1. Ambiente ed ecologia – Impianto eolico – Compatibilità ambientale – Potere discrezionale – Natura – Sindacabilità – Limiti
2. Ambiente ed ecologia – Impatto ambientale – Compatibilità del progetto – Discrezionalità tecnica – Sindacabilità – Limiti
3. Energia da fonti rinnovabili – Impianto eolico – Impatto ambientale – Legislazione regionale – Distanza dalle abitazioni – Contenuto
4. Procedimento amministrativo – Compatibilità ambientale Provvedimento – Esercizio potere discrezionale – Vizio di legittimità – Eccesso di potere – Disparità di trattamento – Contenuto
5. Energia da fonti rinnovabili – Impianto eolico – Valutazione di assoggettabilità a VIA – Procedimento – Istruttoria – Caratteristiche
6. Risarcimento del danno – Danno da ritardo della p.A. – Domanda – Illecito omissivo della p.A. – Prova – Spettanza del bene della vita – Necessità
7. Risarcimento del danno – Danno da ritardo della p.A. – Domanda – Illecito omissivo della p.A. – Elementi costituenti illecito aquiliano – Prova – Necessità
1. La valutazione di compatibilità ambientale di un progetto, secondo la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, è materia in cui l’amministrazione competente gode di un potere discrezionale sostanzialmente insindacabile – salvo che per vizi macroscopici – in considerazione del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione alla salvaguardia dell’habitat (ambiente, paesaggio, fauna e vegetazione) nel quale l’uomo vive, in quanto espressione della personalità umana ( Cons. St., sez. V, n. 3770/2009 e C. Cost., n. 367/2007).
2. Il giudizio di impatto ambientale è effettuato dall’amministrazione competente nell’esercizio di un’amplissima discrezionalità tecnica sindacabile soltanto per macroscopici vizi logici, per errori di fatto o per travisamento dei presupposti ( Cons. St., sez. VI, n. 561/2008).
3. Nella disciplina regionale ( regione Puglia) degli impianti di generazione di energia rinnovabile da fonte eolica l’individuazione del criterio della “distanza dalle abitazioni” – previsto a tutela dell’incolumità della persona fisica in caso di rottura di pale – deve essere inteso con riferimento non al dato burocratico – amministrativo dell’abitabilità o meno di un fabbricato, quanto a quello dell’idoneità di un immobile ad ospitare presenze umane (nella specie di trattava di un manufatto che, sebbene privo di abitabilità , era stato adibito a rimessa per gli attrezzi).
4. La censura di eccesso di potere per disparità di trattamento a fronte di scelte discrezionali dell’amministrazione è riscontrabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall’interessato, con la precisazione che la legittimità dell’operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (cfr. Cons. St., sez. Vi, n. 1323/2013).
5. La legittimità della valutazione discrezionale di impatto ambientale di un progetto (nel caso di specie impianto eolico) non risulta inficiata da un provvedimento adeguatamente motivato ed emanato all’esito di un’istruttoria cui è stata garantito il pieno contraddittorio con l’istante. Ciò tanto più se quest’ultimo non ha fornito neppure alternative progettuali rispetto alle contestazioni mosse dall’ente al progetto originario. Nè si può concludere che le soluzioni alternative debbano essere fornite dall’amministrazione procedente che, viceversa, sarebbe onerata di un ingiustificato aggravio procedimentale.
6. Ai fini della valutazione della fondatezza della domanda risarcitoria da ritardo della p.A., è importante definire il regime normativo applicabile al singolo caso di sedie, atteso che soltanto dopo l’introduzione dell’art. 2 bis alla l. 241/1990 ad opera dell’art. 7 della l. 69/2009 – norma non retroattiva – il danno da ritardo è riconosciuto all’istante per il trascorrere del tempo – inteso come autonomo bene della vita – causato da un comportamento doloso o colposo dell’amministrazione procedente.
Prima, infatti, del 2009, a fronte dell’illecito aquiliano omissivo della p.a.A, l’istante doveva provare la spettanza del bene della vita, dovendo verificare se il bene finale sotteso all’interesse legittimo azionato fosse, o meno, dovuto (nel caso di specie il provvedimento sfavorevole con cui si è concluso il procedimento sottoposto al regime giuridico ante 2009 esclude la “spettanza del bene della vita”). 7. Secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, formatosi in applicazione del nuovo art. 2 bis della l. 241/1990, il danno da comportamento omissivo della p.A. procedente è comunque riconducibile all’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. e deve essere provato in tutti i suoi elementi costitutivi, atteso che il mero superamento del termine di conclusione del procedimento fissato ex lege o per regolamento, integra un indice oggettivo ma, in sè considerato, non introduce in giudizio, la piena prova del danno.
