Processo amministrativo – Principi generali – Sentenza – Difformità  tra dispositivo e motivazione – Prevalenza – Criteri di interpretazione

Nell’ipotesi di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza non deve necessariamente accordarsi prevalenza al primo ogni qual volta, in relazione alla specificità  del caso, sia necessario procedere ad un esame del contenuto complessivo della pronuncia per poter correttamente individuare le prescrizioni conformative dettate dal Giudice.

REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione
Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
1659 del 2013, proposto da: 
R. R., rappresentato e difeso dall’avv. R. R., con domicilio
eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari; 
contro
Ordine degli Avvocati di Trani –
Consiglio, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Mascoli, con domicilio
eletto presso Francesco Amodio in Bari, via G.Bozzi, 9; 
per
l’annullamento
della delibera n. 1821 del 2013 emessa il
24.10.2013 dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trani con la quale è
stata disposta la cancellazione dell’avv. R. R. dall’elenco del
Gratuito Patrocinio a spese dello Stato in materia civile e penale;
nonchè quali atti presupposti annullamento
della comunicazione al Presidente della Corte d’Appello di Bari e la Presidente
del Tribunale di Trani e reinserimento nell’elenco del gratuito patrocinio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio
di Ordine degli Avvocati di Trani – Consiglio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno
9 ottobre 2014 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori avv.
R.R. e avv. Mariengela Musci, su delega dell’avv. Francesco Mascoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.

FATTO
Con il ricorso in esame l’avv. R. R. impugna i provvedimenti di cui in epigrafe e ne chiede l’annullamento,
deducendo i seguenti motivi di censura:
eccesso di potere per travisamento dei
fatti, illogicità , difetto di istruttoria, erronea presupposizione in fatto e
in diritto, manifesta ingiustizia;
violazione di legge ed eccesso di potere
sotto altro profilo, in relazione alla asserita violazione del diritto alla
protezione dei dati personali; risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Trani, contestando e avverse deduzioni e
chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza di questo Tribunale n.
34/2014 del 17 gennaio 2014 è stata accolta l’istanza cautelare proposta dal
ricorrente; tale ordinanza è stata confermata dal Consiglio di Stato con
ordinanza n.2196/2014 del28 maggio 2014.
Dopo il deposito di memorie e
documentazione, all’udienza del 9 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta per
la decisione
DIRITTO
Il ricorso è fondato e meritevole di
accoglimento.
Appare necessario procedere ad un breve
ricostruzione della vicenda in punto di fatto.
Il ricorrente, nella sua qualità  di
procuratore, in data 28.11 .2006 ha notificato un atto di citazione innanzi al
Tribunale di Trani- Sezione distaccata di Ruvo, dichiarando – nel preambolo del
predetto atto – di costituirsi l’attore in giudizio anche a mezzo i’Avv. Guido
GUERRIERI, invece del tutto estraneo al mandato, trattandosi in realtà  di
personaggio immaginario ovvero del noto protagonista dei romanzi di Gianrico
Carofiglio.
Con sentenza n. 129/2009 del 19 05.2009,il
Tribunale di Trani – Sezione distaccata di Ruvo di Puglia, ha disposto la
trasmissione, a cura della Cancelleria, di estratto della sentenza medesima al
Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Trani per le determinazioni di sua
competenza nei confronti dell’odierno ricorrente, indicandone così testualmente
i motivi:: “In via preliminare, risulta indicato nell’intestazione
dell’atto di citazione la costituzione in giudizio dell’attore a mezzo, oltre
che dell’avv. Rosito, anche dell’avv. Guido Guerrieri, che non è destinatario
di alcun mandato ne sottoscrittore dell’atto (ed e in ogni caso un noto
personaggio letterario essendo il protagonista dei romanzi di Gianrico
Carofiglio), con conseguente segnalazione dell’atto al Consiglio dell’Ordine di
Trani per le opportune valutazioni a carico del procuratore costituito in
giudizio e redattore dell’atto. “.
Con nota del 25.06.2009, il Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Trani ha comunicato all’Avv. R. R. di
aver ricevuto l’esposto iscritto al N. 33/2009 R.G. invitandolo, al contempo, a
fornire gli opportuni chiarimenti.
In data 15.07.2009, Prot. n. 1743, l’Avv.
R. ha prodotto le proprie controdeduzioni, chiedendo l’archiviazione
dell’esposto a suo carico.
