1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Diniego concessione edilizia in sanatoria – Adeguatezza istruttoria – Art. 6  l. 241/1990 – Necessità 


2. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Concessione edilizia in sanatoria – Accertamento conformità  – Eccesso volumetria inferiore al 2 % – Art. 34 DPR 380/2001 – Irrilevanza

1. Qualora nell’ambito dell’istruttoria procedimentale risultino acquisiti due elementi di fatto, rilevanti ma incompatibili tra loro, la pubblica Amministrazione è tenuta ad adottare le misure ritenute idonee per eliminare le contraddizioni emerse; in particolare, nell’ambito del rilascio dei titoli abilitativi in materia edilizia, rilevano le allegazioni di carattere tecnico dell’istante che l’Amministrazione è tenuta a verificare soprattutto se ne rileva il contrasto con altri documenti.


2. Sono fondate le censure di erronea applicazione degli artt. 31 e 36 del d.P.R. 380/01, laddove l’eccesso di volumetria non superi il limite (2%) oltre il quale l’art. 34 d.P.R. 380/01 sottopone a sanzioni gli interventi eseguiti in difformità  dai titoli abilitativi.

 
N. 00584/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00830/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 830 del 2012, proposto da: 
Moenia 2006 S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Vito Aurelio Pappalepore in Bari, via Pizzoli, 8; 

contro
Comune di Putignano; 

nei confronti di
Stefano Luigi Linzalone; 

