1. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Titolo edilizio – Ristrutturazione urbanistica – Recupero di un unico immobile – Esclusione
2. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Titolo edilizio – Ristrutturazione edilizia – Ricostruzione di un rudere – Esclusione – Ragioni
3. Edilizia e urbanistica – Piani urbanistici – Formazione – Strumenti attuativi – Adozione – Inerzia della p.A. – Conseguenze
1. Ai sensi dell’art.3, comma 1 lett. f), del D.P.R. n. 380/2001, gli interventi di “ristrutturazione urbanistica” presuppongono un insieme sistematico di interventi edilizi tesi a sostituire il tessuto urbanistico-edilizio esistente, onde non integra la fattispecie in esame l’attività di recupero di un unico immobile.
2. Nell’intervento di ristrutturazione edilizia che preveda la ricostruzione dell’immobile dopo la sua demolizione è necessario assicurare la conformità della sagoma, del volume e della superficie tra il vecchio ed il nuovo fabbricato. Pertanto, non può annoverarsi in questa categoria l’attività edilizia di ricostruzione di un rudere, essendo questo privo degli elementi strutturali che permettano l’esatta individuazione delle dimensioni e caratteristiche dell’edificio da recuperare (nella specie, il T.a.r., ha anche sottolineato il notevole lasso di tempo tra l’avvenuta demolizione e la programmata ricostruzione dell’edificio).
3. Il ricorrente non può contestare la mancata adozione dello strumento urbanistico attuativo, posta dalla p.A. a motivo del diniego al rilascio di un titolo edilizio, in quanto egli avrebbe dovuto invece attivarsi preventivamente, mediante il ricorso agli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento (azione avverso il silenzio e accertamento dell’obbligo a provvedere), al fine di indurre la p.A. a dotarsi della pianificazione di secondo livello.
N. 01208/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01092/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1092 del 2006, proposto da:
Edil Bisceglie s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bari, via Pizzoli, n. 8;
contro
Comune di Bisceglie, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Elisabetta Papagni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Domenico Mariani in Bari, via Principe Amedeo, n. 39;
per l’annullamento
“- del provvedimento del diniego di rilascio del permesso di costruire per la ricostruzione ed il ripristino urbanistico di un edificio sito in Bisceglie alla via S. Lorenzo (censito in catasto al fg. 10, p.lla 1086), di cui alle note della Ripartizione Tecnica prot. n. 7463 del 14.2.2006 e prot. n. 14824 del 13.4.2006;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto;
per l’accertamento
del diritto al rilascio del permesso di costruire per la ricostruzione ed il ripristino dell’edificio;
per il risarcimento del danno
rinveniente dal diniego di rilascio del permesso di costruire illegittimamente opposto dal Comune di Bisceglie e, comunque, in via subordinata, dalla mancata adozione del Piano Particolareggiato.”
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bisceglie;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza istruttoria n. 1923 del 15 novembre 2012 e la documentazione conseguentemente depositata;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2013 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori, gli avv.ti Vito Aurelio Pappalepore e Nunzio Palmiotto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone in fatto la Edil Bisceglie s.r.l. di aver presentato al Comune di Bisceglie istanza di permesso di costruire per la ricostruzione ed il ripristino urbanistico di un edificio sito in via S. Lorenzo, censito in catasto al fg. n. 10, p.lla 1086.
Riferisce che il suddetto Comune, con nota prot. n. 7463 del 14 febbraio 2006, le aveva comunicato il preavviso di rigetto, ai sensi dell’art. 10bis della legge n. 241 del 1990; che essa, con lettera del 6 marzo 2006, aveva prodotto osservazioni, ma il Comune resistente con provvedimento prot. n. 14824 del 13 aprile 2006 aveva definitivamente denegato il rilascio del permesso di costruire richiesto da essa società .
