1. Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata – Opere abusive – Vigilanza sull’attività  edilizia –  Ordinanza di rimozione – Natura vincolata – Motivazione – Relazione di sopralluogo – Sufficienza


2. Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata – Vigilanza sull’attività  edilizia –  Opere abusive – Ordinanza di demolizione  – Autotutela – Non è necessaria


3. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Permesso di costruire – Impugnazione – Termine – Unitamente al provvedimento repressivo – Inammissibilità 


4. Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata – Permesso di costruire – Contenuto precario del titolo – Illiceità  – Conseguenze


5. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Opere abusive  – Vigilanza sull’attività  edilizia – Sanzioni – Alternatività  – Non sussiste 


6. Edilizia ed urbanistica – Attività  edilizia privata – Opere abusive – Ordinanza di demolizione –  Notificazione – Proprietario – Sufficienza

1. Deve ritenersi sufficientemente motivata l’ordina di rimozione di opere abusive motivata per relationem dalla relazione di sopralluogo che ha individuato le opere realizzate in difformità  o in assenza del titolo edilizio ottenuto dal proprietario nonchè la violazione delle procedure per le costruzioni in materia antisismica. La sufficienza della motivazione per relationem alla relazione istruttoria si giustifica anche per la natura vincolata dei provvedimenti sanzionatori di demolizione  in materia di repressione degli abusi edilizi.


2. La natura vincolata dei provvedimenti sazionatori comminati per la repressione degli abusi edilizi esclude che essi debbano essere assistiti dalle garanzie tipiche dell’esercizio del potere di autotutela, quali l’avviso di avvio del procedimento e la motivazione circa la ponderazione degli interessi pubblici e privati contrapposti presi in esame nel procedimento di annullamento: la constata realizzazione dell’opera abusiva, infatti, determina la sussistenza in re ipsa dell’interesse pubblico alla rimozione dell’opera stessa, senza la necessità  di ricorrere, per il suo riconoscimento, allo schema dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies della l. 6 agosto 1990, n. 241.  


3. Qualora il titolo edilizio rilasciato dal Comune presenti dei vizi va impugnato immediatamente da chi vi ha interesse e non unitamente al provvedimento repressivo dell’abuso edilizio che può esserne scaturito. 


4. In materia di rilascio del permesso di costruire deve escludersi la sua necessità  per le opere precarie, quelle cioè che, indipendentemente dalla loro natura amovibile o meno o dalla durata della loro collocazione, siano destinate a fini specifici, contingenti e limitati nel tempo  e siano facilmente rimovibili e non destinare a mutare lo stato dei luoghi in modo stabile; allo stesso modo, tuttavia, deve escludersi che possa essere rilasciato un permesso di costruire precario, destinato cioè a spiegare i suoi effetti in un lasso di tempo limitato, con scadenza ma prorogabile: siffatti provvedimenti sono contra legem e pertanto determinano comportamenti conseguenti da parte di coloro che rivestono la  qualifica di pubblici ufficiali, quali l’invio dei relativi atti in Procura.


5.  Ai sensi dell’art. 27  comma 2 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380 qualora le opere abusive siano realizzate in difformità  dal titolo edilizio o in assenza dello stesso e contravvengano a leggi, regolamenti e piani urbanistici, in modo da violare i vincoli posti da siffatte fonti ( nella specie il vincolo di inedificabilità  assoluta, atteso che le opere insistono su zona agricola), l’unica sanzione che la norma richiamata prevede è la demolizione: lo stesso testo unico, peraltro, prevede il ricorso alla sanzione pecuniaria alternativa, ai sensi dell’art. 34 comma 2 del d.p.R. richiamato, soltanto nell’ipotesi in cui il privato non provveda spontaneamente alla demolizione e  l’autorità  procedente accerti che la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio per la parte dei lavori eseguiti in conformità .


6. Non inficia la legittimità  dell’ordinanza di demolizione la notificazione del provvedimento effettuata esclusivamente al proprietario del bene sul quale insiste l’opera da demolire, a nulla rilevando la quantità  e la qualità  dell’attività  svolta (nella specie attività  sportiva in campi di calcetto e ristoro per i soci svolta da un’associazione senza fini di lucro) nelle opere abusive ai fini dell’adozione dei provvedimenti repressivi, in quanto finalizzati al ripristino della legalità  violata. 

