Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Accertamento di conformità urbanistica – Rigetto istanza – Motivazioni generiche – Illegittimità
à‰ viziato da eccesso di potere il provvedimento di rigetto di un’istanza di accertamento di conformità urbanistica, allorquando, tanto sul piano edilizio che su quello paesaggistico, non si faccia alcun riferimento ad una specifica istruttoria (nella specie richiedendosi l’assoggettamento a d.i.a. trattandosi di interventi espressamente pertinenziali), ovvero si faccia uso di motivazioni generiche e apodittiche.
N. 00589/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00079/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 79 del 2007, proposto da:
Fratelli Altomare Snc di Altomare Vincenzo & C., rappresentato e difeso dall’avv. Angela Masi, con domicilio eletto presso Angela Masi in Bari, c/o A.Florio via Dalmazia, 161;
contro
Comune di Rodi Garganico, rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Sciscio, con domicilio eletto presso Raffaele Sciscio in Bari, C/Oscattarelli p.zza L.Savoia,27;
per l’annullamento
del provvedimento prot. n. 10772 del 25.10.2006 del Direttore U.T.C. del Comune di Rodi Garganico recante diniego dell’istanza di accertamento di conformità edilizia e di compatibilità paesaggistica del 3.5.2005 proposta dalla ricorrete; di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti a quello impugnato, ancorchè non conosciuti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Rodi Garganico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2013 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame la società Fratelli Altomare s.n.c. impugna il provvedimento di cui in epigrafe, con cui il Dirigente dell’U.t.c. del Comune di Rodi Garganico ha respinto l’istanza edilizia di accertamento di conformità e di compatibilità paesaggistica delle opere realizzate da essa ricorrente su terreno di sua proprietà .
La ricorrente, proprietaria di un fabbricato rurale e di alcuni rustici in località Petrara, in relazione allo stato di degrado degli immobili in questione, ha eseguito nel 2001 lavori di consolidamento statico degli edifici, previa presentazione di apposita d.i.a.
Assume la ricorrente che il Comune di Rodi avrebbe successivamente autorizzato il cambio di destinazione d’uso degli immobili in questione da agricolo ad attività ricettiva.
Al fine di poter utilizzare la predetta struttura ricettiva anche nel periodo invernale, la ricorrente, nel dicembre 2004, ha realizzato un locale necessario per l’allocazione degli impianti tecnologici (centrale termica gruppo elettrogeno), a tal fine procedendo ad una parziale rimozione del terrapieno preesistente.
Tale abuso è stato accertato dalla Polizia Municipale giusta verbale dell’11.4.2006, cui ha fatto seguito l’ordinanza di sospensione dei lavori relativi alla costruzione del manufatto di che trattasi di metri 11,60 per 6 per altezza 2,80.
Con istanza del 3.5.2005 la ricorrente ha chiesto l’accertamento di conformità urbanistica e la compatibilità paesaggistica, corredata della documentazione tecnica di riferimento.
Con provvedimento dirigenziale 8225 del 29.7.2005 l’istanza in questione è stata respinta.
Tale provvedimento è stato tuttavia annullato, per violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990, con sentenza di questo Tribunale Sez. III n. 1768 del 15.12.2005.
A seguito di quanto sopra il Dirigente dell’U.t.c. ha comunicato con nota del 17.5.2006 formale preavviso di motivato diniego.
Nonostante le osservazioni prodotte dalla ricorrente in data 16.6.2006, con l’impugnato provvedimento l’istanza edilizia è stata respinta dal Comune di Rodi Garganico.
La ricorrente deduce i seguenti motivi di censura:
1) violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3,10, 22 D.P.R. 380/2001; art. 3 l. 241/1990: difetto di motivazione); eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere per erroneo e/o omesso apprezzamento dei presupposti; nonchè per travisamento.
2) violazione e falsa applicazione di legge (art. 181 commi 1 ter e 1 quater D.Lgs. 42/2004; art. 3 l. 241/1990: difetto di motivazione); eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere per erroneo e/o omesso apprezzamento dei presupposti; nonchè per travisamento.
3) violazione e falsa applicazione di legge (art. 3 l. 241/1990: difetto di motivazione); violazione del principio del giusto procedimento; eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere per erroneo e/o omesso apprezzamento dei presupposti, nonchè per travisamento. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 97 Cost.).
Si è costituito in giudizio il Comune di Rodi Garganico, contestando le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del ricorso.
All’Udienza pubblica del 21 marzo 2013 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso in esame è fondato.
Ed invero, sono fondati il primo ed il secondo motivo di censura nella parte in cui si deduce il difetto di istruttoria e il difetto di motivazione, rispettivamente con riferimento al profilo urbanistico-edilizio (primo motivo) e al profilo di compatibilità paesaggistica (secondo motivo).
