1. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – Ricorso – Condizioni di procedibilità  – Condanna al pagamento di somma di denaro – Termine dilatorio di 120 giorni – Necessità 
2. Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza  – Esecuzione sentenza di condanna al pagamento di somma di danaro – Liquidità  del credito – Assenza – Inammissibilità  del ricorso 

1. Anche nei giudizi di ottemperanza all’ordine di pagamento promossi dinnanzi al Tar nei confronti delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, costituisce condizione di ammissibilità  del ricorso la concessione agli enti in questione di un termine dilatorio non inferiore ai 120 giorni roe agli enti  tenuto all’adempimento di un termine dilatorio per il pagamento non inferiore ai 120 giorni dalla notifica del precetto previsto dall’art.14, comma 1, D.L. n. 669/1996, conv. L. n. 30/1997. 
2. In materia di ottemperanza di sentenze aventi ad oggetto una somma di denaro, è inammissibile – per assenza del requisito della liquidità  del credito vantato –  il ricorso con cui la parte chiede l’esecuzione di una sentenza di condanna a contenuto generico in cui la misura della prestazione spettante all’interessato non è suscettibile di quantificazione mediante semplici operazioni  aritmetiche eseguibili sulla base degli elementi di fatto contenuti nella sentenza, ma richiede un distinto e successivo giudizio dinanzi al giudice munito di giurisdizione.

N. 01243/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00697/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 697 del 2013, proposto da I.R.A.P.L. – Istituto Regionale Addestramento Perfezionamento Lavoratori, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo De Michele, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Garofalo in Bari, via Dante Alighieri, 396;

contro
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli avv.ti Cosimo Nicola Punzi, Chiara Contursi, Franco Monaco e Antonino Sgroi, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Distrettuale dell’INPS in Bari, via Putignani, 108;

per l’esecuzione
del giudicato derivante dalla sentenza n. 1259/2008 del Giudice del Lavoro del Tribunale di Foggia, pubblicata in data 14 aprile 2008;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2013 per le parti i difensori avv.ti Vincenzo De Michele e Cosimo Nicola Punzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO e DIRITTO
Con sentenza n. 1259 depositata in data 14 aprile 2008, resa nell’ambito della controversia intercorsa tra l’odierno ricorrente I.R.A.P.L. – Istituto Regionale Addestramento Perfezionamento Lavoratori (opponente avverso cartella esattoriale con la quale gli era stato intimato il pagamento di somme a titolo di contributi previdenziali e diritti di notifica) e l’INPS (opposto), il Tribunale di Foggia, Sezione Lavoro così decideva:
“- accoglie l’opposizione, per l’effetto, annulla la cartella esattoriale opposta n. 0043 2004 0029311225;
– accoglie la domanda riconvenzionale formulata dall’opponente e condanna l’INPS alla liquidazione degli sgravi accertati per il periodo dal gennaio 1989 al giugno 1991, oltre accessori come per legge;
– condanna l’INPS alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi € 1.800,00 di cui € 1.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario per spese generali, IVA e CAP come per legge, con distrazione; ¦”.
La sentenza de qua è passata in giudicato, non essendo stata impugnata nei termini di legge, come confermato dalla attestazione resa ai sensi dell’art. 124 disp. att. cod. proc. civ. dalla Cancelleria competente in data 8.10.2012.
La ricorrente presentava diffida all’Ente pubblico in data 12 ottobre 2009.
Tuttavia, alla diffida non seguiva l’adempimento.
La sentenza veniva notificata all’INPS in data 25 marzo 2013.
Pertanto, la ricorrente adiva questo T.A.R. per l’ottemperanza della menzionata sentenza civile passata in giudicato.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il predetto ricorso (notificato in data 16 maggio 2013) debba essere dichiarato inammissibile.
In primo luogo, va evidenziato che l’Istituto deducente non ha osservato il termine di 120 giorni di cui all’art. 14, comma 1 decreto legge n. 669/1996, convertito nella legge n. 30/1997 (e successive modificazioni ed integrazioni).
Invero, ai sensi della citata disposizione “Le Amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata nè alla notifica di atto di precetto.”.
La giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Marche, Ancona, Sez. I, 7 marzo 2013, n. 184; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 6 marzo 2013, n. 1251; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 21 ottobre 2010, n. 3744) ha chiarito la natura di condizione dell’azione esecutiva (applicabile anche al giudizio di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo) del termine dilatorio di cui all’art. 14, comma 1 decreto legge n. 669/1996, la cui inosservanza – come accaduto nel caso di specie – comporta l’inammissibilità  del ricorso per ottemperanza.
Inoltre, parte ricorrente chiede l’esecuzione di una sentenza di condanna “generica” adottata dal giudice ordinario.
A tal riguardo, Cons. Stato, Sez. VI, 21 dicembre 2011, n. 6773, con argomentazioni condivise da questo Collegio, ha evidenziato:
«¦ 11.3. Scendendo all’esame della fattispecie sub iudice, osserva il Collegio, in linea di diritto, che secondo consolidato orientamento della Corte di Cassazione in materia giuslavoristica e previdenziale, la sentenza, con la quale il giudice abbia dichiarato il diritto del lavoratore o dell’assicurato a ottenere spettanze retributive o pensionistiche e abbia condannato il datore di lavoro o l’ente previdenziale al pagamento dei relativi arretrati “nei modi e nella misura di legge” oppure “con la decorrenza di legge”, senza precisare in termini monetari l’ammontare del credito complessivo già  scaduto o quello dei singoli ratei già  maturati, deve essere definita generica e non costituisce valido titolo esecutivo (per difetto del requisito di liquidità  del diritto portato dal titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.), qualora la misura della prestazione spettante all’interessato, non suscettibile di quantificazione mediante semplici operazioni aritmetiche eseguibili sulla base di elementi di fatto contenuti nella medesima sentenza, debba essere effettuata per mezzo di ulteriori accertamenti giudiziali previa acquisizione dei dati istruttori all’uopo necessari, non potendo il creditore in tal caso agire in executivis, ma dovendo esso richiedere la liquidazione in un distinto successivo giudizio dinnanzi al giudice munito di giurisdizione (v. in tal senso, ex plurimis, Cass. Sez. Lav. 29 ottobre 2003, n. 16259; Cass. Sez. Lav. 23 aprile 2009, n. 9693; Cass. Sez. Lav. 11 giugno 1999, n. 5784). ¦».
In tal senso si è recentemente espresso T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 20 marzo 2012, n. 1378.
àˆ ciò, che si è verificato nel presente giudizio, dove è stata posta in esecuzione una sentenza a contenuto generico e dove per la quantificazione del credito spettante all’Istituto ricorrente è necessario procedere alla “previa compensazione con i DM10 mensili” così come previsto a pag. 3 della motivazione della sentenza in questione e quindi ad operazioni non semplici, nè eseguibili sulla base degli elementi di fatto contenuti nella stessa sentenza n. 1259/2008, essendo necessario a tal fine un distinto e successivo giudizio dinanzi al Giudice del Lavoro munito di giurisdizione (i.e. giudizio per la quantificazione del credito), alla cui competenza giurisdizionale non si potrebbe sovrapporre il giudice amministrativo dell’ottemperanza per il tramite dell’eventuale attività  del commissario ad acta.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la declaratoria di inammissibilità  del ricorso.
In considerazione della natura e della peculiarità  della presente controversia, della novità  delle questioni affrontate, nonchè della qualità  delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità  per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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