1. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Violazione art. 3, comma 3, D.P.R. n. 394/1999 – Illegittimità  – Non sussiste – Rimessione in termini


2. Sicurezza pubblica – Extracomunitari – Diniego permesso di soggiorno – Condanna definitiva – Art. 380 c.p.p. – Reiezione – Atto dovuto e vincolato

1. La violazione commessa dalla p.A. dell’art. 3, comma 3, D.P.R. n. 394/1999 non determina l’illegittimità  del provvedimento, determinando, viceversa, su istanza dell’interessato, la possibilità  di eventuale rimessione nei termini ai fini dell’esercizio del diritti alla tutela giurisdizionale.


2. La condanna con sentenza definitiva per commissione di reati di cui all’art. 380 c.p.p., determina in via automatica la reiezione dell’istanza del rinnovo del permesso di soggiorno, che si configura, pertanto, come atto dovuto e vincolato sotto tutti i profili, con conseguente assenza di qualsivoglia discrezionalità , atteso che la valutazione di pericolosità  sociale e di difetto di requisiti per l’ammissione dello straniero nel territorio dello Stato, risulta disposta direttamente dal legislatore, con conseguente vincolo dell’attività  amministrativa.

N. 01288/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00834/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 834 del 2011, proposto da: 
A. H., rappresentato e difeso dagli avv.ti Rocco Longo e Tiziana Sangiovanni, con domicilio eletto presso Tiziana Sangiovanni in Bari, via Napoli 138; 
contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; U.T.G. – Prefettura di Bari; 
per l’annullamento
del provvedimento di rigetto, emesso in data 10.02.2011 (notificato il 03.03.2011) dal Prefetto della Provincia di Bari, del ricorso proposto in data 31.05.2010 con il quale il sig. H.A. chiedeva, in via preliminare, dichiararsi la nullità  e/o l’illegittimità  del decreto di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno emesso dal Questore della Provincia di Bari il 04.05.2010 (notificato in pari data), nonchè la sospensione del provvedimento impugnato sussistendone validamente i motivi di cui al predetto ricorso. Il ricorrente chiedeva, altresì, riformarsi il provvedimento emesso dal Questore di Bari, onde consentirgli di definire l’iter amministrativo per il rinnovo del permesso di soggiorno in forza di contratto di lavoro;
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori avv. Tiziana Sangiovanni e avv. dello Stato Donatella Testini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Con il ricorso in esame A.H. impugna il rigetto del ricorso amministrativo proposto avverso il decreto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno e ne chiede l’annullamento deducendo i seguenti motivi di censura:
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 comma 6, D.Lgs n. 286/98, in relazione alla mancata prouzione del provvedimento, scritto in lingua italiana, nella lingiua conosciuta dallo stranierio:
Violazione artt. 7 e 10 bis legge 241/90;
Violazione art. 3 l: 241/90 ed eccesso di potere per erronea presupposizone difetto di motivazione e di istruttoria;
Eccesso di potere per omesso esercizio del potere discrezionale in ordine al rinnovo del permesso di soggiorno.
Si è costituta in giudizio il Ministero dell’Interno, contestando le avverso deduzione e chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza di questa Sezione n. 461/11 del 19/5/2011, è stata respinta l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
All’udienza del 26/6/2014 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Occorre premettere in fatto che il ricorrente in data 31/5/2010 ha proposto ricorso gerarchico avverso il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno disposto dal Questore di Bari con decreto del 14/4/2010; con l’impugnato provvedimento il ricorso gerarchico è stato respinto.
Lamenta innanzitutto il ricorrente che il provvedimento non sarebbe stato tradotto dall’italiano nella lingua di sua conoscenza.
Il motivo è inammissibile e infondato. Ed invero, anche a prescindere dalla circostanza che il ricorrente si trova in Italia sin dal 2005, avendo svolto attività  lavorativa alle dipendenze di datori di lavoro italiani (dovendosi pertanto presumere una buona conoscenza della lingua italiana, in difetto di contraria allegazione e prova), rileva il Collegio che la violazione dell’art. 3, comma 3 del DPR 394/99 non determina l’illegittimità  del provvedimento, determinando, viceversa, su istanza dell’interessato, la possibilità  di eventuale rimessione nei termini ai fini dell’esercizio del diritti alla tutela giurisdizionale, diritto che nella specie non risulta in alcun modo conculcato, atteso che il ricorso risulta tempestivamente proposto.
Risulta, altresì, inammissibile prima che infondato il secondo motivo di ricorso relativo alla dedotta violazione delle norme del procedimento poste a garanzie del diritto alla partecipazione e al contraddittorio, trovando nella specie applicazione il disposto cui all’art. 21 octies.
Ed invero la censura si appalesa innanzitutto inammissibile in quanto neanche in sede di ricorso al giudice amministrativo il ricorrente è stato in grado di indicare le concrete circostanze e le argomentazioni a supporto della sua tesi, che avrebbe potuto rappresentare all’amministrazione qualora fosse stato posto nella condizioni di pine partecipazione in contraddittorio, risolvendosi la censura proposta in una generica e formale deduzione di astratta configurabilità  del vizio dedotto, in modo del tutto apodittico e privo di contenuti sostanziali.
Il motivo risulta, altresì, infondato, unitamente ai successivi motivi sub.3 (difetto di motivazione e di istruttoria ed erronea presupposizione) e sub.4 (omesso esercizio del potere discrezionale), atteso che dall’istruttoria posta in essere dall’amministrazione è emerso che il ricorrente è stato condannato alla pena di anni due e mesi cinque di reclusione ed euro 2.000,00 di multa – in concorso con suo connazionale – per i reati di detenzione e porto illegale di arma comune da sparo con matricola abrasa completa di munizionamento e furto aggravato, con sentenza ex art. 444 cpp emessa dal Tribunale di Bari, Seconda Sezione penale il 28/10/2009.
L’art. 5, comma 5 del D.Lgs 286/98 espressamente prevede il diniego di rinnovo e di rilascio del permesso di soggiorno ovvero la revoca dello stesso nel caso in cui vengano a mancare nel richiedente i requisiti richiesti per l’ingresso ed il soggiorno nello Stato italiano.
L’art. 4, comma 3 del D.Lgs citato, come modificato dall’art. 4, comma 2 legge 189/2002, esclude l’ammissione sul territorio dello ristato per lo straniero che risulti condannato, anche con sentenza ex art, 444 cpp, per uno dei reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2 cpp.
I titoli di reato per i quali il ricorrente ha riportato la succitata condanna con sentenza definitiva ricadono, appunto, nell’ambito della previsione di cui all’art. 380 cpp.
Tale circostanza determina in via automatica la reiezione dell’istanza del rinnovo del permesso di soggiorno, che si configura , pertanto, come atto dovuto e vincolato sotto tutti i profili, con conseguente assenza di qualsivoglia discrezionalità , atteso che la valutazione di pericolosità  sociale e di difetto di requisiti per l’ammissione dello straniero nel territorio dello Stato, risulta disposta direttamente dal legislatore, con conseguente vincolo dell’attività  amministrativa.
E pertanto infondato anche il quarto motivo di censura.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno dunque poste a carico del ricorrente e liquidate come dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in euro 1.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente, Estensore
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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