Con riguardo al primo aspetto, rileva il Collegio che le opere destinate all’allocazione di impianti tecnologici possono annoverarsi tra gli interventi di manutenzione straordinaria ma solo a condizione che le stesse non comportino alterazione di volumi e di superfici nè mutamento di destinazione d’uso, mentre con riferimento alla qualificabilità delle opere realizzate come intervento pertinenziale occorre avere riferimento alle specifiche prescrizioni contenute nelle n.t.a. di riferimento, sempre che gli interventi non comportino la realizzazione di volumetria superiore a quella dell’edificio cui accedono.
Ciò premesso, deve rilevarsi che nell’impugnato provvedimento si assume apoditticamente che le opere realizzate debbano ritenersi qualificabili come intervento di nuova costruzione, subordinate pertanto al rilascio di permesso di costruire, senza alcuna esplicitazione delle concrete ragioni che renderebbero tali opere non sussumibili tra quelle previste dall’art. 22 comma 1 del D.P.R. 380/2001.
L’art. 3 comma 1 lett. b) D.P.R. 380/2001 qualifica come interventi di manutenzione straordinaria “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso”; l’art. 3 comma 1 lett. e.6) qualifica come nuova costruzione gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino espressamente come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale.
Risulta pertanto evidente che l’impugnato provvedimento avrebbe dovuto espressamente indicare le concrete ragioni ostative alla qualificazione dell’intervento come manutenzione straordinaria, ovvero l’eventuale alterazione di volumi e superfici delle unità immobiliari ovvero una modificazione della destinazione d’uso, sulla base di adeguata attività istruttoria e di relativa valutazione.
Analogamente, con riferimento alla qualificabilità o meno come intervento pertinenziale, considerato che il rapporto pertinenziale non risulta di per se solo idoneo e sufficiente a determinare l’assoggettamento a regime della d.i.a., l’impugnato provvedimento avrebbe dovuto indicare eventuali specifiche previsioni contenute nelle n.t.a. vigenti tali da qualificare le opere realizzate come nuova costruzione ovvero – sulla base di specifica attività istruttoria – evidenziare l’eventuale supero della soglia del 20% della cubatura dell’edificio principale, atteso che, ricorrendo una di tali due ipotesi, sarebbe risultata esclusa la possibilità di ricorso alla d.i.a..
Viceversa nell’impugnato provvedimento non si fa riferimento ad alcuna specifica istruttoria, nè vengono indicate le concrete e specifiche ragioni ostative alla qualificabilità dell’intervento come intervento di straordinaria manutenzione ed alla sua sussumibilità nell’ambito degli interventi pertinenziali assoggettati a d.i.a.
Ed invero, il sistema normativo di riferimento muove dal presupposto in via generale dell’assoggettamento a d.i.a. degli interventi pertinenziali, salvo che ricorrano alcune delle ipotesi espressamente previste, applicandosi in tal caso il regime del rilascio di permesso di costruire.
Ricorre pertanto il dedotto vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di istruttoria.
Parimenti fondato risulta il dedotto vizio di difetto di motivazione e di omessa istruttoria con riferimento al profilo del diniego di compatibilità paesaggistica, atteso che nell’impugnato provvedimento si afferma solo apoditticamente che: “le opere contrastano con la vigente strumentazione urbanistica(P.R.G.) che classifica l’area interessata dall’intervento come Zona E2 – Agricola Speciale; – le stesse contrastano con le Norme Tecniche di attuazione del P.U.T.T./PBA ed in particolare con quelle relative all’Ambito Distinto “Costa”; – che per le stesse non è applicabile quanto disposto dall’art. 181 comma 1 ter lett. a) del D.Lgs. 42/2004, così come modificato dall’art.1 comma 36 lett. c ) della l. 308/2004″.
Come si evince facilmente dalla mera lettura della motivazione del provvedimento, non risultano indicate le concrete e specifiche ragioni del diniego della compatibilità paesaggistica, consistendo la motivazione in affermazioni meramente generiche e apodittiche.
L’impugnato provvedimento va pertanto annullato in quanto viziato sotto i denunciati profili di difetto di istruttoria e di difetto di motivazione, fatte salve le ulteriori determinazioni dell’Autorità comunale.
In relazione a quanto sopra restano assorbiti i restanti profili di censura.
Le spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 1.500, 00 oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso del c.u., seguono la soccombenza e vanno dunque poste a carico dell’Amministrazione comunale di Rodi Garganico.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Bari Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Rodi Garganico al pagamento in favore della ricorrente delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.500, 00 oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso del c.u..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere, Estensore
Rosalba Giansante, Primo Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)