La Edil Bisceglie s.r.l. ha quindi proposto il presente ricorso, ritualmente notificato il 9 giugno 2006 e depositato il 14 giugno 2006, con il quale ha chiesto l’annullamento del suddetto provvedimento del diniego di rilascio del permesso di costruire per la ricostruzione ed il ripristino urbanistico da essa presentato, di cui alle note della Ripartizione Tecnica prot. n. 7463 del 14 febbraio 2006 e prot. n. 14824 del 13 aprile 2006; ha chiesto altresì l’accertamento del diritto al rilascio del medesimo permesso di costruire e la condanna al risarcimento del danno rinveniente dal diniego di rilascio del permesso di costruire illegittimamente opposto dal Comune di Bisceglie e, comunque, in via subordinata, dalla mancata adozione del Piano Particolareggiato.
A sostegno del gravame la ricorrente, con un unico motivo di ricorso, ha dedotto le seguenti censure: violazione ed erronea applicazione degli artt. 5, 10 e ss. del d.p.r. n. 380 del 2001, violazione dell’art. 2 della legge n. 1187 del 1968, violazione ed erronea applicazione degli artt. 30 e 31 delle N.T.A. del P.R.G., eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità , travisamento, contraddittorietà , carente ed erronea istruttoria, carente ed erronea motivazione, manifesta ingiustizia, sviamento.
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Bisceglie, eccependo l’improcedibilità e l’inammissibilità del ricorso, deducendo la sua infondatezza e chiedendo, pertanto, il rigetto del gravame, anche in riferimento alla domanda di risarcimento del danno, che allo stato non sarebbe stata provata.
All’udienza pubblica del 22 marzo 2012 è stato disposto il rinvio della trattazione della causa a data da destinarsi.
Il Comune di Bisceglie ha prodotto documentazione fotografica ed ha presentato una memoria per la successiva udienza di discussione.
All’udienza pubblica del 18 ottobre 2012 questa Sezione ha ritenuto che, ai fini del decidere, occorresse acquisire “la richiesta di permesso di costruire presentata al Comune di Bisceglie dalla Edil Bisceglie s.r.l. nell’anno 2006, rigettata dal suddetto Comune con il provvedimento prot. n. 14824 del 13 aprile 2006 oggetto di impugnazione del presente ricorso, la relazione tecnico-illustrativa ad essa allegata, le norme tecniche di attuazione del P.R.G. applicate, l’ordinanza sindacale che ha disposto la demolizione coattiva dell’immobile oggetto dell’intervento per cui è causa ed eventuali verbali di accertamento dell’ottemperanza alla predetta ordinanza sindacale, nonchè un certificato di destinazione urbanistica dell’area interessata alla citata richiesta di permesso di costruire”.
L’incombente istruttorio è stato disposto con ordinanza n. 1923 del 15 novembre 2012 con la quale è stata altresì rinviata la causa, per il prosieguo, all’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2013.
Il Comune di Bisceglie ha adempiuto all’incombente istruttorio depositando la documentazione richiesta in data 15 dicembre 2012.
Parte ricorrente ha depositato una memoria.
All’udienza pubblica del 6 giugno 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è infondato e va come tale respinto.
La Edil Bisceglie s.r.l., con un unico motivo di ricorso, ha dedotto le seguenti censure: violazione ed erronea applicazione degli artt. 5, 10 e ss. del d.p.r. n. 380 del 2001, violazione dell’art. 2 della legge n. 1187 del 1968, violazione ed erronea applicazione degli artt. 30 e 31 delle N.T.A. del P.R.G., eccesso di potere per erronea presupposizione, illogicità , travisamento, contraddittorietà , carente ed erronea istruttoria, carente ed erronea motivazione, manifesta ingiustizia, sviamento.
Parte ricorrente, premesso innanzitutto che le ragioni del diniego, esplicitate dal Comune resistente nel preavviso di rigetto, consisterebbero nella mancata adozione/approvazione del Piano Particolareggiato e nella impossibilità di considerare l’intervento come “ristrutturazione con demolizione e successiva ricostruzione dell’immobile” in quanto le fasi della “demolizione” e della “ricostruzione” sarebbero temporalmente distanziate fra loro, sostiene che nessuna di tali ragioni sarebbe idonea a fondare legittimamente il provvedimento di diniego.
Ad avviso di parte ricorrente la prescrizione di piano richiamata (art. 30 delle N.T.A. del P.R.G.) sarebbe da ritenere decaduta per la mancata tempestiva adozione/approvazione del Piano Particolareggiato, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 1187 del 1968, in quanto il predetto art. 2 si riferirebbe a tutti i vincoli preordinati all’esproprio, tra cui il vincolo di piano particolareggiato; tali principi avrebbero trovato conferma nell’art. 9 del d.p.r. n. 327 del 2001, recante il T.U. delle espropriazioni.