N. 00942/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00486/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 486 del 2013, proposto da: 
Francesco Dolciamore, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico D’Ambrosio, con domicilio eletto presso Lorenzo Melchiorre in Bari, via Celentano, n. 27; 

contro
Comune di Giovinazzo, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Colella, con domicilio eletto presso Mara Caponio in Bari, Corso Mazzini n.136/D; 

per l’annullamento
– dell’ordinanza n. 09 del 7 febbraio 2013, a firma del Dirigente il Terzo Settore del Comune di Giovinazzo – Gestione del Territorio, avente ad oggetto la demolizione delle opere rilevate a seguito del sopralluogo del 11.07.2012;
– dell’ivi richiamato verbale di sopralluogo prot. n. 18 517 del 21.8.2012;
– dell’ivi richiamato verbale di sopralluogo prot. n. 21327 del 2.10.2012;
– della ivi richiamata ordinanza n. 51 del 5.10.2012, a firma del Dirigente il Terzo Settore del Comune di Giovinazzo – Gestione del Territorio, avente ad oggetto la sospensione dei lavori;
– delle (non conosciute) note prot. 11009 del 14.5.2012 e prot. 13740 del 18.6.2012, a firma del Dirigente il Terzo Settore del Comune di Giovinazzo – Gestione del Territorio;
– di tutti gli atti presupposti e/o connessi, in quanto lesivi, ove esistenti ed ancorchè sconosciuti al ricorrente.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Giovinazzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori Domenico D’Ambrosio e Domenico Colella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Il sig. Francesco Dolciamore riferisce di aver ottenuto dal Comune di Giovinazzo il permesso di costruire n. 321/04 del 28.10.2004 e successivo permesso di costruire in variante n. 31 del 12.09.2005, per la realizzazione di n. 2 campi da calcetto, una piscina ed una zona d’ombra nel fondo rustico di sua proprietà .
Nell’anno 2006 egli concedeva una porzione del cespite immobiliare in uso alla associazione di denominata “A.S.D. C.S. Margherita”, affinchè questa vi esercitasse le attività  di promozione sportiva e di somministrazione di cibi e/o bevande ai propri soci.
Al fine di rendere possibile l’esercizio dell’attività  di bar – pizzeria riservata ai soli soci del predetto circolo privato, il sig. Francesco Dolciamore, nell’interesse della Associazione, con istanza del 20-23.04.2007, richiedeva il permesso di costruire per la realizzazione di forno a legna e l’installazione di banconi attrezzati per il bar e la pizzeria all’aperto, rilasciato con provvedimento n. 361/07 del 13.06.2007. Quest’ultimo veniva concesso fino al 31.10.2007, sul presupposto che «l’uso dell’immobile, a circolo privato, non ne varia la destinazione d’uso, in quanto il suo utilizzo è rivolto ad un numero ristretto di persone e non imprime all’immobile stesso una destinazione di tipo commerciale».
Tale attività  in data 15.01.2008 otteneva anche il certificato di agibilità  prot. 30199/07.
Seguivano ulteriori permessi di costruire, in particolare il n. 198/2008, il n. 207/09 e una D.I.A. del 19.06.2008 con cui venivano assentiti ulteriori manufatti sul cespite immobiliare del sig. Dolciamore.
L’Associazione “S. Margherita”, in qualità  di utilizzatrice e comodataria del complesso immobiliare in questione, otteneva dal canto suo autorizzazione n. 12 del 18.07.2008 rilasciata dal Sindaco del Comune di Giovinazzo, legittimante l’attività  di «centro sportivo aperto ai soli soci con n. 2 campi di calcetto con annessi servizi e n.1 piscina ornamentale, siti in Giovinazzo alla contrada San Margherita»; e l’autorizzazione sanitaria prot. 478 del 18.07.2008, rilasciata dal Servizio Igiene Pubblica della ASL BA, oltre quella volta alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande di tipo A e B.
In seguito a sopralluogo dell’11 luglio 2012 esperito dal Comando della Polizia Municipale e dalla Guardia di Finanza, il Comune di Giovinazzo contestava al sig. Dolciamore una serie di violazioni edilizie. Veniva notificata l’ordinanza n. 51/2012 di sospensione dei lavori e con l’ordinanza n. 09 del 07.02.2013 veniva ingiunta la “demolizione di tutto quanto abusivamente realizzato, come in premessa riportato, all’immobile sito alla Contrada “S. Margherita loc. Montedoro, identificato catastalmente al N.C.E.U. al Fg. 6 mappale 386 sub. 1, quale risulta dal verbale di sopralluogo prot. n. 16517 del 21.08.2012 e n. 21327 del 2.10.2012, ai quali si rinvia per relationem”.
