Leggi, decreti, regolamenti – Pubblico impiego – Rapporto di servizio – Personale in regime di diritto pubblico – Riduzioni stipendiali – Blocco adeguamento retributivo – Abrogazione per illegittimità  costituzionale – Effetti 
 

Non sono suscettibili di applicazione, in seguito alla pronuncia di illegittimità  costituzionale n. 223 del 2012, le riduzioni stipendiali e il blocco dell’adeguamento contributivo previsti dagli artt. 9, commi 2 e 22 e 12, comma 10 del D.L. 78 del 2010. Tali norme configurano, infatti, uno spregio delle regole di cui agli artt. 53, 2, 3 e 97 Cost. nonchè di tutte le norme costituzionali a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, salvaguardata dai meccanismi di progressione automatica dello stipendio.

N. 00789/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00992/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 992 del 2011, proposto da: 
Carmela De Gennaro, rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Tarullo e Sandro Campilongo, con domicilio eletto presso l’avv. Michele Didonna in Bari, via Cognetti, 58; 

contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, Corte dei Conti, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97; 

per l’accertamento
del diritto di parte ricorrente alla percezione del trattamento retributivo nella sua interezza e con esclusione dell’applicazione delle norme del D.L. 31.05.2010 n. 78 convertito, con modificazioni, in L. 30.07.2010 n.122(“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività  economica”);
con conseguente condanna ex artt. 30 e 34, co. 1, lett. c) c.p.a.
delle Amministratzioni resistenti, in solido o secondo le rispettive responsabilità  e competenze, alla corresponsione delle somme dovute, con rivalutazione monetaria ed interessi sino al soddisfo.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Corte dei Conti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Francesca Petrucciani;
uditi per le parti nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2013 i difensori avv.ti Michele Didonna, per delega dell’avv. Stefano Tarullo, e Grazia Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
La dott.ssa De Gennaro, magistrato contabile con funzioni di consigliere presso la Corte dei Conti di Bari, ha adito questo Tribunale per il riconoscimento, previa rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, del suo diritto alla percezione del trattamento retributivo spettante senza tener conto delle decurtazioni di cui ai commi 2, 21 e 22 dell’art. 9 e ai commi 7 e 10 dell’art. 12 del D.l. 31 marzo 2010 n. 78, convertito in L. 122/2010, in parte inapplicabili e in parte costituzionalmente illegittime, e per sentir condannare l’Amministrazione al pagamento delle relative somme, con interessi e rivalutazione fino al saldo.
La ricorrente ha dedotto che, secondo tali disposizioni normative, avrebbe subito a decorrere dal 2011 la riduzione del 5% dello stipendio per la parte eccedente l’importo di 90.000 euro, fino a 150.000 euro, e del 10% per la parte sopra tale cifra, il blocco dell’adeguamento retributivo per il triennio 2011-2013, il taglio dell’indennità  giudiziaria, in misura crescente nell’arco del predetto triennio, e la mancata restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile.
A sostegno del ricorso e della questione di costituzionalità  prospettata sono state dedotte le seguenti censure:
1. con riferimento all’art. 9, comma 2, D.l. 78/2010, la violazione dell’art. 53 Cost. e dei principi di uguaglianza, proporzionalità  e progressività  dell’imposizione, di cui agli artt. 2, 3 e 97 Cost., trattandosi in realtà  di prelievo fiscale attuato in spregio delle relative regole, la violazione degli artt. 42 e 97 Cost., in tema di ablazione reale, degli artt. 41 e 97 Cost., degli artt. 24, 100, 101, 111, 108 e 113 Cost. a tutela dell’autonomia e indipendenza della magistratura;
2. con riferimento ai commi 21 e 22 dell’art. 9 citato, la violazione degli artt. 24, 100, 101, 111, 108 e 113 Cost. a tutela dell’autonomia e indipendenza della magistratura, salvaguardata anche dai meccanismi di progressione automatica dello stipendio, onde evitare ai magistrati di dover contrattare gli aumenti stipendiali con il potere politico, la violazione dell’art. 36 Cost., per la lesione al principio di proporzionalità  della retribuzione rispetto al lavoro prestato;
3. con riferimento al comma 7 dell’art. 12, la violazione degli artt. 24, 100, 101, 111, 108 e 113 Cost. a tutela dell’autonomia e indipendenza della magistratura;
4. con riferimento al comma 10 dell’art. 12, la violazione degli artt. 2, 3, 36, 42, 53, 97 e 98 Cost., la violazione del principio di uguaglianza dovuta alla disparità  di trattamento tra dipendenti pubblici e privati, la lesione della proporzione tra retribuzione e lavoro prestato.
Si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Corte dei Conti resistendo al ricorso.
Alla pubblica udienza del 3 aprile 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
Con la sentenza n. 223/2012, infatti, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità  costituzionale dell’art. 9, commi 2 e 22, e 12, comma 10, D.l. 78/2012, convertito in L. 122/2010, in accoglimento di questione analoga a quella che la ricorrente ha proposto in questa sede, con conseguente venir meno dell’efficacia delle disposizioni nella stessa contenute a far data dalla loro entrata in vigore.
Costituendo le disposizioni caducate unico fondamento delle riduzioni stipendiali e delle trattenute previdenziali applicate, in conseguenza di tale pronuncia deve essere riconosciuto, in accoglimento del ricorso, il diritto della ricorrente al trattamento retributivo spettante senza tener conto delle decurtazioni previste dalla norma.
Per l’effetto, l’Amministrazione va condannata alla restituzione delle predette differenze stipendiali illegittimamente non corrisposte, compresi gli adeguamenti stipendiali nel frattempo maturati e non riscossi.
Su tali somme il Ministero dovrà  corrispondere rivalutazione monetaria ed interessi legali, a partire dal momento di maturazione dei singoli ratei di retribuzione e fino all’effettivo soddisfo (Ad. Plen. C.S. n. 18 del 5.6.2012 e n. 6 del 20.7.1998).
Il ricorso va, invece, dichiarato estinto, ai sensi dell’art. 1, comma 99, della legge n. 228 del 2012, con riferimento alla richiesta di restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile prevista dall’articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall’articolo 37 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, accerta il diritto della ricorrente alla retribuzione dovutale, senza tener conto delle decurtazioni di cui all’art. 9, commi 2, 21 e 22, D.L. 31.3.2010 n. 78, convertito con L. 30.7.2010 n. 122, e condanna le Amministrazioni resistenti alla restituzione delle relative somme, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria, nei termini di cui in motivazione.
Dichiara estinto il giudizio per la parte riguardante la richiesta di restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento.
Condanna le Amministrazioni resistenti alla rifusione in favore della ricorrente delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Francesca Petrucciani, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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