1. Edilizia e urbanistica – Certificato di destinazione urbanistica – Revoca in autotutela – Per erroneità  del contenuto – Legittimità 


2. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Autotutela – Annullamento del certificato di destinazione urbanistica – Affidamento del privato – Irrilevanza 


3. Procedimento amministrativo –  Provvedimento – Autotutela – Annullamento del certificato di destinazione urbanistica – Motivazione – Indicazione dell’interesse pubblico – E’ in re ipsa


4. Risarcimento del danno  – Domanda risarcitoria – Mutatio libelli – Inammissibilità 

1. àˆ legittimo il provvedimento di annullamento in autotutela di un certificato di destinazione urbanistica quando dall’istruttoria processuale risulti accertata l’erroneità  del suo contenuto, a prescindere da ogni valutazione riguardo alla natura provvedimentale (o non) di questo atto. L’art. 21 octies, co. 2, l.n. 241/1990, difatti, impone di valutare la legittimità  sostanziale del provvedimento di autotutela ed, in quest’ottica, il ritiro del certificato di destinazione urbanistica rivelatosi erroneo è un atto dovuto, correndo l’obbligo in capo all’Amministrazione di rettificare la rappresentazione distorta della destinazione urbanistica dell’area.
 
2. L’affidamento ingenerato nel privato richiedente dal certificato di destinazione urbanistica recante una attestazione erronea non può impedire all’Amministrazione di provvedere in autotutela rettificando la rappresentazione distorta della destinazione urbanistica dell’area, fatti salvi eventuali risvolti risarcitori di danni derivanti dalla erronea certificazione urbanistica rilasciata.


3. Il provvedimento di annullamento in autotutela di un certificato di destinazione urbanistica erroneo non necessita di approfondita motivazione riguardo alla sussistenza di un interesse pubblico ad esso sotteso poichè tale interesse è in re ipsa.
 
4. Costituisce nuova domanda ed è, perciò, inammissibile, la nuova formulazione dell’istanza risarcitoria contenuta nell’ultima memoria difensiva (non notificata), in cui la responsabilità  del danno lamentato viene imputata non più al ritardo nel rilascio del titolo edilizio o al definitivo diniego, secondo l’originaria prospettazione, bensì all’erronea certificazione della destinazione urbanistica dell’area.

N. 00369/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00162/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 162 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Angelo Dibello e Assunta Uva, rappresentati e difesi dall’avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Pizzoli n.8; 

contro
Comune di Monopoli in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Lorenzo Dibello, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Semeraro in Bari, alla via Dante n. 51; Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Bari, al lungomare Nazario Sauro n.33; Provincia di Bari; 

nei confronti di
Santa Savino, Roberto Carino; 

