1. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Comunicazione di avvio del procedimento – Destinatari – Individuazione
2. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Comunicazione di avvio del procedimento – Destinatari – Individuazione – Titolare situazione di fatto giuridicamente tutelata – Avviso – Invio – Necessità – Sussiste
3. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Comunicazione di avvio del procedimento – Obbligo – Esclusione – Presupposti
1. L’art.7 della legge 7.8.1990, n.241, contempla tra coloro cui deve inviarsi l’avviso di avvio del procedimento i soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti. Pertanto, l’avviso va trasmesso anche a quei soggetti che potrebbero astrattamente ricavare un vantaggio dal provvedimento, visto che non si può imporre un arricchimento al soggetto che possa manifestare un interesse contrario.
2. La comunicazione di avvio del procedimento ex art.7 della legge 7.8.1990, n.241, deve esser inviata in tutte quelle ipotesi in cui il provvedimento finale possa incidere sulla situazione di un soggetto che abbia una relazione giuridicamente rilevante con il bene interessato dal provvedimento. Questi presupposti possono ben ravvisarsi nella mera situazione di possesso di un sepolcro, essendo questa fattispecie meritevole di tutela, ai sensi dell’art.1140 del cod. civ..
3. La p.A. non è tenuta a comunicare l’avvio del procedimento ex art.7 della legge 7.8.1990, n.241, allorchè sussistano ragioni d’urgenza ovvero il destinatario non possa fornire un apporto tale da mutare l’esito del provvedimento finale. In questi termini, risulta illegittimo il mancato invio dell’avviso nel caso in cui, in considerazione della discrezionalità sottesa all’adozione del provvedimento finale, non sia stata fornita dimostrazione dell’inutilità della partecipazione del destinatario al procedimento e, nel contempo, non si ravvisino adeguate motivazioni di urgenza che consentano di prescindere dalla comunicazione (fattispecie relativa al provvedimento di rimozione di una lapide che non sia giustificato dall’esigenza di “tramandare la memoria dei defunti secondo verità , volontà dei vivi e decoro”, bensì dall’intervenuta revoca del consenso originariamente prestato dal soggetto -coniuge del- titolare della concessione cimiteriale).
N. 00672/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00984/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 984 del 2012, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. -OMISSIS-, con domicilio eletto presso Antonio Contaldi in Bari, via M. Amoroso N. 48/B;
contro
Comune di Mattinata, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco La Torre, con domicilio eletto presso Luigi D’Ambrosio in Bari, piazza Garibaldi, 23;
e con l’intervento di
ad opponendum:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Renzulli, con domicilio eletto presso Antonio Gambatesa in Bari, corso Cavour 208;
per l’annullamento
della determinazione n. 85 del 11.4.2012, emessa dal Responsabile del settore II – economico finanziario il giorno 11.4.2012 e pubblicata all’Albo Pretorio on line del Comune di Mattinata dal 12.4.2012 al 27.4.2012 con n. 393, -OMISSIS-,
nonchè per l’annullamento
di tutti gli atti precedenti e successivi, comunque connessi con l’atto impugnato,
e per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Mattinata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1, 2 e 5;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e uditi per le parti i difensori -OMISSIS- e Francesco La Torre;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente espone di essere il padre di -OMISSIS- nata -OMISSIS-, occupato, pur senza formale provvedimento di concessione, con il consenso della coniuge dell’effettivo concessionario.
Di tale circostanza il Comune veniva informato dal ricorrente.
In data 12 agosto 2011 -OMISSIS- chiedeva al Comune di essere autorizzato ad apporre una lapide con epigrafe sulla tomba di sua figlia.
Il 13 gennaio 2013 l’autorizzazione veniva negata perchè la madre della bambina, -OMISSIS-, coniuge separato del ricorrente, aveva revocato il consenso, in un primo momento accordato con nota del 1 settembre 2011, al rilascio di detta autorizzazione a nome del ricorrente, chiedendo invece che fosse rilasciata congiuntamente ad entrambi i genitori.
Il 10 aprile 2012 il padre poneva sulla tomba, che per quanto detto fino ad allora ne era rimasta priva, una lapide con il nome, le date di nascita e morte di sua figlia e l’immagine di un angioletto.
In data 11 aprile 2012 veniva pubblicata all’albo del Comune di Mattinata la determina n. 85 del Responsabile del II settore del Comune che ordinava, ai sensi dell’art. 53 comma 1 e 5 del regolamento di polizia mortuaria, la rimozione immediata della lapide collocata sul loculo n. 25 della fila 1 serie H.
In data 11 aprile 2012 il Comune di Mattinata comunicava a -OMISSIS- di aver dato corso al procedimento di rimozione della lapide abusivamente apposta ad opera di ignoti sulla tomba di -OMISSIS- (doc. 16 del fascicolo dell’interveniente).
