1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Regolamento – Lesione – Al momento dell’adozione dell’atto applicativo – Ragioni
2. Commercio, industria, turismo – Impianti di telefonia mobile – Legge quadro – Corte costituzionale – Potestà legislativa regionale – Limiti
3. Commercio, industria, turismo – Impianti di telefonia mobile – Legge quadro – Potestà regolamentare comunale – Limiti – Fattispecie
1. Al momento dell’esercizio della potestà regolamentare non si producono immediatamente lesioni di posizioni soggettive e non sono generalmente configurabili posizioni sostanziali di interesse legittimo. Poichè la posizione di interesse legittimo sorga in capo al singolo per effetto dell’esercizio del potere amministrativo fondato sulla norma regolamentare, è dall’emissione del provvedimento applicativo negativo che decorre il termine per impugnare anche l’atto regolamentare.
2. In tema di realizzazione degli impianti di telefonia mobile, la Consulta, con sentenza 7 ottobre 2003, n. 307, ha delineato i limiti dei poteri localizzativi regionali nel senso che: a) le normative regionali non possono derogare ai valori soglia di emissione la cui determinazione è riservata alla Stato; b) le prescrizioni localizzative non possono essere affidate a criteri vaghi e indeterminati, di amplissima discrezionalità ; c) è legittima l’individuazione di aree sensibili relative a particolari interessi per i quali individuare localizzazioni alternative; d) è legittima l’individuazione di divieti di localizzazioni puntuali (es. ospedali etc.).
3. In materia di installazione degli impianti di telefonia mobile, il regolamento comunale non può impedire, o rendere eccessivamente oneroso detto impianto, nè può imporre regole che si traducano in un generale divieto d’installazione in zone urbanistiche identificate. Previsioni di tal genere contrasterebbero con l’art. 4 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità (nel caso di specie il Comune aveva illegittimamente disposto il divieto di installazioni di stazioni radio base nelle aree ambientalmente protette, a distanza inferiore di 500 m. da asili, ospedali etc. e a distanza inferiore a 200 m. dal perimetro urbano).
N. 00211/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00269/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 269 del 2008, proposto dalla Wind Telecomunicazioni S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto presso l’avv. Annalisa Agostinacchio in Bari, corso Mazzini n. 134/B;
contro
Comune di Rodi Garganico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto in Bari, via Pizzoli, 8;
per l’annullamento
della nota prot. n. 11742 del 3.12.2007, successivamente pervenuta, con la quale il Direttore dello U.T.C. del Comune di Rodi Garganico, in riscontro alla trasmissione del Piano Stralcio Comunale inviato da Wind ai sensi della legge regionale n. 5/2002, ha comunicato che i siti attivi sono in contrasto con gli artt. 2 e 3 del regolamento comunale approvato con delibera di C.C. n. 19 del 9.5.2006;
di tutti gli atti ad essa connessi, presupposti e/o consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rodi Garganico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2014 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Salvatore Basso, per delega dell’avv. Giuseppe Sartorio, e Vito Aurelio Pappalepore;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Wind Telecomunicazioni S.p.a. ha impugnato la nota prot. n. 11742 del 3 dicembre 2007, con la quale il Direttore del Ufficio tecnico del Comune di Rodi Garganico ha comunicato che i siti attivi, come risultanti dal Piano Stralcio, trasmesso dalla società , ai sensi della legge regionale n. 5/2002, erano in contrasto con gli artt. 2 e 3 del regolamento comunale approvato con delibera del Consiglio n. 19 del 9 maggio 2006.
Gli impianti di teleradiocomunicazione compresi nel Piano Stralcio erano tre: il primo (lettera “A”) ubicato nella località “Lido del Sole”; il secondo (lettera “B”) ricadente nell’area circoscritta dal regolamento comunale come “sensibile”; infine, il terzo non è in effetti collocato in una zona “ambientalmente protetta”. Con riguardo a quest’ultimo il Comune, con nota 3 marzo 2008 prot. n. 2057, ha precisato che ” …solo gli impianti attivi su questo territorio comunale di cui ai nn. 1 e 2, contrastano con quanto previsto dagli artt. 2 e 3 del “Regolamento Comunale¦”.