per l’annullamento
-del provvedimento dirigenziale prot. n. 54971 del 19.11.2008, successivamente pervenuto, avente ad oggetto “annullamento per autotutela del certificato di destinazione urbanistica prot. n. 11180/06 rilasciato il 22 maggio 2006 alla sig.ra Savino Santa”;
-di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale, ancorchè non conosciuto, ivi compreso, ove occorra, la nota 12.6.2008, prot. n. 27321, di comunicazione delle asserite ragioni ostative al rilascio del permesso di costruire, ex art. 10 bis, l. n. 241/90 e la successiva nota 14.10.2008, prot. n. 048219, di avvio del procedimento preordinato all’annullamento del certificato di destinazione urbanistica;
– per l’accertamento
dell’obbligo di provvedere sulla istanza di permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato rurale;
– nonchè per il risarcimento
del danno ingiusto riveniente dal ritardo nella realizzazione dell’intervento costruttivo ovvero dal diniego di realizzazione dell’intervento stesso, nonchè dall’annullamento in autotutela del certificato di destinazione urbanistica allegato all’atto di compravendita del suolo, nella misura che si quantificherà  più puntualmente in corso di causa e che, sin d’ora, si indica in € 40.000, salvo maggiore o minore somma a determinarsi come di giustizia;
e con i primi Motivi Aggiunti:
-della nota prot. n. 11458 del 03.03.2009, di diniego della domanda di permesso di costruire di cui all’istanza presentata dai ricorrenti in data 11.07.2007;
e con i secondi Motivi Aggiunti:
– del Piano Urbanistico Generale del Comune di Monopoli, definitivamente approvato con deliberazione n. 68 in data 22.10.2010, pubblicata sul BURP n. 167 in data 4.11.2010, unitamente a tutti gli elaborati scritto-grafici che lo costituiscono, così come elencati dal punto 1) al punto 147) della delibera stessa;
– in particolare, dell’art. 9/S delle N.T.A., versione aggiornata nelle Conferenze dei servizi, allegata al P.U.G. approvato in data 22.10.2010;
– delle delibere di G.R. n. 1803 in data 30.7.2010 e 2036 in data 20.9.2010 di attestazione della “compatibilità  del P.U.G. del Comune di Monopoli al D.R.A.G. Approvato con DGR n. 1328 del 3 agosto 2007”;
– ove occorra, degli esiti e dei verbali della Conferenza dei servizi aperta in data 24.6.2010 e conclusa in data 23.7.2010 e di quella, successiva, convocata dalla Regione in data 6.9.2010;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente ancorchè non conosciuto, in particolare della deliberazione di C.C. di adozione del P.U.G. n. 110 in data 22.12.2007 e successive integrazioni e modifiche; della delibera n. 51 in data 5.8.2009 di riadozione del P.U.G. in esito alle osservazioni pervenute dai cittadini, del parere tecnico negativo reso dal professionista incaricato dal Comune sull’osservazione della ricorrente in data 15.5.2010;
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli e della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2012 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. V. A. Pappalepore, avv. Lorenzo Di Bello e avv. Mariangela Rosato, su delega dell’avv. Anna Bucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
 