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Idem sent. 1200/2013
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N. 01199/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00918/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 918 del 2012, proposto da Fri El s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Germana Cassar e Mattia Malinverni, con domicilio eletto presso l’avv. Maurizio Di Cagno in Bari, via Nicolai, 43;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avv. Maria Liberti e Isabella Fornelli, con domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33;
Comune di Spinazzola;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– della determinazione del Dirigente del Servizio Ecologia della Regione Puglia del 20 febbraio 2012, n. 35, notificata alla società in data 3 aprile 2012, con cui è stato espresso parere sfavorevole alla compatibilità ambientale per il progetto di impianto eolico sito nel Comune di Spinazzola proposto dalla società ;
– della comunicazione del Servizio Energia, Reti e Infrastrutture Materiali per lo Sviluppo della Regione Puglia del 12 aprile 2012, n. A00_159, recante il diniego all’autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio dell’impianto eolico sito nel Comune di Spinazzola proposto dalla società ;
– di tutti gli atti preordinati, conseguenti o comunque connessi, ivi inclusi il preavviso di diniego reso dal Servizio Ecologia con comunicazione del 24 marzo 2011, n. 2882 ed i pareri espressi dal Comitato VIA nelle sedute del 4 marzo 2011 e del 4 ottobre 2011, espressamente riportati e fatti propri dalla determina negativa di VIA;
e per la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 17 aprile 2013 per le parti i difensori avv.ti Germana Cassar, Mattia Malinverni, Isabella Fornelli e Maria Liberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente Fri El s.p.a. presentava in data 25 giugno 2006 presso il Settore Ecologia dell’Assessorato Ecologia della Regione Puglia istanza di verifica di assoggettabilità a VIA relativamente ad un progetto di realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica composto da 30 aerogeneratori (successivamente ridotti a 26) da installarsi nel territorio del Comune di Spinazzola.
In data 4 aprile 2007 presentava istanza di autorizzazione unica ex art. 12 dlgs n. 387/2003 presso il competente ufficio regionale.
In data 8 giugno 2007 l’interessata riceveva la determinazione dirigenziale n. 239 del 14 maggio 2007 con la quale le veniva richiesto di assoggettare il progetto alla procedura di VIA.
In riscontro alla determina n. 239/2007 in data 21 aprile 2008 la società presentava al Settore Ecologia istanza di VIA.
Restando inerte il Servizio Energia nonostante i solleciti della società , la stessa avviava un giudizio contro il silenzio (r.g. n. 856/2010) conclusosi con la sentenza n. 3733 del 21 ottobre 2010 con cui questo T.A.R. accertava la formazione del silenzio inadempimento sull’istanza di VIA e di autorizzazione unica della società ed ordinava alla Regione di assumere le determinazioni conclusive del procedimento.
Con nota del 24 marzo 2011 n. 2882 il Servizio Ecologia comunicava alla società i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di VIA.
Con comunicazione del 29 giugno 2011 Fri El inviava alla Regione le proprie osservazioni.
In data 20 febbraio 2012 veniva adottata la gravata determina dirigenziale negativa di VIA n. 35 notificata alla società in data 3 aprile 2012.
A seguito della determina negativa di VIA n. 35/2012 il Servizio Energia, Reti e Infrastrutture Materiali per lo Sviluppo della Regione Puglia rendeva il diniego di autorizzazione unica del parco eolico, diniego motivato sulla sola base dell’esito negativo del procedimento di VIA.
La società Fri El contestava la determina negativa di VIA ed, in via derivata, il diniego di autorizzazione unica.
Formulava, inoltre, domanda risarcitoria per danno da ritardo.
