1. Espropriazione per pubblica utilità  – Imposizione di servitù militare – L. 898/1976 – Decreto di conferma – Assenza – Conseguenze


2. Espropriazione per pubblica utilità  – Imposizione di servitù militare – L. 898/1976 – Decreto di conferma – Termine quinquennale – Perentorietà 


3.  Espropriazione per pubblica utilità  – Imposizione di servitù militare – L. 898/1976 – Decreto di proroga – Decorrenza


4.  Espropriazione per pubblica utilità  – Imposizione di servitù militare – L. 898/1976 – Decreto impositivo – Effetti

1. Nel sistema delineato dalla legge 24 dicembre 1976, n. 898, (provvedimento abrogato dall’art. 2268, comma 1, n. 727, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con la decorrenza prevista dall’art. 2272, comma 1 del medesimo D.Lgs.) e dal Regolamento di esecuzione D.P.R. 17 dicembre 1979, n. 780, le servitù militari “sono stabilite nella durata massima di 5 anni” (comma 2 dell’art. 1 della legge), hanno effetto “decorso il novantesimo giorno dalla data di deposito nell’ufficio comunale” del decreto impositivo (comma 5 dell’art. 5 della legge), possono poi essere prorogate per altri cinque anni qualora “ancora necessarie” (comma 2 dell’art. 10 della legge) e restano estinte ad ogni effetto “se non interviene decreto di conferma alla prevista scadenza” (ultimo comma dell’art. 10 della legge).


2. Il termine quinquennale per le servitù militari già  previsto dall’art. 10 della legge 24 dicembre 1976, n. 898 doveva considerarsi perentorio e tassativo, considerata la “sanzione” prevista dalla norma di legge in termini di “estinzione ad ogni effetto”.


3. Il termine di cinque anni assegnato all’Amministrazione per l’emanazione del decreto di proroga del vincolo di servitù militare decorre dalla data di adozione del precedente decreto e non dalla data della sua esecutività  in quanto l’espressione “ogni cinque anni dall’imposizione della limitazione” (di cui al comma 1 dell’art. 10 della legge 898/1976) faceva evidente riferimento al momento dell’asservimento dei beni a “servitù militari” e dunque al momento costitutivo della servitù. 


4. Il decreto impositivo di servitù militare costituisce il presupposto giuridico per l’adozione degli ordini, che il comandante territoriale può emanare anche in pendenza del termine di esecutività .

N. 00955/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00089/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 89 del 2007, proposto da: 
Gentile Paolo, e per esso gli eredi, Gentile Rosa, Gentile Francesco, Gentile Francesco Domenico, rappresentati e difesi dall’avv. Silvana M.C. Plantone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Adriano Esposito in Bari, via Putignani, n. 136; 

contro
Ministero della Difesa – Comando 3^ Regione Aerea – Aeronautica Militare 16° Reparto Genio Campale 4° Ufficio Demanio, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliato per legge in Bari, via Melo, n. 97; 