Avverso i provvedimenti adottati all’esito del menzionato sopralluogo, il sig. Dolciamore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:
1) Violazione e/o omessa applicazione delle disposizioni di cui al Titolo I, Capo II (Permesso di costruire), artt. 10 e ss, D.P.R. 06.06.2001 n. 380, e Titolo I, Capo Terzo (Denuncia di inizio attività ), artt. 22 e ss., e 38 (Interventi eseguiti in base a permesso annullato), Testo unico in materia edilizia, con precipuo riferimento all’annullamento del permesso di costruire n. 321/04, del permesso di costruire in variante n. 31/2005 e della D.I.A. del 19.06.2008. Violazione ed omessa applicazione degli artt. 1, 3, 7 e 21nonies, L. n. 241/1990. Violazione dei principi costituzionali di buon andamento, di imparzialità  e di trasparenza della pubblica amministrazione. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, difetto assoluto di istruttoria, erroneità , travisamento dei fatti e delle risultanze documentali.
L’ordinanza di demolizione comprende anche opere, quali la piscina e i due campi di calcetto, le quali seppur regolarmente realizzate sulla base di titoli edilizi rilasciati dallo stesso Comune, risulterebbero “attratte nell’esercizio abusivo di attività  edilizia condotta” in quanto, secondo quanto indicato nella gravata ordinanza di demolizione, assumerebbero “rilevanza autonoma”.
Il Comune di Giovinazzo avrebbe così omesso di avviare un’istruttoria volta a verificare la possibilità  di rimuovere gli eventuali vizi riscontrati senza arrivare all’adozione della gravata ordinanza di demolizione, che, in ogni caso, avrebbe dovuto essere preceduta da un provvedimento di annullamento in autotutela dei titoli edilizi precedentemente rilasciati, previa valutazione dell’interesse pubblico e nel rispetto dell’art. 21 nonies, comma 1 della L. n. 241/1990.
2) Violazione e/o omessa applicazione delle disposizioni di cui al Titolo I, Capo II (Permesso di costruire), artt. 10 e ss., D.P.R. 06.06.2001 n. 380, Testo unico in materia edilizia, con precipuo riferimento alle caratteristiche, all’efficacia temporale ed al procedimento di rilascio del permesso di costruire. Abnormità  procedimentale. Eccesso di potere per ingiusto aggravamento del procedimento amministrativo in punto di rilascio del permesso di costruire, ingiustizia manifesta, erroneità , illogicità  e contraddittorietà .
Ad ulteriore conferma della manifesta illegittimità  della gravata ordinanza di demolizione, il ricorrente lamenta l'”irrevocabilità ” del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 380/2001 e l’impossibilità  del rilascio di permessi di costruire a termine o della possibilità  proroga dei medesimi. L’apposizione del termine al suddetto titolo edilizio sarebbe “abnorme, inesistente e tamquam non esset”.
3) Violazione ed omessa applicazione degli artt. 1 e 3, L. n. 241/1990. Violazione del principio del legittimo affidamento. Violazione dei principi costituzionali di buon andamento, di imparzialità  e di trasparenza della pubblica amministrazione. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta, difetto assoluto di istruttoria, erroneità , travisamento dei fatti e delle risultanze documentali, illogicità  manifesta e contraddittorietà .
Il comportamento tenuto dal Comune di Giovinazzo risulterebbe lesivo dell’affidamento ingenerato nel ricorrente, che ha ottenuto n. 8 titoli edilizi relativi a manufatti successivamente ritenuti abusivi.
4) Violazione e/o omessa applicazione della Parte I, Titolo IV, del D.P.R. 380/2001, in tema di ordinanza di demolizione di opere abusive, con precipuo riferimento agli artt. 10, 22, 31, 32, 34 e 37, del citato testo unico. Violazione ed omessa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990. Violazione dei principi costituzionali di buon andamento, di imparzialità  e di trasparenza della pubblica amministrazione, anche con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Eccesso di potere per illogicità , perplessità , ingiustizia manifesta, difetto assoluto di istruttoria, erroneità , travisamento dei fatti e delle risultanze documentali, genericità  ed indeterminatezza.
Errata presupposizione e sviamento di potere.
Il ricorrente contesta l’ordinanza di demolizione in quanto fondata sul presupposto che le opere siano state eseguite in assenza e/o difformità  dal permesso di costruire. Sostiene in proposito che le opere indicate ai punti nn. 1, 2, 3 e 4 dell’ordinanza sarebbero riconducibili nell’alveo delle varianti e permessi di costruire già  rilasciati, non incidendo su parametri urbanistici e sulle volumetrie e non modificando la destinazione d’uso e la categoria edilizia, pertanto, non risulterebbero aver violato l’art. 22, comma 2 del D.P.R. 380/2001; le altre opere che sono ritenute abusive nell’ordinanza gravata, non costituirebbero, in realtà , volumi edilizi e sarebbero per questo soggette a DIA. A ciò conseguirebbe l’applicazione alla fattispecie dell’art. 37, che prevede la sanzione pecuniaria, piuttosto che degli artt. 31 e 38 del D.P.R. 380/2001.