Deduceva censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione di legge; violazione del DM 10.9.2010; eccesso di potere per sviamento: la determina gravata conterrebbe errori macroscopici laddove afferma che la distanza inferiore a 200 metri degli aerogeneratori nn. 9, 10 e 12 da due masserie e tre agglomerati rurali sarebbe ostativa alla compatibilità ambientale del progetto, trattandosi – a dire di parte ricorrente – di fabbricati disabitati; altra società avrebbe ottenuto giudizio favorevole di compatibilità ambientale relativamente ad un progetto di realizzazione di aerogeneratori da installarsi in zona limitrofa;
2) eccesso di potere; difetto di istruttoria; travisamento dei fatti; illogicità della motivazione: il preavviso di diniego ha individuato la presenza di reticoli fluviali che interesserebbero alcuni aerogeneratori; tuttavia, molte delle interferenze del progetto con il sistema geomorfologico sarebbero inesistenti alla stregua della Carta Geomorfologica del PUTT/P; inoltre, l’individuazione, operata dalla gravata determina dirigenziale n. 35/2012, delle distanze da corsi d’acqua, ripe fluviali, cigli di scarpata sarebbe gravemente erronea; il Servizio Ecologia avrebbe scambiato una modesta strada comunale per una strada provinciale, errando anche nella individuazione delle distanze; le valutazioni dell’Amministrazione regionale in tema di visibilità , impatto acustico, limite di gittata sarebbero erronee; non sarebbe stata considerata la circostanza della localizzazione delle torri in aree non soggette a salvaguardia diretta del PUTT/P;
3) violazione di legge; violazione dell’art. 21, comma 2 dlgs n. 152/2006; eccesso di potere per sviamento; difetto di istruttoria: l’Amministrazione non avrebbe considerato le alternative progettuali e localizzative, anche comportanti la riduzione dell’intervento eolico, ai fini dell’assenso;
4) eccesso di potere per sviamento; difetto di istruttoria e di motivazione; violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990: la motivazione della determina impugnata sarebbe meramente formale e non prenderebbe in considerazione le osservazioni della società in violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990; la determina, inoltre, non consentirebbe di comprendere con esattezza quali siano gli effetti negativi sull’ambiente del parco eolico;
5) illegittimità derivata del diniego di autorizzazione unica: essendo il diniego di autorizzazione unica motivato sulla sola base dell’esito negativo del procedimento di VIA, le doglianze relative alla determina n. 35/2012, se accolte, comporterebbero l’illegittimità in via derivata del diniego.
Si costituiva l’Amministrazione regionale, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.
Preliminarmente, deve escludersi la tardività del ricorso (notificato in data 4 giugno 2012) a fronte di una determina dirigenziale (la n. 35/2012) comunicata in data 3 aprile 2012.
Il termine di sessanta giorni per impugnare il provvedimento sarebbe scaduto in data 2 giugno 2012.
Tuttavia, il 2 giugno 2012 cadeva di sabato.
Pertanto, il termine è prorogato di diritto – ai sensi dell’art. 52, commi 3 e 5 cod. proc. amm. – a lunedì 4 giugno 2012.
Nel merito, va in linea generale evidenziato che le scelte compiute dall’Amministrazione in sede di valutazione di impatto ambientale non sono sindacabili se non in presenza di vizi macroscopici.
A tal riguardo (i.e. limitata sindacabilità in sede giurisdizionale amministrativa della valutazione di impatto ambientale), ha sottolineato Cons. Stato, Sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 468:
«¦ L’istituto in parola è finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente inteso nella sua più ampia accezione, con riferimento alle sue varie componenti : il paesaggio, le risorse naturali, le condizioni di vivibilità degli abitanti, gli aspetti culturali e al riguardo il Collegio ritiene di condividere pienamente quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa in ordine alla natura sostanzialmente insindacabile delle scelte effettuate, giustificandola alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio e all’ambiente (in tali sensi, Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2009 n. 3770; Corte Costituzionale 7 novembre 2007 n. 367).
Inoltre, è stato altresì sottolineato che l’ambiente rileva non solo come paesaggio ma anche come assetto del territorio comprensivo degli aspetti naturalistici , e, in particolare, di quelli relativi alla protezione oltrechè della fauna anche delle specie vegetazionali (Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2010 n. 4246).
Insomma, nella disciplina della V.I.A. è insita la valenza del principio fondamentale per cui detta procedura è preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l’uomo vive e ciò non può non assurgere a valore primario ed assoluto in quanto espressivo della personalità umana ( Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 2008 n.1109),
E’ stato parimenti affermato che nel rendere il giudizio di impatto ambientale l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità tecnica censurabile solo per macroscopici vizi logici, per errori di fatto o per travisamento dei presupposti (Cons. Stato, Sez. VI, 19 febbraio 2008 n. 561; idem, 30 gennaio 2004 n. 316), vizi nella specie non rinvenibili. ¦».