per l’annullamento
“1) della determinazione prot. RGC – 16/43/12936 del 03.10.2006 a firma del Comandante dell’Aerenautica Militare – 16^ Reparto Genio Campale 4° Ufficio Demanio, avente ad oggetto <<Impianto A.M. in località  “Marzagaglia” – Imposizione servitù militare ricadente nel Comune di Mottola (TA) – Leggi 898/76 e 104/90>>; 2) del decreto n. 7/2006 del 21.9.2006 del Comandante della 3^ Regione Aerea, con cui sono state imposte limitazioni al diritto di proprietà  del ricorrente ; 3) del Progetto per imposizione di servitù militare del 21.6.2006 ed allegato al decreto impositivo; 4) di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o connesso, ancorchè non conosciuto, ivi compreso il verbale di riunione n. 82 del 19.07.2005 del Comitato Misto Paritetico della Regione Puglia, nonchè il foglio prot. TR3-012/327/D23-7/1 del 26.10.2005 del Comandante Territoriale, entrambi richiamati nelle premesse del decreto impositivo.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 la dott.ssa Rosalba Giansante e udito per la parte ricorrente il difensore, l’avv. Angela Tinelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso, ritualmente notificato il 21 dicembre 2006 e depositato il 18 gennaio 2007, il sig. Paolo Gentile, in qualità  di proprietario di un suolo in agro di Mottola, località  Marzagaglia, sul quale insiste una struttura adibita ad esercizio di impresa agricola di cui all’epoca era titolare, ha chiesto l’annullamento: 1) della determinazione prot. RGC – 16/43/12936 del 3 ottobre 2006 a firma del Comandante dell’Aerenautica Militare – 16^ Reparto Genio Campale 4° Ufficio Demanio, avente ad oggetto <<Impianto A.M. in località  “Marzagaglia” – Imposizione servitù militare ricadente nel Comune di Mottola (TA) – Leggi 898/76 e 104/90>>; 2) del decreto n. 7/2006 del 21 settembre 2006 del Comandante della 3^ Regione Aerea, con cui sono state imposte limitazioni al suo diritto di proprietà ; 3) del Progetto per imposizione di servitù militare del 21 giugno 2006 ed allegato al decreto impositivo; 4) del verbale di riunione n. 82 del 19 luglio 2005 del Comitato Misto Paritetico della Regione Puglia, nonchè del foglio prot. TR3-012/327/D23-7/1 del 26 ottobre 2005 del Comandante Territoriale, entrambi richiamati nelle premesse del decreto impositivo.
Espone in fatto il ricorrente che, con il decreto n. 7/2006 del 21 settembre 2006, l’Amministrazione militare aveva provveduto a rinnovare la servitù già  imposta con un primo decreto di imposizione, n. 1/96 del 5 giugno 1996, e già  oggetto di rinnovo con il successivo decreto n. 4/2001 del 30 agosto 2001, entrambi adottati ai sensi della legge n. 898 del 1976; avverso il secondo decreto parte ricorrente ha proposto ricorso giurisdizionale presso questo Tribunale, attualmente pendente presso il Consiglio di Stato, Sezione IV.
A sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di censura: 1. violazione dell’art.7 e ss. della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per mancata comunicazione di avvio del procedimento, violazione dell’art. 97 Cost., eccesso di potere per violazione del principio del contraddittorio, violazione dell’art. 16, comma 3, della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria; 2. violazione di legge, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione, difetto di istruttoria, violazione di legge, dell’art. 97 Cost., ovvero dei principi di trasparenza e del buon andamento della P.A.; 3. violazione dell’art. 10, comma 4, della legge n. 898 del 1976, eccesso di potere per travisamento dei presupposti giuridici, eccesso di potere per contraddittorietà  tra parti dello stesso provvedimento, eccesso di potere per contraddittorietà  tra provvedimento e atti dello stesso procedimento amministrativo, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza assoluta di motivazione in ordine alla limitazione imposta, mancata ponderazione dell’interesse pubblico con quello privato, illogicità  ed irrazionalità  dell’agire della P.A. e violazione del principio di buon andamento e trasparenza di cui all’art. 97 Cost..
Si è costituito a resistere in giudizio il Ministero della Difesa, a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, chiedendo il rigetto del gravame.
