1. Processo amministrativo – Interruzione del giudizio – Effetti – Prosecuzione del giudizio – Danno –
2. Processo amministrativo – Notificazione – Inesistenza – Costituzione spontanea in giudizio – Effetti
3. Processo amministrativo – Controinteressati – Individuazione – Interesse
4. Processo amministrativo – Spese giudiziali – Responsabilità aggravata – Requisiti ai fini della condanna – Danno
1. L’interruzione del giudizio è finalizzata esclusivamente a tutelare la parte colpita dall’evento interruttivo. Ne consegue che, una volta concretizzatosi l’evento interruttivo, la valutazione dell’effettivo verificarsi di un danno, in caso di prosecuzione del processo, può essere compiuta solo dal procuratore della parte interessata cui, pertanto, è rimesso il potere di decidere se provocare o meno l’interruzione.
2. L’effetto sanante della costituzione spontanea in giudizio del controinteressato non si verifica nel caso in cui la notificazione sia stata totalmente omessa. L’intervento in giudizio, infatti, non può porre nel nulla gli effetti della decadenza dall’impugnazione che si producono allo scadere del termine per la proposizione del gravame.
3. La qualità di controinteressato va riconosciuta ai soggetti nominativamente determinati, esplicitamente menzionati o agevolmente individuabili nel corpo del provvedimento impugnato, sempre che tali soggetti vantino un interesse, di contenuto contrario a quello del ricorrente principale, volto a conservare gli effetti favorevoli rivenienti dalla statuizione amministrativa contestata.
4. La condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. richiede non solo la totale soccombenza e la mala fede della parte di cui si chiede la condanna, ma anche la prova della concreta ed effettiva sussistenza di un danno in conseguenza della condotta processuale della parte.
N. 00968/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00173/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 173 del 2013, proposto da:
Giuseppe Cataldi, Antonio Cataldi, Carlo Cataldi, Cosimo Cataldi, rappresentati e difesi dall’avv. Angela Aliani, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;
contro
Comune di Gravina in Puglia, rappresentato e difeso dagli avv. Lucia Lorusso, Vito Spano, con domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso in Bari, via Amendola N.166/5;
nei confronti di
Pietro Capone, rappresentato e difeso dall’avv. Sergio Casareale, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;
per l’annullamento
della determina dirigenziale del Comune di Gravina in Puglia n. prot. 22318 del 24/7/2012
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Gravina in Puglia e di Pietro Capone;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, co. 1, e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2014 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori Angela Aliani, Luigi D’Ambrosio e Sergio Casareale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con determina prot. 22318 del 24/7/2012, il dirigente dell’area tecnica del Comune di Gravina in Puglia annullava in autotutela la concessione edilizia n. 66/99 del 13/5/99 e quella in sanatoria n. 110/2000 rilasciate ai germani Cataldi, stante la riscontrata illegittimità originaria di dette concessioni risultate fondate “su una pianta non corrispondente a quella reale”, di talchè avevano autorizzato “lavori su fondi di non appartenenza ai richiedenti”.
In particolare, come emerge dagli atti di causa, i Cataldi, proprietari del suolo sito in Gravina in Puglia (fg. 104 particelle nn. 2351 e 2352), avrebbero falsamente rappresentato l’estensione del proprio fondo nella richiesta di concessione edilizia, così da farlo risultare di circa 100 mq più esteso, per effetto dello sconfinamento nell’adiacente particella fg. 104 n. 2367 di proprietà (rectius: comproprietà ) di Capone Pietro. Quest’ultimo in data 11/5/2012 aveva formalmente richiesto al Comune di annullare le suindicate concessioni in via di autotutela, ripercorrendo nella denuncia le vicende processuali (civili e penali) relative alla porzione contesa della particella n. 2367, interessata dall’intervento edificatorio dei Cataldi.
Con ricorso depositato il 4/2/2013, Cataldi Giuseppe, Antonio, Carlo e Cosimo instauravano innanzi all’intestato Tribunale il giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso al capo dello Stato, per effetto dell’opposizione proposta dal controinteressato Capone Pietro, chiedendo preliminarmente che l’opposizione fosse dichiarata inammissibile con conseguente rinvio degli atti al competente ufficio e, in subordine, di annullare il provvedimento adottato in autotutela dal Comune di Gravina.
Il Comune e Capone Pietro hanno resistito alla domanda.
Va preliminarmente disattesa la richiesta di parte ricorrente di dichiarare l’interruzione del presente giudizio stante l’avvenuto decesso in data 10/3/2014 del controinteressato Capone Pietro (come da certificato di morte versato in atti). Trattasi infatti di evento non dichiarato dal difensore della parte processuale “interessata”, bensì da quello di parte ricorrente. Sul punto giova richiamare la consolidata giurisprudenza a mente della quale “l’interruzione è finalizzata esclusivamente alla tutela della parte colpita dall’evento¦” e “la valutazione dell’effettivo verificarsi di un danno in caso di prosecuzione del processo può essere utilmente compiuta solo dal procuratore di detta parte, cui perciò è logicamente rimesso il potere di decidere se provocare o meno l’interruzione” (in termini, cfr. Corte cost. 28 novembre 2003, n. 349 richiamata da Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 15/1/2013, n. 4314). Pertanto, l’omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 300 c.p.c. da parte del difensore del Capone osta all’invocata declaratoria di interruzione.
