1. Procedimento amministrativo – Principi generali  – Obbligo di motivazione del provvedimento – Garanzie partecipative – Attività  vincolata – Attenuazione 

2. Procedimento amministrativo – Atto amministrativo – Motivazione – Plurime ragioni giustificatrici dell’adozione – Fondatezza anche di una sola di esse – Sufficienza ai fini della legittimità 

3. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata –  Piani di lottizzazione – Scadenza – Conseguenze

1. Sulla scorta del principio di dequotazione dei vizi formali di cui all’art. 21 octies le garanzie partecipative e la completezza motivazionale vanno assicurate in un’ottica non formalistica e possono essere omesse – o intese in termini più concisi- laddove il provvedimento risulti vincolato e il contraddittorio con il destinatario del tutto inutile.


2. Nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici, è sufficiente a sorreggere la legittimità  dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse, determinandosi l’irrilevanza dello scrutinio nel merito delle censure rivolte avverso le altre.

3. In tema di efficacia delle prescrizioni contenute nello strumento urbanistico di dettaglio dopo la scadenza del termine previsto per la sua esecuzione, sulla scorta del principio generale contenuto nell’art. 17 L. 1150/1942, deve affermarsi che con il decorso del termine di dieci anni diventano inefficaci unicamente le previsioni del piano di lottizzazione che non hanno avuto concreta attuazione, nel senso che non è più consentita la loro ulteriore esecuzione, salva la possibilità  di ulteriori costruzioni coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con le prescrizioni del piano attuativo, che per questa parte ha efficacia ultrattiva. 

N. 01287/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00576/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 576 del 2013, proposto da: 
Paolo Cornacchia, rappresentato e difeso dagli avv. Giacomo Tarantini e Giovanni Francesco Massaro, con domicilio eletto presso Antonio L. Deramo in Bari, via F.S. Abbrescia, n.83/B; 

contro
Comune di Bitritto, rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale Allamprese, con domicilio eletto presso Pasquale Allamprese in Bari-Santo Spirito, corso Garibaldi n.83; 

per l’annullamento
– della determinazione dirigenziale prot. n. 1687 del 31.01.2013 (all. n. 1), a firma del Responsabile del Servizio Urbanistica nonchè Responsabile del Procedimento, ing. Alberto De Nucci, pervenuta al ricorrente in data 05.02.2013 e con la quale il Comune di Bitritto ha comunicato il diniego dell’istanza di permesso a costruire recante il n. 37/2012;
– ove occorra, del P.R.G. del Comune di Bitritto e delle relative N.T.A., in particolare dell’art. 30.2, nella parte in cui, secondo l’erronea interpretazione fornita dall’UTC negli atti impugnati, non consentirebbe l’edificazione in conformità  al progetto presentato dal ricorrente;
– di ogni altro atto, connesso, presupposto e/o consequenziale a quello impugnato, ancorchè non conosciuto, ivi compresi, ove occorra ed ove lesivi degli interessi del ricorrente, le relazioni istruttorie endoprocedimentali e la proposta del responsabile del procedimento recante il prot. n. 36/URB del 29.01.2013 (cfr. all. n. 2) nonchè la comunicazione di preavviso di rigetto ex art. 10bis L. 241/1990( cfr. all. n. 3) con riserva di formulare in merito, ove occorra, appositi motivi aggiunti, anche all’esito della produzione documentale di parte resistente,
nonchè per l’accertamento del diritto
del ricorrente, con la consequenziale condanna del Comune di Bitritto, ad ottenere ad ottenere il rilascio del permesso di costruire de quo conformemente a quanto richiesto con l’istanza / pratica edilizia recante il n. 37/2012.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bitritto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori Giacomo Tarantini e Rosa Petruzzelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. I FATTI OGGETTO DEL DECIDERE.