5) Violazione ed omessa applicazione degli artt. l e 3, L, n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, erroneità , travisamento dei fatti e delle risultanze documentali, illogicità  manifesta e contraddittorietà  nella parte in cui si afferma l’incompatibilità  tra la destinazione di zona impressa dal P.R.G.C. e le opere e le attività  svolte nel cespite immobiliare del ricorrente.
L’aver ritenuto le attività  svolte nel complesso immobiliare di proprietà  del ricorrente incompatibili con la destinazione agricola della zona, senza tener conto delle autorizzazioni rilasciate all’associazione di promozione sociale “S. Margherita”, comodataria ed utilizzatrice dell’immobile, renderebbe ulteriormente viziata la gravata ordinanza, a conferma della contraddittorietà  della stessa con i precedenti provvedimenti autorizzatori rilasciati dal medesimo Comune di Giovinazzo.
6) Violazione e/o omessa applicazione dell’art. 32, legge n. 383/2000. Violazione dei principi costituzionali di buon andamento, di imparzialità  e di trasparenza della pubblica amministrazione. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, erroneità , travisamento dei fatti e delle risultanze documentali, illogicità  manifesta e perplessità .
Dal mancato riferimento all’associazione S. Margherita e ai permessi di costruire rilasciati per consentire lo svolgimento delle attività  autorizzate al medesimo ente deriverebbe la violazione dell’art. 32 comma 4 della L. n. 383/2000 che legittimerebbe lo svolgimento dell’attività  di promozione sportiva e di somministrazione di bevande per i soli soci proprio nell’ambito dei locali oggetto dell’ordinanza di demolizione.
7) Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, erroneità , travisamento dei fatti e delle risultanze documentali, illogicità  manifesta e perplessità . Sviamento di potere.
Errato e contraddittorio sarebbe, da ultimo, il richiamo contenuto nell’ordinanza di demolizione ad un’istanza presentata dal ricorrente ex art. 5 del D.P.R. 447/1998, relativa alla realizzazione di un struttura ricettiva con finalità  di lucro.
Si è costituito in giudizio il Comune di Giovinazzo per resistere al ricorso. A sostegno della legittimità  dei gravati provvedimenti, ha osservato che il provvedimento impugnato si fonda sui seguenti motivi:
1. violazione dell’art. 34 D.P.R. n. 380/2001, in quanto a seguito del sopralluogo, avrebbe accertato l’esecuzione di opere in difformità  per dimensioni ed ubicazione- rispetto ai titoli edilizi rilasciati, ovvero il permesso di costruire n. 321/2004 e il permesso di costruire in variante n. 21/2005;
2. violazione dell’art. 31 del D.P.R. n.. 380/2001, per avere il ricorrente eseguito opere in assenza di titolo edilizio;
3. violazione del’art. 31 del D.P.R n. 380/2001, anche con riferimento alle opere assentite con il p.d.c. n. 321/2004 e n. 21/2005; la piscina e i 2 campi da calcetto <<realizzati sulla base di titolo edilizio che ne legittimava l’esecuzione, in quanto pertinenze dell’originario immobile residenziale, per effetto dell’attività  edilizia condotta e rilevata con il verbale prot. n. 18517 del 21.08.2012 assumono autonoma rilevanza e dunque risultano attratte nell’esercizio abusivo dell’attività  edilizia condotta>>;
4. violazione dell’art. 36 delle N.T.A. del P.R.G.C. di Giovinazzo, in quanto le opere realizzate sul suolo di proprietà  del ricorrente al fine di svolgere l’attività  dì promozione sportiva e di somministrazione di cibi e bevande ai soci, sono incompatibili con la destinazione “agricola” del suolo stesso.
Dalla esposte motivazioni deriverebbe:
a) l’inammissibilità  del ricorso per difetto di interesse, in quanto parte ricorrente avrebbe contestato solo le violazioni di cui ai nn. 1 e 4 descritte nell’ordinanza gravata, rispetto ai quali quand’anche si accertasse un’eventuale illegittimità , essa sarebbe da sola insufficiente ad inficiare l’intero provvedimento essendo il medesimo retto anche da ulteriori motivazioni, non impugnate.
b) Con riferimento al primo motivo di ricorso il Comune osserva che le opere relative ai campi di calcetto e alla piscina erano state assentite per “uso personale” con divieto di apertura al pubblico, mentre tali prescrizioni sarebbero state disattese dalla parte odierna ricorrente. Inoltre, dal sopralluogo sarebbe emersa la realizzazione di opere in presenza di titoli edilizi, eseguite in difformità  rispetto ai medesimi e di altre del tutto abusive, non essendo comprese in nessuno dei titoli rilasciati al sig. Dolceamore.
