1. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata –  Ordine di demolizione – Natura vincolata – Omessa comunicazione avvio procedimento e mancata acquisizione parere organi tecnici- Conseguenze 


2. Edilizia e urbanistica- Attività  edilizia privata – Ordine di demolizione – Motivazione  – Indicazione tipo di abuso e norme violate – Sufficienza 


3. Edilizia e urbanistica- Attività  edilizia privata – Permesso di costruire  – Realizzazione opere recinzione – Opere amovibili o permanenti – Conseguenze


4. Edilizia e urbanistica – Attività  edilizia privata – Ordine di demolizione – Sequestro penale dell’area- Limite alla demolizione – Non sussiste

1. In tema di opere edilizie abusive, il carattere rigorosamente vincolato e doveroso di un’ordinanza di demolizione rende non necessaria la previa comunicazione dell’avvio procedimentale dell’atto di cui all’art. 7, L.n. 241 del 1990 non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto, nè essendo necessario acquisire il parere di organi, quali la Commissione edilizia integrata.


2. L’accertata abusività  di un manufatto rende l’ordinanza di demolizione legittima risultando soddisfatto il requisito della motivazione dell’atto, laddove lo stesso riporti indicazione del tipo di abuso e delle norme violate e non essendo necessario il previo accertamento dell’insanabilità  dell’opera.


3.  Sono esenti dal regime del permesso di costruire solo le recinzioni che non configurino un’opera edilizia permanente, bensì manufatti di precaria installazione e d’immediata asportazione (quali ad esempio recinzioni in rete metalliche, sorretta da paletti di ferro o di legno e senza muretto di sostegno); viceversa, è necessario il permesso di costruire, quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo durevole e non precario sull’assetto edilizio del territorio, come ad esempio se è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica.


4. In tema di abusi edilizi, l’esistenza del sequestro penale dell’area su cui insiste l’opera abusiva, non impedisce l’avvio delle attività  di demolizione della stessa essendo tale impedimento un elemento meramente fattuale, che non inficia in alcun modo la validità  dell’impugnato provvedimento di demolizione del manufatto.

N. 00714/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01393/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1393 del 2008, proposto da: 
Riccardo Lorusso, Concetta Tucci, rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Guantario, con domicilio eletto presso Francesco Paparella in Bari, via Venezia, 14; 

contro
Comune di Andria, in persona del Sindaco p.t, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Di Bari, Giuseppe De Candia, con domicilio eletto presso Alberto Bagnoli in Bari, via Dante, 25; 

