1.Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Legittimazione e interesse – Mutamento destinazione d’uso – Conduttore dell’immobile – Non sussiste
2. Edilizia ed Urbanistica – Attività  edilizia privata –  Mutamento di destinazione d’uso – Associazione di promozione sociale – Assenza di compatibilità  con categorie omogenee –  – SCIA – Illegittimità 

 
1. L’assenza di titolarità  della proprietà  dell’immobile oggetto di un’istanza adì mutamento di designazione d’uso prima il richiedente sia dell’interesse a proporre distanza, sia di quello ad impugnare il provvedimento di diniego. 
2. La natura  di associazione di promozione sociale non è requisito in sè sufficiente a determinare il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile dove l’associazione intende svolgere la sua attività , essendo necessaria, a tal fine, la omogeneità   della classificazione catastale originaria dell’immobile con quella oggetto del mutamento di destinazione richiesto, rilevando, detta omogeneità , anche ai fini dell’ammissibilità  della SCIA, ai sensi dell’art. 22 del d.p.R. 6 giugno 2001 (nella specie l’associazione sportiva senza fini di luci richiedeva il mutamento di destinazione da categoria D/6, prevista per immobili destinati ad attività  commerciali e servizi, alla categoria C4 congruente con gli immobili destinati ad attività  senza scopo di lucro).
 

N. 00461/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00391/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 391 del 2013, proposto da: 
A.S.D. Polisportiva Arcieri del Sud, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Domenico Torre, Marco Lancieri, con domicilio eletto presso Marco Lancieri in Bari, via Vito Nicola De Nicolò, 7; 

contro
Comune di Barletta; 

per l’annullamento
dell’ordinanza n. 00381 INT. 004 del 4.1.2013, a firma del Dirigente del Settore Edilizia Pubblica e Privata e Servizi Catastali del Comune di Barletta, notificata in data 9.1.2013, con cui si <<ordina all’Associazione Sportiva “ASD Polisportiva Arcieri del Sud” (…) di rimuovere gli effetti prodotti, ovvero di intendere non avvenuto il previsto cambio di destinazione d’uso dell’immobile, con l’avvertenza che, in caso di inadempienza, saranno adottati tutti i provvedimenti previsti dalla normativa vigente>>- della nota prot. n. 3773 del 21.1.2013, a firma del Dirigente del Settore Edilizia Pubblica e Privata e Servizi Catastali del Comune di Barletta, notificata in data 24.1.2013, con cui si conferma l’ordinanza n. 00381 INT. 004 del 4.1.2013 …>>- di ogni altro atto o provvedimento lesivo, quantunque non noto, comunque connesso, preordinato o conseguente, ove occorra e nei limiti d’interesse della ricorrente, ivi compreso il vigente Regolamento Edilizio del Comune di Barletta;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2014 la dott.ssa Maria Colagrande e uditi per le parti i difensori Marco Lancieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La ricorrente, conduttrice in comodato di un immobile adibito a sede dell’associazione e allo svolgimento delle attività  statutarie, censito in catasto al foglio n. 112, part. 257, sub 5, situato nella zona omogenea D1 a destinazione “opificio”, impugna il provvedimento e la successiva conferma con i quali il Comune di Barletta le ha ordinato “di rimuovere gli effetti prodotti dalla segnalazione certificata di inizio attività , ovvero di intendere non avvenuto il previsto cambio di destinazione d’uso dell’immobile” da “opificio categoria D/1” a “impianto sportivo categoria D/6”.
Il ricorso muove dal presupposto che la l. 7 dicembre 2000 n. 383 consente alle associazioni di promozione sociale, categoria nella quale la ricorrente si riconosce, di localizzare la propria attività  in qualsiasi zona e immobile del territorio urbano, indipendentemente dalla destinazione urbanistica o d’uso rispettivamente ad essi impressa (TAR Puglia – Lecce 5 giugno 2008 n. 1653).