La Wind, tra gli atti alla suddetta nota connessi, presupposti e/o consequenziali, ha altresì contestato specificamente il detto “Regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio degli impianti di teleradiodiffusione e teleradiocomunicazione con frequenza compresa tra KHZ e 3000 GHZ”.
In sintesi, sostiene l’illegittimità degli atti gravati (con riferimento alla nota prot. n. 11742 del 3 dicembre 2007):
– perchè la determina dirigenziale è sostanzialmente immotivata, non distingue tra nuovi impianti e quelli già in funzione (e a questi applica retroattivamente il regolamento comunale);
– perchè comunque erano già decorsi i 90 giorni necessari per il silenzio assenso, ex articolo 87, nono comma, del decreto legislativo I agosto 2003 n. 259, decorrente dalla presentazione del Piano Stralcio con nota 23 marzo 2007, assunta al protocollo il 5 aprile 2007;
– per violazione dell’articolo 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241;
(con riferimento al regolamento comunale approvato con delibera del Consiglio n. 19 del 9 maggio 2006):
– perchè il regolamento si pone in contrasto con l’articolo 86, comma terzo, del decreto legislativo n. 259/2003, con il DPCM 8 luglio 2003 e con l’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36;
– perchè i divieti e le preclusioni espresse nel regolamento violano l’articolo 3 della legge n. 36/2001, finendo per prescrivere particolari e più gravosi valori-limite, i quali invece sono riservati alla legislazione statale al fine di assicurare uniformità a livello nazionale;
– perchè il Comune di Rodi Garganico pretende di applicare il regolamento ad impianti già autorizzati ed esistenti;
– perchè comunque l’autorizzabilità degli impianti è subordinata ad una serie di adempimenti ingiustificatamente ed eccessivamente gravosi.
Si è costituita l’Amministrazione municipale, chiedendo che il ricorso sia in parte dichiarato inammissibile e comunque respinto in quanto infondato nel merito.
L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza della prima sezione 5 marzo 2008 n. 136, “Considerato, in disparte ogni questione in ordine alla eccezione di tardiva impugnazione del regolamento e del piano di insediamento degli impianti, che non sussiste pregiudizio per la ricorrente, atteso che il provvedimento gravato riguarda soltanto gli impianti già esistenti e non già quelli da attivare e che l’unico impianto concretamente interessato è quello in prossimità del Conservatorio Musicale che costituisce area sensibile”.
Il Consiglio di Stato, Sezione sesta, ha riformato l’ordinanza di primo grado, “Ritenuto che:
– il danno grave è dedotto dall’appellante solo con riguardo a quella parte dell’ordinanza sindacale impugnata in primo grado con cui si è disposta la rimozione dell’impianto;
– il ricorso in appello è sorretto, allo stato, da sufficienti elementi di fondatezza con riguardo alla circostanza che la concessione edilizia non è stata ancora nè revocata nè annullata;
Considerato che al danno dedotto dall’appellante può ovviarsi disponendo la sospensione della detta ordinanza sindacale nella parte in cui ha disposto la rimozione dell’impianto”.
Sulle conclusioni delle parti, la causa è stata riservata per la decisione all’udienza del 15 gennaio 2014.
B.1. In primo luogo, occorre osservare che il Comune di Rodi Garganico non contesta il perfezionamento del silenzio-assenso formatosi in relazione al Piano Stralcio, trasmesso dalla Wind con nota 23 marzo 2007, assunta al protocollo il 5 aprile 2007, nè che la gravata nota prot. n. 11742 del 3 dicembre 2007 sia successiva a tale momento. Si limita invece a rilevare che tale meccanismo “non esclude automaticamente (tout court e sic et simpliciter) il potere di vigilanza e controllo che istituzionalmente attribuito ai Comuni” (memoria 4 marzo 2008, p. B.5, pagina 13).
