Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – DIA – Potere di controllo dell’amministrazione – Termine – Superamento – Limiti e condizioni

Secondo il combinato disposto di cui agli artt. 19 della legge  241/1990 e 23 del d.P.R. 380/2001, qualora il Comune eserciti il potere di controllo edilizio sulle dichiarazioni di inizio dell’attività   oltre il termine dei 60 giorni dal ricevimento delle stesse, è tenuto a motivare la sussistenza di una delle ragioni previste dal comma 4 dell’art. 19 ( pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale), pena l’illegittimità  dell’esercizio di detti poteri (nel caso di specie si sono concretizzati con un provvedimento di archiviazione della DIA presentata emanato ben oltre i 60 giorni dal ricevimento della stessa e  motivato con una generica “insistenza di opere in difformità “).

N. 00784/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02139/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2139 del 2011, proposto da: 
Mario Zippo, rappresentato e difeso dagli avv. Ida Maria Dentamaro, Corrado Mastropierro, con domicilio eletto presso Ida Maria Dentamaro in Bari, via De Rossi, 16; 

contro
Comune di Giovinazzo; 

per l’annullamento
d.i.a. opere edili di ristrutturazione;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2013 il dott. Mario Mosconi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1 – Con il presente ricorso, in limine litis notificato, è impugnato l’atto comunale di cui in rubrica, con cui, nell’ambito di una sostanziale revisione anche argomentativa rispetto al passato, il Comune conferma, ex novo, un precedente negativo atto di archiviazione di profilo edilizio.
Tale atto si esprime, ancora ed appunto negativamente, nei confronti di una DIA presentata al fine di eseguire lavori di manutenzione straordinaria, di frazionamento funzionale e di destinazione d’uso diverso dal pregresso di un locale già  adibito a deposito di una abitazione già  da lungo tempo esistente.
1.2 – Al riguardo della vicenda di cui è causa narra il ricorrente d’aver, a seguito della prima ed iniziale negativa archiviazione, richiesto una sostanziale revisione delle citate risultanze, all’uopo appalesando, nella inerente istanza di riesame, le ragioni utili per una decisione favorevole (v. nota – istanza di cui al protocollo della casa comunale 9.5.2011). Tuttavia, continua l’istante, il risultato positivo richiesto non si è materializzato essendosi altrimenti concretizzata la nuova negativa archiviazione di cui sopra, con la seguente altrimenti nuova motivazione: “permangono le opere in difformità  della licenza edilizia del 22.4.1964; dopo approfondite ricerche giurisprudenziali in materia si ritiene che il certificato di abitabilità  attiene a scopi esclusivamente igenico-sanitari, presupponendo l’accertamento della inesistenza di cause di insalubrità ; il suo rilascio non è ricollegato, quindi, alla verifica di esatta corrispondenza delle volumetrie realizzate con quelle asserite a titolo concessiorio (CdS Sez. V 365/04).”
2 – Osserva il Collegio che con il medesimo atto di cui è causa – il quale, indiscutibilmente, non ha carattere meramente e pedissequamente confermativo rispetto al precedente di analogo risultato e nel quale ultimo sono solo preannunciati provvedimenti di carattere demolitorio, – si riprovvedere in modo ulteriormente lesivo.
3 – Sono stati introdotti i seguenti vizi:
a – violazione art. 3 l. n. 241/90; eccesso di potere sotto vari profili sintomatici; vi sarebbero evidenti contrasti, sia in fatto che in diritto, tra quanto declinato dall’A.C. in sede di prima negativa archiviazione e quanto invece accertato, in fatto materiale medesimo, nell’ambito del nuovo provvedimento qui ora all’attenzione. Ed invero, mentre alla base del primo provvedimento di archiviazione stessa insisterebbe una affermazione del tutto diversa del seguente tenore: “infedele prospettazione dello stato dei luoghi (2010) con riguardo alla parte di immobili legittimati da titoli pregressi”; alla base, invece, della seconda e successiva archiviazione insisterebbe una diversa ed apodittica affermazione di carattere meramente presuntivo che declinerebbe solo una generica insistenza (come riscontrato) “di opere in difformità “; si lamenta così inesatta e fuorviante interpretazione normativa, genericità  e travisamento dei fatti, altresì invocando asseriti arresti giurisprudenziali conferenti;