c) Sul secondo e terzo motivo di ricorso, il Comune chiarisce a sostegno della legittimità  dei titoli edilizi rilasciati a titolo precario che essi erano riferiti a manufatti amovibili, tali da non comportare alcuna modifica permanente del suolo, utili per lo svolgimento dell’attività  nel periodo estivo. Inoltre, rileva che alcuna delle opere abusive contestate a seguito del sopralluogo coincide con quelle oggetto di titolo edilizio precario.
d) Sulla rivendicata applicazione dell’art. 37 del D.P.R. 380/2001, di cui al quarto motivo di ricorso, il Comune ribadisce l’inapplicabilità  della sola sanzione pecuniaria, per gli abusi rilevati, in quanto essi non sono conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, come sancito dall’art. 22 comma 1 del D.P.R. 380/2001. il ricorrente avrebbe utilizzato sul suolo di sua proprietà  tutta la volumetria consentita dal P.R.G.C., oltre ad essere incompatibili con la destinazione agricola del suolo.
Con riferimento alla tettoia bar, ai campi di calcetto e alla piscina osserva come essi risultino abusivi per le dimensioni e le caratteristiche con cui sono stati realizzati.
e) Quanto alla lamentata violazione dell’art. 36 delle N.T.A. del P.R.G.C. osserva il Comune che il P.R.G.C. avrebbe disciplinato in modo analitico la tipologia delle attività  ammesse nella zona tipizzata E1, come emerge dall’art. 36 delle N.T.A., tra le quali non rientrerebbe quella relativa agli impianti sportivi, riservate dall’art. 32 delle N.T.A. alle aree destinate a verde pubblico.
f) Con riferimento alla rivendicata applicazione dell’art. 32 comma 4 della L. 383/2000, di cui al sesto motivo di ricorso, il Comune osserva che nessuna richiesta in tal senso è mai stata presentata al Comune. Rileva in proposito che le agevolazioni riservate alle associazioni di promozione sociale, comprese quelle riferite alla possibilità  di svolgere l’attività  indipendentemente dalla destinazione d’uso e dalla destinazione urbanistica della zona, non si estendono al punto di tollerare violazioni di legge.
Con ordinanza n. 252 del 13 maggio 2013, veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dei gravati provvedimenti.
Le parti hanno successivamente depositato memorie a sostegno delle rispettive ragioni, replicando alle difese avverse.
All’udienza pubblica del 18 giugno 2014, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
I. Preliminarmente occorre soffermarsi sull’eccezione di inammissibilità  del ricorso per difetto di interesse, sollevata dalla difesa del Comune di Giovinazzo.
Il ricorrente si sarebbe limitato a censurare l’ordinanza di demolizione sotto il profilo dell’esecuzione di opere in difformità  rispetto ai permessi di costruire n. 321/2004 e n. 21/2005 e della violazione dell’art. 36 delle N.T.A. del PRGC del di Giovinazzo, senza contestarne la parte relativa ai punti da nn. 5 a 14 riferita alle opere realizzate in assenza dei permessi di costruire.
Ne conseguirebbe che, anche nel caso in cui una delle censure risultasse fondata, non essendo stati impugnati tutti i motivi addotti a sostegno dell’ordinanza di demolizione, il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di interesse.
L’eccezione non è fondata.
Il Collegio conosce l’orientamento giurisprudenziale, richiamato dalla difesa del Comune secondo cui, “in presenza di atti plurimotivati, basati cioè su una pluralità  di motivazioni, ciascuna delle quali sufficiente a reggere l’atto, l’omessa censura di una di esse determina l’inammissibilità  del ricorso per difetto di interesse a ricorrere, rimanendo l’atto sorretto dall’ulteriore ragione giustificatrice non oggetto di censura (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 8 aprile 2011, n. 2009; in senso analogo, T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 25 ottobre 2010, n. 10015; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 2 ottobre 2009, n. 5138)”.
In giurisprudenza si è anche affermato che “per un atto c.d. “plurimotivato”, anche l’eventuale fondatezza di una delle argomentazioni addotte non potrebbe in ogni caso condurre all’annullamento dell’impugnato provvedimento sindacale, che rimarrebbe sorretto dal primo versante motivazionale risultato immune ai vizi lamentati” (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, sent. n. 63 del 17 gennaio 2011);
Il suddetto orientamento non è però da ritenersi applicabile nel caso in esame, dovendosi rilevare che ricorrente ha censurato l’ordinanza di demolizione non solo con riferimento ai punti da 1 a 4 della motivazione, riferiti alle opere realizzate in difformità  ai titoli edilizi rilasciati, ma anche quelli di cui ai punti da 6 a 14, riferiti alle opere realizzate in assenza di permesso di costruire (in particolare, ad esse la ricorrente, come sopra riferito nella ricostruzione del fatto, fa esplicito riferimento al quarto motivo di ricorso).