In riferimento alla seconda argomentazione addotta a fondamento del diniego, la società ricorrente sostiene che sussisterebbe ancora il “rudere” del vecchio fabbricato denominato “Palazzo Quercia”, sicchè sarebbe inesatto definire l’intervento come riferito ad un’opera totalmente crollata; inoltre tale crollo sarebbe conseguito ad una misura coattiva da parte dell’amministrazione comunale e, quindi, non apparirebbe pertinente il richiamo ai principi di connessione temporale di cui al preavviso di rigetto del 14 febbraio 2006.
Inoltre la società ricorrente specifica che nel provvedimento di diniego definitivo il Comune rappresenterebbe che la ragione del diniego non sarebbe stata la mancanza dello strumento urbanistico esecutivo, ma la circostanza che l’immobile oggetto dell’intervento “si configura come immobile totalmente crollato” e, quindi, non potrebbe ricondursi tra quelli ammessi dalla disciplina transitoria; tale circostanza è contestata da parte ricorrente che sostiene, invece, di avere osservato, in sede di partecipazione al procedimento, che esisterebbe ancora il “rudere” del vecchio fabbricato e, pertanto l’intervento non potrebbe essere riferito ad un’opera totalmente crollata.
Conclusivamente ad avviso della Edil Bisceglie s.r.l. l’intervento non sarebbe riconducibile alla demolizione e ricostruzione, bensì alla ricostruzione e ripristino urbanistico del tessuto urbano e, quindi, tra gli interventi di ristrutturazione urbanistica di cui all’art. 3, comma 1, lettera f) del d.p.r. n. 380 del 2001, in piena sintonia con le finalità previste dal piano; infine, considerato che secondo una interpretazione letterale dell’art. 30 delle N.T.A. la demolizione non sarebbe ammessa e quindi non potrebbero nemmeno consentirsi le ricostruzioni di edifici totalmente crollati, ipotizzando per assurdo che il rudere di “Palazzo Quercia” fosse totalmente crollato, secondo parte ricorrente, occorrerebbe considerare la peculiarità della fattispecie per cui è causa ed in particolare la circostanza che la demolizione sarebbe stata disposta coattivamente.
Il motivo è privo di pregio.
Con provvedimento prot. n. 14824 del 13 aprile 2006 il Comune di Bisceglie ha disposto il diniego dell’istanza, assunta al protocollo n. 169 del 3 gennaio 2006 del suddetto Comune, con la quale la Edil Bisceglie s.r.l. aveva richiesto la concessione per l’esecuzione di opere edili di “ricostruzione e ripristino urbanistico” di un edificio sito in via S. Lorenzo, censito in catasto al fg. 10, p.lla 1086, acquisito agli atti con ordinanza istruttoria n. 1923 del 15 novembre 2012, su un’area ove insisteva un vecchio fabbricato denominato “Palazzo Quercia”, demolito coattivamente a seguito dell’ordinanza sindacale n. 55 del 27 giugno 1986 al fine di salvaguardare la pubblica e privata incolumità ; tale zona è disciplinata dagli artt. 30 e 31 delle N.T.A. del P.R.G., come risulta dal certificato di destinazione urbanistica, circostanza questa non contestata in atti.
Il provvedimento di diniego è stato motivato per contrasto con l’art. 30, secondo comma, delle N.T.A. del P.R.G., avendo il Comune ritenuto l'”immobile totalmente crollato”.
Il suddetto secondo comma dell’art. 30 delle N.T.A., depositate in giudizio, dispone: “Non sono ammesse demolizioni e nuove costruzioni su aree libere, fino all’adozione del relativo P.P. che dovrà osservare, in particolare, i dettami degli artt. 7, 8 e 9 del D.I. 2-4-1968. Nel frattempo sono ammessi solo i restauri tendenti o alla buona conservazione degli edifici in uso, o al recupero di quelli già pericolanti in disuso, e le ricostruzioni di quelli non totalmente crollati, previo parere della Sovrintendenza ai Monumenti.”.
