1. Processo amministrativo – Giudizio sul silenzio – Interruzione dell’inerzia nel corso del giudizio – Improcedibilità del ricorso
2. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Ricorso – Deposito – Termine – Decorrenza – Solo da notificazioni necessarie
3. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Motivi aggiunti – Deposito – Tempestività – Verifica
4. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Sanatoria delle opere abusive – Istanza – Diniego – Legittimità – Conseguenze
5. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Sanzioni amministrative – Demolizione – Termine di 90 gg. ex art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380/2001 – Natura – Conseguenze – Fattispecie
1. Deve dichiararsi improcedibile il ricorso proposto avverso il silenzio della p.A. qualora nelle more della definizione del contenzioso quest’ultima si sia comunque pronunciata sull’istanza del ricorrente.
2. Il termine prescritto per il deposito del ricorso decorre dall’ultima notificazione utile, intendendosi per tale quella necessaria ai fini dell’integrità del contraddittorio con esclusione, quindi, di quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam.
3. Nel caso in cui l’Amministrazione si sia costituita in giudizio, i motivi aggiunti vanno necessariamente notificati presso il procuratore della p.A. costituito, con la conseguenza che è in relazione a tale notificazione che va condotta la verifica della tempestività del deposito dell’atto contenente l’ulteriore impugnativa.
4. La legittimità della provvedimento di diniego di sanatoria determina, quale conseguenza vincolata, la rimozione e demolizione degli interventi realizzati abusivamente.
5. Il termine di 90 giorni entro il quale, ai sensi dell’art. 31, comma 3, D.P.R. 6.6.2011, n. 380 il proprietario o il responsabile dell’abuso devono procedere alla demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, ha natura legale e come tale non può essere derogato dall’Amministrazione (ciò nonostante il TAR nella specie ha respinto la censura di violazione della norma richiamata in quanto il ricorrente non aveva allegato alcun pregiudizio correlato alla violazione del predetto termine).
N. 00081/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00281/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 281 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Giovanni Valente, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Arzano, con domicilio eletto presso Massimo F. Ingravalle in Bari, piazza Garibaldi n.63;
contro
Comune di Bisceglie, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Aldo Loiodice presso il quale elegge domicilio, in Bari, via Nicolai n. 29;
per la declaratoria dell’illegittimità
del silenzio rigetto formatosi sull’istanza di concessione in sanatoria, ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001, rivolta dal Valente in data 30 ottobre 2008,(impugnata con il ricorso introduttivo);
per l’annullamento:
dell’ordinanza del Dirigente della Ripartizione Tecnica del Comune di Bisceglie n. 53 del 16.03.2012 (doc. n. 11), notificata il 29 successivo, con cui si dispone nei confronti del ricorrente “la demolizione delle opere in assenza di titolo abilitativo, con ripristino dello stato dei luoghi”, (impugnata con motivi aggiunti depositati il 29 giugno 2012);
della determinazione dirigenziale n. 7569 del 15 febbraio 2012 recante diniego all’istanza di permesso di costruire del 30 ottobre 2008, (impugnata con motivi aggiunti depositati il 17 maggio 2012);
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune del Comune di Biceglie;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 30 gennaio 2004 il ricorrente inoltrava alla resistente Amministrazione comunale una dichiarazione di interesse al condono ai sensi della L.R. n. 28/2003 riferita ad alcune opere edilizie eseguite in assenza di idoneo titolo abilitativo su un terreno di proprietà adibito ad attività di rimessaggio barche da diporto con annessa officina meccanica.
Il 6 giugno 2006 l’Amministrazione notificava al ricorrente il preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. n. 241/1990, poichè non risultava “presentata domanda di condono ai sensi dell’art. 32 della legge 326/03 e ss.mm.ii. nè ulteriore documentazione prevista per la definizione degli illeciti edilizi”.
In sede di sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale il 14 novembre 2006, sul fondo del ricorrente veniva rilevata una pluralità di interventi in assenza di titolo (ampliamento di un edificio esistente, realizzazione di nuovi fabbricati, sopraelevazione della recinzione, installazione di manufatti prefabbricati e sistemazione con manto bituminoso del piazzale).
