1. Pubblica sicurezza – Licenze – Divieto detenzione armi – Contestazione reati specifici – Incertezza su corretto utilizzo armi –  Divieto legittimo


2. Pubblica sicurezza – Licenze – Arresto in flagranza – Integra ex se giudizio di pericolosità  – Revoca licenza porto d’armi – E’ legittima


3. Pubblica sicurezza – Licenze – Porto d’armi – Costituisce eccezione al normale divieto di detenzione armi – Pro soggetti di totale affidabilità 


4. Pubblica sicurezza – Licenze – Buona condotta – Diniego e revoca licenza porto d’armi – Non necessario oggettivo e accertato abuso nell’uso delle stesse – Titolare inaffidabile – Provvedimenti  legittimi


5. Pubblica sicurezza – Licenze- Procedimento amministrativo – partecipazione – Revoca  licenza porto d’armi – Omessa comunicazione avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 24/1990 – Urgenza di provvedere – Esonera dall’obbligo di comunicazione

1. E’ legittimo il divieto di detenzione di armi ove all’interessato siano contestati reati specifici che minano il giudizio di corretto utilizzo delle armi stesse.


2. L’arresto in flagranza di reato è circostanza di per sè sufficiente a fondare un giudizio di pericolosità  dell’arrestato, idonea a legittimare la revoca della licenza di porto d’armi.


3. Il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando piuttosto un’eccezione al normale divieto di detenzione delle armi, operante solo in favore di persone riguardo alle quali esista totale sicurezza circa il buon uso delle stesse.


4. Il diniego o la revoca della licenza di porto d’armi non richiedono un oggettivo e accertato abuso nell’uso delle stesse, essendo sufficiente a legittimarle il sol fatto che il titolare non dia affidamento di non abusarne.


5. E’ legittimo il  decreto questorile recante revoca della  licenza di porto di fucile per tiro al volo quand’anche sia stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 24/1990, giacchè l’urgenza di provvedere (alla salvaguardia della sicurezza pubblica) integra quelle particolari esigenze di celerità  del procedimento amministrativo in presenza delle quali la p.A. è esonerata dall’obbligo di effettuare la predetta comunicazione.

. 00020/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00221/2008 REG.RIC.
     
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione
Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
221 del 2008, proposto da: 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Tempesta e Annamaria
Angiuli, con domicilio eletto presso lo studio dell’ultima in Bari, Via
Montenegro, 2; 
contro
Questura di Bari, in persona del Questore
pro tempore, Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,
entrambi rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello
Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, 97; 
per
l’annullamento
– del decreto del 13.9.2007, Cat.
6/F-P.A.S/2007, con il quale il Questore di Bari ha revocato al ricorrente la
“licenza di porto di fucile per tiro a volo”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso
o consequenziale anche se non conosciuto;