Espone in fatto il ricorrente di aver acquistato il suolo ricadente nel Comune di Bitritto, fg. 8, p.lla 2375, inserito in più vasto piano di lottizzazione ormai in massima parte realizzato dalla società  sua dante causa, all’esito di vendita all’incanto indetta dal fallimento Solidea srl e di averne ottenuto decreto di trasferimento in data 13.2.2012.
Aggiunge di essersi determinato all’acquisto confidando nella sua edificabilità , esplicitamente indicata nella relazione di CTU di accompagnamento al bene, disposta nell’ambito della procedura fallimentare.
Tuttavia, dopo l’aggiudicazione dell’immobile, ha accertato, a seguito di interlocuzioni anche informali con i funzionari dell’UTC del Comune, che, diversamente da quanto ritenuto e attestato dalla CTU, il suolo fosse privo, in concreto, di alcuna edificabilità .
Di tanto aveva formale attestazione con il certificato di destinazione urbanistica richiesto il 31.8.2011 e rilasciato il 9.9.2011 (quando ormai l’aggiudicazione era già  avvenuta), dal quale si rilevava che il suolo in questione non disponeva di alcuna volumetria residua.
In particolare, nel Piano di Lottizzazione (P.di L.) approvato, da un lato il suolo risultava destinato a impianti sportivi privati, verde condominiale e parcheggi privati; dall’altro l’intera superficie fondiaria risultava asservita alla volumetria edificata al lotto n1, come da atto notarile di asservimento dell’1.12.201993.
Il ricorrente si determinava, comunque, a richiedere il permesso di costruire, con istanza recante il n. 37/2012, convinto dell’erroneità  degli assunti comunali.
La domanda veniva riscontrata negativamente con la determinazione dirigenziale prot. n. 1687 del 31.01.2013, impugnata in questa sede.
2. IL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO.
Il diniego si fonda su plurime ragioni giustificative, espresse qui in sintesi:
a) l’area in esame risulta priva di capacità  edificatoria autonoma, essendo asservita con atto notarile 1.12.1993 alle volumetrie già  assentite in virtù di P.di L. denominato “Solidea s.r.l.”, approvato con del. C.C. n. 244/89;
b) l’area è destinata nel citato P.di L. ad attrezzature sportive ad uso privato e parcheggi;
c) non risultano, comunque, volumetrie residue;
d) il manufatto progettato dal ricorrente innalzerebbe l’indice di fabbricabilità  oltre i 3 mc/mc previsti nella zona in esame.
3. LE CENSURE PROPOSTE.
Il ricorrente lo impugna lamentando la violazione dei principi del giusto procedimento, delle garanzie partecipative, la mancata puntuale motivazione nel diniego impugnato in ordine alle osservazioni presentate a seguito di preavviso di diniego e contesta puntualmente ciascuna singola ragione giustificativa del diniego.
Deduce in particolare che, benchè incontestato sia l’asservimento del suolo al c.d. lotto 1, la relativa volumetria non sarebbe stata completamente sfruttata in sede di edificazione del lotto n. 1.
Dei mc 38.855,792 concessi a tale lotto (n. 1), solo mc 36.781,660 sarebbero stati concretamente impiegati nell’edificazione (in ragione delle concessioni nn. 29/1992 e 57/1993), con un residuo di circa mc 2000,00 da impiegare sul suolo identificato dalla p.lla 2375 del fg.8.
Peraltro, anche in considerazione dell’evoluzione pretoria, l’asservimento non determinerebbe l’inedificabilità  assoluta.
Il ricorrente, in particolare vorrebbe, proprio con il progetto presentato, realizzare l’edificazione di quei circa 2000,00 mc residui.
In altri termini, nonostante l’asservimento, residuerebbe una vocazione edificatoria per il suolo in questione.
