1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Legittimazione interesse – Ordinanza di demolizione – Impugnazione – Sopravvenuto provvedimento di diniego di accertamento di conformità – Improcedibilità del ricorso
2. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Accertamento di conformità – Diniego – Preavviso di rigetto – Necessità – Ragioni
3. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Accertamento di conformità – Diniego – Motivazione perplessa – Illegittimità
1. Il diniego dell’accertamento di conformità richiesto per l’intervento edilizio oggetto dell’ordinanza di demolizione rende improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, l’impugnazione proposta contro la stessa ordinanza.
2. Il diniego dell’accertamento di conformità su un intervento edilizio deve essere preceduto, come tutti i provvedimenti oggetto di sanatoria e di condono, dal preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della L. 6.8.1990, n. 241, in quanto trattasi di provvedimenti che potrebbero trarre, dalla partecipazione piena dell’interessato al procedimento, diverso contenuto (nel caso di specie, inoltre, non è dimostrato che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere altro contenuto, secondo quanto previsto dall’art. 21 octies, comma 2 della stessa legge).
3. Il provvedimento di diniego dell’accertamento di conformità che, in ossequio all’art. 3 L.n. 241/1990, non motivi in ordine alla sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto che lo hanno determinato, nonchè dei passaggi istruttori che hanno determinato l’esito finale del procedimento, deve essere annullato in quanto attinto dal vizio di motivazione di cui alla disposizione richiamata, con conseguente obbligo dell’amministrazione di ripronunciarsi sull’istanza di accertamento (nel caso di specie il dirigente dell’ufficio tecnico aveva omesso di considerare, in fatto e in diritto l’esistenza di rilevanti circostanze, quali l’esistenza di una DIA, di un parere favorevole della Soprintendenza, sebbene con prescrizione non osservate in fase di esecuzione dei lavori, l’ubicazione dell’immobile, irrilevante rispetto alla sua vicinanza ad un monumento tutelato).
N. 00031/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00313/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 313 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Ugo Augusto Cangelli e Cavallini Deanna, rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Faconda, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Caggiano in Bari, via De Giosa, 79;
contro
Comune di Trani, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Abate Gimma, 94;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Bari e Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Bari, via Melo 97;
per l’annullamento
– dell’ordinanza del Dirigente della IV Ripartizione – (U.T.C.) – n. 47 del 12 novembre 2008, recante l’ordine di demolizione delle opere eseguite al fabbricato in Trani alla via Ognissanti n. 29 -31, nonchè di ripristino della muratura di chiusura degli archi;
– di ogni altro atto presupposto e/o comunque connesso, ivi compresa la relazione dell’U.T.C. del 10 novembre 2008, il verbale di sopralluogo, non comunicato nè comunque noto;
nonchè, con motivi aggiunti depositati in data 9 ottobre 2009:
– dell’ulteriore provvedimento dirigenziale dell’U.T.C. del Comune di Trani Prot. Gen. n. 8849/09 – 24311 dell’8 giugno 2009, recante la reiezione dell’istanza intesa all’ottenimento di titolo abilitativo edilizio in sanatoria ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/2001 relativamente alle opere asseritamente abusive realizzate al fabbricato in Trani a via Ognissanti n. 29-31;
– di ogni altro atto presupposto e/o connesso con l’anzidetta reiezione, ancorchè non notificato nè comunque noto.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trani e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Bari e Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Laura Marzano;
Uditi, nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2013, i difensori avv. Isabella Tritta, su delega dell’avv. Antonio Faconda, per i ricorrenti, l’avv. avv. Franco Gagliardi La Gala per il Comune di Trani e l’avv. dello Stato Walter Campanile per la Soprintendenza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza assunta dal Dirigente dell’UTC del Comune di Trani in data 12 novembre 2008, con cui è stata loro intimata la demolizione di opere abusive eseguite sul fabbricato, in loro proprietà , sito in Trani alla via Ognissanti n. 29-31.
Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Trani che la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Bari e Foggia, chiedendo la reiezione del ricorso.
Con motivi aggiunti notificati il 23 settembre 2009 i ricorrenti hanno, poi, impugnato il provvedimento dirigenziale dell’U.T.C. del Comune di Trani con cui è stato loro denegato il rilascio del titolo edilizio in sanatoria ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/2001 relativamente alle opere de quibus.
In vista della discussione i ricorrenti hanno depositato una relazione tecnica di parte; il Comune di Trani ha chiesto un rinvio.
