1. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Riconoscimento infermità dipendente da causa di servizio – Discrezionalità tecnica P.A.
2. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Riconoscimento infermità dipendente da causa di servizio – Equo indennizzo – Ipotesi di menomazioni non previste nelle categorie prestabilite ex D.P.R. n. 834/1981 – Ammissibilità della richiesta per assimilazione alle categorie prestabilite.
3. Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Riconoscimento infermità dipendente da causa di servizio – Equo indennizzo – Riconoscimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalla causa di servizio – Non ammissibilità
4. Risarcimento del danno – Riconoscimento del “danno da ritardo” ex art. 2-bis, L. n. 241/1990 – Disciplina – Domanda – Mancanza di prova – Infondata
1. Sono da ritenersi riconducibili alla discrezionalità tecnica dell’Amministrazione tutti gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio concernenti le infermità dei pubblici dipendenti, nonchè le istanze di equo indennizzo da questi promosse.
2. Ai sensi dell’art. 2, comma 4, D.P.R. n. 461/2001, qualora la menomazione conseguente a infermità o lesione, non fosse espressamente prevista sulla base delle categorie contemplate nelle tabelle A e B del D.P.R. n. 834/1981, si potrà dare luogo a indennizzo solo se detta menomazione possa essere assimilata a una delle predette categorie (laddove tale infermità dovesse sopraggiungere entro cinque anni dalla cessazione del rapporto di impiego).
3. Non possono ritenersi ammissibili le richieste di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali sofferti dal pubblico dipendente in seguito al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della relativa infermità , in quanto l’accoglimento di dette domande è pur sempre subordinato alla determinazione dell’Amministrazione in ordine all’istanza di equo indennizzo, dal cui esito dipende tale valutazione di ammissibilità .
4. àˆ infondata la richiesta di risarcimento del c.d. “danno da ritardo” ex art. 2-bis, L. n. 241/1990, premesso che il superamento del termine fissato dalla legge o in via regolamentare per la conclusione del procedimento non sia da ritenersi di per sè sufficiente a integrare la piena prova del danno, nè ad affermare la responsabilità dell’Amministrazione; spetta dunque al danneggiato provare la sussistenza di tutti i presupposti utili, sia di carattere oggettivo che soggettivo, per ottenere il riconoscimento del danno sofferto.
N. 01171/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00593/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 593 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Zito, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Cianciola in Bari, Via Garruba, 24;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, presso la quale è domiciliato in Bari, Via Melo, 97;
per l’annullamento
del Decreto n. 2985/N del 06.10.2010, notificato in data 27.12.2010, del Ministero della Difesa – Direzione Generale della Previdenza Militare, della Leva e del Collocamento al Lavoratore dei Volontari Congedati, II Reparto – 9° Divisione, relativo al rigetto della domanda di equo indennizzo;
per la condanna
al risarcimento dei danni connessi all’infortunio ed alla violazione dei termini per l’adozione del provvedimento;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art.22, D.lgs. 30.06.2003, n. 196, comma 8;
Relatore nell’Udienza Pubblica del giorno 26 giugno 2014 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori avv. Giuseppe Cianciola, su delega dell’avv. Domenico Zito, e avv. dello Stato Donatella Testini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’odierno ricorrente, militare in congedo, impugna il decreto in oggetto, con cui il Ministero della Difesa ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio dell’infermità sofferta dallo stesso (-OMISSIS-), ma non ha accordato la relativa istanza di equo indennizzo, ritenendo tale infermità non ascrivibile alle Categorie di cui alle Tabelle A e B del DPR n. 834/1981.
Avverso il provvedimento, la parte lamenta il vizio di violazione e mancata applicazione dell’art. 2, DPR n. 461/01, nonchè violazione dell’art.3, l. n. 241/90, chiedendo altresì la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti, oltre al risarcimento del danno c.d. da ritardo ex art. 2bis, L. n.241/90.
L’Amministrazione si è ritualmente costituita in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande avverse.
All’esito dell’Udienza Pubblica del 26.06.2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene di accogliere solo in parte il ricorso, per le seguenti considerazioni.