Nel caso di specie la gravata determina n. 35/2012 ha ben motivato il diniego di compatibilità ambientale sulla base di un’articolata ed approfondita istruttoria, con la conseguenza che non emergono vizi macroscopici, avendo il censurato provvedimento dato conto di tutte le osservazioni formulate dalla società ricorrente.
In particolare la censura sub 1) (asserita inesistenza di fabbricati stabilmente abitati nell’area di azione degli aerogeneratori) va disattesa.
Sul punto, questo Tribunale (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 10 luglio 2012, n. 1394) si è in precedenza così espresso:
«¦ la prescrizione relativa alle distanze minime degli aerogeneratori dalle abitazioni risponde alla ratio di evitare pericoli di qualsiasi genere per l’uomo in caso di rottura accidentale delle pale, sicchè il riferimento alle abitazioni è da interpretarsi con riguardo alla possibile presenza umana e non al dato burocratico – amministrativo dell’abitabilità o meno di un fabbricato.
Sotto tale profilo, non è escluso tale rischio dalla mera circostanza che il fabbricato di cui si è rilevata la prossimità all’impianto (in particolare gli aerogeneratori nn. 1, 2 e 4) sia adibito a rimessa per gli attrezzi e non abbia l’abitabilità . ¦».
La ricorrente riconosce che effettivamente gli aerogeneratori sono a distanza inferiore a m. 200, come indicato nella determina gravata.
Nè tanto meno prova, con riferimento alla citata compatibilità ambientale accordata ad altra società nel 2008, che sussista una effettiva disparità di trattamento.
Invero, secondo Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323 “¦ la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento a fronte di scelte discrezionali dell’Amministrazione è riscontrabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall’interessato, con la precisazione che la legittimità dell’operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (in tal senso: Cons. Stato, VI, 11 giugno 2012, n. 3401; id., VI, 8 luglio 2011, n. 4100; id., VI, 30 giugno 2011, n. 3894)”.
Relativamente alla doglianza sub 2) (asserita erronea individuazione, da parte del dirigente regionale, della presenza di reticoli fluviali, di interferenze del progetto con il sistema geomorfologico, di distanze da corsi d’acqua, ripe fluviali e cigli di scarpata, di una strada comunale; erroneità delle valutazioni in tema di visibilità , impatto acustico, limite di gittata delle pale), la stessa va disattesa poichè ha ad oggetto valutazioni tecniche espresse dall’Amministrazione nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2012, n. 1640), valutazioni adeguatamente motivate (cfr. pagg. 5 e ss. della determina n. 35/2012), non inficiate da errori macroscopici e, pertanto, non sindacabili in sede giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323).
In definitiva, non pare contestabile – come correttamente evidenziato nella motivazione del gravato provvedimento – che il complesso sistema idro-geo-morfologico in cui la società Fri El ha inteso localizzare la propria proposta progettuale avrebbe subito, in caso di esito positivo del procedimento autorizzatorio, un impatto ambientale notevole.
Circa la censura di cui al capo III del ricorso introduttivo (omessa considerazione, da parte dell’Amministrazione, delle alternative progettuali e localizzative, anche comportanti la riduzione dell’intervento eolico, ai fini dell’assenso), va rilevato che la Regione Puglia, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, ha garantito un ampio contraddittorio alla società Fri El, le cui osservazioni non hanno consentito il superamento delle criticità formulate.
Peraltro, la ricorrente non ha proposto valide soluzioni alternative, limitandosi semplicemente a criticare le scelte della Amministrazione.
Nè si può pretendere che l’Ente regionale debba di sua iniziativa elaborare soluzioni alternative; ciò, infatti, significherebbe addossare alla Amministrazione un onere procedimentale non previsto nè razionalmente ascrivibile allo stesso in violazione del principio del divieto di aggravio del procedimento.
Inoltre, proprio l’accurata ed approfondita istruttoria, emergente dalla documentazione in atti, con le puntuali osservazioni alle controdeduzioni della società , hanno condotto l’autorità regionale al diniego impugnato.
Anche il motivo di gravame sub 4) (carattere meramente formale della motivazione della determina; omessa considerazione delle osservazioni della società in violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990) deve essere respinto.
