilascio del certificato di agibilità  incentrata sull’accertamento della sussistenza delle necessarie condizioni igienico-sanitarie dei locali.
L’assenza di quest’ultimo tipo di verifica è alla base dell’adozione dell’ordinanza ingiunzione n. 2012/00709 che, pertanto, è da ritenersi legittimamente adottata.
Non influiscono sugli atti gravati le ulteriori questioni sollevate dalle parti nella copiosa produzione di scritti difensivi e documenti, che esulano dall’oggetto del giudizio.
19. Dal superamento delle censure oggetto dei due ricorsi riuniti deriva, infine, l’infondatezza della richiesta di risarcimento dei danni, formulata, peraltro, da parte ricorrente, in modo generico ed indeterminato nel contenuto.
20. Per tutto quanto esposto i ricorsi riuniti sono entrambi infondati e devono, pertanto, essere respinti.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente, nell’importo liquidato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti Reg. n. 1230/2011 e n. 1343/2012, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna la ricorrente a rifondere le spese di giudizio all’intimato e costituito Comune di Bari, che si liquidano in € 1.500,00 (euro millecinquecento/00), comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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