1. Pubblica sicurezza – Autorizzazione di polizia – Art. 39 T.U.L.P.S. – Detenzione armi, munizioni e materie esplodenti – Ampia discrezionalità  dell’autorità  di pubblica sicurezza – Sindacabilità  – Limiti


2. Pubblica sicurezza – Divieto detenzione armi, munizioni e materie esplodenti ex art. 39 T.U.L.P.S. – Inaffidabilità  per negligente custodia – E’ legittimo


3. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Divieto detenzione armi, munizioni e materie esplodenti – Comunicazione avvio del procedimento – Omissione – Conseguenze 

1. In materia di autorizzazioni di polizia, l’autorità  di pubblica sicurezza dispone, ai sensi dell’art. 11 del T.U.L.P.S., di un’ampia discrezionalità  nella valutazione dei requisiti soggettivi per il possesso di quei beni o per l’esercizio di quelle attività  che possono costituire un pericolo per l’ordine o la sicurezza pubblica; si tratta di provvedimenti fondati su apprezzamenti di pieno merito e pertanto insindacabili in sede di legittimità  se non sotto i profili dell’illogicità , travisamento o carenza di motivazione.


2. E’ legittimo il divieto disposto dal Prefetto ai sensi dell’art. 39 del T.U.L.P.S. di detenere armi, munizioni e materiali esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne poichè la negligente custodia delle stesse rappresenta un presupposto idoneo ad integrare la fattispecie dell’abuso.


3. Nei procedimenti amministrativi volti a vietare la detenzione di armi e munizioni ed a revocare la licenza di porto d’armi, l’urgenza di provvedere è in re ipsa in considerazione della situazione di particolare pericolo che si mira a prevenire; pertanto, il provvedimento può essere legittimamente adottato anche senza la preventiva comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. 8.7.1990, n. 241.

N. 00110/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01632/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1632 del 2011, proposto da: 
Antonio Carchia, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Maiellaro, con domicilio eletto presso Ettore Sbarra in Bari, via Egnatia, 15; 