A tal riguardo, va sottolineato che la società Fri El ha potuto presentare, ai sensi dell’art. 10 bis legge n. 241/1990, le proprie osservazioni con nota assunta agli atti del Servizio Ecologia al prot. n. 7118 del 12.7.2011 dopo la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di VIA del 24 marzo 2011 prot. n. 2882.
Dette osservazioni sono state tenute in debita considerazione da parte dell’Amministrazione regionale, che a partire da pag. 10 della gravata determina dirigenziale n. 35/2012 le ha analiticamente valutate formulando specifiche e dettagliate controdeduzioni.
Infine, la doglianza sub 5) non può trovare accoglimento, in considerazione del carattere derivato della illegittimità con la stessa censura evidenziato e della previsione normativa “ostativa” di cui all’art. 15, comma 2 legge Regione Puglia n. 11/2001 (“La VIA negativa preclude la realizzazione dell’intervento o dell’opera.”).
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.
Quanto alla domanda risarcitoria per danno da ritardo mero, formulata dalla Fri El s.p.a., va evidenziato quanto segue.
In passato, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (15 settembre 2005, n. 7) aveva sostenuto che il giudice amministrativo riconosce il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento dell’Amministrazione inerte solo quando fosse stata accertata la spettanza del cd. bene della vita, non essendo risarcibile il danno da ritardo provvedimentale “mero” ed occorrendo appunto verificare se il bene della vita finale sotteso all’interesse legittimo azionato fosse, o meno, dovuto.
A seguito della introduzione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 ad opera dell’art. 7 legge n. 69/2009 (previsione normativa, priva del carattere delle retroattività , secondo cui “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.”) si deve ritenere che la possibilità di impiegare utilmente il tempo, sulla quale incide il ritardo della Amministrazione nella conclusione del procedimento, sia stata riconosciuta come bene della vita autonomamente risarcibile.
In tal senso (i.e. rilevanza – a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 69/2009 – del tempo come bene della vita autonomo) si sono espressi Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271; Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 18 settembre 2012, n. 7840.
La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha evidenziato la necessità di individuare con esattezza la collocazione temporale della fattispecie concreta al fine di determinare la disciplina normativa ratione temporis applicabile (i.e. le coordinate ermeneutiche fornite dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 7/2005 in tema di illecito aquiliano omissivo della P.A. secondo cui il tempo non è un bene della vita autonomamente risarcibile, ovvero l’innovativa previsione normativa di cui all’art. 2 bis legge n. 241/1990 da cui, all’opposto, si desume che il tempo è un bene della vita autonomamente ristorabile), in considerazione della portata non retroattiva della novella del 2009.
Per esempio, Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1796 ha affermato:
«¦ la ricorrente non è in condizione, ratione temporis, di invocare la nuova previsione di cui all’articolo 2 bis della legge n. 2411990 (“Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento”), innovazione che è stata introdotta dall’articolo 7, comma 1, lettera c), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (“Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”), senza previsione di retroattività (va rimarcata, anzi, la gradualità degli adempimenti prescritti per l’operatività della disciplina, inscindibilmente connessa, del novellato art. 2 della stessa legge n. 241: v. l’art. 7, comma 3, della legge n. 692010).
La fattispecie concreta ricade, pertanto, nel quadro previgente, e soggiace alle coordinate tracciate in materia dall’interpretazione della giurisprudenza dominante.
Va allora ricordato come l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (15 settembre 2005 n. 7) abbia chiarito che il G.A. riconosce il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento dell’Amministrazione solo quando sia stata accertata la spettanza del c.d. bene della vita: non è invece risarcibile il danno da ritardo provvedimentale c.d. “mero”, occorrendo appunto verificare se il bene della vita finale sotteso all’interesse legittimo azionato sia, o meno, dovuto. ¦».
Analogamente Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2535 ha escluso l’operatività , nella fattispecie concreta oggetto del giudizio, dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 per ragioni legate alla collocazione temporale della stessa fattispecie (in epoca precedente rispetto all’entrata in vigore della legge n. 69/2009), ritenendo quindi di applicare al caso sottoposto al suo esame il principio di diritto (di segno opposto) di cui ad Ad. Plen. n. 7/2005.
La fattispecie concreta oggetto del presente giudizio (istanza di verifica di assoggettabilità a VIA risalente al 25 giugno 2006; istanza di autorizzazione unica presentata in data 4 aprile 2007) si colloca temporalmente in fase antecedente rispetto alla introduzione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 e quindi ratione temporis soggiace alle coordinate tracciate in materia di illecito aquiliano omissivo della Amministrazione dall’interpretazione della giurisprudenza dominante (Adunanza Plenaria 15 settembre 2005, n. 7).