Con nota del 16 aprile 2012 il ricorrente, dichiarandosi autore dell’apposizione della lapide sulla tomba di sua figlia, chiedeva la revoca del provvedimento di rimozione della lapide e il riesame dell’istanza del 12 agosto 2011 con la quale aveva chiesto di essere autorizzato ad apporre una lapide sulla tomba della figlia.
Il Comune negava entrambi i provvedimenti richiesti, l’uno perchè la rimozione è prevista dall’art. 53 del regolamento cimiteriale, l’altro perchè non sussistevano nuovi elementi tali da giustificare un contrarius actus.
-OMISSIS- impugna il provvedimento di rimozione, immediatamente eseguito, adottato con determina n. 85 dell’11 aprile 2012, per eccesso di potere, sviamento, difetto di istruttoria, omessa ponderazione dell’interesse pubblico e privato, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento in mancanza delle ragioni di celerità o cautelari e inesatta applicazione dell’art. 53 del Regolamento cimiteriale.
Si è costituito in giudizio il Comune di Mattinata.
Ha dispiegato intervento ad opponendum il coniuge separato -OMISSIS-.
Entrambi hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto tre distinti profili:
a) il provvedimento impugnato è stato emesso nei confronti di ignoti e non già nei confronti del ricorrente, che dunque non doveva avvisato dell’avvio del procedimento;
b) carenza della posizione sostanziale legittimante, non essendo il ricorrente nè concessionario del loculo, ove riposa sua figlia, nè destinatario del provvedimento di rimozione emesso nei confronti di ignoti;
c) mancata impugnazione del provvedimento di diniego del 13 gennaio 2012 opposto alla richiesta del ricorrente di essere autorizzato a porre una lapide sulla tomba di sua figlia.
Occorre preliminarmente esaminare le tre eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla parte resistente e dall’interveniente.
Le prime due eccezioni – difetto di interesse (per essere il provvedimento stato emesso nei confronti di autori ignoti) e mancanza di una posizione sostanziale legittimante in capo al ricorrente (non essendo concessionario del loculo), in quanto strettamente connesse possono essere esaminate congiuntamente.
Si può osservare che riconoscere mancante in capo al ricorrente l’interesse a partecipare al procedimento di rimozione – e per conseguenza la legittimazione a ricorrere – perchè sono ignoti gli autori del fatto, implicherebbe che il Comune per rimuovere, o comunque, gestire qualsiasi intervento abusivo sul sepolcro sia esonerato dal dare i parenti l’avviso di avvio del procedimento, purchè si possa escludere o sia incerto che esso stessi ne siano gli autori.
Non è così, e l’errore in cui versa il Comune è frutto di un malinteso significato dell’obbligo di dare la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 241/90.
Sia il Comune, sia l’interveniente mostrano di intendere che la comunicazione debba essere inviata solo a coloro che potrebbero risentire un pregiudizio da un provvedimento (sarebbe tale la rimozione della lapide per chi l’ha apposta), mentre l’art. 7 della l. 241/90, nel prevedere la comunicazione a coloro nei confronti dei quali il provvedimento è in grado a produrre effetti diretti, include, nel novero dei destinatari, anche coloro che astrattamente ne ricaverebbero un vantaggio, basta che la situazione giuridica considerata possa risultare potenzialmente incisa, se del caso ampliata, in considerazione del principio generale che neppure l’arricchimento può essere imposto al nolente.
Non si spiegherebbe altrimenti perchè il Comune abbia comunicato, come d’obbligo, alla madre della piccola che il provvedimento di rimozione era stato avviato.
Anzi proprio tale ultima circostanza consente di scorgere in capo ai genitori la medesima situazione sostanziale che riflette l’interesse di entrambi a partecipare al procedimento di rimozione della lapide.
E’ noto infatti che lo ius sepulchri è un istituto complesso che implica la facoltà reale di inferre mortuum sepulchrum.
Pertanto è opinione del Collegio che lo ius sepulchri possa essere oggetto del potere di fatto, cui l’ordinamento riconosce di tutela ex art. 1140 e seguenti c.c. (Cass. 20 settembre 1991 n. 9837), e come tale abbia rilievo anche nell’ambito del procedimento amministrativo, ove le situazioni di fatto ben possono essere annoverate fra quelle che impongono la comunicazione di avvio del procedimento.
L’art. 7 infatti, ai fini della comunicazione di avvio del procedimento, considera dirimente la possibilità che il potere incida su un bene o un’utilitas con cui un soggetto abbia una relazione giuridicamente rilevante, nota o conoscibile dalla pubblica amministrazione e idonea a consentirgli di trarne i vantaggi connessi alla sua destinazione.