Preso atto dei descritti esiti ispettivi ed in assenza di contributi partecipativi dell’interessato, l’Amministrazione, con ordinanza n. 72 del 27 marzo 2007, sul presupposto che “le opere abusive ricadono in zona tipizzata dal vigente P.R.G. a Zona Agricola” eche l’area interessata rientra “in quelle sottoposte a tutela del PUTT/Paesaggio approvato con Delibera di G.R. n. 1748 del 15 dicembre 2000”, disponeva la sospensione dei lavori già avviati dal ricorrente e, con successiva ordinanza n. 119 del 21 maggio 2007, ordinava la rimozione delle opere abusive realizzate.
Con istanza del 30 ottobre 2008, il ricorrente chiedeva il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 di parte delle opere realizzate impegnandosi alla “rimozione della struttura in alluminio anodizzato e vetri a chiusura del porticato esistente, alla demolizione vano bagno realizzato al ridosso della costruzione assentita e alla riduzione delle murature da mt. 4 ai consentiti mt. 2.95”, chiedendo che fossero sanate due “coperture temporanee a falde inclinate”.
L’Amministrazione non si pronunciava sull’istanza determinando il formarsi del silenzio rigetto ex art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 che il ricorrente impugnava con il ricorso introduttivo del presente giudizio (notificato il 2 febbraio 2009), deducendone l’illegittimità in ragione della affermata conformità delle opere in questione alla disciplina urbanistica riferita alla “zona omogenea E – zona agricola (art. 47 della NN.TT.AA al PRG del Comune di Bisceglie)”.
L’Amministrazione si costituiva in giudizio confutando le avverse doglianze e chiedendo la reiezione del ricorso.
Con atto n. 7569 del 15 febbraio 2012, l’Amministrazione rigettava l’istanza di permesso in sanatoria del 30 ottobre 2008 sul duplice presupposto dell’incompatibilità dell’attività di rimessaggio con la destinazione agricola impressa all’area e del difetto della prescritta autorizzazione paesaggistica.
Il diniego da ultimo citato veniva impugnato dal ricorrente con motivi aggiunti notificati in data 20 aprile 2012, sotto un primo profilo, riaffermando la compatibilità degli interventi realizzati con la destinazione urbanistica e, sotto altro profilo, deducendo la violazione dell’art. 167, commi 4 e 5, che consentirebbe il rilascio postumo della autorizzazione paesaggistica, in presenza di interventi edilizi che non abbiano determinato creazione di superfici utili e di volumi (le tettoie sarebbero aperte su tre lati e quindi non realizzerebbero volumi rientrando nelle previsioni del comma 4, lett. a) dell’art. 167).
L’Amministrazione, con ordinanza n. 53 del 16 marzo 2012, disponeva la demolizione delle opere realizzate in assenza di titolo ed il ripristino dello stato dei luoghi.
Il ricorrente, con un secondo ricorso per motivi aggiunti, proposto con contestuale istanza di sospensione (datato 23 maggio 2012, notificato il 25 maggio 2012 a mezzo raccomandata ricevuta dall’Amministrazione il 29 maggio 2012), impugnava il provvedimento da ultimo intervenuto, deducendone l’illegittimità in via derivata e per vizi propri che specificava consistere nella estensione dell’ordine di demolizione anche ai manufatti che il medesimo ricorrente, in sede di istanza di sanatoria, si era già impegnato a rimuovere e nell’assegnazione di un termine per procedere alle demolizioni di soli 30 giorni in luogo del termine legale di 90 di cui all’art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001.
L’Amministrazione, con memoria depositata il 10 settembre 2012, eccepiva in via pregiudiziale l’irricevibilità del secondo atto di motivi aggiunti per tardività del deposito con conseguente inammissibilità del primo ricorso per motivi aggiunti, in quanto la perdurante efficacia del provvedimento di demolizione eliderebbe ogni interesse del ricorrente alla pronunzia sul diniego di sanatoria. Nel merito contestava le doglianze formulate avverso i provvedimenti sopravvenuti alla proposizione del ricorso introduttivo chiedendone il rigetto.