Dovendosi valutare la fattispecie per cui è causa alla luce del principio di diritto affermato da Ad. Plen. n. 7/2005, è emerso che nel caso di specie non è stata accertata la spettanza del bene della vita in capo alla società Fri El, essendosi il procedimento amministrativo di cui lamenta il ritardo concluso con provvedimento sfavorevole (i.e. parere sfavorevole di compatibilità ambientale e diniego di autorizzazione unica, riconosciuti legittimi da questo Giudice).
Va, altresì, evidenziato che i differimenti richiesti dalla società (per produrre controdeduzioni) hanno contribuito a determinare il ritardo della Amministrazione così incidendo sul profilo della colpa della stessa Amministrazione (colpa rilevante sia in forza della espressa previsione di cui all’art. 2 bis legge n. 241/1990 ove si opera un esplicito riferimento alla “inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”, sia alla luce dell’art. 2043 cod. civ. cui era comunque riconducibile l’illecito aquiliano omissivo della P.A. prima dell’introduzione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990).
Pertanto, per quanto qui interessa, deve escludersi la sussistenza di una colpa dell’Amministrazione regionale nel ritardo.
Con l’ulteriore conseguenza della non ravvisabilità di un comportamento illecito colpevole della stessa Amministrazione (“fatto colposo” ex art. 2043 cod. civ.; ovvero “inosservanza colposa” secondo la dizione dell’art. 2 bis legge n. 241/1990), suscettibile di fondare una sua responsabilità aquiliana per danni risarcibili, in via diretta, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. (disposizione quest’ultima, applicabile – per quanto esposto in precedenza – ratione temporis alla fattispecie per cui è causa), ovvero ai sensi dell’art. 2 bis legge n. 241/1990 (previsione, la cui essenza è comunque riconducibile all’illecito aquiliano ex art. 2043 cod. civ. [cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 12 ottobre 2012, n. 1766; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2010, n. 2150]).
In tal senso si è espresso recentemente T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 25 gennaio 2013, n. 605 peraltro proprio relativamente al procedimento ex art. 12 dlgs n. 387/2003: “Laddove non sia riscontrabile una colpa dell’Amministrazione Regionale nel superamento del prescritto termine di 180 giorni per la definizione del procedimento ex art. 12 d.lg. n. 387 del 2003, non è ravvisabile alcun comportamento illecito della stessa Amministrazione suscettibile di fondare una sua responsabilità per danni ai sensi dell’art. 2 bis l. n. 241 del 1990.”.
Infine, sul punto ha recentemente evidenziato Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 2013, n. 1406:
«La richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento favorevole, se da un lato deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l’ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall’altro, in ossequio al principio dell’atipicità dell’illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità . Di conseguenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi “iuris tantum”, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda. In particolare, occorre verificare la sussistenza sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante): in sostanza, il mero “superamento” del termine fissato “ex lege” o per via regolamentare alla conclusione del procedimento costituisce indice oggettivo, ma non integra “piena prova del danno”. Peraltro, la valutazione che il giudice è sollecitato a svolgere, è di natura relativistica, e deve quindi tenere conto della specifica complessità procedimentale, ma anche – in senso negativo per le ragioni dell’amministrazione intimata – di eventuali condotte dilatorie. Infine, la domanda di risarcimento del danno da ritardo, azionata ex art. 2043 c.c., può essere accolta dal giudice solo se l’istante dimostra che il provvedimento favorevole avrebbe potuto o dovuto essergli rilasciato già “ab origine”.».
Nel caso di specie parte ricorrente non ha dimostrato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda risarcitoria, ed in particolare dell’elemento soggettivo (colpa dell’Amministrazione), tenuto altresì conto del comportamento dilatorio della società e della specifica complessità del procedimento amministrativo in questione.
E’, inoltre, carente la dimostrazione, da parte della società ricorrente, su cui ricadeva il relativo onere probatorio ai sensi dell’art. 64 cod. proc. amm., del danno asseritamente patito (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2012, n. 2449).
Ne consegue che la domanda risarcitoria azionata da Fri El va disattesa.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente Fri El s.p.a. al pagamento delle spese di giudizio in favore della Regione Puglia, liquidate in complessivi € 3.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)