Circa il vincolo di destinazione (a parcheggi, attrezzature sportive ad uso privato e gestione condominiale), espone che esso sarebbe del tutto indimostrato, non essendo ancora riuscito a venire in possesso degli atti istruttori da cui il Comune avrebbe derivato il vincolo opposto che, leggendo le cartografie allegate alla lottizzazione ed alla relativa convenzione, non sarebbe desumibile dal alcun allegato progettuale.
D’altro canto, il piano di lottizzazione sarebbe ormai divenuto inefficace, per la parte rimasta ineseguita, per decorso del suo termine massimo di validità  (10 anni), sicchè l’area avrebbe ormai perso il vincolo di destinazione precedentemente impresso.
Deduce, inoltre – ed il motivo si riconnette in modo evidente alla doglianza relativa al ritenuto asservimento dell’area- , che – diversamente da quanto affermato nel provvedimento impugnato – residui volumetria edificabile, in quanto, dall’esame cronologico (esposto in modo dettagliato e puntuale a pagg. 18 e 19 del ricorso introduttivo) di tutti i provvedimenti concessori rilasciati in favore della società  poi fallita e sua dante causa, la volumetria concessa (pari a 38.855,792) sarebbe stata edificata solo per mc 36.781,660. Dunque, non sarebbe in realtà  corretto ritenere che l’indice di fabbricabilità  avrebbe già  raggiunto mc 2,996 e supererebbe i 3,00 mc in caso di edificazione del suo lotto.
In altri termini tra il “concesso” ed il “realizzato in concreto” vi sarebbe uno scarto di circa mc 2000,00 ancora sfruttabili.
Anche per tale motivo di diniego non sarebbe rinvenibile l’atto istruttorio fondante, da cui l’Amministrazione avrebbe ricavato tale convincimento.
Circa il quarto motivo di diniego consistente nell’avvenuto utilizzo di tutte le volumetrie disponibili per l’edificazione delle palazzine 1 e 2, ripropone le stesse argomentazioni appena sintetizzate (l’edificazione sarebbe avvenuta in misura più ridotta rispetto agli atti concessori e residuerebbero delle volumetrie).
Alle doglianze resiste il Comune intimato, difendendo l’operato dell’UTC che non avrebbe fatto altro che effettuare una puntuale ed esatta ricognizione della situazione di edificabilità  del suolo, alla luce delle varie vicende che avevano interessato il piano di lottizzazione.
Ribadisce, inoltre, che già  il certificato di destinazione urbanistica del 9.9.2011 aveva inconfutabilmente “fotografato” la situazione dell’area del ricorrente che, affidandosi alle considerazioni della CTU, era stato indotto a commettere un clamoroso errore di valutazione.
4. L’ISTRUTTORIA E LA VALUTAZIONE DELL’ELABORATO PERITALE.
Il Collegio, già  in fase cautelare, rilevata la contraddittorietà  tra emergenze della CTU fallimentare e attestazioni urbanistiche del Comune e forte del principio di dequotazione dei vizi formali di cui all’art. 21 octies della Legge sul procedimento amministrativo, in un’ottica sostanzialistica, ha ritenuto che punto nodale della decisione fosse stabilire se il diniego del Comune fosse corretto o meno, alla luce delle vicende urbanistiche che avevano interessato il suolo, passando in secondo piano la completezza motivazionale in relazione alle osservazioni proposte a seguito di preavviso di diniego, noto essendo il principio per cui le garanzie partecipative e la completezza motivazionale vanno assicurate in un’ottica non formalistica e possono essere omesse – o intese in termini più concisi- laddove il provvedimento risulti vincolato e il contraddittorio con il destinatario del tutto inutile (come nel caso di specie, in base a quanto si dirà  nel prosieguo).
Ha ritenuto, in altri termini, che la questione ineludibile ritenesse nella concreta edificabilità  dell’area e nell’assentibilità  dell’intervento progettato.
Per questo è stata disposta verificazione.
Preliminarmente, il Collegio formula un giudizio di piena attendibilità  degli esiti dell’incombente istruttorio disposto.