per l’annullamento
dell’ingiunzione demolizione, con conseguente ripristino dello stato dei luoghi;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Andria, in persona del Sindaco p.t;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Rosaria Graziano e Guiseppe De Candia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. àˆ impugnata la nota in epigrafe, con cui il Comune di Andria ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione delle opere eseguite in assenza di permesso di costruire, nonchè il ripristino dello stato dei luoghi.
A sostegno del ricorso, i ricorrenti hanno dedotto i seguenti profili di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione dell’art. 3 l. n. 241/90; eccesso di potere per carenza e/o erroneità  della motivazione; violazione del diritto di difesa; violazione dell’art. 31 d.P.R. n. 380/01 (T.U. Edilizia); 2) violazione degli artt. 3, 6, 31 e 37 d.P.R. n. 380/01; eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti; 3) violazione dell’art. 31 T.U. Edilizia; eccesso di potere per difetto di istruttoria e omessa motivazione; 4) violazione dell’art. 41 L.R. n. 56/80; 5) violazione dell’art. 36 T.U. Edilizia; difetto di motivazione.
All’udienza del 18.4.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Con il primo e quinto motivo di gravame, che possono essere esaminati congiuntamente, per comunanza delle relative censure, deducono i ricorrenti l’illegittimità  dell’atto impugnato, per difetto di motivazione. In particolare, ad avviso dei ricorrenti, il provvedimento in esame da un lato non conterrebbe sufficiente indicazione in ordine al manufatto considerato abusivo, e sotto altro profilo sarebbe stato emanato in assenza di una puntuale motivazione in ordine alla sua insanabilità .
Le censure sono entrambe infondate.
2.1. Si legge nell’impugnato provvedimento che i ricorrenti hanno realizzato “¦ una recinzione in c.a. dell’altezza fuori terra di mt. 3,50 circa, dal livello della strada privata che fronteggia l’area, con tre accessi chiusi da un portone in ferro. Sul lato della recinzione ¦ è stato realizzato un muro di contenimento in c.a. dell’altezza variabile tra mt 3,00 e mt. 5,00 con una lunghezza di mt. 38 circa”.
Tale essendo la ricostruzione in fatto operata dall’amministrazione, e considerato altresì che l’impugnato provvedimento dà  conto che “trattasi di opere realizzate in assenza di permesso di costruire”, occorre ora stabilire se tale impianto motivazionale soddisfa il relativo obbligo di cui all’art. 3 l. n. 241/90.
2.2. A tal riguardo, premette il Collegio che, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “nell’attività  repressiva in tema di opere edilizie abusive non è necessaria la previa comunicazione dell’ avvio procedimentale di cui all’art. 7 l. 241/1990, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato; sicchè l’ordinanza di demolizione è sufficientemente motivata con l’affermazione dell’accertata abusività  dell’opera edilizia e, proprio in quanto atto vincolato, l’ordinanza medesima non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico nè una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati nè una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione” (TAR Campania, Salerno, II, 28.11.2012, n. 2161. In senso confermativo, cfr. altresì, ex multis, TAR Campania, Napoli, III, 4.12.2012, n. 4913; TAR Friuli Venezia Giulia, I, 20.12.2012, n. 498; TAR Lazio, II, 5.9.2012, n. 7570; TAR Liguria, I, 24.7.2012, n. 1073; TAR Sardegna, II, 23.7.2012, n. 747).
2.3. Tanto chiarito, e venendo ora al caso di specie, reputa il Collegio che, avuto riguardo alla natura tipicamente vincolata dell’ordine di demolizione in esame, l’impugnato provvedimento non necessitava di una particolare motivazione, diversa da quella consistente nell’indicazione del tipo di abuso realizzato dal ricorrente, e delle norme da lui violate. E poichè l’impugnata ordinanza reca compiute indicazioni in entrambi i sensi or ora menzionati, essa si sottrae senz’altro alle censure lamentate in parte qua dal ricorrente.
3. Ciò detto quanto al generale obbligo di motivazione, da ritenersi senz’altro assolto nel caso di specie, va ora esaminato l’ulteriore e connesso profilo di gravame, con cui i ricorrenti si dolgono del fatto che l’impugnato provvedimento sarebbe stato emanato senza una puntuale motivazione in ordine alla insanabilità  dell’opera.
Il motivo è infondato.
3.1. Ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 380/01, unico requisito richiesto ai fini dell’emanazione dell’ordine di demolizione è dato dalla realizzazione di costruzione in assenza ovvero totale difformità  di titolo abilitativo. Viceversa, detta norma non impone in alcun modo che l’ordine di demolizione venga preceduto dall’accertamento dell’insanabilità  dell’opera, e men che meno che debba esserlo a pena di validità  dell’ordine demolitorio.
àˆ evidente, pertanto, per questa via, l’infondatezza del relativo motivo di gravame, pretendendo i ricorrenti di dedurre un vizio del provvedimento in assenza di violazione, da parte dell’amministrazione, di alcuna previsione normativa.
3.2. Ne discende il rigetto del relativo motivo di gravame.
4. Con il secondo motivo di ricorso, deducono i ricorrenti l’illegittimità  dell’impugnato provvedimento, in quanto assunto sul falso presupposto dell’assenza di permesso di costruire. A tal riguardo, deducono i ricorrenti che la presentazione, in data 15.6.2006, di denuncia di inizio di attività , sia sufficiente a ritenere integrata la sussistenza di regolare titolo edilizio.