In linea generale, non si ha motivo di discostarsi dal costante orientamento giurisprudenziale secondo cui gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti, anche in relazione all’equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale su tali decisioni è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l’inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale, nonchè di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito.
Nella specie, non emerge dal provvedimento impugnato la ragione per la quale l’infermità sofferta dal ricorrente – accertata dalla competente Commissione Medica Ospedaliera e pacificamente riconosciuta come dipendente da causa di servizio – non possa farsi rientrare tra quelle indicate nelle Tabelle A e B del sopra citato DPR n. 834.
Invero il Collegio reputa che nel caso de quo il Ministero abbia omesso di pronunciarsi sul giudizio di equivalenza tra la menomazione sofferta dal ricorrente e quelle indicate nelle Tabelle allegate al DPR. n. 834, o quanto meno non ne abbia dato compiutamente conto nel provvedimento impugnato.
Infatti, l’art. 2, DPR n. 461/01 prescrive espressamente al quarto comma che “la menomazione conseguente ad infermità o lesione non prevista in dette tabelle è indennizzabile solo nel caso in cui essa sia da ritenersi equivalente ad alcuna di quelle contemplate nelle tabelle stesse, anche quando la menomazione dell’integrità fisica si manifesta entro cinque anni dalla cessazione del rapporto d’impiego, elevati a dieci anni per invalidità derivanti da infermità ad eziopatogenesi non definita o idiopatica”.
Pertanto, come confermato anche da altre pronunce del giudice amministrativo (TAR Lazio, Roma, Sez. I bis, 8577 del 18.10.2012; idem, Sez. III, n. 1413 del 23.02.2001), l’Amministrazione avrebbe dovuto applicare il criterio dell’equivalenza espressamente previsto dalla norma suddetta, sussistendo l’obbligo per la stessa di valutare, stante la mancata espressa previsione nelle tabelle della riscontrata infermità , se quest’ultima potesse o meno essere considerata equivalente, per la natura e la gravità degli esiti invalidanti, a taluna delle patologie elencate nelle tabelle medesime, motivando infine in esito al giudizio finale di non equivalenza.
Il ricorso va pertanto accolto solo sotto tale profilo per carenza di motivazione con specifico riferimento all’omessa valutazione di equivalenza.
Alla medesima conclusione non può tuttavia giungersi per quanto riguarda le richieste risarcitorie avanzate dalla parte.
Con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente sofferti dal ricorrente, il Collegio rileva, oltre all’inammissibilità della stessa per assoluta genericità e assoluto difetto di prova, che in esecuzione della presente decisione l’Amministrazione dovrà adottare una nuova determinazione in ordine all’istanza di equo indennizzo – che potrebbe in ipotesi condurre all’accoglimento della domanda – precludendo così al Collegio qualsivoglia valutazione in ordine alla domanda risarcitoria.
Anche con riferimento alla pretesa del danno ex art. 2 bis, l. n. 241/90, cd. danno da ritardo, il Collegio deve rilevarne l’inammissibilità per assoluta genericità e mancanza di prova.
àˆ infatti ormai ampiamente affermato in giurisprudenza, che il superamento del termine fissato ex lege o in via regolamentare per la conclusione del procedimento non valga di per sè solo ad integrare la piena prova del danno, nè ad affermare la responsabilità dell’Amministrazione (Ad. Pl., n. 7/2005), dovendo semmai il danneggiato provare tutti i presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante).
A ciò si aggiunga che tale danno viene riconosciuto nella maggioranza dei casi solo laddove il procedimento amministrativo lesivo di un interesse pretensivo dell’amministrato sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario, circostanza che, per le considerazioni fatte sopra, non può ancora dirsi realizzata nella specie, dovendo l’Amministrazione nuovamente pronunciarsi sull’istanza del ricorrente.
Le domande di risarcimento così proposte vanno pertanto dichiarate inammissibili.
In considerazione dell’accoglimento parziale del ricorso, le spese di lite possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile, in parte lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, fatte salve le ulteriori determinazioni.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute della ricorrente o di persone comunque citate nel provvedimento.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)