per l’annullamento
– del provvedimento, notificato il 16.4.2012, di diniego dell’istanza di rilascio di permesso di costruire in sanatoria, previo accertamento di conformità  del mutamento di destinazione d’uso con opere realizzate all’interno di un locale sito nell’immobile ubicato in Putignano al viale Federico II, prot. n.15974 del 10.4.2012;
– dell’ordinanza dirigenziale n. 87/2012, notificata in data 24.4.2012, recante l’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, mediante rimozione delle opere edilizie realizzate;
-di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto,
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e udito per la parte ricorrente il difensore avv. Lorenzo Derobertis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La Società  ricorrente espone di aver realizzato, con regolare permesso per costruire, un edificio di due piani per civile abitazione situato nel Comune di Putignano.
Successivamente, sul lastrico solare dell’edificio, ha realizzato un locale tecnico per l’alloggiamento di impianti del quale è ancora comproprietaria, previa dichiarazione di inizio di attività .
Il Comune con provvedimento dirigenziale n. 7 del 31 gennaio 2011, rilevate diverse difformità  delle opere rispetto alla DIA – quali l’altezza del locale tecnico pari a 275 cm, in luogo di 240 cm, variazione d’uso e realizzazione di un servizio igienico – ha ingiunto alla ricorrente la riduzione in pristino stato, mediante rimozione delle opere realizzate in assenza di titolo edilizio.
In data 27 maggio 2011 la ricorrente ha presentato istanza di accertamento di conformità , ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380/01, del mutamento di destinazione del locale tecnico ad uso abitazione, allegando documentazione attestante una superficie del lotto, ove insiste l’edificio in questione, pari a 584.86 mq, indicandone altresì i criteri di calcolo nella allegata relazione tecnica esplicativa.
Il Comune, con l’impugnato provvedimento del 10 aprile 2012, ha respinto l’istanza, sul presupposto che la superficie del lotto risultante dagli elaborati scritto-grafici allegati non è supportata da alcun atto ed in contrasto con quella, pari a 575 mq, dichiarata nella perizia giurata allegata all’originario permesso per costruire dell’intero edificio.
La ricorrente ha impugnato il provvedimento di diniego e la successiva ordinanza di riduzione in pristino notificata il 24 aprile 2012, articolando i seguenti motivi di ricorso:
violazione ed erronea applicazione dell’art. 36 del d.P.R. 380/2001;
violazione ed erronea applicazione dell’art. 11 l.r. Puglia n. 13/2008;
violazione ed erronea applicazione degli artt. 27 e 31 del d.P.R. 380/01;
eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità , travisamento, carente ed erronea istruttoria, carente ed erronea motivazione, sviamento;
illegittimità  diretta e derivata.
Il Collegio, sospesa l’esecutività  dei provvedimenti impugnati, e acquisiti, con ordinanza istruttoria, chiarimenti dal Comune non costituito, all’udienza del 19 marzo ha trattenuto la causa in decisione.
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
Il principio secondo il quale l’istruttoria procedimentale deve acquisire tutti gli elementi necessari per dare giustificazione della decisione assunta nel provvedimento, ha trovato fondamento positivo nell’art. 6 della l. 241/90, secondo il quale essa deve essere adeguata, cioè funzionale alla motivazione destinata a sorreggere il provvedimento.
L’adeguatezza esprime pertanto una relazione di congruità  fra il fine tipico del procedimento e le risultanze istruttorie in concreto acquisite, cui corrisponde il dovere del responsabile del procedimento di accertare quanto eventualmente ancora necessario affinchè il risultato del processo decisionale sia pienamente motivato e, nei provvedimenti di natura vincolata, anche univoco.
Ne consegue che quando, come in specie, risultino acquisiti due elementi di fatto, rilevanti, ma incompatibili fra loro per il diverso risultato provvedimentale che ne seguirebbe, la pubblica amministrazione è tenuta ad adottare le misure ritenute idonee per eliminare le contraddizioni che in tal guisa emergono dal compendio istruttorio.
Del resto non può trascurarsi il fatto che, nel rilascio dei titoli abilitativi in materia edilizia, rilevano le allegazioni di carattere tecnico dell’istante che l’amministrazione è tenuta a verificare, a maggior ragione se ne rileva il contrasto con altri documenti depositati dall’istante medesimo in altro procedimento.
Venendo al caso in decisione, la motivazione del provvedimento di diniego nega l’attendibilità  della misurazione della superficie dell’area, pari a 584.86 mq, indicata nell’istanza di accertamento di conformità  sul presupposto, smentito dai documenti versati in atti, che non sarebbe supportata da alcun atto e in contrasto con quanto già  dichiarato nella perizia giurata allegata all’originario permesso per costruire (così nel provvedimento 10 aprile 2012).
In realtà  la predetta istanza contiene un elenco degli elaborati tecnici progettuali allegati, fra i quali la relazione tecnica esplicativa (all. 4 della produzione documentale del Comune), contenente i criteri di ricalcolo della superficie del lotto.
La relazione suddetta esplicitamente afferma che, applicando l’indice fondiario di zona – 3mc/mq – il lotto è in grado di esprimere una cubatura maggiore di quella sviluppata dalla superficie originariamente indicata nel progetto assentito con permesso di costruire, ed in essa la maggior cubatura, rappresentata dal locale tecnico convertito ad uso abitativo, trova piena capienza.
Allora, indipendentemente dalla relativa attendibilità , esisteva un riscontro documentale – fatto erroneamente escluso dal Comune, onde sono fondate le censure di carente istruttoria ed erronea presupposizione – inerente ad una superficie del lotto diversa da quella agli atti del permesso di costruire.
Il Comune infatti – pur avendo dato atto che dal progetto assentito con il primo permesso per costruire e dai documenti allegati all’istanza di accertamento di conformità  risultavano due diverse misurazioni della superficie del lotto ove insiste l’edificio – non ha dato alcun rilievo alla relazione tecnica allegata all’istanza ex art. 36 d.P.R. 380/01, ma neppure ha accertato quale fosse l’effettiva estensione dell’area.
Inoltre anche la relazione versata in atti dal Comune su richiesta del Collegio conferma (pag. 5) che, facendo riferimento alla misura della superficie indicata nell’istanza di accertamento di conformità , la volumetria dell’intero fabbricato con destinazione residenziale – compresa quindi quella relativa al locale oggetto di mutamento di destinazione d’uso – non eccede la volumetria assentibile, secondo la disciplina urbanistica vigente al momento dell’accertamento dell’abuso e al momento della richiesta di sanatoria, mentre, facendo riferimento alla misura della superficie indicata nel progetto assentito con il primo permesso, l’eccesso di volumetria, 12,38 mc, rispetto a quella totale assentibile – 1725 mc – è di gran lunga inferiore al 2%, limite oltre il quale l’art. 34 d.P.R. 380/01 sottopone a sanzioni gli interventi eseguiti in difformità  dai titoli abilitativi.
Si deve pertanto concludere che nell’una e nell’altra ipotesi, benchè sia mancata un’adeguata istruttoria che avrebbe dovuto stabilire quale delle due misurazioni della superficie fosse attendibile, il mutamento di destinazione d’uso con opere del locale tecnico, non è riconducibile ad alcuna delle fattispecie di difformità  per le quali il d.P.R. 380/01 prevede la riduzione in pristino o altre sanzioni, considerato altresì che il mutamento ad uso abitativo della originaria destinazione del locale tecnico è compatibile con la destinazione d’uso urbanistico (residenziale) della zona ove è ubicato l’immobile, secondo le categorie edilizie del d.m. n. 1444 del 1968 e gli indici planovolumetrici previsti dagli strumenti urbanistici.
Nei limiti delle considerazioni che precedono sono dunque fondate le censure di erronea applicazione degli articoli 31 e 36 del d.P.R. 380/01, non potendosi adottare, in nessuna delle due ipotesi formulate dal Comune e sopra riepilogate, nè il diniego di sanatoria, nè sanzioni nei confronti della ricorrente, mancando in concreto i presupposti materiali richiesti a tal fine dalla legge.
In conclusione il ricorso deve essere accolto.
Considerata l’obiettiva incertezza della questione, risultante dalla incongruità  dei dati tecnici allegati nei diversi procedimenti dalla ricorrente, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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