Di conseguenza, posta la questione in questi termini (e non essendo state dedotte specifiche contestazioni sulla mancanza di requisiti per operare in autotutela), dev’essere valutata la legittimità dell’azione amministrativa, nella sua interezza, compreso il parametro applicato agli impianti di telecomunicazione costituito dal regolamento approvato con delibera del Consiglio comunale n. 19 del 9 maggio 2006, anch’esso censurato.
B.2. Al riguardo, innanzitutto, deve respingersi l’eccezione d’irricevibilità per tardività del ricorso relativamente all’impugnativa della delibera del Consiglio n. 19 del 9 maggio 2006, sollevata del Comune di Rodi Garganico, secondo il quale il termine per il gravame decorreva dall’ultimo giorno di pubblicazione sull’albo pretorio dell’atto (e quindi dal 1° giugno 2006).
Al proposito è sufficiente ricordare che, anche di recente, il Consiglio di Stato (Sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451) ha avuto modo di chiarire, con riferimento ai regolamenti, che, “al momento dell’esercizio della potestà regolamentare, non solo non si producono immediatamente (attualmente) lesioni di posizioni soggettive, ma generalmente non sono configurabili posizioni sostanziali di interesse legittimo, le quali – come posizioni circoscritte dall’essere “personali” e “dirette” – insorgono normalmente in un momento successivo all’esercizio del potere (se il regolamento presuppone l’instaurazione di un procedimento ad istanza di parte, al momento di proposizione della domanda di autorizzazione o concessione).
Al contrario, laddove ricorra l’ipotesi di un “regolamento-provvedimento”, l’identificabilità concreta del destinatario rende sussistente, al momento stesso dell’esercizio del potere regolamentare (ma si tratta, nella sostanza, di un potere affatto diverso), sia l’interesse legittimo sia l’interesse ad agire. L’impugnazione di un atto generale a contenuto normativo, di un regolamento, costituisce un esempio evidente della esistenza di un interesse collettivo, distinto dagli interessi dei singoli componenti della collettività (ente territoriale, organizzazione di categoria, associazione), e tutelabile indipendentemente dalla sua coincidenza con l’interesse “di tutti””.
Di conseguenza, poichè la posizione d’interesse legittimo normalmente sorge in capo al singolo per effetto dell’esercizio in concreto del potere amministrativo fondato (pure) sulla norma regolamentare, è solo dall’emissione del provvedimento applicativo negativo, concretamente lesivo, che decorre il termine per impugnare anche l’atto regolamentare.
B.3. Nel merito, la maggior parte delle questioni poste in relazione al regolamento comunale verte sulla legge 22 febbraio 2001, n. 36 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”) già esaminata ed interpretata dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 307 e n. 331 del 2003 e n. 336 del 2005.
Come puntualmente ricostruito dalla sentenza di questo Tribunale, Sez. III, 27 giugno 2007 n. 1630, di cui si riportano le parti salienti che in questa sede interessano, tale legge quadro, mentre riserva “allo Stato le attribuzioni generali di carattere necessariamente unitario afferenti a limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità concernenti l’esposizione e la diffusione ambientale di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici anche relativi agli impianti di telefonia mobile (art. 4), ha demandato alle Regioni, nel quadro di competenza legislativa concorrente, le funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti, le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione, la realizzazione del catasto regionale delle sorgenti fisse dei vari campi, l’individuazione degli strumenti e delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità , da esercitare secondo “principi relativi alla tutela della salute pubblica, alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio”, e salva la fissazione, a cura delle regioni stesse delle competenze da esercitare da province e comuni; a questi ultimi, però, è stata altresì riconosciuta la facoltà di “adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici” (art. 8).
Con legge regionale pugliese 8 marzo 2002, n. 5 (“Norme transitorie per la tutela dall’inquinamento elettromagnetico prodotto da sistemi di telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza fra 0Hz e 300Ghz”), nell’attribuire ai comuni il rilascio dei provvedimenti concernenti l’installazione e la modifica degli impianti, l’adozione dei provvedimenti relativi ad azioni di risanamento, la vigilanza e il controllo, è stata ovviamente ribadita la competenza suddetta, estesa ai “piani” oltre che ai regolamenti, non soggetti ad approvazione regionale (secondo quanto precisato dall’art. 31 della legge regionale 19 luglio 2006, n. 22, che ha modificato in tal senso la lettera b) dell’art. 6 della citata l.r. n. 5/2002)”.