Con nota del 23.10.2009, il Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Trani ha comunicato al ricorrente l’apertura a
suo carico del procedimento disciplinare n. 11/2009 R.G., giusta delibera del
15.10.2009, con la seguente incolpazione:
“Per avere violato il disposto
degli artt. 5, 6 e 53 del Codice Deontologico forense in quanto
nell’intestazione dell’atto di citazione del 27.11.2006, depositato presso il
Tribunale di Trani, sezione distaccata di Ruvo di Puglia, indicava la
costituzione in giudizio dell’attore a mezzo, oltre che dell’avv. R.,
dell’avv. Guido Guerrieri, che non e destinatario di alcun mandato ne
sottoscrittore dell’atto, ma noto personaggio-letterario (essendo il
protagonista dei romanzi di Gianrico Carofiglio)” fatto commesso in Ruvo
di Puglia il 26.11.2006.”.
In data 30.10.2009, Prot. n. 2687, I’Avv.
R. R. ha depositato le proprie note difensive.
Con decisione n. 196 del 13.05.2010,
depositata in data 21.10.2010, notificata all’Avv. R. R. in data
5.11.2010, pronunciata nel procedimento disciplinare n. 11/2009 R.G., il
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trani ha statuito quanto segue:
“P.Q.M. II Consiglio, ritenuta sussistente
la violazione degli artt. 5 e 6 del C.d.F., commina all’incolpato la sanzione
della censura. Proscioglie lo stesso incolpato dalla contestazione di cui
all’art. 53 C.d.F.”.
Con atto dell’11.11.2010, depositato
presso il C.O.A. di Trani in pari data al n. A999 Prot., I’Avv. R. R. ha impugnato la predetta decisione n.196 del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Trani
Con sentenza n. 148 Registro Deposito
2013, pronunciata in data 18.04.2013, nel procedimento iscritto al n. 298/10
R.G., depositata in data 2.09.2013, notificata all’odierno ricorrente in data
7.10.2013, il Consiglio Nazionale Forense ha statuito quanto segue: “P.Q.M.
II Consiglio Nazionale forense, riunito in Camera di Consiglio;
visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933
n. 1578 e 59 e segg. Del R.D. 22.01.1934, n. 37; respinge il ricorso”.
Nella parte motiva della predetta sentenza
si legge tuttavia testualmente quanto segue: “II ricorrente propone diverse
censure che, oltre a reiterare le già  disattese tesi e ragioni difensive svolte
innanzi al Consiglio territoriale, non appaiono integrare specifici motivi di
gravame che per costante giurisprudenza questo Consiglio ritiene necessari ai
fini della valutazione dell’ammissibilità  del ricorso. Dalla lettura del ricorso
risulta, invero, assai difficoltosa l’esatta individuazione dei limiti del
devolutum e quindi delle questioni che il ricorrente intende sottoporre
all’esame di questo Consiglio. Si è pertanto riusciti a ricostruire
l’illustrazione dei motivi di gravame del ricorrente come segue.
Il primo e il quarto motivo sono
palesemente infondati poichè l’art. 38 del R.D.L. n. 1578/33, nonchè gli artt.
5 e 6 del Codice deontologico forense prescrivono che I’ avvocato debba
ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità , dignità  e
decoro: il contegno dell’avvocato deve quindi essere ispirato a valori positivi
e immuni da ogni possibile biasimo, civile, etico o morale, disattendendo ogni
comportamento che possa riflettersi sulla sua reputazione professionale e possa
compromettere l’immagine della classe forense. A nulla rileva, quindi, che il
comportamento dell’avv. R. non abbia procurato alcun danno al proprio
cliente, alla controparte o all’ordinario svolgimento dell’attività 
professionale, posto che la funzione del procedimento disciplinare trascende
gli interessi dei privati coinvolti e persegue l’interesse della categoria al
corretto esercizio della professione.
Il fatto contestato all’avv. R., e
cioè l’indicazione in un atto giudiziario di un nome di fantasia quale
ulteriore procuratore della parte costituita in giudizio, costituisce, infatti,
di per se pregiudizio alla dignità  dell’avvocatura e dell’intera classe
forense.
Non può essere tralasciato, infatti,
l’esame delle circostanze di tempo e di luogo in cui il nome dell’avv. Guido
Guerrieri (come detto, avvocato protagonista dei romanzi dello scrittore
Gianrico Corofiglio) ricorre, posto che nell’anno 2006 alcuni di questi romanzi
erano giunti alla ventesima ristampa tanto era stato il successo di pubblico a
livello nazionale e non solo in Puglia dove sono ambientate le storie e le
vicende professionali dell’avv. Guido Guerrieri.