b – violazione art. 23 c.c. dpr 380/01, art. 19 e 21 nonies, l. n. 241/90; eccesso di potere sotto ulteriori plurimi svariati profili sintomatici; si assume la perentorietà  del termine entro il quale far pervenire la disposta seconda nota di archiviazione qui criticata; in particolare si declina l’intervenuto sterile superamento dello stesso, all’uopo richiamando giurisprudenza asseritamente conforme alla così espressa tesi; si afferma inoltre che, nel caso, trascorso il detto termine, il Comune avrebbe potuto disporre in negativo solo in relazione ad alcuni particolari e pregnanti fattispecie (art. 19 – l.r. 241/90) qui in alcun modo delineabili (danno ambientale, culturale, di profilo sanitario etc);
b1 – si sostiene che, ove mai le dedotte difformità  edilizie effettivamente insistessero, le medesime sarebbero rinvenibili in locali solo adibiti a deposito, peraltro realizzati dal precedente proprietario, pur anche a seguito ed in uno con la realizzazione materiale della licenza di costruire la qui definita casa di campagna (22.4.1964). Di talchè tali difformità  non potrebbero riguardare le opere di cui alla DIA che sarebbero ben diverse.
Al riguardo e sul punto viene ricordata la certa data di ultimazione dei relativi lavori della denominata ditta “Cascina” (nel 1966); sicchè non vi sarebbe alcun dubbio che le opere “in difformità ” sarebbero, comunque, già  state realizzate prima del 12.5.1967, con l’utile decorso di un lunghissimo periodo di tempo;
c – violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della l. 1150/42 e dell’art. 10 della l. n. 765/67; richiamata la evidente e provata data temporale di cui sopra, si sostiene che la detta casa agricola sia stata realizzata, proprio in quanto tale, aldifuori dall’allora centro abitato altresì così non dovendosi ritenere necessario, al tempo, alcun titolo edilizio; si sostiene come la argomentazione posta alla base dell’archiviazione in discorso sia perciò del tutto inconferente e fuori luogo; si osserva, infine, come il prodotto certificato di agibilità  o abitabilità  sia stato allegato solo quale prova per dimostrare l’esistenza effettiva della struttura de qua e della sua completezza strutturale ed abitativa stessa al tempo sopra già  enunciato; si richiama, anche nel caso, giurisprudenza asseritamente conforme.
4 – Il Comune non si è costituto in giudizio e non ha fatto pervenire alcuna informazione o relazione.
5 – All’U.P. del 04.04.2013 la causa, dopo breve discussione, è stata spedita a sentenza.
6 – Il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato.
6.1 – In primo luogo è evidente e palese la contradditorietà  evidenziata dal ricorrente con riguardo a quanto sub 3 a) riassunto in ordine al primo motivo di censura. Del resto, ove altrimenti non si sancisse l’illegittimità  di tale contradditorietà  finale di profilo argomentativo, si finirebbe col procrastinare ad nutum ogni definizione, pur non solo utile, di ogni vicenda di specie.
6.2 – Anche il secondo e più pregnante rilievo merita accoglimento. Infatti, aldilà  della perentorietà  del termine di specie o meno – che è ormai ampliamente trascorso -, è pur vero che, nella specie stessa, non sono state declinate dal Comune, in via di esposizione tassativa, una o l’altra di quelle particolari circostanze elencate dalla norma invocata che impedirebbero la prosecuzione della DIA medesima proprio allorquando dovesse intervenire una risposta comunale dopo la scadenza del detto termine medesimo (pericolo di danno al patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, etc). Del resto è lo stesso Comune che, esaminando e poi respingendo una seconda volta la DIA, ha finito col superare di molto il detto termine, inequivocabilmente e a proprio danno, pur non essendo più obbligato a fornire una secondo risposta.
6.3 – Il terzo motivo può essere assorbito.
7 – Le spese di lite sono a carico del comune per € 1.500,00 (IVA e CPA esclusi), soccorrendo al riguardo sufficienti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente decidendo – accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese a carico del Comune per € 1.500,00 (cpa ed iva esclusi).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Mario Mosconi, Consigliere, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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