FATTO e DIRITTO
1.- La complessa questione, oggetto del presente giudizio, ruota intorno all’accertamento della destinazione urbanistica dell’area di proprietà  dei ricorrenti, ricadente in agro di Monopoli, contrada Lama di macina, individuato in catasto al foglio 23 mappale 154, secondo lo strumento urbanistico vigente prima dell’adozione del nuovo P.U.G. (ossia secondo la variante al P.R.G. approvata con D.R. n.722 del 24.8.1977); quest’ultimo oggetto di gravame unitamente a numerosi altri atti, come si dirà  meglio tra breve.
Più precisamente, la vicenda in punto di fatto trae origine dal rilascio di un certificato di destinazione urbanistica da parte dell’Amministrazione comunale in data 22.5.2006, attestante una certa edificabilità  dell’area in parola in quanto classificata “zona rurale”, soggetta alle previsioni dell’art.17 delle vecchie N.T.A.; certificato sulla scorta del quale gli odierni ricorrenti avevano acquistato l’area stessa. Risulta infatti allegato all’atto di compravendita a rogito del notaio Roberto Carino del 25.9.2006, rep. n.115833 – racc. 32235, registrato a Bari il 2.10.2006.
Il contenzioso ha preso le mosse dall’annullamento in autotutela di tale certificato da parte dell’Amministrazione comunale, giusta provvedimento dirigenziale prot. n.54971 del 19.11.2008, sul presupposto che fosse stato commesso un errore nell’indicazione della destinazione urbanistica dell’area, da classificarsi quale “zona vincolata” già  nell’originario strumento urbanistico e, pertanto, soggetta alle previsioni dell’art.25 (e non già  all’art.17) delle relative N.T.A..
Conseguenza di tale ritiro del certificato e del presupposto accertamento era stato il preavviso di rigetto della richiesta di permesso di costruire, nelle more avanzata dagli interessati.
Il ricorso introduttivo risulta infatti diretto a censurare l’atto di autotutela, il presupposto avvio del relativo procedimento e il conseguente preavviso di rigetto. Con lo stesso atto, i ricorrenti chiedevano altresì il risarcimento del danno ingiusto riveniente dal ritardo nel rilascio del titolo autorizzatorio, ovvero dall’eventuale diniego del titolo nonchè dall’annullamento in autotutela del certificato di destinazione urbanistica.
Nelle more della definizione del giudizio, pervenivano due ulteriori atti decisori avverso i quali i ricorrenti proponevano -rispettivamente- i primi e i secondi motivi aggiunti: il diniego del permesso di costruire (nota prot. n.54971 del 19.11.2008) e l’approvazione del nuovo strumento urbanistico generale (con deliberazione di C.C. n.68 del 22.10.2010 all’esito di un complesso iter procedurale).
In particolare i secondi motivi aggiunti sono stati altresì diretti a censurare alcuni atti comunali e regionali adottati all’interno del procedimento di approvazione del nuovo PUG (adozione dello stesso, esiti della Conferenza di servizi convocata per risolvere alcune criticità  e attestazione regionale della compatibilità  del nuovo strumento urbanistico con il D.R.A.G.).
Si sono costituite in giudizio sia l’Amministrazione comunale che quella regionale chiedendo la reiezione del gravame.
Con ordinanza istruttoria di questa Sezione n.1381/2012 è stata disposta verificazione, onde accertare l’originaria destinazione dell’area per cui è causa secondo la variante al P.R.G. approvata con D.R. n.722 del 24.8.1977 (zona rurale ex art.17 ovvero zona vincolata ex art.25 delle relative N.T.A.) e se la stessa risultasse interessata da vincoli di qualsiasi genere, in particolare imposti dal P.U.T.T. ovvero dal P.A.I..
In data 19.10.2012, il tecnico incaricato ha depositato la relazione istruttoria e, anche alla luce delle controdeduzione delle parti costituite, all’udienza del 13.12.2012, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.- Orbene, gli esiti dei disposti accertamenti istruttori determinano il travolgimento, a cascata, di tutte le censure proposte dai ricorrenti avverso gli atti impugnati.
Il verificatore ha infatti accertato che: a) l’area era già  vincolata nella variante al P.R.G. risalente al 1977; b) è altresì oggetto di vincolo di P.U.T.T.; c) non risulta invece vincolata nel P.A.I., sebbene nella carta idrogeologica della Puglia, elaborata nel 2009, appare interessata da “reticolo-corso d’acqua episodico” e da “ripe di erosione fluviale”, entrambi sottoposti alle specifiche N.T.A. del P.A.I..