Con il primo motivo – violazione ed erronea applicazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 32 comma 4 della l. n. 383/00; violazione ed erronea applicazione dell’art. 19 della l. n. 241/90; eccesso di potere per carenza di istruttoria; erronea presupposizione in fatto e in diritto; carenza ed erroneità  della motivazione; manifesta illogicità , irragionevolezza, arbitrarietà  ed ingiustizia manifesta – la ricorrente censura il mancato riconoscimento, ai fini del positivo vaglio della SCIA, dei requisiti che consentono di annoverare essa ricorrente nella categoria delle associazioni di promozione sociale, per le quali l. 7 dicembre 2000 n. 383 prevede che: “La sede [¦] ed i locali nei quali si svolgono le relative attività  sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
Con il secondo motivo – violazione ed erronea applicazione dell’art. 9 l. n. 241/90; eccesso di potere per carenza di istruttoria; erronea presupposizione in fatto ed in diritto; carenza di motivazione; manifesta illogicità , irragionevolezza, arbitrarietà  ed ingiustizia manifesta. In via gradata: violazione del principio di divieto di aggravio del procedimento, di necessaria collaborazione fra P.A. e soggetto privato, nonchè del c.d. soccorso istruttorio – lamenta il mancato esercizio dei poteri di integrazione istruttoria da parte del Comune che ha ritenuto non comprovati i requisiti e i presupposti necessari per l’accesso ai benefici previsti dalla legge 7 dicembre 2001 n. 383 e per conseguenza ha negato validità  alla SCIA.
Con il terzo motivo – violazione ed erronea applicazione dell’art. 2 d.m. n. 1444/68; violazione ed erronea applicazione dell’art. 2 punto 13 NTA del PRG del Comune di Barletta; eccesso di potere per carenza di istruttoria e malgoverno dei presupposti; carenza di motivazione; ingiustizia manifesta – deduce che il Comune avrebbe escluso la compatibilità  dell’attività  sportiva con la destinazione della zona in cui si trova l’immobile sede dell’associazione, violando la normativa di settore e gli strumenti urbanistici vigenti.
Con il quarto motivo – violazione dell’art. 19 l. n. 241/90 e art. 10 comma 2 d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per difetto dei presupposti e carenza istruttoria; ingiustizia manifesta -lamenta la lesione dell’interesse ad avvalersi della più agevole procedura a mezzo SCIA in luogo del permesso di costruire per mutare la destinazione d’uso dell’immobile destinato alle attività  statutarie e a tal fine impugna il regolamento edilizio del Comune di Barletta nella parte in cui sottopone a permesso di costruire le istanze di mutamento di destinazione d’uso.
Con il quinto motivo – violazione ed erronea applicazione dell’art. 19 l. n.241/90, nonchè dell’art. 6 lett. b) l. n. 241/90; eccesso di potere per carenza di istruttoria ed erronea presupposizione in fatto e in diritto; illogicità , arbitrarietà  ed ingiustizia manifesta; violazione art. 43 comma 1 del d.P.R. n. 445/00; violazione del principio di non aggravamento del procedimento, di necessaria collaborazione fra P.A. e soggetto privato, nonchè del c.d. soccorso istruttorio – censura l’operato del Comune laddove ha ritenuto determinante, ai fini dell’adozione del provvedimento, la carenza del titolo di proprietà  dell’immobile in capo alla ricorrente, nonostante la SCIA fosse corredata dalla dichiarazione di assenso del proprietario al cambio di destinazione d’uso.
Con il sesto motivo – illegittimità  derivata – censura la nota n. 3773 del 21.1.2013 di conferma dell’ordinanza gravata.
Accolta l’istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati, il Collegio, all’udienza del 5 febbraio 2014, ha trattenuto la causa in decisione sulle conclusioni della sola ricorrente, non avendo il Comune provveduto a costituirsi
Le questioni sottoposte al Collegio vengono esaminate in ordine di priorità  logica.
Il primo e il secondo motivo sono esaminati congiuntamente perchè vertono su questioni strettamente connesse.
La segnalazione certificata di inizio di attività , inoltrata dalla ricorrente al fine di comunicare il mutamento di destinazione d’uso dei locali condotti in comodato, da un lato si rivela inutile, cioè inidonea a modificare o ampliare la situazione giuridica dell’associazione sportiva perchè il beneficio richiesto – destinazione d’uso dei locali congruente con l’attività  sociale – è ex lege già  nel patrimonio giuridico della stessa associazione, ovunque si stabilisca, dall’altro – e per lo stesso motivo – è priva di causa, come lo sarebbe, nei rapporti interprivati, l’acquisto di un bene proprio.
Palese dunque la carenza di interesse al ricorso.
La stessa finalità  dichiaratamente (pag. 4 del ricorso) perseguita dalla SCIA di consentire ai proprietari dell’immobile di avvalersi dell’esenzione IMU, costituisce solo un elemento dal quale si evince che la ricorrente ha agito, anche in giudizio, per un interesse altrui.
Resta per questo in tal modo ulteriormente dimostrata la carenza di interesse per difetto della corrispondente posizione giuridica sostanziale, riferibile in realtà  ai proprietari dell’immobile.
