1) Procedimento amministrativo – Partecipazione – Omesso avviso di avvio del procedimento – Illegittimità  – Esclusione – Condizioni


2) Commercio, industria, turismo – Abilitazione –  Consulenti chimici del porto ex art. 68 del codice della navigazione – Iscrizione nell’apposito registro – Necessità  – Violazione dei principi del Trattato FUE – Non sussiste – Ragioni

1) Dev’essere radicalmente esclusa la illegittimità  di un provvedimento che incida negativamente sugli interessi del privato e che non sia stato preceduto dall’avviso di avvio del procedimento ove sussista anche una delle seguenti condizioni: che vi sia comunque stata un’interlocuzione con lo stesso interessato in epoca precedente all’emanazione del provvedimento, che si tratti di un provvedimento del tutto vincolato ovvero  che l’esito non avrebbe potuto essere diverso ex art. 21-octies, II co., I parte, L.n. 241/1990.


2) L’istituzione del registro dei consulenti chimici del porto, essendo espressione  di esigenze imperative di tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro, è conforme all’ordinamento comunitario e, anzitutto, non contrasta con i principi di libertà  di stabilimento e di prestazione dei servizi sanciti dal Trattato FUE, giustificandosi, in tal caso, una deroga ai suddetti principi comunitari.
*
Vedi Cons. St., sez. IV, sentenza 26 agosto 2014, n. 4298 – 2014; ric. n. 7777 – 2013

N. 00351/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01259/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1259 del 2011, proposto da: 
Angelo Carella, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Pellegrino, con domicilio eletto presso Maurizio Di Cagno in Bari, via Nicolai, 43; 

contro
Autorita’ Portuale del Levante di Bari, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distr.le Stato di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97; 

nei confronti di
Leonardo Nota; 

