1.  Pubblica sicurezza – Autorizzazione di polizia – Art. 39 T.U.L.P.S. – Autorizzazione detenzioni armi – Affidabilità  – Condotta di vita del beneficiario
 
2.  Pubblica sicurezza – Autorizzazione di polizia – Art. 39 T.U.L.P.S. – Divieto detenzioni armi – Finalità 
 
3.  Pubblica sicurezza – Autorizzazione di polizia – Art. 39 T.U.L.P.S. – Autorizzazione porto d’armi – Revoca determinata da probabilità  di abuso – àˆ legittima


4. Pubblica sicurezza – Autorizzazione di polizia – Art. 39 T.U.L.P.S. – Autorizzazione detenzione e porto d’armi – Diniego – Precedenti penali – Non necessariamente ostativi – Condotta del richiedente – Rileva
 
5. Pubblica sicurezza – Autorizzazione di polizia – Diniego autorizzazione detenzione armi – Inaffidabilità  del richiedente – E’ legittimo
 
6.   Pubblica sicurezza – Autorizzazione di polizia – Diniego di detenzione armi – Omessa partecipazione procedimentale – àˆ illegittimo

1. Il beneficiario del provvedimento concessivo dell’autorizzazione alla detenzione di armi deve mantenere una condotta di vita improntata all’osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonchè delle comuni regole di convivenza civile.


2. Il divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente, previsto dall’art. 39 del T.U.L.P.S., è volto alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonchè a prevenire danni a terzi e la commissione di reati.


3. àˆ legittima la revoca dell’autorizzazione al porto d’armi ove determinata da valutazioni inerenti la capacità  di abuso fondata su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus.
 
4. L’esistenza di precedenti penali a carico del richiedente l’autorizzazione alla detenzione e al porto d’armi non vale di per sè a legittimare la reiezione del provvedimento concessivo ove la stessa non fondi su un’autonoma valutazione della condotta dell’interessato.


5. Non ostano al diniego dell’autorizzazione alla detenzione e al porto d’armi fatti che, pur irrilevanti sotto il profilo penale, depongono per l’inaffidabilità  del richiedente.


6. àˆ illegittimo il divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente ove non preceduto da idonea attività  istruttoria, mancante della necessaria partecipazione procedimentale dell’interessato.

N. 01085/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00592/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 592 del 2013, proposto da: 
B.M., rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Bruno, con domicilio eletto presso Domenico Bonifacio in Bari, via Piccinni, 191; 