Tale giudizio si fonda sulle specifiche competenze professionali del verificatore (Dirigente dell’Ufficio Urbanistico Regionale), sulla sua lunga e pregressa attività , sulla coerenza e logicità  dell’elaborato, nonchè sulla sua puntualità .
5. LE RAGIONI DELLA DECISIONE.
L’esito della verificazione vale, pertanto, a rappresentare il discrimen tra le pretese reciproche delle parti.
Vale a questo punto aggiungere una considerazione essenziale in ordine alla natura dell’atto impugnato.
Come si è già  avuto modo di chiarire, trattasi di atto sorretto da plurime ragioni giustificative, sicchè la resistenza di una sola di esse all’impugnazione, determina l’irrilevanza dello scrutinio nel merito delle censure rivolte avverso le altre, in quanto essa stessa, di per sè sola, vale a supportare sufficientemente il dispositivo del provvedimento impugnato.
Tanto si è verificato nel caso di specie.
Per sole ragioni di economia processuale, senza soffermarsi sulle ulteriori censure (che risultano, tuttavia, all’esito della verificazione tutt’altro che fondate), deve rilevarsi che il verificatore ha riscontrato (v. pagg. 7 e 8 elaborato) che il suolo de quo risulta riportato nella Tav. 5 allegata al Piano di Lottizzazione.
Da ciò consegue che è infondata la seconda censura, con cui il ricorrente si doleva del fatto che in nessun elaborato grafico a lui esibito, il suolo in questione risultasse sottoposto ai vincoli indicati dal Comune.
Le cartografie allegate allo strumento urbanistico di dettaglio, infatti, per come chiarito dal verificatore, dimostrano che tale suolo, invece, rientrava nel P. di L. con la destinazione conformativa già  indicata nel provvedimento impugnato.
Il verificatore ha, altresì, riconosciuto la perdurante vigenza dello strumento urbanistico di dettaglio (e sul punto non risulta alcuna successiva confutazione di parte) e la necessità , per mutarne la destinazione, di predisporre una variante al piano.
In merito alla perdurante vigenza del vincolo di destinazione, rileva il Collegio che l’accertamento svolto dal verificatore è confortato dalla valutazione giuridica del Giudice in merito all’efficacia delle prescrizioni contenute nello strumento urbanistico di dettaglio.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. V , 30 aprile 2009, n.2768), in materia di efficacia del piano di attuazione dopo la scadenza del termine previsto per la sua esecuzione, si è soffermata sul significato del principio generale contenuto nell’art. 17, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, per il quale, “decorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso”.
àˆ stato affermato (Sez. IV, 4 dicembre 2007 n. 6170) che da tale comma, debbono trarsi i seguenti principi (di per sè applicabili anche al piano di lottizzazione, equiparato al piano particolareggiato di iniziativa pubblica):
a) le previsioni dello strumento attuativo comportano la concreta e dettagliata conformazione della proprietà  privata (con specificazione delle regole di conformazione disposte dal piano regolatore generale, ai sensi dell’art. 869 del codice civile);
b) in linea di principio, le medesime previsioni rimangono efficaci a tempo indeterminato (nel senso che costituiscono le regole determinative del contenuto della proprietà  delle aree incluse nel piano attuativo);
c) col decorso del termine (di dieci anni, per il piano di lottizzazione), diventano inefficaci unicamente le previsioni del piano attuativo che non abbiano avuto concreta attuazione, nel senso che non è più consentita la sua ulteriore esecuzione, salva la possibilità  di ulteriori costruzioni coerenti con le vigenti previsioni del piano regolatore generale e con le prescrizioni del piano attuativo (anche sugli allineamenti), che per questa parte ha efficacia ultrattiva.