In tal senso si rivela ultroneo il quinto motivo di ricorso che censura il provvedimento gravato nella parte in cui indica come ostativa al positivo vaglio della SCIA la carenza del titolo di proprietà  dell’immobile in capo all’Associazione.
Nè la circostanza che la SCIA fosse documentata da dichiarazione di assenso del proprietario al preteso cambio di destinazione d’uso, vale a superare il difetto di una posizione sostanziale in capo alla ricorrente congruente con la domanda di annullamento in quanto, se questa fosse accolta, se ne avvantaggerebbero solo i proprietari.
Ragioni logiche, prima ancora che giuridiche, impongono poi di escludere che un’associazione di promozione sociale, grazie alla qualifica soggettiva che riveste, possa ottenere per i locali occupati la modifica della destinazione d’uso, per sua natura reale, siccome dipendente da caratteristiche oggettive (tipologia e localizzazione) degli immobili, in caso contrario l’intero sistema di pianificazione del territorio e il regime delle connesse imposte indirette e patrimoniali, governati entrambi da norme inderogabili, verrebbero stravolti e i soggetti incisi favorevolmente dalle agevolazioni fiscali sarebbero altri rispetto a quelli per i quali la legge ha previsto detti benefici.
Ne consegue che la ricorrente, così come non aveva interesse ad inoltrare la SCIA – potendo insediarsi e svolgere la propria attività  ovunque nel territorio urbano – non ha interesse all’annullamento del provvedimento che ne ha rimosso gli effetti.
La conclusione non cambia se si considera che il mutamento di destinazione dell’immobile da “opificio” a “impianti sportivi senza fine di lucro” non corrisponde, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nel terzo motivo, al passaggio dalla categoria D/1 alla D/6 indicato nella relazione tecnica allegata alla variante di SCIA n. 80406 del 5 dicembre 2012.
Infatti, secondo il quadro generale di qualificazione degli immobili censibili in catasto [Circolare n. 5 del 14 marzo 1992 del Ministero delle finanze, dal contenuto sostanzialmente normativo, riprodotto dal D.M. 14/02/1997, in G.U. 15/02/1997 n. 35: “Si ricorda, in proposito, che i fabbricati sono collocati in 5 gruppi catastali (A, B, C, D, E) a seconda della loro tipologia. Nell’ambito dello stesso gruppo, i fabbricati sono suddivisi, poi, in varie categorie (si veda il quadro generale delle categorie dei fabbricati riportato in Appendice alla voce “Gruppi e categorie catastali”)”], i “Fabbricati, locali, aree attrezzate per esercizi sportivi” sono classificabili sia nella categoria D/6, omogenea a quella relativa agli immobili oggetto di SCIA, sia nella diversa e non omogenea categoria C/4: il criterio discriminante è il fine di lucro dell’attività  sportiva.
Infatti la citata Circolare n. 5 del 14 marzo 1992 del Ministero delle finanze precisa che gli “impianti con attrezzature sportive (anche con coperture pressurizzate) se a fine di lucro dovranno essere censiti nella categoria D/6”.
Ne consegue che il mutamento di destinazione d’uso oggetto della SCIA da D/1 a D/6, non solo non poteva essere assentito per mancanza dei presupposti, essendo tale classamento riservato agli immobili a vocazione produttiva -industriale, commerciale o assimilata – e tale non è quella sportiva senza fini di lucro, ma neppure avrebbe soddisfatto l’interesse sotteso all’iniziativa della ricorrente.
Lo dimostra il fatto che un ente morale, in specie di promozione sociale, è incapace di attività  lucrativa – anzi l’assenza di un tale fine è condizione decisiva per potersi qualificare tale – e quindi è di tutta evidenza che nessun vantaggio la ricorrente potrebbe ritrarre dal disporre di locali a ciò urbanisticamente destinati.
Di conseguenza neppure può vantare un interesse all’annullamento del provvedimento che ha impedito il prodursi di un tale effetto, tanto più se si considera che la categoria congruente con la nuova destinazione d’uso – impianto sportivo senza fine di lucro – è un’altra (C/4) la quale afferisce ad una zona omogenea diversa (zona C, ex art. 2 D.M. 2 aprile 1968 n. 1444), sicchè il mutamento di destinazione d’uso realmente proposto dalla ricorrente con la SCIA implica un passaggio tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, per il quale l’art. 22 d.P.R. 380/2001 esclude il ricorso alla procedura semplificata (T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 22/02/2006, n. 571).
In conclusione il ricorso, assorbita ogni altra questione, deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
Non si dispone sulle spese di giudizio non essendosi il Comune di Barletta costituito in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile nei termini spiegati in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Rosalba Giansante, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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