Essenziale per intendere la normativa di settore è “l’intervento della Consulta che, con la sentenza 7 ottobre 2003, n. 307, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale o all’opposto l’infondatezza di questioni di costituzionalità riguardanti varie leggi regionali attuative della legge quadro n. 36/2001, ha delineato i limiti dei poteri localizzativi regionali (e quindi anche comunali), nel senso che
a) le normative regionali non possono interferire, derogandoli, ai valori soglia di emissione la cui determinazione è riservata allo Stato, la cui fissazione unitaria a livello nazionale “¦rappresenta il punto di equilibrio fra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti necessari al paese¦”;
b) le prescrizioni localizzative non possono essere affidate a criteri vaghi e indeterminati, di amplissima discrezionalità , tali da configurare “¦non già un quadro di prescrizioni o standard urbanistici, bensì un potere amministrativo in contrasto con il principio di legalità sostanziale e tale da poter pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione¦”;
c) è legittima l’individuazione di “¦aree sensibili¦con riguardo a situazioni e interessi (tutela della popolazione nelle aree densamente abitate o frequentate, interesse storico-artistico o paesistico dell’area) di cui la Regione ha certamente titolo per occuparsi in sede di regolazione dell’uso del proprio territorio¦”, soprattutto se collegate alla previsione che i comuni, in contemplazione delle medesime e nell’esercizio dei loro poteri regolamentari, possano individuare localizzazioni alternative rispetto alle stesse (statuizione riferita proprio alla legge regionale pugliese: art. 3 comma 1 lettera m);
d) è del pari legittima l’individuazione di divieti di localizzazione riferiti a ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido, da ricondurre a criteri negativi di localizzazione che rientrano nella sfera di competenza regionale e nell’ambito degli obiettivi di qualità , mentre è costituzionalmente illegittima la previsione di legge regionale che individui generici divieti di localizzazione per aree sottoposte a vincoli di tipo ambientale, paesistico e storico-culturale quando “¦l’ampiezza e l’eterogeneità delle categorie di aree contemplate, l’indeterminatezza di alcune definizioni¦e l’assoluta discrezionalità ¦nel perimetrare le fasce di rispetto fanno del divieto¦un vincolo in grado, nella sua assolutezza, di pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione, nonchè lesivo, per ciò che attiene alla determinazione delle fasce di rispetto, del principio di legalità sostanziale” (statuizioni rispettivamente relative all’art. 10 comma 1 e comma 2 della l.r. pugliese n. 5/2002)”.
Sulla scorta delle indicazioni della Consulta, la giurisprudenza amministrativa ha poi distinto tra “criteri localizzativi”, intesi come divieti puntuali d’installazione, ad esempio su edifici “sensibili” (ospedali, case di cura, case di riposo, asili, scuole), da ritenere legittimi, e “limitazioni alla localizzazione”, ovvero”¦criteri distanziali generici ed eterogenei”, come, ad esempio, distanze minime da edifici residenziali o da immobili vincolati, i quali sono invece illegittimi (Cons. Stato, Sez. VI, 21 giugno 2006, n. 3734).
In definitiva, il regolamento comunale non può spingersi fino ad impedire – o a rendere eccessivamente onerosa – la possibilità d’installare impianti di telefonia sul territorio comunale; in particolare, non può sospendere la formazione dei titoli abilitativi formati o in corso di formazione ai sensi degli artt. 86 e 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche (Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2010 n. 2371); non può imporre regole che si traducano in un generalizzato divieto d’installazione in zone urbanistiche identificate. Infatti, tale previsione verrebbe infatti a costituire un’inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l’art. 4 della legge n. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità , in base a parametri d’applicarsi su tutto il territorio dello Stato (Cons. Stato, Sez. III, 5 febbraio 2013 n. 687; Sez. IV, 22 giugno 2011 n. 3783; Sez. VI, 27 dicembre 2010 n. 9414; 23 luglio 2009 n. 4631).