Nella camera di consiglio del 13 settembre 2009 il ricorrente rinunziava alla domanda cautelare. Con conclusiva memoria, depositata l’11 novembre 2013, l’Amministrazione eccepiva la sopravvenuta improcedibilità del ricorso originario avverso il silenzio stante la successiva sopravvenienza di determinazioni espresse.
All’esito della pubblica udienza del 12 dicembre 2013, la causa veniva decisa.
Preliminarmente deve riconoscersi la fondatezza dell’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo sollevata dalla resistente Amministrazione atteso che, nelle more del giudizio, il Comune di Bisceglie si è pronunciato circa l’istanza del ricorrente, ancorchè in senso non favorevole allo stesso.
In secondo luogo deve ritenersi fondata l’eccezione di irricevibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti in quanto depositato tardivamente.
Il gravame, infatti, in ossequio a quanto stabilito dagli artt. 43, comma 2, c.p.a e 170 c.p.a., risulta notificato al Comune in data 29 maggio 2012 presso il procuratore con conseguente necessità , ex art. 45, comma 1, c.p.a., di provvedere al deposito del medesimo entro il termine di 30 giorni scadenti il 28 giugno 2012.
L’avvenuto deposito in data 29 giugno 2012 determina, pertanto, l’irricevibilità del gravame a nulla rilevando l’ulteriore e posticipata notifica del ricorso presso la sede dell’Ente atteso che la già avvenuta costituzione in giudizio dell’Amministrazione comportava la necessità di procedere alla notifica presso il procuratore con la conseguenza che è alla data di perfezionamento della notifica presso quest’ultimo che deve essere valutata la tempestività del deposito (TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 14 dicembre 2012, n. 14283).
Invero una notifica non prescritta dalla legge è inidonea ad impedire il decorso del termine per il deposito del ricorso che decorre inevitabilmente dall’ultima notifica utile (Cons. Stato, Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3801).
L’inoppugnabilità dell’ordine di demolizione determina quale ulteriore conseguenza l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’impugnazione del diniego di sanatoria, oggetto del primo ricorso per motivi aggiunti, in ragione dell’assenza di alcun concreto ed attuale interesse del ricorrente ad ottenere la relativa pronuncia stante la perdurante efficacia del provvedimento che impone, in ogni caso, la demolizione delle opere abusive realizzate.
Ciò premesso, il ricorso avverso le determinazioni espresse adottate dall’Amministrazione nella vicenda oggetto del presente giudizio è, in ogni caso, infondato ed è con tale statuizione che il Collegio intende pronunciarsi sulla presente controversia, in ossequio al principio di effettività della tutela, da ultimo anche codificato.
Con riferimento al diniego di sanatoria determinato con atto del 15 febbraio 2012, la ricorrente, con un unico e articolato motivo di ricorso, da un lato, censura la contestata incompatibilità dell’attività di rimessaggio svolta sul terreno di proprietà con la destinazione agricola impressa dallo strumento urbanistico all’area in questione, affermando che il Comune avrebbe adottato l’impugnato diniego limitandosi ad “applicare passivamente” (pag. 7, 2° cpv. del ricorso) l’art. 47 delle N.T.A., senza effettuare alcuna valutazione in concreto circa la effettiva compatibilità dell’attività esercitata con la destinazione urbanistica all’area; da altro lato, nega che le opere realizzate, in quanto ricadenti in zona interessata al P.U.T.T./P, “Ambito Territoriale Esteso” denominato “Valore relativo D”, necessiterebbero di una preventiva autorizzazione paesaggistica ex art. 146, comma 4, del D. Lgs. n. 42/2004.
A tal proposito il ricorrente evidenzia che, in presenza di interventi non comportanti la creazione di superfici utili, come quelle oggetto del presente giudizio, troverebbe applicazione la norma derogatoria di cui all’art. 167, comma 4, richiamata dallo stesso art. 146, comma 4.
Le suesposte censure sono infondate.