A seguito del decesso del sig. Paolo Gentile, con atto notificato in data 20 luglio 2012 e depositato in data 26 luglio 2012, si sono costituiti in giudizio gli eredi, i suoi tre figli, i sig.ri Gentile Rosa, Gentile Francesco, Gentile Francesco Domenico, dichiarando il loro interesse alla prosecuzione del giudizio medesimo.
All’udienza pubblica del 18 aprile 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Colgono nel segno le censure di cui al terzo motivo di ricorso con le quali parte ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 10, comma 4, della legge n. 898 del 1976 e il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà  tra parti dello stesso provvedimento, per contraddittorietà  tra provvedimento e atti dello stesso procedimento amministrativo e per difetto di istruttoria.
I sig.ri Gentile lamentano la contraddittorietà  degli atti adottati da parte resistente che da un lato qualifica “atti di imposizione di servitù militare” mentre nella relazione allegata al progetto è menzionato il precedente decreto impositivo di rinnovo n. 4/2001, reso esecutivo dal Comune di Mottola (TA) il 17 dicembre 2001. Trattandosi di rinnovo, alla luce del citato art. 10, i vincoli militari imposti sulla loro proprietà  con il decreto n. n. 4/2001 del 30 agosto 2001, alla data del 21 settembre 2006, data di emissione del decreto n. 7/2006, oggetto del presente gravame, risulterebbero estinti per decorso del quinquennio della loro durata; la suddetta previsione normativa, ad avviso di parte ricorrente, consentirebbe il rinnovo delle limitazioni di cui trattasi entro e non oltre la scadenza del quinquennio decorrente dall’adozione del precedente decreto di imposizione di servitù.
Le censure sono fondate.
Nel sistema delineato dalla legge 24 dicembre 1976, n. 898, applicabile alla data di adozione del decreto di rinnovo (rectius proroga) della imposizione della servitù militare n. 4/2001, per cui è causa, (provvedimento abrogato dall’art. 2268, comma 1, n. 727, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con la decorrenza prevista dall’art. 2272, comma 1 del medesimo D.Lgs.) e dal Regolamento di esecuzione D.P.R. 17 dicembre 1979, n. 780, le servitù militari “sono stabilite nella durata massima di 5 anni” (comma 2 dell’art. 1 della legge), hanno effetto “decorso il novantesimo giorno dalla data di deposito nell’ufficio comunale” del decreto impositivo (comma 5 dell’art. 5 della legge), possono poi essere prorogate per altri cinque anni qualora “ancora necessarie” (comma 2 dell’art. 10 della legge) e restano estinte ad ogni effetto “se non interviene decreto di conferma alla prevista scadenza” (ultimo comma dell’art. 10 della legge).
In particolare l’art. 10 della legge 24 dicembre 1976, n. 898 prevedeva: “Ogni cinque anni dall’imposizione delle limitazioni si procede a revisione generale per accertare se le limitazioni stesse siano ancora necessarie per le esigenze della difesa nazionale.
Per le limitazioni ancora necessarie il comandante territoriale emana decreto di proroga per altri cinque anni, sentito il comitato misto paritetico.
Le limitazioni possono essere ridotte o revocate, con decreto del comandante territoriale, anche prima dello scadere del quinquennio.
Il decreto di revoca prima della scadenza del quinquennio, di riduzione o di conferma è pubblicato con le modalità  indicate nell’articolo 5.
Se non interviene decreto di conferma alla prevista scadenza, le limitazioni restano estinte ad ogni effetto.”
Passando ad analizzare la fattispecie oggetto di gravame, occorre innanzitutto premettere che emerge chiaramente in atti che trattasi di decreto di proroga e non di nuova imposizione di servitù militare.
Quanto sopra si evince sia dal decreto impugnato che dalla suddetta relazione che fa espresso riferimento al precedente decreto, peraltro oggetto di impugnazione giurisdizionale, nonchè dal procedimento seguito, che è quello (più snello) di mera “conferma” e non di istituzione “ex novo” del vincolo, come emerge dal decreto stesso e dalla richiamata relazione; risolutiva è la circostanza che in quest’ultima si faccia riferimento al “parere favorevole alla imposizione della servitù militare in titolo, per ulteriori cinque anni”.
Il termine deve considerarsi perentorio e tassativo, considerata la “sanzione” prevista dalla norma di legge in termini di “estinzione ad ogni effetto” .