contro
U.T.G. – Prefettura di Foggia, Comando Provinciale Carabinieri di Foggia, Ministero dell’Interno, Ministero della Difesa, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
-del decreto prot. Nr. 679.10/Area 1 bis del 5-4-2011, notificato il 12-5-2011, con cui il Prefetto di Foggia disponeva il divieto di detenere armi, munizioni e materie esplodenti ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S.;
-della nota n.0129576/4-3 “P” del 12-7-2010, conosciuta ìn data 8-6-2011 a seguito di istanza 14-5-2011 di accesso ai documenti amministrativi, con cui il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Foggia proponeva l’applicazione del divieto di detenere armi, munizioni e materie esplodenti;
-ed ove occorra, della Circolare telegrafica del Ministero dell’Interno prot. nr.557/P.A.S.4901.10171 (1) del 19-4-2004, ancorchè non conosciuta;
-di ogni altro atto precedente, seguente e comunque connesso a quello impugnato, ancorchè non conosciuto
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Foggia e di Comando Provinciale Carabinieri di Foggia e di Ministero dell’Interno e di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori Michele Maiellaro e Valter Campanile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con decreto in data 5.4.2011 il Prefetto di Foggia ha vietato a Antonio Carchia, ai sensi dell’art. 39 del TU. delle leggi di P.S., di detenere armi e munizioni.
Il provvedimento del Prefetto è stato adottato a seguito di segnalazione da parte del Comandante Provinciale dei Carabinieri di Foggia del 12.7.2010, con cui si evidenziava che:
– il Carchia, titolare di porto d’arma per uso caccia e detentore di due pistole e 4 fucili con relativo munizionamento (denunciate alla stazione dei CC di Torremaggiore), in data 22.3.2011 denunciava il furto del proprio autocarro, avvenuto la sera precedente, al cui interno aveva lasciato il fucile calibro 12 Franchi matricola n. D.47550;
– il predetto veniva per tale motivo deferito in data 29.4.2010 alla Procura della Repubblica di Lucera per omessa custodia di armi.
Il provvedimento del Prefetto si fonda sul rilievo che”la suddetta circostanza determina il ragionevole dubbio circa l’affidamento nel corretto uso delle armi”.
Con ricorso notificato l’11.7.2011 e depositato il 16.9.2011 Antonio Carchia ha impugnato gli atti specificati in epigrafe, deducendo: “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773; Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e per motivazione insufficiente, inadeguata, illogica e solo apparente”, contestando che il richiamo ad un unico episodio possa essere sufficiente alla formulazione di una prognosi negativa, non essendo stata condotta una adeguata istruttoria ed essendosi sostanzialmente applicato un automatismo, omettendo di valutare la personalità  del soggetto, da 50 anni titolare del porto d’armi. Sotto altro aspetto contesta la violazione dell’art. 7 L. n. 241/90 per l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento.
Si sono costituite le intimate Amministrazioni – difese ex lege dall’Avvocatura dello Stato – chiedendo il rigetto del gravame.
Alla c.c. del 6.10.2011 (ord. N. 828/11) è stata respinta l’istanza cautelare.
Con ord. N. 102/12 del 14.1.2012, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello cautelare proposto dal ricorrente.
In vista della pubblica udienza del 9.1.2014 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame, richiamando giurisprudenza.
Il ricorso non risulta fondato.
Sotto un profilo d’ordine generale, va rilevato che, nell’esercizio dell’attività  di prevenzione, l’Autorità  di polizia è competente a rilasciare un’autorizzazione preventiva per il possesso di quei beni o per l’esercizio di quelle attività , che possono costituire un pericolo per l’ordine o la sicurezza pubblica.
Le autorizzazioni di polizia (art. 11 del R.D. 18.6.1931 n. 773 TULPS) presuppongono che il richiedente sia immune da determinati precedenti penali (condanna a pena superiore a tre anni per delitto non colposo, non seguita da riabilitazione), non sia sottoposto a misura di prevenzione o di sicurezza, non sia stato dichiarato delinquente abituale o professionale.
E’ superfluo sottolineare la correlazione tra i requisiti soggettivi per il conseguimento delle autorizzazioni di polizia e la natura dell’interesse pubblico tutelato (sicurezza pubblica): i precedenti penali o la cattiva condotta lasciano presumere un uso scorretto o pericoloso dell’autorizzazione e per questo ne impediscono o ne sconsigliano il rilascio.
In particolare, per quanto viene in rilievo nella fattispecie all’esame, va rilevato che l’art. 39 del TULPS prescrive che “Il Prefetto ha facoltà  di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell’articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne”.
Si tratta di un divieto che interviene ad inibire la stessa detenzione e non già  il solo porto dell’arma, quindi con un ambito più vasto dell’art. 43 del TULPS (che disciplina la revoca del porto d’armi) e con una finalità  di prevenzione ancora più marcata, anche se, va detto, spesso l’adozione di tale provvedimento è strettamente connesso con quello di revoca del porto d’armi.