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
della Questura di Bari e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196,
commi 1 e 2;
Relatore nell’Udienza Pubblica del giorno
20 novembre 2014 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori
avv. Giuseppe Tempesta e avv. dello Stato Giovanni Cassano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, col presente gravame, ha
impugnato il decreto del Questore di Bari recante la revoca della licenza di
porto di fucile per tiro a volo, di cui lo stesso era titolare, a seguito del
suo arresto in flagranza di reato, per i reati di cui agli artt. 617/bis c.p.
(installazione di apparecchiature atte ad intercettare e impedire comunicazioni
o conversazioni telefoniche), 615bis c.p. (interferenze illecite nella vita
privata), 610 c.p. (violenza privata), 56 c.p. relativo agli artt. 609bis e 629
c.p. (tentata violenza sessuale ed estorsione), nonchè del rinvenimento, presso
la sua abitazione, di una quantità  di proiettili superiore a quella consentita.
Parte ricorrente contesta l’adozione del
suddetto provvedimento in quanto basata acriticamente sul divieto di detenzioni
di armi e munizioni emesso in precedenza dalla locale Prefettura per le
medesime ragioni suindicate, ed impugnato dallo stesso innanzi questa Sezione,
con ricorso n. RG.1559/07.
Avverso il provvedimento questorile, la
parte articola due motivi, riconducibili sinteticamente alla violazione e falsa
applicazione di legge, con riferimento agli artt. 10, 11, 42 e 43 TULPS, art.6,
l. 152/75, artt. 3, 7 e 21 octies, co.2, l .n.241/90, nonchè art. 97 Cost; ed
eccesso di potere per travisamento di fatti, illogicità , difetto di
istruttoria, oltre all’illegittimità  derivata da quella inficiante il
presupposto decreto del Prefetto di Bari.
Le Amministrazioni intimate si sono
costituite, chiedendo il rigetto del gravame.
All’Udienza Pubblica del 19.12.2013, il
difensore di parte ricorrente ha chiesto un rinvio per la trattazione del ricorso,
al fine di proporre appello avverso la Sentenza n. 1702/2013, che ha nelle more
definito il pregiudiziale ricorso n. RG. 1559/07.
All’Udienza del 20.11.2014, per la quale
non sono state prodotte memorie, la causa è infine passata in decisione.
Il ricorso è infondato.
Col primo motivo di gravame, la parte ha
dedotto l’illogicità  del provvedimento questorile perchè asseritamente basato
su circostanze erronee, essendosi l’Amministrazione basata esclusivamente su
quelle poste alla base del provvedimento prefettizio, senza alcuna autonoma
valutazione della personalità  del ricorrente.
La doglianza non merita accoglimento.
Va innanzitutto premesso che il ricorso
proposto dal ricorrente avverso il provvedimento prefettizio, ritenuto dalla
stessa parte pregiudiziale, è stato respinto con Sentenza n. 1702/13 – non
impugnata – che ha ritenuto il divieto di detenzioni di armi legittimo, atteso
che “nel caso di specie, la denuncia per reati connessi all’uso di armi e
munizioni (cioè reati specifici che minano il giudizio di corretto utilizzo
delle armi stesse e dei loro accessori) è ben idoneo a fondare la valutazione
fatta dal Prefetto, della quale non si evidenzia alcuna irragionevolezza o
difetto di istruttoria. Nè vale obiettare che si è in presenza di unico episodio
criminoso, in quanto, a ben vedere, il ricorrente, da un lato, è stato
denunciato per reato d’installazione abusiva di apparecchi atti ad intercettare
le conversazioni (art. 617 bis c.p.), dall’altro, è stato scoperto detenere
proiettili non denunciati, così dimostrando una non episodica violazione delle
regole”.
A tali considerazioni – da sole
sufficienti a suffragare la legittimità  anche del provvedimento qui impugnato –
va in ogni modo aggiunto che il Questore di Bari non ha fondato il proprio giudizio
esclusivamente sul precedente prefettizio, ma nella propria discrezionalità  ha
ritenuto la circostanza dell’arresto del ricorrente in flagranza di reato, per
i fatti contestatigli, come idonea già  di per sè a giustificare un giudizio di
pericolosità , oltre all’ulteriore circostanza del possesso di 66 munizioni in
esubero rispetto alla quantità  autorizzata, denotante tra l’altro un
atteggiamento irriverente nei confronti della disciplina in materia di armi.
Come più volte affermato in
giurisprudenza, infatti, il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto,
rappresentando piuttosto un’eccezione al normale divieto di detenzione delle
armi, operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esista
perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle stesse, in modo da
scagionare dubbi e perplessità  sotto il profilo dell’ordine pubblico e
tranquilla convivenza della collettività .
Ne consegue che il diniego o la revoca
della licenza, così come, peraltro, il divieto di detenzione di armi, munizioni
ed esplosivi, non richiedono un oggettivo e accertato abuso nell’uso delle
armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne e
tale valutazione può fondarsi anche su considerazioni probabilistiche e su
circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus.
In altre parole, ai sensi degli artt. 10,
11 e 43, TULPS la detenzione delle armi può essere vietata a prescindere da una
sentenza penale di condanna per specifici reati, quando, per circostanze legate
alla condotta, sia venuta meno la presumibile certezza della completa
affidabilità  del soggetto; in particolare, le succitate disposizioni
ricollegano il divieto di detenere armi ad un giudizio discrezionale, formulato
dall’Amministrazione in ordine alla capacità  personale di abuso da parte del
soggetto detentore, sindacabile, in quanto tale, solo sotto il profilo
dell’illogicità ; ciò si giustifica con la considerazione che la detenzione
delle armi si caratterizza, da un lato, per l’intrinseca pericolosità  e,
dall’altro, per la tenuità  di un interesse socialmente apprezzabile, con la
conseguenza che per l’adozione del decreto di revoca è sufficiente il
convincimento dell’Amministrazione in ordine alla possibilità  che il detentore
abusi dell’autorizzazione.
Dagli atti della presente controversia è
emerso invero un quadro particolarmente grave (ancorchè la magistratura penale
abbia ritenuto di limitare i reati contestati al ricorrente alla sola
violazione dell’art.671bis c.p.) tale da non dare sufficienti elementi idonei a
determinare un favorevole giudizio prognostico in ordine all’assoluta
affidabilità  del ricorrente circa il buon uso delle armi.
Inoltre, la vigenza del provvedimento
prefettizio, confermata dalla Sezione nei termini sopra indicati, ha in ogni
caso sottratto al ricorrente un titolo di polizia valido per il possesso delle
armi, atteso il divieto di detenzione emesso nei confronti della parte.
Nè vale ad inficiare la legittimità  del
provvedimento gravato, l’asserita violazione delle garanzie partecipative
assicurate dagli artt.7 ss. l. n.241/90, censurata col secondo motivo di
gravame.
In tale materia, l’urgenza è data dalla
particolarità  dell’interesse pubblico da tutelare, ovvero la sicurezza pubblica
e la prevenzione della commissione di reati, o comunque di avvenimenti
pregiudizievoli per l’ordine pubblico e la collettività .
L’urgenza, quindi, è qualificata dal
pericolo della compromissione di tali interessi pubblici, e come tale
caratterizza la misura preventiva con cui l’Autorità  di Polizia ha disposto la
revoca del porto di fucile per tiro a volo.
Dette ragioni integrano pertanto quelle
particolari esigenze di celerità  del procedimento amministrativo in presenza
delle quali l’Amministrazione è sollevata dall’obbligo della comunicazione
previsto dal citato art. 7.
In conclusione, alla luce di quanto sopra
detto, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza, da
liquidarsi in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in
favore delle Amministrazioni resistenti, in solido tra loro, della somma di
1500,00 euro, oltre accessori di legge, a titolo di spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’autorità  amministrativa.
Ritenuto infine che sussistano i
presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela
dei diritti o della dignità  della parte interessata, per procedere all’oscuramento
delle generalità  e degli altri dati identificativi del ricorrente, manda alla
Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima
disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Bari nella Camera di
Consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Paola Patatini, Referendario, Estensore
Flavia Risso, Referendario

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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