Preliminarmente si evidenzia che l’Amministrazione contesta al ricorrente le seguenti opere, realizzate in assenza di titolo (v. ord. sosp. n. 72 del 27 marzo 2007, sub doc. 2 di parte ricorrente) :
ampliamento di manufatto preesistente mediante chiusura del porticato con struttura in alluminio e vetro (per un volume pari a mc. 99,13) per adibirlo a deposito merce e ufficio;
realizzazione, nella parte posteriore del manufatto preesistente, di un vano bagno in muratura (per un volume pari a mc. 8,86);
realizzazione di 2 tettorie a falda inclinata sul confine del lotto, tra la recinzione ed il manufatto preesistente, costituite da struttura portante in pilastri e travi reticolari di ferro, destinate a deposito barche e materiali e officina riparazioni e smontaggio motori (per una superficie complessiva di oltre mq. 607);
sopraelevazione del muro di recinzione sino a 3,70 – 4 mt. lungo i lati maggiori delle recinzioni;
installazione di un manufatto prefabbricato sul piazzale esterno adibito a box deposito (per una superficie di mq.50 ed una volumetria di mc.97,50);
sistemazione con manto bituminoso del piazzale esterno, adibito a deposito barche.
L’illustrata consistenza degli interventi posti in essere supporta di per sè l’infondatezza delle doglianze formulate dal ricorrente.
Nello specifico, quanto al primo ordine di doglianze, a tacere della evidente incompatibilità delle opere realizzate con la destinazione urbanistica dell’area, deve evidenziarsi come nessuna ulteriore valutazione di “compatibilità agricola” sia richiesta all’Amministrazione sulla quale incombe il solo obbligo di assicurare il rispetto della disciplina urbanistica vigente.
L’art. 47 delle N.T.A., al 1° comma, individua la “Zona agricola”, nella quale ricade incontestabilmente la proprietà del ricorrente, come area in cui “non è prevista la urbanizzazione sia in senso residenziale che produttivo” con la conseguenza che non poteva trovare accoglimento l’istanza di sanatoria delle opere realizzate.
Quanto al secondo ordine di doglianze, deve rilevarsi che l’art. 146, comma 4, del D. Lgs. n. 42/2004 prevede che “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi”.
Il successivo art. 167, comma 4, introduce una deroga al principio prevedendo che “l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.
Dal richiamato contesto normativo deriva che la descritta realizzazione di volumi e superfici utili non consente in ogni caso l’applicazione della fattispecie derogatoria invocata dal ricorrente.
Infondato è, infine, il secondo ricorso per motivi aggiunti proposto avverso l’ordine di demolizione adottato dall’Amministrazione il 16 marzo 2012.
In primis, si rileva l’infondatezza del primo mezzo di gravame con il quale si deduce l’illegittimità dell’atto solo in via derivata.
Una volta affermata la legittimità dell’impugnato diniego di sanatoria, infatti, l’operato dell’Amministrazione è vincolato ai sensi dell’art.33, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 in base al quale “gli interventi e le opere di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 10, comma 1, (interventi “¦che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso¦”) eseguiti in assenza di permesso o in totale difformità da esso, sono rimossi ovvero demoliti”.
Parimenti infondato è il secondo motivo con il quale il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato nella misura in cui non si limita ad ordinare la demolizione delle due tettoie ma anche di ulteriori opere che il ricorrente, al momento dell’inoltro dell’istanza di sanatoria, si era impegnato a demolire in proprio (chiusura del porticato, vano bagno e sopraelevazione recinzione) o aveva già provveduto a rimuovere (box prefabbricati).
La manifestata intenzione di procedere alla demolizione di tali manufatti, infatti, a tacere della evidente ammissione di carenza di interesse a contestare il provvedimento impugnato in parte qua, non esclude il carattere abusivo delle opere in questione determinando la permanenza in capo all’Amministrazione del dovere di procedere nei sensi in questa sede contestati.
Privo di pregio, infine, è anche il terzo motivo con il quale si deduce l’illegittima fissazione del termine assegnato al responsabile dell’abuso per procedere alla demolizione specificato in 30 giorni in luogo dei 90 prescritti dall’art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001.
In disparte ogni considerazione circa la natura legale del termine che, in quanto tale, non può essere derogato dall’Amministrazione, il ricorrente non allega alcun profilo di pregiudizio imputabile alla pretesa illegittimità .
Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.
Sussistono, tuttavia, in ragione della specificità delle questioni trattate, giuste ragioni per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, dichiara improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso principale ed il primo ricorso per motivi aggiunti.
Respinge quello per secondi motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Desirèe Zonno, Presidente FF
Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)