All’udienza pubblica del 28 novembre 2013, sentiti i difensori presenti e respinta l’istanza di rinvio, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile essendo intervenuto, successivamente, il provvedimento di diniego del titolo in sanatoria a seguito del quale il Comune ha l’onere di rideterminarsi sull’ordine di demolizione (cfr. ex multis: T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I , 5 novembre 2013, n. 515).
3. Al fine di esaminare compiutamente le doglianze contenute nel ricorso per motivi aggiunti vanno ricostruiti i fatti di causa.
I ricorrenti, proprietari di un edificio nel centro storico di Trani, in via Ognissanti n. 29-31, in pessime condizioni statiche e manutentive, in data 21 luglio 2006 hanno presentato al Comune DIA per l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria e risanamento conservativo, consistenti nella demolizione e ricostruzione del torrino e del solaio, nella ricostruzione dei muri fatiscenti, nel rifacimento della pavimentazione, nonchè in opere di completamento e di rifinitura.
Il 6 ottobre 2006 hanno allegato nuova documentazione progettuale inerente la trasformazione in balconi delle finestre esistenti sul prospetto interno dell’edificio sul c.d. “Angiporto Ognissanti”, nonchè la demolizione e ricostruzione della scala esterna per l’accesso al ballatoio di piano rialzato.
La Soprintendenza per i Beni Architettonici di Bari, con nota del 17 novembre 2006, ha espresso parere favorevole all’intervento a condizione che non fosse alterata la forometria della facciata, in particolare che non venissero aperti gli archi murati al piano interrato, precisando che i lavori inerenti le modalità di esecuzione delle finiture, delle tinteggiature e per il recupero delle facciate in pietra si sarebbero dovuti concordare preventivamente (cfr. doc. 3 del fascicolo dei ricorrenti).
Eseguito un sopralluogo, in data 10 novembre 2008, il Comune ha adottato l’impugnata ordinanza di demolizione.
Successivamente i ricorrenti hanno inoltrato alla Direzione Regionale della Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali la richiesta di esercizio dei poteri sostitutivi ai sensi dell’art. 17 del DPR 233/2007 (doc. 4 fascicolo motivi aggiunti); l’Ente ha fornito riscontro con nota del 13 marzo 2009 (doc. 6 id.) in cui ha comunicato che, non essendo l’immobile oggetto di intervento sottoposto a vincolo di tutela monumentale, non ricorrono i presupposti per l’esercizio degli invocati poteri sostitutivi essendo la questione di competenza esclusiva del Comune.
In data 8 giugno 2009 il Dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale ha adottato il diniego di accertamento di conformità , richiesto in data 23 febbraio 2009, impugnato con motivi aggiunti.
4. Detto provvedimento è stato censurato dai ricorrenti, con 3 motivi:
– per violazione dell’art. 10bis della L. 241/90 essendo mancato il preavviso di diniego;
– per difetto di motivazione e di istruttoria in quanto adottato, a dire dei ricorrenti, sulla base di affermazioni apodittiche e di opinioni personali del Dirigente non suffragate da riscontri oggettivi;
– per violazione del D.Lgs. 42/2004 atteso che l’immobile oggetto di accertamento di conformità non soggiacerebbe alla disciplina del Codice dei Beni culturali.
Il Comune di Trani, a parte una costituzione formale, non ha svolto difese.
5. Il ricorso per motivi aggiunti è fondato nei termini di seguito esplicitati.
5.1. Quanto al primo motivo, il Collegio, in linea con la giurisprudenza del Tribunale, ritiene che l’istituto del preavviso di rigetto di cui all’art. 10bisdella legge n. 241 del 1990 debba trovare applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 7 marzo 2013, n. 345).
Di conseguenza è illegittimo il provvedimento di diniego dell’istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall’invio della comunicazione di cui al citato art. 10bis in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di un suo apporto collaborativo, idoneo a determinare una diversa conclusione della vicenda (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 7 marzo 2011, n. 1318).
Nè, d’altra parte, può trovare applicazione, nel caso di specie, l’art. 21octies, comma 2, prima parte della legge n. 241 del 1990, non potendosi ritenere palese, stante anche la mancanza di difese da parte del Comune, che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere un contenuto dispositivo diverso da quello adottato.
Il primo motivo è, dunque, fondato.