In altri termini, l’art. 17 della legge n. 1150 del 1942 si ispira al principio secondo cui, mentre le previsioni del piano regolatore rientrano in una prospettiva dinamica della utilizzazione dei suoli (e determinano ciò che è consentito e ciò che è vietato nel territorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio, con la devoluzione al piano attuativo delle determinazioni sulle specifiche conformazioni delle proprietà ), le previsioni dello strumento attuativo hanno carattere di tendenziale stabilità  (perchè specificano in dettaglio le consentite modifiche del territorio, in una prospettiva in cui l’attuazione del piano esecutivo esaurisce la fase della pianificazione, determina l’assetto definitivo della parte del territorio in considerazione e inserisce gli edifici in un contesto compiutamente definito).
In considerazione della stabilità  delle previsioni del piano attuativo, va affermato dunque il principio per il quale le prescrizioni urbanistiche di un piano attuativo rilevano a tempo indeterminato, anche dopo la sua scadenza.
La giurisprudenza ha anche chiarito (Sez. IV, 19 febbraio 2007 n. 851) il significato da attribuire agli artt. 16, 17 e 28 della legge c.d.urbanistica, secondo cui l’efficacia dei piani particolareggiati, ai quali si assimilano analogicamente le lottizzazioni convenzionate, hanno un termine entro il quale le opere debbano essere eseguite, che non può essere superiore a 10 anni.
L’imposizione del termine suddetto, infatti, va inteso nel senso che le attività  dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, sia convenzionale che autoritativo, non possono essere attuate ai sensi di legge oltre un certo termine, scaduto il quale l’autorità  competente riacquista il potere-dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate, anche, in ipotesi, con una nuova convenzione di lottizzazione. Con la conseguenza che, se, e fino a quando, tale potere non viene esercitato, l’assetto urbanistico dell’area rimane definito nei termini di cui alla convenzione di lottizzazione.
Richiamato tale orientamento, è confermato che l’area abbia mantenuto ferma la destinazione assegnatale dal P.di L..
Sono risultate così puntualmente smentite le contestazioni formulate da parte ricorrente, in ordine alla destinazione dell’area (già  certificata nel 2011 con atto improvvidamente richiesto solo dopo l’aggiudicazione), mentre è confermata l’esistenza di puntuali riferimenti cartografici da cui il vincolo discende.
A fronte di tale conclusione, i rilievi proposti dal ricorrente in ordine alla riconosciuta edificabilità  residua (che però il verificatore ammette in via condizionata ed incerta) sono del tutto ultronei, poichè la destinazione urbanistica impressa al suolo dal Piano di Lottizzazione è dirimente.
Per le ragioni appena esposte il ricorso non può trovare accoglimento, restando le ulteriori censure assorbite (rectius improcedibili per difetto di interesse).
Resta impregiudicata per il ricorrente la possibilità  di esperire opportuni rimedi giurisdizionali nei confronti dei terzi che hanno dato causa al pregiudizio subito in ragione della dichiarata edificabilità  dell’area.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo, previa compensazione per 1/3 in considerazione della particolarità  della controversia e della particolarità  della posizione del ricorrente indotto in errore dalla già  citata CTU.
Con contestuale determinazione (che assume, però, la forma di decreto) si procede a liquidare anche l’attività  compiuta dal verificatore. In ordine all’ammontare, pur tenendo conto della specificità  del caso, il Collegio ritiene congruo, per esigenze di omogeneità  e parità  di trattamento, adeguarlo a quanto richiesto da altro verificatore, per analoga attività  professionale, in controversia trattata in pari data (recante n. 278/2012).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara improcedibile per difetto di interesse.
Condanna Cornacchia Paolo al pagamento di 2/3 delle spese processuali in favore del Comune di Bitritto che liquida in euro 2000,00 omnicomprensivi, oltre IVA, CAP e spese generali.
Pone a carico di parte ricorrente le spese di verificazione che liquida complessivamente in euro 1200,00, in favore del verificatore ing. Nicola Giordano.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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