Prima però di esaminare la questione nel merito, è opportuno chiarire, in via preliminare, che ogni questione circa l’ammissibilità  del gravame proposto avverso il preavviso di rigetto della richiesta del permesso di costruire (con il ricorso introduttivo), risulta superata dalla sopravvenienza del diniego vero e proprio, oggetto di impugnazione -come detto- con i primi motivi aggiunti.
2.1.- Analizziamo quindi in dettaglio le censure proposte.
2.1.1.- Quanto ai rilievi mossi nel ricorso introduttivo avverso il preavviso di rigetto (ultimo motivo), gli stessi appaiono superati dai primi motivi aggiunti avverso il sopravvenuto diniego; si rivelano, pertanto, improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse.
Diversamente, il primo motivo (a carattere procedimentale) e la prima parte del secondo motivo, che si muove pur sempre su di un piano formale (inammissibilità  dell’autotutela avverso i certificati in quanto non qualificabili atti amministrativi), sono destinati a recedere -ai sensi e per gli effetti dell’art.21 octies, comma 2°, della legge n.241/90- a fronte della legittimità  sostanziale dell’impugnato atto di autotutela.
Infatti il ritiro del certificato di destinazione urbanistica rivelatosi erroneo, a prescindere da come lo si voglia qualificare, si configura quale atto dovuto, correndo l’obbligo in capo all’Amministrazione di rettificare la distorta rappresentazione della destinazione urbanistica dell’area, non coincidente con le risultanze dello strumento urbanistico, proprio a tutela dell’affidamento che parte ricorrente invoca invece a sostegno dell’illegittimità  dell’atto di ritiro.
L’affidamento ingenerato nei ricorrenti dal certificato di destinazione urbanistica recante l’attestazione erronea, potrà  al più trovare tutela in sede risarcitoria, ove se ne siano verificati i presupposti.
Di qui anche l’infondatezza dello stesso secondo motivo liddove diretto a censurare l’atto di ritiro nella parte in cui non sarebbe sorretto dall’esplicitazione del pubblico interesse (che è invece in re ipsa) e comporterebbe la violazione del legittimo affidamento degli interessati.
Con il terzo motivo, infine, parte ricorrente lamenta sostanzialmente il difetto di istruttoria sul quale riposerebbe l’atto di autotutela gravato, non avendo la p.A. condotto gli approfondimenti necessari a verificare l’assenza degli asseriti vincoli sull’area in questione.
E’ appena il caso di ribadire in proposito che a conclusioni difformi conducono gli esiti dei disposti accertamenti istruttori; sicchè anche questo motivo, alla luce delle predette conclusioni, si rivela infondato e non può trovare accoglimento.
2.1.2.- Tralasciando per il momento l’azione risarcitoria, veniamo ai primi motivi aggiunti.
Questi ripropongono la questione del difetto di istruttoria in relazione al sopravvenuto “convincimento” che l’area fosse già  oggetto di vincolo di inedificabilità  assoluta nella variante al P.R.G. del 1977; di qui tutta l’impalcatura delle censure contro l’atto di adozione del nuovo strumento urbanistico (che non avrebbe tenuto conto dell’erroneità  del convincimento di essere in presenza di un’area vincolata), contro la posizione assunta dall’Amministrazione comunale a fronte delle osservazioni degli interessati (fondata sullo stesso travisamento) e, infine, la dedotta contraddittorietà  tra la precedente autorizzazione paesaggistica e il successivo diniego di permesso di costruire.
Siffatte censure e quelle, pure dedotte, di illegittimità  derivata dall’illegittimità  del ritiro del certificato di destinazione urbanistica, vengono evidentemente travolte dall’accertamento in punto di fatto cui il verificatore è pervenuto, sostanzialmente non contestato neanche da parte ricorrente (che, invero, nell’ultima memoria si concentra sull’azione risarcitoria), secondo cui l’area de qua ricade sin dall’origine in “zona vincolata”, a dispetto dell’erronee attestazioni del certificato di destinazione urbanistica rettificato.
2.1.3.- Stesso ragionamento deve valere per le censure articolate con i terzi motivi aggiunti, dirette a contestare la nuova disciplina urbanistica generale ma pur sempre incentrate sull’assunto che l’area in questione fosse estranea a qualsiasi vincolo di inedificabilità . Il nuovo strumento urbanistico ha inserito l’area di proprietà  dei ricorrenti tra le “invarianti strutturali a prevalente valore paesistico-ambientale” di cui all’art.9/S lett.c), NTA, in quanto coincidenti con l’area di pertinenza di una lama.