II. Nel merito il ricorso è infondato.
Il provvedimento impugnato, infatti, riguarda espressamente opere realizzate “in difformità  dai titoli edilizi rilasciati”, indicati dal punto 1 al punto 4 dell’ordinanza n. 9 del 07.02.2013 e quelle realizzate “in assenza del titolo edilizio”, elencate nei punti da 5 a 14 della medesima ordinanza.
Il Comune non ignora i precedenti titoli edilizi rilasciati ma ne rileva la difformità  o la non diretta riconducibilità  delle opere elencate nel gravato provvedimento.
Inoltre, la gravata ordinanza, oltre alle espresse motivazioni riportate espressamente, è motivata “per relationem” dalla Relazione di sopralluogo prot. 18517 del 21 agosto 2012, successivamente integrata dall’elaborato grafico trasmesso con nota prot. 21327 del 02 ottobre 2012.
In essa sono analiticamente descritte anche le difformità  rilevate nelle opere realizzate pur in presenza dei richiamati permessi di costruire, tanto da risultare esse stesse abusive, oltre che destinate ad uso diverso da quello personale.
Dall’accertamento di abusi in materia edilizia deriva, quale atto dovuto, l’adozione del provvedimento volto al ripristino della legalità  violata.
A fondare la legittimità  dell’ordine di demolizione vale la prevalente ed assorbente considerazione secondo cui, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, esso costituisce atto vincolato, che non richiede alcuna previa specifica verifica circa la sussistenza di ragioni di interesse pubblico, nè una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati: presupposto per la sua adozione è soltanto la constatata esecuzione dell’opera in totale difformità  dal permesso di costruire o in assenza di questo, cosicchè tale provvedimento – ricorrendo i predetti requisiti – è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività  dell’opera, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n. 2227 del 10.4.2009; Cons. di Stato sez. IV, n. 4659 del 26.9.2008; Cons. di Stato sez. V, n. 4530 del 19.9.2008; T.A.R. Piemonte, sent. n. 752 del 16.3.2009; T.A.R. Campania, Napoli, sez VII, sent. n. 4001 del 27.09.2012; T.A.R. Basilicata, sent. n. 44 del 6.2.2009).
E’, pertanto, infondato il primo motivo di ricorso con il quale si rileva il mancato annullamento dei permessi di costruire in precedenza rilasciati e si rivendica l’adozione di misure volte a salvaguardarne l’efficacia, alternative all’ordine di demolizione, impugnato. Tali censure sono state ribadite dalla ricorrente anche nella memoria del 16 maggio 2014 e sono, comunque, da ritenersi prive di fondamento, per le ragioni sopra esposte.
III. Con il secondo e terzo motivo di ricorso, poi, si lamenta l’illegittimità  dell’ordinanza di demolizione e dei provvedimenti ad essa connessi in quanto riferiti ad opere realizzate sulla base di permessi di costruire illegittimi in quanto rilasciati a termini e successivamente prorogati, rispetto ai quali il termine sarebbe da considerare tamquam non esset e le proroghe sarebbero da ritenersi idonee ad ingenerare un legittimo affidamento del ricorrente, oltre che dell’associazione comodataria, sulla legittimità  delle opere realizzate e dell’attività  svolta.
Va rilevato che le suddette doglianze avrebbero dovuto essere fatte falere mediante tempestiva impugnazione dei titoli edilizi in questione sicchè risulta inammissibile la loro veicolazione in questa sede, nell’ambito dell’impugnativa degli atti repressivi di abusi edillizi.
Per questi motivi le suddette censure non sono idonee ad inficiare la legittimità  dei gravati provvedimenti. Tuttavia, ad esse verrà  riservato un approfondimento, per esigenze di sistematicità , alla parte conclusiva della presente parte motiva.
IV. Con il quarto motivo di ricorso, il signor Dolciamore deduce poi la violazione degli artt. 10, 22, 31, 32, 34 e 37 del D.P.R. n. 380/01, asserendo che le difformità  sarebbero comunque nei limiti di legge e che le opere realizzate senza titoli edilizi, per caratteristiche strutturali e funzionali, non necessitavano del permesso di costruire.
Anche tale censura non merita accoglimento.