Ciò premesso in termini generali, è la situazione di possesso del sepolcro da parte del ricorrente, nota al Comune per aver questi a suo tempo assentito che sua figlia venisse tumulata nel loculo, con il consenso della coniuge del concessionario, che fonda l’interesse di -OMISSIS- a partecipare al procedimento di rimozione della lapide, non già il fatto che egli stesso sia l’autore dell’apposizione della stessa.
Deve essere poi disattesa l’eccezione di inammissibilità fondata sul fatto che il ricorrente non avrebbe impugnato il diniego di autorizzazione del 13 gennaio 2012 all’apposizione della lapide.
Occorre in proposito precisare che, rispetto al diniego, il provvedimento di rimozione, impugnato per vizi propri, ha diversi presupposti e contenuto decisionale e non è sostenibile che tale autonomo valore giuridico sia sottratto al sindacato giurisdizionale.
Del resto, se anche il provvedimento di rimozione fosse conseguente al diniego del 13 gennaio 2012, l’inammissibilità dovrebbe essere limitata a quei motivi di ricorso volti a far valere l’illegittimità derivata del provvedimento successivo per vizi dell’atto presupposto non impugnato, ma l’ipotesi non ricorre nel caso in esame.
Sono invece fondati i motivi di ricorso che censurano il procedimento perchè è mancata la comunicazione di avvio del procedimento e non risulterebbero le esigenze di particolare celerità che hanno determinato il Comune ad ometterla.
A sostegno di tali censure il ricorrente ha dedotto che se avesse avuto comunicazione dell’avvio del procedimento avrebbe potuto addurre le sue ragioni a sostegno di un intervento alternativo alla rimozione della lapide, posto che la mancata comunicazione non risulta giustificata nemmeno dalle predette particolari ragioni di celerità che consentono di prescindere da detta comunicazione.
Sotto il primo profilo la censura postula che il provvedimento di rimozione abbia contenuto non vincolato.
L’art. 53 del Regolamento cimiteriale, che prevede la rimozione delle epigrafi contenenti, anche solo in parte, scritte non autorizzate o nelle quali figurino errori di scrittura o che abusivamente siano state introdotte nel cimitero, va letto in relazione al successivo art. 55 che prevede la rimozione dei copritomba – nozione più assimilabile a “lapide” che non quella di “epigrafe” – indecorosi o non confacenti allo scopo per il quale vennero collocati.
Certamente il Comune nel decidere di rimuovere, ai sensi dell’art. 53 del regolamento cimiteriale, la lapide in quanto tale e non per la scritta che vi è impressa ha interpretato estensivamente il lemma epigrafi per adottare un provvedimento ablatorio.
E allora, o ricorre, come sostenuto dal ricorrente con rigore formale, la falsa applicazione dell’art. 53 ad un fatto che tale disposizione non contempla, oppure un potere discrezionale che deve tener conto della comune funzione del divieto di introdurre epigrafi abusive o di mantenere copritomba indecorosi contrari entrambi con la finalità del cimitero di tramandare la memoria dei defunti secondo verità , volontà dei vivi e decoro.
Ne consegue che il potere del Comune di agire d’imperio per rimuovere dal cimitero epigrafi, copritomba o lapidi non corrispondenti a dette finalità , sottende certamente un potere discrezionale che, ai sensi dell’art. 21 octies l. 241/90, richiede – quando sia mancata la comunicazione di avvio del procedimento – la prova che non avrebbe potuto esserci diverso esito se pure l’interessato pretermesso vi avesse preso parte.
Da un lato invece l’amministrazione non ha chiesto di provare, nè peraltro ha allegato, elementi a riprova del fatto che, seppure avvisato, il ricorrente non avrebbe dato un apporto al procedimento in grado di mutarne l’esito nella comparazione degli opposti interessi.
Dall’altro non risultano dal provvedimento, come eccepito dal ricorrente, le ragioni che avrebbero dovuto giustificare il ricorso alla procedura d’urgenza (T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28/06/2012, n. 900), ragioni che parimenti consentono di prescindere dalla comunicazione di avvio del procedimento e che avrebbero consentito di ritenere l’amministrazione affrancata dall’onere di provare, ai sensi dell’art. 21 octies l. 241/90, l’inutilità della partecipazione del ricorrente, in quanto il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso.
In conclusione il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato annullato per predette le ragioni, assorbito ogni altro profilo.
Non può essere invece accolta la domanda di risarcimento dei danni perchè generica e sfornita di prova.
La particolarità della vicenda e la parziale soccombenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e annulla il provvedimento impugnato.
Respinge la domanda di risarcimento danni.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistono i presupposti di cui all’art. 52, commi 1, 2 e 5 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di diffusione del provvedimento, all’annotazione di cui ai commi 1, 2 e 5 della medesima disposizione.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)