D’altronde, come osservato dal Consiglio di Stato, nella sentenza della Sez. VI, n. 3638 del 15 giugno 2011,
“- la selezione dei criteri di insediamento degli impianti deve tener conto della nozione di rete di telecomunicazione, che per definizione richiede una diffusione capillare sul territorio, segnatamente nei casi di telefonia mobile c.d. cellulare, che alla debolezza del segnale di antenna associa un rapporto di maggiore contiguità delle singole stazioni radio base;
– la stessa assimilazione in via normativa delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, implica che le stesse debbano collegarsi ed essere poste al servizio dell’insediamento abitativo e non essere dalle stesso avulse.
A seguito del riconoscimento della competenza regolamentare ex art. 8 legge n. 36/2001 è stato d’altra parte precisato che l’esercizio del detto potere normativo non poteva, nemmeno surrettiziamente, interferire con i poteri statali relativi alla fissazione dei valori parametrici unitari limite di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, ad esempio con divieti generalizzati d’installazione di impianti nelle zone omogenee territoriali a destinazione residenziale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 2006, n. 353 e Sez. IV, 3 giugno 2002, n. 3095), con connessa possibilità , in mancanza di specifiche previsioni urbanistiche, di collocazione in tutte le zone territoriali omogenee (Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2003, n. 673)”.
àˆ evidente perciò, per quanto riguarda la controversia in esame, che le prescrizioni del regolamento del Comune di Rodi Garganico gravato- le quali impongono in maniera assoluta, all’articolo 3, che “non dovranno essere realizzate o consentite installazioni di stazioni radio base¦ nelle aree ambientalmente protette (così come definite all’art 2) e a distanza inferiore a 500 m, da perimetro esterno delle aree in cui siano ubicati o previsti asili, scuole di ogni ordine e grado, ospedali, case di cura e riposo, carceri, parchi e giardini o altre sedi di convivenza o sanitarie o militari, e comunque a distanza non inferiore a 200 m dal perimetro urbano”- rientrano pienamente proprio nelle ipotesi di divieto generalizzato e ingiustificato, di cui si è occupata la giurisprudenza sopra citata; tale illegittimità del regolamento non può che travolgere anche l’atto applicativo costituito dalla nota prot. n. 11742 del 3 dicembre 2007.
Si deve ancora precisare che l’effetto di annullamento riguarda solo l’intervento indicato nel Piano Stralcio con la lettera “B”, collocato a meno di 500 m. dal conservatorio.
In effetti, per l’impianto “A”, in località “Lido del Sole”, la Wind ha presentato una denuncia d’inizio attività , ai sensi dell’articolo 87 bis del decreto legislativo n. 259/2003, ottenendo parere positivo dall’A.R.P.A. e senza ulteriori contestazioni anche da parte dell’Amministrazione comunale (sicchè il ricorso n. 616/2007 proposto contro l’ordinanza sindacale di disattivazione n. 4/07 è stato definito dalla terza Sezione, con la sentenza 4 dicembre 2013 n. 1616, dichiarando il sopravvenuto difetto d’interesse della società istante).
L’intervento di cui alla lettera “C”, come già riferito, era stato già oggetto di chiarimento da parte del Comune, con nota 3 marzo 2008 prot. n. 2057, con cui si è precisato che ” …solo gli impianti attivi su questa territorio comunale di cui ai nn. 1 e 2, contrastano con quanto previsto dagli artt. 2 e 3 del “Regolamento Comunale¦”.
Ciò comporta che, in relazione a questi due impianti, non residui alcun interesse alla decisione in capo alla medesima società Wind.
Le spese seguono la soccombenza, come da liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile, in parte lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato per quanto riguarda l’intervento indicato nel Piano Stralcio con la lettera “B”, collocato a meno di 500 m dal conservatorio.
Condanna il Comune di Rodi Garganico al pagamento delle spese di giudizio in favore della società ricorrente, nella misura di euro 2.500,00 (duemilacinquecento), oltre CU, CPI e IVA, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)