L’automatismo dell'”estinzione” è, infatti, previsto espressamente dalla legge, all’art. 10, ultimo comma, della L. 898 del 1976, e rappresenta un elemento insuperabile che non consente un “raccordo” con un successivo provvedimento di “proroga”, che, per qualificarsi legittimo sotto il profilo della tempistica, deve, obbligatoriamente, essere emesso, semmai, prima della scadenza del precedente vincolo.
La norma summenzionata, infatti, afferma che “se non interviene decreto di conferma alla prevista scadenza, le limitazioni restano estinte ad ogni effetto” (cfr. TAR Sardegna, Sez. I, n. 192 del 24 febbraio 2012 e n. 1342 del 7 luglio 2008).
Analizzando la fattispecie oggetto di gravame alla luce delle suddette coordinate, risulta che l’Amministrazione resistente non ha rispettato i tempi fissati dal citato art.10 per la emanazione del decreto di proroga delle imposizioni delle limitazioni, atteso che, come prospettato da parte ricorrente, il provvedimento di imposizione dei vincoli da prorogare è il decreto n. 4/2001 del 30 agosto 2001, come risulta dalla relazione del Progetto per imposizione di servitù militare del 21 giugno 2006, allegata al decreto stesso, del 16° Reparto Genio Campale Aerenautica Militare, depositato in giudizio, mentre il decreto di conferma n. 7/2006, oggetto del presente giudizio, è del 21 settembre 2006.
Occorre precisare che non può tenersi in considerazione la diversa e successiva data della esecutività  del primo decreto da parte del Comune di Mottola, il 17 dicembre 2001.
Il Collegio condivide, infatti, l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, sulla base di argomenti d’ordine testuale e logico, ritiene che il termine di cinque anni assegnato all’Amministrazione per l’emanazione del decreto di proroga del vincolo de quo decorra dalla data di adozione del precedente decreto e non certo dalla data della sua esecutività ; in particolare va osservato come l’espressione “ogni cinque anni dall’imposizione della limitazione” (di cui al comma 1 dell’art. 10 della legge) faccia evidente riferimento al momento dell’asservimento dei beni a “servitù militari” e dunque al momento costitutivo della servitù, che non può che coincidere con il momento in cui il decreto impositivo è perfetto per essersi concluso il procedimento prescritto per la sua giuridica esistenza, senza che venga in alcun modo in rilievo a tali fini la posposta ex lege sua esecutività . D’altra parte la stessa giurisprudenza ha pure in proposito rilevato come il decreto impositivo produca comunque alcuni effetti in attesa “che le limitazioni diventino esecutive” (ultimo comma dell’art. 5 della legge), visto che esso costituisce il presupposto giuridico per l’adozione degli ordini, che il comandante territoriale, a norma della citata disposizione, può emanare in pendenza del termine di esecutività  (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2004, n. 246).
Ne consegue che la decisione confermativa della servitù militare deve ritenersi tardiva rispetto al suddetto meccanismo estintivo (cfr. TAR Sardegna, Sez. I, n. 192 del 24 febbraio 2012 e n. 1342 del 7 luglio 2008, Consiglio di Stato CS. IV 26.1.2004 n. 246 cit.; TAR Puglia Lecce, I, n. 2333 del 13.6.2007; TAR Campania I n. 282 del 30.11.1994 e n. 56 del 15.2.1994).
Conclusivamente, il Collegio ritiene che i profili di illegittimità  dedotti con le sopra illustrate censure abbiano una indubbia valenza assorbente rispetto agli altri motivi di gravame, sicchè la fondatezza delle censure stesse comporta l’accoglimento del ricorso e, conseguentemente, l’annullamento dei provvedimenti impugnati nelle parti concernenti le limitazioni imposte alla proprietà  della parte ricorrente, senza necessità  di pronunziarsi sugli ulteriori motivi d’impugnazione.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte resistente nell’importo liquidato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati nelle parti lesive per la parte ricorrente.
Condanna parte resistente al pagamento di complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00) in favore dei sig.ri Gentile Rosa, Gentile Francesco, Gentile Francesco Domenico, a titolo di spese, diritti ed onorari di causa, oltre IVA.
Contributo unificato rifuso ex art. 13, comma 6-bis.1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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