L’assunto è infondato.
4.1. La giurisprudenza prevalente, cui il Collegio aderisce, considera che la valutazione in ordine alla necessità  della concessione edilizia per la realizzazione di opere di recinzione vada effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 3 luglio 2007, n. 5968; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 23 settembre 2003, n. 6196).
Di conseguenza, si ritengono esenti dal regime del permesso di costruire solo le recinzioni che non configurino un’opera edilizia permanente, bensì manufatti di precaria installazione e di immediata asportazione (quali ad esempio recinzioni in rete metalliche, sorretta da paletti di ferro o di legno e senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti la posa in essere di una recinzione rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà , che comprende lo ius excludendi alios o, comunque, la delimitazione delle singole proprietà  (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 4 luglio 2007, n. 6458; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 8 maggio 2007, n. 4821; T.A.R. Emilia Romagna, sez. II, 26 gennaio 2007, n. 82; T.A.R. Veneto Venezia, sez. II, 7 marzo 2006, n. 533).
Viceversa, è necessario il permesso di costruire, quando la recinzione costituisca opera di carattere permanente, incidendo in modo durevole e non precario sull’assetto edilizio del territorio, come ad esempio se è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica (T.A.R. Campania, Napoli, IV, 3.4.2012, n. 1542; T.A.R. Basilicata Potenza, 19 settembre 2003, n. 897) o da opera muraria (Cassazione penale , sez. III, 13 dicembre 2007, n. 4755).
4.2. Ciò chiarito, e venendo ora al caso di specie, si legge nell’impugnato provvedimento che l’abuso in esame consiste in una recinzione in c.a. dell’altezza fuori terra di mt. 3,50 circa, con tre accessi chiusi da un portone in ferro. Inoltre, sul lato della recinzione è stato realizzato un muro di contenimento in c.a. dell’altezza variabile tra mt 3,00 e mt. 5,00, con una lunghezza di mt. 38 circa.
Avuto riguardo a tale descrizione delle opere in esame, è pertanto di tutta evidenza che i ricorrenti hanno realizzato non già  una struttura precaria, ma un’opera che, per natura e dimensioni, può senz’altro definirsi permanente, incidendo in maniera durevole sull’assetto del territorio.
Ne discende che i ricorrenti avrebbero dovuto premunirsi di permesso di costruire, non essendo sufficiente una mera denuncia di inizio attività . E poichè essi non hanno in tal senso operato, del tutto legittimamente l’amministrazione ha ordinato la demolizione delle opere da loro abusivamente realizzate.
4.3. Per tali considerazioni, anche il secondo motivo di ricorso è infondato, e va rigettato.
5. Va del pari rigettato il terzo motivo di gravame, con il quale i ricorrenti hanno dedotto l’impossibilità  di provvedere alla demolizione del manufatto, stante il sequestro penale dell’area, sicchè mancherebbe il presupposto per l’acquisizione del bene alla mano pubblica.
A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, sotto un primo profilo, tale impedimento costituisce un elemento meramente fattuale, che non inficia in alcun modo la validità  dell’impugnato provvedimento.
Sotto altro profilo, l’impugnata ordinanza non reca alcuna menzione dell’acquisizione del bene alla mano pubblica, che è una conseguenza prevista direttamente dalla legge (art. 31 co. 3 d.P.R. n. 380/01) in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione. Sicchè non si comprende quale ingiunzione dovesse comparire, diversa da quella che in concreto è stata emanata.
Piuttosto, accertata la natura abusiva dell’opera realizzata dai ricorrenti, reputa il Collegio che del tutto legittimamente (rectius: doverosamente) l’amministrazione comunale ha emesso l’ordine di demolizione, trattandosi di provvedimento a contenuto tipicamente vincolato, come tale conseguente alla semplice constatazione dell’esistenza dell’abuso.
5.1. Ne discende il rigetto del relativo motivo di gravame.
6. Va infine esaminato il quarto motivo di gravame, con il quale i ricorrenti si dolgono della mancata acquisizione del parere della commissione edilizia comunale.
Il motivo è infondato.
6.1. Costituisce approdo giurisprudenziale del tutto condiviso quello secondo cui: “l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività  vincolata della p.a. con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto, nè essendo necessario acquisire il parere di organi, quali la Commissione edilizia integrata” (C.d.S, V, 9.6.2012, n. 3337).
6.2. Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, deve pertanto ritenersi del tutto irrilevante, nel caso di specie, l’acquisizione di pareri di organismi tecnici, venendo in rilievo un potere a contenuto tipicamente vincolato, che postula unicamente l’accertamento dell’abuso. E poichè non v’è dubbio, alla luce delle considerazioni sopra esposte, che abuso vi è stato, tale circostanza rende di per sè legittima, sotto questo profilo, l’emanato ordine di demolizione.
7. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso è infondato.
Ne consegue il suo rigetto.
8. Spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese di lite sostenute dal Comune resistente, che si liquidano in complessivi € 1.500 per diritti e onorari, oltre CAP e IVA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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