L’utilizzo di tale nome quindi
nell’epigrafe dell’atto di citazione notificato dall’incolpato nel mese di novembre
2006 mirava a suggestionare il destinatario dell’atto e il ricorso a tali
stratagemmi si riflette negativamente sui prestigio dell’intera categoria
professionale, a maggior ragione trattandosi di atto giudiziario.
Nessun rilievo potrà  essere poi dato al
secondo motivo di gravame per la totale estraneità  del procedimento
disciplinare con l’azione pretesamente svolta anche nei confronti del Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Trani.
Sul punto non e stata svolta alcuna
istanza di ricusazione e pertanto la pretesa violazione dell’obbligo di
astensione non può oggi convertirsi in motivo di nullità  della decisione (cfr.
CNF sentenza 2 marzo 2012, n.46 e CNF sentenza 30 gennaio 2012, n. 4).
Anche l’ultima doglianza secondo cui
l’indicazione del nome Guido Guerrieri sarebbe imputabile a mero errore
formale, non appare meritevole di accoglimento: innanzitutto perche l’atto di
citazione, indipendentemente dalla sottoscrizione in calce del cliente o dalla
collaborazione di un ausiliario, resta riferibile alla sfera d’azione del
professionista che e chiamato a risponderne; ma anche perchè ai fini
dell’accertamento della responsabilità  deontologica è, infatti, sufficiente la
volontarietà  del fatto e la mera potenzialità  del danno. Ampia e costante e la
giurisprudenza di questo Consiglio che riconosce valenza deontologica anche al
comportamento frutto di errore.
La decisione impugnata risulta, pertanto,
puntualmente motivata in fatto e in diritto, e con analitica confutazione delle
tesi e ragioni prospettate dall’incolpato, si sottrae alle censure proposte con
il ricorso.
Infine, in ordine alla sanzione irrogata,
questo Consiglio ritiene di poterla contenere nella minor misura
dell’avvertimento in considerazione della limitata portata del fatto e
dell’ambito circoscritto in cui ha prodotto i suoi effetti. “.
A seguito della comunicazione al Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Trani della sentenza emessa dal Consiglio
Nazionale Forense N.148 Registro Deposito 2013 il 18 aprile 2013, depositata in
Segreteria il 2 settembre 2013, sentenza esecutiva, il predetto Consiglio ha
adottato il provvedimento impugnato con il quale è stata disposta la sua
cancellazione dall’elenco dei difensori ammessi al Gratuito Patrocinio a spese
dello Stato in materia civile e penale;
Con istanza in data 7 novembre 2013 il
ricorrente ha chiesto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trani la
revoca immediata della cancellazione dall’elenco dei difensori abilitati al
patrocinio a spese dello stato deliberate in data 24/10/2013 N.1821;
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Trani con Verbale n.1825 del 14 novembre 2013 ha respinto l’istanza,
confermando la delibera N°1821 del 24 ottobre 2013.
Con il ricorso in esame, I’Avv. R. R. ha infine richiesto l’annullamento della delibera del Consiglio
dell’Ordine degli avvocati di Trani n. 1821 del 2013 , nonchè la condanna
dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni subiti.
Premesso quanto sopra, rileva il collegio
che è fondato il primo motivo di censura nelle sue diverse articolazioni e, in
particolare, sotto il profilo dell’eccesso di potere per erronea
presupposizione e manifesta ingiustizia.
La tesi che l’Amministrazione resistente
adduce a sostegno della legittimità  dell’azione amministrativa si supporta
all’applicazione rigorosa del principio di derivazione giurisprudenziale che
ritiene, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione, e fatta salva
l’ipotesi dell’errore materiale, la prevalenza del primo sulla seconda.
Rileva in proposito il collegio che la
tesi sostenuta dall’Amministrazione non è condivisile.
Ed invero, pur nell’evidente contrasto che
ricorre con riferimento alla fattispecie in esame tra dispositivo e
motivazione, il principio giurisprudenziale della prevalenza delle statuizione
contenute nel dispositivo non può trovare indiscriminata applicazione,
dovendosi viceversa applicare solo a seguito di una prudente interpretazione
con riferimento alla specificità  del caso-.
Ritiene infatti il Collegio che il
dispositivo costituisca una semplice e sintetica espressione delle statuizioni
portate nella parte motiva della sentenza o decisione.