Nella prospettiva di parte ricorrente, il pianificatore comunale non si sarebbe valso della facoltà  discrezionale di modificare la destinazione urbanistica del lotto, per garantire un migliore equilibrio ambientale e la vivibilità  del contesto territoriale di riferimento, ma avrebbe espressamente inteso introdurre, con riferimento a categorie generali di beni, solo potenzialmente rilevanti sul piano paesistico-ambientale, un vincolo estraneo alla disciplina di settore, in assenza di motivazioni specifiche.
In realtà  è doppiamente erroneo il presupposto su cui tali considerazioni si fondano: è emerso dagli accertamenti istruttori eseguiti nel presente giudizio che l’area in questione era già  priva di vocazione edificatoria nel vecchio strumento urbanistico, poichè zona vincolata ex art.25 delle relative N.T.A. (aree destinate alla protezione dei beni ecologici, ambientali e culturali) sicchè il pianificatore non ha modificato alcuna destinazione urbanistica; nè ha imposto un vincolo non previsto nel P.U.T.T. che, invero, include l’area de qua in ambito territoriale di valore distinguibile “C”. Inoltre è emerso, sempre a seguito dei predetti accertamenti, che l’area stessa, pur non essendo soggetta a vincolo del P.A.I., non si caratterizza -come parte ricorrente pretenderebbe- per l’assoluta mancanza di pericolosità  idrogeologica.
La stessa perizia esibita da parte ricorrente sembrerebbe, peraltro, non escludere l’esistenza -in concreto- di una lama sull’area in questione, limitandosi in effetti a riportare le risultanze cartografiche.
Infine, venendo all’ultima censura afferente la mancata acquisizione preventiva dei previsti pareri endoprocedimentali, va rimarcato che gli stessi sono intervenuti nel corso della conferenza di servizi ex art.11, comma 9, l.r. n.20/2001 e che da questa sono stati recepiti, con conseguente adeguamento delle previsioni dello strumento urbanistico (la circostanza è attestata dalla DGR n.1803/2010).
Le dedotte irregolarità  procedimentali sono pertanto inidonee a compromettere la legittimità  del procedimento di pianificazione
Anche gli ultimi motivi aggiunti appaiono, dunque, destituiti di fondamento.
3.- Non resta che da esaminare l’azione risarcitoria proposta con il ricorso introduttivo, sulla quale si concentra la stessa difesa di parte ricorrente nelle ultime deduzioni (cfr. memoria depositata il 12.11.2012).
Nell’originaria prospettazione, il danno lamentato era ricollegato -in via alternativa- al ritardo nel rilascio del titolo autorizzatorio, all’eventuale diniego del titolo ovvero all’illegittimo annullamento in autotutela del certificato di destinazione urbanistica attestante una certa suscettività  edificatoria dell’area in questione. Diversamente, nell’ultima richiamata memoria, è stato ricondotto -invertendo la prospettiva- all’erronea attestazione della destinazione urbanistica dell’area per cui è causa (“zona 9 rurale A” anzichè “area vincolata” ex art.25 delle vecchie N.T.A.) da parte dei dipendenti addetti; e, dunque, sostanzialmente al comportamento dei dipendenti stessi contrario al dovere di diligenza e correttezza.
Orbene, ove parte ricorrente avesse ancora interesse alla richiesta di risarcimento nella formulazione originaria nonostante le ultime deduzioni, la stessa andrebbe respinta per insussistenza di uno dei presupposti imprescindibili ai fini della configurabilità  dell’illecito aquiliano: l’ingiustizia del danno. Ed invero -si ribadisce ancora una volta- è emerso all’esito dell’istruttoria che ab origine l’area in questione era soggetta a vincolo, sicchè la stessa non ha mai espresso una suscettività  edificatoria.
Quanto invece alla successiva meno risalente formulazione dell’istanza, pur in disparte i condivisibili dubbi sulla giurisdizione di questo Tribunale rispetto ad una domanda risarcitoria circoscritta a danni prodotti da attività  amministrativa non autoritativa, la più recente prospettazione introduce nel thema decidendum una nuova domanda che, poichè non contenuta in atto notificato, non supera il vaglio dell’ammissibilità .
4.- In sintesi, il ricorso va in parte dichiarato improcedibile, in parte inammissibile e per il resto respinto poichè infondato. Sussistono tuttavia giusti motivi per la compensazione delle spese di causa, atteso che l’errore nell’indicazione della destinazione dell’area in danno di parte ricorrente è emerso soltanto in corso di causa.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile, in parte inammissibile e, per il resto, lo respinge, nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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