contro
U.T.G. – Prefettura Di Foggia, Ministero Dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
del Decreto del Prefetto della Provincia di Foggia, n. prot. 26444/12/I Bis in data 12/11/2012, notificato a mani il 07/2/20123 a mezzo del Comando dei Carabinieri di Celenza Valfortore (FG), di divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti, nonchè dell’ordine di alienazione delle armi e munizioni in suo possesso e la misura della confisca delle armi e munizioni, e di ogni ulteriore e/o diverso atto presupposto, connesso e consequenziale.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura Di Foggia e di Ministero Dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2013 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori Giovanni Bruno e Valter Campanile;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con atto notificato l’ 8.4.2013 e depositato in segreteria l’ 8.5.201, M. B. impugna il decreto del Prefetto di Foggia di cui in epigrafe (notificatogli il 7.2.2013) con cui gli è stato fatto divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente con contestuale ingiunzione di venderle o cederle a persona non convivente entro il termine di 60 giorni.
Il provvedimento impugnato previo il richiamo alla segnalazione del Commissariato di P.S. di Lucera del 6.8.2012 e l’irrogazione da parte del Questore, in data 7.6.2012, dell’avviso orale ex art.3 D.lgs. n. 159 del 2011, è stato giustificato i seguenti due passaggio motivazionali:
– “rilevato che il nominato in oggetto, possessore di armi legalmente detenute, è stato deferito più volte all’Autorità  Giudiziaria per fatti che rientrano nella fattispecie dei reati di violazione di domicilio, molestie, disturbo alle persone, inosservanza dei provvedimenti di autorità , percosse, minaccia a mano armata, furto e detenzione abusiva di munizioni, e che il 25.5.2012 è stato destinatario della misura di prevenzione dell’avviso orale”;
– “ritenuto che le circostanze e le modalità  dei fatti ascritti al sig. M. B., chiara manifestazione di inclinazione alla violenza, facciano venir meno l’affidamento sul corretto uso delle armi da parte dello stesso ed integrino un rischio per la sicurezza pubblica e privata”.
Il ricorrente lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento – nonostante il lungo lasso di tempo decorso fra la ricezione della segnalazione del Commissariato e l’adozione del decreto, così impedendo senza che sussistessero effettive ragioni d’urgenza, la partecipazione e contesta la sussistenza dei presupposti per farsi luogo all’emanazione dell’atto (evidenziando di avere richiesto la revoca dell’avviso orale e che i precedenti di polizia, quasi tutti antecedenti il 2005, si sono conclusi con l’archiviazione; sicchè egli non risulta avere condanne al casellario giudiziario).
Il ricorso risulta fondato.
In via generale, va rilevato che:
– l’art. 39 del TULPS prescrive che “Il Prefetto ha facoltà  di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell’articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne”;
– si tratta di un divieto che interviene ad inibire la stessa detenzione e non già  il solo porto dell’arma, quindi con un ambito più vasto dell’art. 43 e con una finalità  di prevenzione ancora più marcata, anche se, va detto, spesso l’adozione di tale provvedimento è strettamente connesso con quello di revoca del porto d’armi;
– la disciplina dettata dall’art. 39 del TULPS è diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonchè a prevenire la commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del messo di offesa;
– il beneficiario del provvedimento concessivo dell’autorizzazione alla detenzione di armi deve quindi mantenere una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonchè delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati (cfr. Cons. St. Sez. VI, 13 luglio 2006 , n. 4487, Sez. VI,. 12 febbraio 2007 n. 535);
– secondo la richiamata giurisprudenza, peraltro, la revoca dell’autorizzazione del porto d’armi può essere sufficientemente sorretta anche da valutazioni della capacità  di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus, in quanto nella materia de qua l’espansione della sfera di libertà  dell’individuo è, appunto, destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva (cfr. Cons. St., Sez. VI, 20 luglio 2006 n. 4604);
– in tale prospettiva un ampio filone giurisprudenziale, nel valutare la logicità  dell’apprezzamento discrezionale posto in essere dall’Amministrazione, si è orientato verso una visione non meramente formalistica, quale risulterebbe quella che ritenesse rilevanti esclusivamente i precedenti penali dell’interessato, ma sostanzialistica:
– la repressione penale e la prevenzione di pubblica sicurezza rispondono infatti a finalità  diverse ed hanno distinti presupposti;
– da tale postulato discende, per un verso, che l’esistenza di precedenti penali non vale, di per sè, a sorreggere il diniego, ove il medesimo non sia fondato su di un’autonoma valutazione in ordine all’incidenza degli elementi considerati, ai fini della qualificazione in termini di buona condotta della personalità  complessiva del richiedente stesso;
– per converso, non ostano al diniego dell’autorizzazione fatti che, pur non assumendo o non avendo più rilievo nell’ambito dell’ordinamento penale, siano tuttavia considerati tali da far ritenere il richiedente non affidabile, ai fini del rispetto da parte sua della sicurezza pubblica, nell’espletamento dell’attività  da autorizzare;
– in siffatto quadro sistematico, in sede di giudizio di legittimità , deve quindi valutarsi se tale approfondito e complessivo accertamento della pregressa condotta del richiedente vi sia stato, al fine di pronunciare quel giudizio di probabilità , in positivo ovvero in negativo, di cui si è detto, senza preconcette preclusioni ovvero automatici collegamenti fra passato e futuro che lo stesso art. 11 del T.U. di P.S., al primo comma, evidenzia per i casi di diniego obbligatorio dell’autorizzazione.
Venendo ora a fare applicazione dei suddetti principi alla fattispecie all’esame, il Collegio deve rilevare la sussistenza di una inidonea attività  istruttoria, con conseguente palese difetto di motivazione.
Invero, con l’atto di gravame (essendo stata pretermessa dall’Amministrazione la fase partecipativa procedimentale) il ricorrente ha potuto evidenziato che le denunce richiamate nella segnalazione del Commissariato di Lucera non sono sfociate (per varie cause) in condanne penali e di avere richiesto al Questore la revoca dell’avviso orale irrogato in data 7.6.2012, sul quale si sarebbe perfezionato, in corso di giudizio, il silenzio assenso ex art. ex art.3 D. Lgs. n. 159/2011.
Per contro, la Prefettura – che ha omesso di attivare senza congrua giustificazione la partecipazione procedimentale – non ha assolto il dovere di procedere ad una compiuta disamina dei fatti e alla valutazione prognostica sul comportamento del B., essendosi limitata, dopo aver fare richiamo della nota di segnalazione del Commissariato di polizia, a pervenire all’apodittica conclusione che egli “non offre sufficienti garanzie di affidabilità  di non abusare delle armi in suo possesso”.
All’esito del giudizio, resta impregiudicato l’ esercizio del potere di procedere nuovamente, da parte dell’Amministrazione, alla compiuta e ponderata valutazione della situazione, a tutela dell’interesse primario della sicurezza ed incolumità  pubblica.
Sussistono giusti motivi per addivenirsi alla compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente, Estensore
Rosalba Giansante, Primo Referendario
Roberto Michele Palmieri, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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