1. Energia da fonti rinnovabili – Impianto fotovoltaico con potenza inferiore a 1Mw- Denuncia di inizio attività  – Legge regionale – Applicazione ratione temporis – Autorizzazione  unica regionale – Necessità 


2. Leggi decreti e regolamenti – Energia da fonti rinnovabili – Fonti comunitarie – Principi – Normativa dello Stato membro di dettaglio – Rapporto

1. Secondo la normativa di cui all’art. 27, l.r. n. 1/2008 – ratione temporis applicabile alla fattispecie –  la realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile di potenza inferiore a 1Mwe sfugge al regime semplificato della denuncia di inizio attività  ivi prevista e deve essere assoggettata all’autorizzazione unica regionale ogniqualvolta il predetto impianto non risulti integrato con strutture industriali, commerciali o di servizi, unica ipotesi in cui l’art. 27 richiamato, al primo comma lett. a), prevede, viceversa, l’applicazione del regime autorizzatorio semplificato. 


2. Le norme provenienti dalle direttive europee che sanciscono principi possono trovare attuazione nel singolo Stato membro esclusivamente con il recepimento in puntuali disposizioni nazionali, soprattutto quando non raggiungono quel grado di completezza e di dettaglio che soltanto può giustificare l’applicazione privilegiata all’interno degli Stati membri, in luogo di norme nazionali che appaiono contrastanti. Il singolo Stato membro, tuttavia, mantiene comunque l’autonomia legislativa di dettare una disciplina più rigorosa di quella europea nella tutela di valori concorrenti.

N. 00419/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01373/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1373 del 2008, proposto da: 
Alessandro Adriani e Maria Domenica Rubino, rappresentati e difesi dall’avv. Giuseppe Mariani, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Amendola n. 21; 

contro
Comune di Capurso, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Emanuele Petronella, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Principe Amedeo n. 165; 

per l’annullamento
– del provvedimento prot. n. 16672 del 17 luglio 2008, a firma del Capo Settore “Assetto del territorio”, recante il diniego e la diffida a non eseguire i lavori di cui alla denunzia di inizio di attività  n. 69/2008 (in atti al n. 15711 di protocollo dell’ 8 luglio 2008) per la realizzazione di un impianto fotovoltaico (di potenza elettrica nominale inferiore a 1 Mwe) per la produzione di energia elettrica da fonti alternative in Contrada Misosta, su terreni agricoli contraddistinti in catasto al fg. 1, particelle nn. 508-596-29-26-23-24-25;
– dei non conosciuti atti istruttori e di ogni altro atto ai predetti connesso, sia esso presupposto che conseguente, ancorchè non conosciuto e comunque lesivo;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Capurso;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2013 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv.ti Giuseppe Mariani e Domenico Emanuele Petronella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1.- Oggetto della presente controversia è il parere negativo espresso dal Capo Settore “Assetto del territorio” del Comune di Capurso, in ordine alla denunzia di inizio attività  (D.I.A.) presentata dai ricorrenti per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza elettrica inferiore ad 1 Mw, per la produzione di energia elettrica da fonti alternative; nonchè la conseguente diffida a non eseguire i lavori.
Motivo della determinazione gravata è l’incidenza di tale impianto su suoli ricompresi in zona classificata “E” dallo strumento urbanistico generale vigente; ciò che – nell’impostazione seguita dall’Amministrazione resistente – escluderebbe in linea generale l’esperibilità  della procedura semplificata ex art.27, comma 2, l.r. n. 1/2008, assoggettando l’intervento al regime dell’autorizzazione unica di cui al d.lgs. n. 387/2003, fatta eccezione per gli impianti da realizzarsi ad integrazione di strutture industriali, commerciali o di servizi ovvero collocati a terra internamente a complessi industriali, commerciali e di servizi esistenti o da costruire.
Con ordinanza di questa Sezione n. 647/2008, è stata motivatamente respinta l’istanza cautelare proposta congiuntamente al ricorso; e la decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato, giusta successiva ordinanza n. 1870/2009.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale resistente e, all’udienza del 23 gennaio 2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.- Il gravame non può trovare accoglimento.
Avverso l’atto impugnato parte ricorrente ha articolato tre motivi di ricorso; tutti sostanzialmente tesi ad evidenziare il favor legislativo (sia a livello nazionale che comunitario ed internazionale) per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
2.1.- Più precisamente, con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione ed erronea applicazione del menzionato art. 27 della l.r. 19.2.2008 n. 1, anche in relazione all’art. 12, commi 5 e 7 del d.lgs. n. 387/2003.
La suggerita interpretazione della normativa di riferimento è già  stata, tuttavia, disattesa dalla Sezione in sede cautelare; e la decisione adottata ha ottenuto – come detto – l’avallo del Consiglio di Stato.
Il Collegio non ritiene di discostarsi da tale orientamento, non rinvenendo spunti ermeneutici di segno diverso.
Ed invero deve convenirsi che, secondo la normativa ratione temporis applicabile alla fattispecie che ci occupa (art. 27 l.r. n. 1/2008), la realizzazione dell’impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile per cui è causa sfuggiva al regime semplificato ivi previsto e doveva essere assoggettata all’autorizzazione unica regionale.
Non può invero dubitarsi – alla luce di un’attenta lettura logico-sistematica dei primi due commi della norma in esame – che il secondo comma, vigente all’epoca dell’adozione dell’atto impugnato, nel menzionare la facoltà  di installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili in zone classificate agricole dai vigenti strumenti urbanistici richiamava il primo comma della stessa disposizione, recante la previsione del regime autorizzatorio semplificato; e il primo comma, alla lettera a), poneva il requisito dell’integrazione degli impianti fotovoltaici con strutture industriali, commerciali o di servizi.
Nel caso di specie, tale integrazione risulta assente.
2.2.- Con i successivi due motivi, poi, parte ricorrente richiama fonti normative comunitarie e internazionali (direttive C.E.E. e protocollo di Kyoto) che indubbiamente si esprimono a favore delle fonti rinnovabili, ma in linea di mero principio.
Si tratta cioè di norme di natura sostanzialmente programmatica che sanciscono principi generali, la cui attuazione non può che essere subordinata al recepimento in puntuali disposizioni nazionali.
In particolare, per quanto concerne le direttive comunitarie invocate, queste non raggiungono quel grado di completezza e livello di dettaglio che soltanto può giustificarne l’applicazione privilegiata all’interno degli Stati membri, in luogo di norme nazionali che appaiano contrastanti. La stessa individuazione della lamentata antinomia è resa difficoltosa dalla genericità  dei precetti. E, in ogni caso, a ciascuno Stato non è interdetto qualsiasi margine di autonomia nella concreta regolamentazione delle fattispecie; sicchè, pur nel rispetto degli obiettivi indicati a livello europeo, non è astrattamente preclusa una disciplina nazionale più rigorosa, nell’ottica di tutela di valori concorrenti. Nella specie: la tutela del paesaggio rurale e del patrimonio culturale, la valorizzazione delle tradizioni agro-alimentari e la tutela della bio-diversità , secondo le indicazioni testuali contenute proprio nell’art.12 del d.lgs. n. 387/2003 (comma 7), invocato da parte ricorrente a sostegno delle proprie ragioni e che, in subiecta materia, ha dato attuazione alle disposizioni comunitarie di principio.
3.- In sintesi il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore dell’Amministrazione comunale di Capurso, liquidandole in complessivi €2000,00 (duemila/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
Francesco Cocomile, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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