Da quanto emerge dalla chiara documentazione fotografica prodotta in giudizio, il Collegio condivide le conclusioni espresse nel provvedimento impugnato laddove si rappresenta che “Nel caso specifico l’immobile in questione, così come si evince dal servizio fotografico, oltre che da una verifica in loco, si configura come “immobile totalmente crollato”, in quanto, i resti di alcuni elementi murari del vecchio fabbricato, risultano addossati al fabbricato adiacente, e assolvono solo la funzione di contrafforte ai fini della sicurezza statica dell’immobile annesso.”
Peraltro la stessa società ricorrente, nella Relazione tecnico-illustrativa del progetto, allegata alla istanza di permesso di costruire specifica che “Il progetto riguarda la ricostruzione di un edificio ¦.demolito, agli inizi degli anni ’90, per causa di pubblica incolumità .”.
Parte ricorrente quindi ammette la totale demolizione e, quindi sostanzialmente che trattasi di un immobile totalmente crollato, a nulla rilevando, ai fini che in questa sede interessano, che si sia trattato di una demolizione coattiva.
Nè d’altro canto, anche a voler seguire, in via puramente ipotetica, la prospettazione della ricorrente, secondo la quale non si tratterebbe di un “immobile totalmente crollato”, attesa l’esistenza di un “rudere”, l’intervento non potrebbe comunque essere inquadrabile nell’ambito degli interventi di ristrutturazione urbanistica di cui all’art. 3, comma 1, lettera f) del d.p.r. n. 380 del 2001, come sostenuto da parte ricorrente, e sarebbe comunque in contrasto con la suddetta normativa.
Alla luce della suddetta disposizione normativa, infatti, gli “interventi di ristrutturazione urbanistica”, sono “quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico – edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.”.
Ad evitare il possibile inquadramento in tale categoria è sufficiente rilevare che il progetto si riferisce ad un unico immobile, come emerge dalla istanza, anche se volto al recupero della zona.
Premesso che risulta in atti ed è ammesso dalla stessa ricorrente che vi è stata una demolizione, come correttamente rappresentato nel preavviso di rigetto dal Comune di Bisceglie, l’intervento non potrebbe comunque qualificarsi neppure di ristrutturazione edilizia con demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato; ciò in quanto la giurisprudenza prevalente, condivisa dal Collegio, ritiene che il concetto di ristrutturazione edilizia comprende anche la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, purchè tale ricostruzione assicuri la piena conformità di sagoma, di volume e di superficie tra il vecchio ed il nuovo manufatto e venga, comunque, effettuata in un tempo ragionevolmente prossimo a quello della demolizione (cfr. ex multis Consiglio di Stato Sez. IV, n. 4462 del 9 luglio 2010), circostanza questa non ravvisabile nella fattispecie oggetto di gravame.
Trattasi, quindi, conclusivamente, di un intervento di nuova costruzione.
Alle medesime conclusione deve giungersi anche a voler ammettere, ipoteticamente, come sostenuto da parte ricorrente, l’esistenza di un rudere.
“La ricostruzione di un rudere non è ascrivibile ad ipotesi di ristrutturazione edilizia e meno che meno di risanamento conservativo, integrando in sostanza un’attività di nuova costruzione, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare” (cfr. TAR Napoli, n. 1286/2010); “Intanto può attuarsi un intervento di ristrutturazione edilizia (di demolizione e ricostruzione) in quanto esista un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua fedele ricostruzione, mentre non è ravvisabile siffatto intervento nei confronti di ruderi o edifici da tempo demoliti, attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare, configurandosi in quest’evenienza, invero, un intervento di nuova costruzione, assoggettato ai limiti stabiliti dalla vigente disciplina urbanistica” (cfr. TAR Venezia, n. 1667/2008); “I lavori di rifacimento di un rudere sono qualificabili come nuova costruzione; infatti, manca la possibilità di procedere con certezza alla ricognizione delle strutture portanti dell’edificio ormai irriconoscibile.” (cfr. TAR Trieste, n. 749/2007); “Rispetto ad una costruzione che sia ridotta allo stato di un rudere non è possibile compiere una valutazione in termini di compatibilità delle caratteristiche planovolumetriche tra lo stato dell’edificio prima e dopo l’intervento di riedificazione, per cui appare chiaro che la ricostruzione di un edificio debba essere qualificata come nuova costruzione, che deve essere assentita mediante permesso a costruire, ai sensi degli artt. 10 e 22 comma 3, t.u. 6 giugno 2001 n. 380.” (cfr. TAR Catanzaro, n. 1486/2007); “In materia edilizia, la ricostruzione di un rudere costituisce nuova costruzione in quanto il concetto di ristrutturazione edilizia richiede la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, inteso quale organismo edilizio dotato di elementi strutturali, quali muri perimetrali, strutture orizzontali e copertura, in assenza dei quali non è possibile valutare l’esistenza e la consistenza dell’edificio stesso” (cfr. Cass. Pen., III, n. 20776/2006).