Da quanto descritto nella Relazione di sopralluogo prot n. 18517 del 21.08.2012, comprensiva di rilievi fotografici, ed integrata da un elaborato grafico inviato con nota prot. n. 21327 del 02.10.2012, ai quali rinvia espressamente l’ordinanza gravata, da un lato vengono analiticamente descritte le difformità , dall’altro appare quanto mai evidente che le opere realizzate, per caratteristiche strutturali e idoneità  funzionale ad un uso non precario ma tendenzialmente stabile e duraturo, non possono in alcun modo rientrare nell’ambito degli interventi non soggetti al permesso di costruire.
Per giurisprudenza consolidata, infatti, rientrano nella nozione giuridica di “costruzione” per la quale occorre munirsi di idoneo titolo edilizio, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi al suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, come impianti per attività  produttive all’aperto, ove comportanti l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato.
Quindi, al fine di escludere la necessità  di un titolo edilizio, i requisiti per poter definire precaria una costruzione possono essere individuati nella destinazione obiettiva finalizzata ad una esigenza contingente (e cioè ad una necessità  temporanea), nell’intenzione originaria di rimozione della struttura da realizzarsi al venir meno della necessità  del soddisfacimento dell’esigenza temporanea e nella provata esistenza del rapporto di strumentalità  della struttura con la situazione di necessità  temporanea: requisiti mancanti nel caso di specie.
A ciò si aggiunga che le opere realizzate, oltre alla violazione del vigente strumento urbanistico edilizio comunale, sono state eseguite anche in violazione delle procedure previste per le costruzioni in materia antisismica ex artt. 93 e 65 del D.P.R. 380/2001, come espressamente indicato nel verbale di sopralluogo prot. 18517 del 21 agosto 2012, a cui la gravata ordinanza rinvia” per relationem”.
Il provvedimento impugnato è quindi sufficientemente motivato anche solo in relazione alla menzionata circostanza.
Per tali ragioni infondata è, altresì, la lagnanza relativa alla mancata applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria.
Il legislatore, infatti, non ha previsto possibilità  alcuna di scelta in merito al tipo di sanzione da irrogare (reale o pecuniaria ), atteso che l’art. 27 comma 2, T.U. n. 380 del 2001 prevede unicamente la necessaria demolizione dei manufatti abusivi costruiti qualora la zona sia interessata da vincoli. Inoltre, per completezza giova richiamare la previsione di cui all’art. 34, comma 2 D.P.R. 380/2001, che limita la possibilità  di sostituzione della demolizione con l’applicazione di una sanzione pecuniaria, in casi di interventi eseguiti in parziale difformità  dai titoli edilizi rilasciati, solo ad un momento che segue l’adozione dell’ordinanza di demolizione (che non perde, pertanto, anche in simili ipotesi, la sua natura di atto dovuto), quando cioè il privato non abbia ottemperato spontaneamente all’ordine di demolizione e il Comune abbia accertato che la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità .
V. Altrettanto vale con riferimento all’assunto di cui al quinto motivo di ricorso, secondo cui la destinazione agricola impressa all’area entro la quale si collocano il fondo di proprietà  del ricorrente non precluderebbe l’esecuzione di opere che non determini ulteriori insediamenti abitativi.
Quand’anche un simile assunto risultasse veritiero, occorrerebbe in ogni caso che le opere siano realizzate in conformità  alle prescrizioni del PRGC e ai vincoli di zona. Tra queste rileva, come sostenuto dalla difesa del Comune, l’art. 36 delle NTA che indica espressamente le attività  ammesse e le prescrizioni da rispettare.
Nei gravati provvedimenti, inoltre, si fa espresso riferimento a violazioni dello strumento urbanistico edilizio comunale e alle procedure previste per le costruzioni in materia antisismica, da sole idonee a superare supportare l’adozione dei gravati provvedimenti.
VI. Infondato è anche il sesto motivo di ricorso con cui si lamenta il mancato riferimento all’utilizzo degli immobili da parte dell’Associazione “Santa Margherita”.
Secondo una consolidata giurisprudenza infatti (ex multis, T.A.R. Lazio Roma, Sez. I-quater, 7 marzo 2011, n. 2031; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II-ter, 3 luglio 2007, n. 5968) l’ordine di demolizione deve essere notificato al proprietario dei suoli o anche esclusivamente all’autore materiale dell’abuso, laddove questi sia un soggetto diverso dal responsabile dell’abuso.
Nel caso di specie, peraltro, non è contestato nemmeno dal ricorrente che le opere edilizie realizzate, ultronee rispetto a quelle in precedenza assentite siano direttamente riconducibili al proprietario dell’area e, per tali ragioni, il Comune di Giovinazzo ha correttamente ingiunto al medesimo la demolizione nella qualità  di responsabile, a nulla rilevando l’attività  svolta nelle opere abusive ai fini dell’adozione dei provvedimenti finalizzati al ripristino della legalità  violata. L’eventuale rilevanza sociale delle attività  svolte potrebbe al più essere oggetto di valutazione, in diverso ambito e pur sempre nel rispetto della legge.