5.2. Anche il secondo motivo merita accoglimento.
Invero, dalla lettura dell’atto impugnato si rileva che il diniego di conformità :
a) muove dai seguenti presupposti:
– l’opera è stata realizzata in assenza di provvedimento autorizzativo;
– è a confine con la chiesa di Ognissanti, monumento sottoposto a vincolo;
– manca il parere della Soprintendenza ” la quale ritiene che persino l’occupazione di suolo pubblico con tavolini e sedie ed ombrelloni sia abbisognevole di espressa autorizzazione da parte della Soprintendenza medesima”;
b) contiene le seguenti valutazioni:
– l’opera è totalmente diversa dall’edificio preesistente ed è incongrua con l’architettura del contesto;
– autorizzare tale intervento significherebbe superare “tutte le regole di buon intervento nel Centro Storico tale da costituire un possibile precedente negativo”;
– ai sensi dell’art. 6.01 – Zona Residenziale A1 – Centro Storico – punto 4 del PUG sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonchè restauro e risanamento conservativo ma non di demolizione e ricostruzione “(peraltro nel caso non fedele)”.
Osserva il Collegio che la motivazione addotta dal Dirigente per denegare la sanatoria è intrinsecamente perplessa e in parte smentita da fatti oggettivi.
Infatti, quanto meno non corrisponde al vero che l’intervento sia stato realizzato in totale assenza di titolo autorizzativo, essendo stata presentata la DIA relativamente alla quale parte dei lavori sono risultati non contestati dal Comune e, dunque, conformi (cfr. ordinanza di demolizione n. 47/2008).
Peraltro l’accertamento di conformità ha, appunto, la finalità di superare la mancanza del titolo abilitativo mediante conseguimento dello stesso a posteriori.
Inoltre l’impugnato provvedimento riporta un dato errato laddove afferma la mancanza del parere della Soprintendenza; deve in proposito osservarsi come la Soprintendenza non abbia mancato di esprimersi tout court ma sia stata, in un certo senso, pretermessa nella seconda fase, afferente al potere-dovere di esprimersi sulle modalità di esecuzione delle finiture, delle tinteggiature e per il recupero delle facciate in pietra, come prescritto nella nota del 17 novembre 2006.
In ogni caso il provvedimento presenta una motivazione quanto meno perplessa laddove riferisce che la Soprintendenza generalmente prescrive la preventiva autorizzazione per l’occupazione di suolo pubblico; tale elemento è, infatti, neutrale rispetto alle autorizzazioni in ipotesi da rilasciare per la diversa fattispecie del risanamento conservativo di un immobile fatiscente.
E’ inoltre, ininfluente, se non diversamente motivato, il fatto che la proprietà dei ricorrenti confini con un edificio di culto sottoposto a vincolo.
Con riferimento, poi, alle valutazioni espresse, il Collegio osserva che la mera incongruenza col contesto o la generica affermazione che autorizzando l’intervento richiesto si supererebbero “le regole di buon intervento”, rappresentano postulati suggestivi sul piano emozionale ma poco aderenti alle regole sottese alla tecnica motivazionale del provvedimento amministrativo.
Sul punto, per sgombrare il campo dalle opinioni, pare doveroso richiamare l’inequivocabile precetto dell’art. 3 della L. 241/90 ove si prescrive che “La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.
Nel caso di specie è del tutto evidente che il provvedimento di diniego impugnato, pur impreziosito da opinioni personali del Dirigente, riporti in modo errato i presupposti di fatto, non enunci con chiarezza la ragioni di diritto che il Dirigente comunale ne ha posto a fondamento, nè richiami le risultanze di una eventuale istruttoria svolta.
Per quanto precede, assorbite le ulteriori censure, il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto dovendosi l’amministrazione pronunciare nuovamente sull’istanza di accertamento di conformità presentata dai ricorrenti.
Ciò dovrà fare all’esito di apposita istruttoria nel corso della quale dovranno essere fatte salve la garanzie procedimentali dei ricorrenti, adottando un provvedimento che da una parte tenga conto del parere sulle modalità di esecuzione delle finiture, delle tinteggiature e per il recupero delle facciate in pietra, che la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Bari e Foggia dovrà esprimere, come prescritto nella nota del 17 novembre 2006; dall’altra espliciti i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che intenderà porne alla base.
Le spese del giudizio, in ragione dell’accoglimento solo parziale, possono essere compensate fra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso introduttivo e accoglie i motivi aggiunti ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente FF
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Laura Marzano, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)