Le riportate massime sono tutte accomunate dall’idea, già fatta propria da questa Sezione e dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi (cfr. da ultimo TAR Bari, Sezione III, n. 1125 del 5 luglio 2013), che la riedificazione di un rudere richieda necessariamente l’istituto della concessione per nuova costruzione, in considerazione della obiettiva impossibilità di valutare la consistenza dell’originario edificio.
Nella citata Relazione tecnico-illustrativa del progetto la Edil Bisceglie s.r.l., peraltro, non può che ammettere, in riferimento al rilievo del rudere, che “La ricostruzione grafica dell’edificio preesistente (palazzo Quercia) ha integrato le informazioni rinvenienti dall’analisi degli archivi catastali storici¦”.
Alla luce di quanto sopra la tipologia di intervento richiesta da parte ricorrente deve, quindi, ritenersi incompatibile con l’art. 30, comma 2, delle N.T.A. del P.R.G., come sostenuto dal Comune resistente nel provvedimento impugnato e nel preavviso di rigetto.
Devono ritenersi altresì infondate le censure con le quali parte ricorrente deduce che la suddetta prescrizione di piano richiamata (art. 30 delle N.T.A. del P.R.G.) sarebbe da ritenere decaduta per la mancata tempestiva adozione/approvazione del Piano Particolareggiato; inoltre la società ricorrente lamenta che nel provvedimento di diniego definitivo il Comune avrebbe rappresentato che la ragione del diniego non sarebbe stata la mancanza dello strumento urbanistico esecutivo.
Quest’ultima affermazione è infondata in punto di fatto in quanto già nel preavviso di rigetto il Comune aveva rappresentato che non era stato adottato il Piano Particolareggiato ma, considerato che il progetto prevedeva la ricostruzione di un fabbricato “totalmente crollato”, l’intervento era comunque in contrasto con l’art. 30 delle N.T.A. del P.R.G..
Nel provvedimento di diniego definitivo, contrariamente da quanto prospettato da parte ricorrente, il Comune resistente, alla luce delle osservazioni prodotte in sede di partecipazione al procedimento da parte della Edil Bisceglie s.r.l. ha solo ulteriormente specificato che la mancata adozione del Piano Particolareggiato non era rilevante nella fattispecie oggetto di gravame in quanto l’intervento per cui è causa rientrava nell’ambito della seconda parte del secondo comma dell’art. 30, richiamato espressamente nel provvedimento definitivo, che ha disciplinato gli interventi ammissibili “nel frattempo” fino all’adozione del Piano Particolareggiato, di cui alla prima parte della norma.
Il Collegio condivide tale interpretazione della disposizione normativa fatta dal Comune.
Si ritiene comunque di dover rimarcare che la società ricorrente avrebbe dovuto stimolare, con gli strumenti consentiti dall’ordinamento, l’approvazione del piano attuativo, considerato indefettibile dallo strumento generale, come si evince dal secondo comma dell’art. 9 del d.p.r. n. 380 del 2001, proponendo azione avverso il silenzio e chiedendo l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere in merito.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.
Al rigetto della domanda impugnatoria segue il rigetto della domanda di risarcimento del danno avanzata da parte ricorrente.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la Edil Bisceglie s.r.l. al pagamento di complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00) in favore del Comune di Bisceglie, a titolo di spese, diritti ed onorari di causa, oltre IVA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)