Deve infatti considerarsi che, poichè la
sentenza richiede di regola un’attività  di esecuzione di quanto deciso e poichè
le modalità  di esecuzione e le indicazioni confermative del successivo agire
amministrativo si collocano solo all’interno della parte motiva, l’esecuzione
della sentenza non può comunque prescindere da una puntuale disamina delle
prescrizioni conformative contenute nella motivazione.
Peraltro la sentenza o decisione
costituisce strumento di definizione della res controversa tra le parti,
istituendo un vincolo tra le stesse secondo il modello dell’obbligazione,
atteso che la parte vittoriosa ha diritto di ottenere, anche coattivamente, la
prestazione o il bene della vita riconosciuto in sentenza, con relativo obbligo
della parte soccombente di eseguire la prestazione medesima; risultando in
certo senso, tale vincolo assimilabile al vincolo contrattuale.
Anche nell’attività  di esecuzione della
sentenza deve ritenersi vigente il principio della esecuzione della prestazione
dovuta secondo buona fede.
Nel caso in esame, peraltro, la parte
tenuta all’esecuzione della decisione del CNF non è una parte privata
qualsiasi, bensì il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trani, ovvero un
soggetto a connotazione pubblicistica, deputato alla tutela di interessi
pubblici rilevanti della categoria rappresentata e, in quanto tale, tenuto a
conformarsi, nell’esercizio della propria funzione, a principi di correttezza, legalità 
e giustizia.
Non appare, peraltro, condivisibile
l’ulteriore assunto difensivo del’Amministrazione resistente, secondo cui unico
soggetto legittimato all’impugnazione della decisone disciplinare di secondo
grado fosse solo l’odierno ricorrente.
Ritiene infatti il collegio che il
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trani, proprio perchè soggetto tenuto
alla esecuzione della pronuncia e dovendo attenersi ai qualificati anzidetti
principi, fosse a sua volta certamente legittimato, nel contrasto tra
dispositivo e motivazione, a proporre impugnazione al fine di acclarare
l’esatto comportamento da adottarsi nella esecuzione del decisum.
Ricorre pertanto il dedotto vizio di
eccesso di potere sia sotto il profilo di difetto di istruttoria, sia sotto quello
della erronea presupposizione in fatto e in diritto.
Alla stregua di quanto sopra evidenziato e
dei principi che devono sorreggere l’attività  di un soggetto pubblico relativa
all’esecuzione di una sentenza o decisione, il predetto vizio di legittimità  per
eccesso di potere risulterebbe configurabile quand’anche volesse aderirsi
acriticamente e rigorosamente al richiamato principio giurisprudenziale della
prevalenza del dispositivo sulla motivazione.
Si apprezza pertanto la sussistenza
dell’ulteriore profilo sintomatico dell’eccesso di potere, parimenti dedotto
dal ricorrente, relativo alla manifesta ingiustizia dell’impugnato
provvedimento.
Deve infine considerarsi che, quand’anche
volesse – per mera ipotesi – seguirsi la tesi difensiva proposta dall’Amministrazione,
dovrebbe comunque pervenirsi all’accoglimento del ricorso, atteso che la
fattispecie in esame integra tutti gli estremi dell’omissione o dell’errore
materiale, in quanto nel dispositivo sembrerebbe omesso l’inciso “nei
termini di cui in motivazione”, circostanza quest’ultima che
comproverebbe comunque l’illegittimità  dell’impugnato provvedimento.
Il ricorso va dunque accolto, con
riferimento all’azione impugnatoria, con conseguente annullamento del
provvedimento di cui in epigrafe.
Non può trovare viceversa la domanda
risarcitoria proposta dal ricorrente, sia per la sua genericità  e
inammissibilità , sia per l’assoluto difetto di prova sull’an e
sul quantum, sia in effetti per totale insussistenza di danno,
atteso che l’impugnato provvedimento non ha mai prodotto effetti in ragione
della tutela cautelare accordata alla ricorrente con ordinanza 34/2014 del
17/1/2014, confermata del Consiglio di Stato Sez. VI^ con l’ordinanza n.
2196/2014 del 28/5/2014, difettando pertanto sotto tale profili qualsivoglia
interesse in capo al ricorrente con riferimento alla domanda risarcitoria.
La complessità  e particolarità  della
questione, giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per
l’effetto, annulla il provvedimento di cui in epigrafe.
Spese compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di
consiglio del giorno 9 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente, Estensore
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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