La disciplina dettata dall’art. 39 del TULPS è dunque diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonchè a prevenire la commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del messo di offesa.
Va inoltre chiarito che (cfr. T.A.R. Napoli, Sez. V, 27.1.2009 n. 420) la facoltà  di detenere armi, munizioni ed esplosivi non corrisponde ad un diritto il cui affievolimento debba essere assistito da garanzie di particolare ampiezza, bensì ad un interesse reputato senz’altro cedevole a fronte del ragionevole sospetto dell’abuso di questa stessa facoltà , interesse che non è dunque sufficiente a compensare rischi di sorta per l’incolumità  pubblica.
Da quanto sopra consegue che – costituendo la detenzione ed il maneggio di armi attività  di per sè oggettivamente pericolose – la negligente custodia delle stesse rappresenta senz’altro presupposto specifico idoneo ad integrare la fattispecie generale dell’abuso (cfr. T.A.R.Calabria-Catanzaro 24 giugno 1993 n. 495, TAR Abruzzo-Pescara 10 marzo 2003 n. 329, T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 14 maggio 2003 , n. 1789, T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 27 aprile 2004 n. 396, Consiglio Stato sez. VI 27 giugno 2006 n. 4099).
In altri termini, l’abuso dell’arma non comporta necessariamente condotte commissive ma è suscettibile di concretizzarsi anche mediante comportamenti omissivi, consistenti nel mancato assolvimento di quei pregnanti oneri di diligente custodia che l’ordinamento impone – proprio a tutela generale della pubblica sicurezza – a chi detenga armi o esplosivi.
Va poi rilevato che la norma di riferimento – affidando alla Autorità  di P.S. la formulazione di un giudizio di natura prognostica – intesta all’Amministrazione un potere di valutazione eminentemente discrezionale da esercitarsi appunto con prevalente riguardo all’interesse pubblico all’incolumità  dei cittadini ed alla prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall’eventuale uso delle armi, in relazione alla condotta e all’affidamento che il soggetto può dare in ordine alla possibilità  di abuso delle stesse.
Quello di cui qui si discute è, dunque, un provvedimento fondato su apprezzamenti di pieno merito e perciò insindacabile in sede di legittimità  se non sotto profili estrinseci (illogicità , travisamento o carenza di motivazione).
Il beneficiario del provvedimento concessivo dell’autorizzazione alla detenzione di armi deve quindi mantenere una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonchè delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati (cfr. Cons. St. Sez. VI, 13 luglio 2006 , n. 4487, Sez. VI,. 12 febbraio 2007 n. 535).
Venendo ora a fare concreta applicazione di siffatti criteri ermeneutici alla fattispecie all’esame, il Tribunale deve concludere – alla luce della documentazione prodotta dall’Amministrazione resistente – che la situazione verificatasi dava atto a seri dubbi sulla permanenza dell’affidabilità  del soggetto, essendosi palesata una evidente negligenza rispetto agli obblighi di custodia dell’arma.
Dal verbale di denuncia di furto (doc. n. 5 del ric.) emerge che il Carchia ha dichiarato ai CC di Torremaggiore:
– di aver subito “numerosi furti presso il piazzale” di sua proprietà  posto di fronte alla sua abitazione, con sottrazione di materiale di vario genere;
– di aver deciso di dormire, la sera del 21 marzo 2011, all’interno del suo furgone per evitare di subire altri furti;
– di essere risalito a casa alle ora 00.15, in quanto la propria moglie non si sentiva bene;
– che al mattino si accorgeva che durante la notte ignoti gli avevano rubato il furgone all’interno del quale aveva lasciato il fucile cal 12 semiautomatico marca Franchi.
Non è chi non veda che la sequenza dei fatti, così come narrata dal Carchia, evidenzi la mancata adozione di quella particolare diligenza nella adeguata custodia dell’arma che si richiede al detentore della stessa.
Va rammentato ( cfr. Cons. St., Sez. VI, 7.12.2007 n. 6288) che l’art. 20 comma 1 L. 18 aprile 1975 n. 110, nello stabilire che la custodia delle armi deve essere assicurata con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica, è volto a far sì che nella custodia delle armi vi sia una puntuale diligenza da parte del possessore, ed a evitare, in definitiva, che, a causa di cautele insufficienti, possano venire in possesso delle armi soggetti non autorizzati, col conseguente rischio di rendere vano il rigore particolare previsto dalla legge per prevenire una diffusione non controllata delle armi, pericolosa nell’ambito sociale.
Da ultimo, in relazione alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, va rilevato che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Umbria , 3.5.2013 n. 266; T.A.R Piemonte, Sez. II, 25.11.2011 n. 1230; T.A.R. Reggio Calabria, 6.5.2011. n. 657), nei procedimenti volti a vietare la detenzione di armi e munizioni ed a revocare la licenza di porto d’armi l’urgenza di provvedere è in re ipsa, in considerazione della situazione di particolare pericolo che si mira a prevenire.
Ricorrono ragioni equitative per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente, Estensore
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Rosalba Giansante, Primo Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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