VII. Infondati sono anche gli ulteriori motivi di ricorso con cui si lamenta il difetto di motivazione e la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, atteso che, giova ripeterlo, i provvedimenti sanzionatori e di repressione di abusi edilizi assumono natura vincolata e sono comunque sufficientemente motivati per relazione alle risultanze istruttorie in ordine alla difformità  e all’assenza del titolo abilitativo per le opere realizzate. Nè appare configurabile, in presenza di attività  interamente vincolata, alla luce del chiaro disposto normativo, alcun vizio di eccesso di potere, essendo l’eccesso di potere ravvisabile per i soli atti discrezionali e non anche per gli atti vincolati (ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, 27 dicembre 2007, n. 6658; Consiglio Stato, sez. IV, 12 agosto 2005, n. 4371; Consiglio Stato, sez. IV, 07 maggio 2004, n. 2842).
VIII. Conclusivamente il ricorso è infondato e va rigettato, non solo per quanto esposto, ma anche in considerazione dell’orientamento sopra richiamato secondo cui anche l’eventuale fondatezza di una delle argomentazioni addotte non potrebbe in ogni caso condurre all’annullamento dell’impugnata ordinanza di demolizione, che rimarrebbe sorretta dal restante corredo motivazionale risultato immune ai vizi lamentati.
IX. Per completezza occorre esaminare, anche ai fini che di seguito si espliciteranno, le perplessità  sollevate con riferimento ai permessi di costruire in precario rilasciati dal Comune di Giovinazzo (versati in atti sono il permesso di costruire n. 361/2007 del 13 giugno 2007 e il n. 198/2008 del 1 aprile 2008).
La giurisprudenza ha più volte chiarito a riguardo che “la natura “precaria” di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità  della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all’intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo” (Tar Lazio, Sez. I Quater, sent. 9386 del 10 ottobre 2013).
Ne deriva che la natura precaria di un intervento edilizio non coincide con la temporaneità  della destinazione attribuita dal costruttore.
Al contrario, la natura precaria deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell’opera, utilizzata per fini specifici contingenti e limitati nel tempo ( Tar Lombardia, sez. II, sent. 2210 del 26.09.2013).
Allo stesso tempo, l’opera precaria deve poter essere eliminata con facilità  e in modo veloce dopo aver terminato la sua funzione.
In tal senso si è pronunciata anche la Corte di Cassazione che ha puntualizzato che non c’è correlazione tra precarietà  e stagionalità  dell’opera. Le opere stagionali, infatti, soddisfano bisogni che, anche se sono limitati a determinati periodi dell’anno, si perpetuano nel tempo. Dal momento che incidono sui beni tutelati, le opere stagionali necessitano quindi del permesso di costruire.
Per la Cassazione, infine, la natura precaria non dipende neanche dai materiali utilizzati e dalla facilità  della rimozione. L’unico criterio cui far riferimento è la valutazione delle esigenze che l’opera deve soddisfare. Solo da questo emerge la stabilità  dell’insediamento e la previsione della sua durata nel tempo. (Cfr in tal senso Cass. Sent. 1191/2012).
Se questo è il significato del termine “precario” riferito a costruzioni, altrettanto pacificamente è da escludere che possano rilasciarsi dei permessi di costruire “in precario”. E’ per questo che, seppur non incidendo sulla legittimità  dei gravati provvedimenti e non rilevando ai fini del decidere, i permessi di costruire rilasciati in tal senso pongono dubbi di liceità  che inducono il Collegio a trasmettere copia della presente sentenza e degli atti dell’odierno giudizio alla competente Procura della Repubblica di Bari per eventuali profili di rilevanza penale in relazione sia all’avvenuto rilascio a suo tempo di titoli edilizi contra legem, aventi ad oggetto opere del tutto prive di carattere precario sia nell’avere l’Amministrazione tollerato ingiustificatamente il mantenimento in essere delle stesse , pur dopo il decorso del termine di scadenza, senza tempestivamente dispiegare i necessari interventi repressivi
Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il sig. Francesco Dolciamore alle refusione delle spese del presente giudizio a favore del Comune di Giovinazzo, liquidate in € 2.500 (euro duemilacinquecento /00), comprensivi di onorari, diritti e spese, oltre I.V.A e C.P.A.
Manda alla Segreteria per la trasmissione di copia della presente sentenza e degli atti dell’odierno giudizio alla competente Procura della Repubblica di Bari, per quanto chiarito in parte motiva.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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