Necessita a questo punto vagliare l’ulteriore questione processuale relativa alla regolarità della notifica dell’atto introduttivo del presente giudizio di trasposizione del ricorso straordinario.
Risulta ex actis che il Capone non ha mai ricevuto la prescritta notifica ex art. 48 c.p.a.
A seguito degli incombenti istruttori disposti dal Tribunale con ordinanza del 19/12/2013, Poste Italiane s.p.a. ha accertato che l’atto giudiziario n. 76487679356-2 spedito da Aliani Angela (difensore dei ricorrenti) a Capone Pietro, non è mai pervenuto all’indicato destinatario: “poichè la via indicata sul plico corrisponde all’indirizzo dell’Avv. Aliani Angela, mittente dell’atto sopra individuato; ravvisando quindi un errore nella compilazione del blocco indirizzo, lo stesso è stato restituito al mittente Avv. Aliani ..”. Tanto precisa Poste Italiane nella nota depositata il 15/4/2014, con allegata copia del registro di consegna del 7/2/13, evidenziando che l’atto giudiziario era diretto a Capone Pietro presso Avv. Casareale, all’indirizzo via Mameli n. 14 e, cioè, all’indirizzo del mittente stesso. La difesa dei ricorrenti, per confutare l’assunto del Capone, ha depositato copia del registro di consegna del 5/2/2013, da cui tuttavia neppure emerge l’avvenuta consegna dell’atto presso lo studio dell’Avv. Casareale, leggendosi l’annotazione “sconosciuto”. In conclusione, la notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio è del tutto inesistente, siccome effettuata ad un indirizzo che non ha alcun riferimento con il destinatario dell’atto.
Nè rileva in senso contrario la costituzione del Capone, che solo accidentalmente ha avuto notizia della pendenza del giudizio. “Per costante e condiviso principio giurisprudenziale, infatti, l’effetto sanante della costituzione spontanea in giudizio del controinteressato, pacificamente riconosciuto nelle ipotesi di eventuali irregolarità della notificazione, non si verifica nel caso in cui la notificazione sia stata totalmente omessa, non potendo l’intervento in giudizio porre nel nulla gli effetti della decadenza dall’impugnazione, che si producono allo scadere del termine per la sua proposizione (per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2923)” – Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4/2/14 n. 964.
Privo di pregio, poi, risulta l’assunto di parte ricorrente circa la carenza della qualità di controinteresato in capo al Capone, definito mero “denunciante”; infatti, la qualità di controinteressato va riconosciuta ai soggetti nominativamente determinati, esplicitamente menzionati o comunque agevolmente individuabili nel corpo del provvedimento impugnato, i quali vantino un interesse giuridicamente qualificato di contenuto contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso principale, strumentalmente volto a conservare gli effetti favorevoli rinvenienti dalla statuizione amministrativa contestata (per tutte, TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 28/5/2009 n. 4959).
Il Capone è comproprietario della particella fg. 104 n. 2367 (cfr. punto 11 del verbale di pubblicazione del testamento olografo del padre Capone Salvatore, allegato alla produzione del Capone), confinante con i suoli dei Cataldi ed occupata sine titulo dal manufatto da questi realizzato. Egli, esplicitamente menzionato più volte nel provvedimento impugnato, è certamente titolare di uno specifico e qualificato interesse al ripristino delle condizioni di legittimità , come dimostrato anche dall’instaurazione di un giudizio civile contro i Cataldi e dalla costituzione di parte civile nel procedimento penale avente ad oggetto gli stessi fatti che hanno determinato la P.A. all’intervento in autotutela.
Come esplicitato dal Capone (e confermato nel provvedimento impugnato), il fondamento giustificativo dell’annullamento delle concessioni edilizie in favore dei Cataldi risiede proprio negli arresti processuali che hanno fatto luce sulla complessiva vicenda che ha riguardato le confinanti proprietà Cataldi – Capone.
Per le suesposte ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile.
Quanto alla istanza ex art. 89 c.p.c. formulata dal controinteressato, osserva il Tribunale che le espressioni rimarcate dal Capone non appaiono dettate da un intento dispregiativo e offensivo nei suoi confronti, conservando pur sempre un rapporto con la materia controversa e risultando finalizzate a smentire l’attendibilità di quanto da lui affermato.
Quanto, invece, alla richiesta risarcitoria ex art. 96 c.p.c va ricordato che “La condanna per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. richiede non solo la totale soccombenza e la mala fede (o colpa grave) della parte di cui si chiede la condanna, ma anche la prova della concreta ed effettiva sussistenza di un danno in conseguenza della condotta processuale della parte medesima, posto che la liquidazione dei danni, sebbene effettuabile d’ufficio, richiede in ogni caso la prova dell’an e del quantum debeatur” (Tribunale Bari 02 dicembre 2013), prova che nel caso in esame è del tutto mancata.
Nè infine – a parere del Collegio – sussistono i presupposti per la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica e al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, in relazione alle irregolarità che la difesa del Capone ha ravvisato nelle operazioni di notifica eseguite dall’Avv. Aliani ex l. 53/94; non sussiste, infatti, alcun elemento da cui inferire che l’indicazione di un recapito errato (via Mameli 14, invece che via Verga 106) sulla raccomandata indirizzata all’Avv. Casareale e la conseguente difformità rispetto alla relata scritta sull’originale dell’atto notificato, sia stata intenzionale.
La natura della pronuncia induce a compensare le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)