per l’annullamento
– della nota 06.06.11 n. 5252, con cui l’Autorità  Portuale del Levante (Bari) ha esplicitato le ragioni per cui ha ritenuto di non iscrivere il ricorrente nella “Sezione Consulenti Chimici di Porto” istituita con decorrenza 03.02.2011 nell’ambito del registro di cui al secondo comma dell’art. 68 cod. nav.;
– di ogni altro atto presupposto connesso e/o consequenziale, tra cui la determinazione di rifiuto di iscrizione e la presupposta nota 21.01.2011 n. 886 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
e per il risarcimento del danno;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorità  Portuale del Levante di Bari e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Giovanni Pellegrino e Massimo Manzari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
1. àˆ impugnata la nota in epigrafe, con la quale l’Autorità  Portuale del Levante ha disposto l’iscrizione del ricorrente nel registro ex art. 68 cod. nav, sez. gen, per svolgere nei porti di Bari e Barletta l’attività  di chimico di porto, e non di consulente chimico del porto, come invece richiesto dal ricorrente.
A fondamento del proprio ricorso, il ricorrente ha dedotto i seguenti profili di legittimità : violazione e falsa applicazione della circ. min. n. 1160 del 10.12.1999, nonchè dell’ordinanza dell’Autorità  Portuale del Levante n. 2/10; violazione degli artt. 7 e 21 nonies l. n. 241/90; eccesso di potere per sviamento, disparità  di trattamento, errore, contraddittorietà .
Nella camera di consiglio del 22.9.2011 è stata rigettata l’istanza di tutela cautelare.
Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5476/11, ha rigettato l’appello cautelare.
All’udienza del 7.2.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Il ricorso è infondato, e deve pertanto essere rigettato.
2.1. In considerazione della crescente rilevanza assunta dai consulenti chimici del porto, tenuto conto sia della normativa in tema di merci pericolose, e sia del d. lgs. n. 272/99, dettato in tema di sicurezza del lavoro in ambito portuale, il Ministero dei Trasporti e della Navigazione ha emanato in data 10.12.1999 apposita circolare (n. 1160/99) contenente la disciplina dell’attività  di detta speciale categoria di consulenti. In particolare, ai sensi dell’art. 1 di tale circolare, i consulenti chimici del porto sono soggetti alla previa iscrizione nell’apposito registro istituito ai sensi dell’art. 68 cod. nav. Tale iscrizione postula, tra l’altro: a) il compimento del tirocinio pratico di un anno presso un consulente chimico del porto in attività  (art. 1 lett. c); b) il superamento della prova teorica (art. 1 lett. d); c) la capacità  fisica a svolgere l’attività  (art. 1 lett. e).
2.2. Ciò premesso, rileva il Collegio che tali requisiti – e in specie quelli relativi al superamento della prova teorica e al tirocinio pratico, – pacificamente non sono posseduti dal ricorrente, il quale ha dedotto unicamente la sua asserita iscrizione, dal 7.5.2010 al 3.2.2011, nell’apposito registro dei consulenti chimici del porto. Per tali ragioni, ad avviso del ricorrente troverebbe applicazione l’art. 3 dell’ordinanza dell’Autorità  Portuale (AP) del Levante n. 2/10, la quale, in sede di prima applicazione, e per i soli porti rientranti nella circoscrizione di competenza dell’AP, costituisce titolo valido sostitutivo del tirocinio e del superamento della prova teorica richiesti dal suddetto art. 1 lett. c) e d) Circ. n. 1160/99 cit.
Ne discenderebbe, ad avviso del ricorrente, che la sua successiva iscrizione, per l’anno 2011, nella sezione generale del registro ex art. 68 c. nav, quale semplice chimico di porto (in luogo di consulente chimico del porto) sarebbe da considerarsi illegittima, sia in quanto adottata in violazione della normativa in tema di partecipazione procedimentale (artt. 7 ss. l. n. 241/90), nonchè di annullamento d’ufficio (art. 21 nonies l. n. 241/90), e sia in quanto concretante ingiustificata disparità  di trattamento nei confronti di altro professionista – tale ing. Nota – il quale sarebbe stato iscritto nel registro dei consulenti chimici del porto nonostante si trovi nella medesima situazione di esso ricorrente.
Tali assunti sono giuridicamente infondati.
2.3. Contrariamente all’assunto di parte ricorrente, emerge dalla documentazione in atti (cfr. certificato AP del Levante 7.5.2010, doc. 11 del fascicolo di parte ricorrente; cfr. altresì domanda del ricorrente del 19.3.2010, allegata al fascicolo di parte resistente) che il dr. Carella è stato iscritto nell’elenco degli esercenti attività  di chimico di porto, e non già , invece, di consulente chimico del porto. Tale rilievo esclude pertanto recisamente che il ricorrente abbia maturato il possesso dei requisiti derogatori previsti dall’ordinanza AP n. 2/10, id est la non necessità  della prova teorica e del tirocinio.
Tale circostanza emerge altresì dalla documentazione allegata dall’amministrazione resistente (cfr. documenti sub 7 e ss; in particolare, cfr. domanda del 19.3.2010), da cui si evince che sino al dicembre 2010 lo stesso ricorrente ha comunicato, ai fini del rinnovo di iscrizione, il proseguimento dell’attività  di perito chimico di porto, mentre solo con nota 23.12.2010 egli ha per la prima volta dichiarato lo svolgimento dell’attività  di consulente chimico del porto.
Inoltre, con nota 22.12.2010 l’Ufficio Marittimo del Porto di Barletta (presso il cui albo il dr. Carella è stato in precedenza iscritto) ha comunicato alle AA.PP. di Taranto e del Levante che: “il Carella non ha ¦ mai sostenuto presso questo Ufficio l’esame per ottenere l’iscrizione nei registri dell’art. 68 cod. nav. in qualità  di consulente chimico di porto. Tuttavia, nel momento del trasferimento della pratica ¦ all’Autorità  Portuale del Levante di Bari ¦ per mero errore materiale riveniente da una errata annotazione nel registro il Carella veniva indicato a quell’Autorità  Portuale tra i consulenti chimici di porto. Pertanto, correttamente l’iscrizione del dott. Carella nei registri ex art. 68 doveva avvenire quale perito chimico e non già  quale consulente chimico di porto”.
2.4. Alla luce di tali emergenze documentali, costituisce pertanto circostanza del tutto pacifica sia l’insussistenza, in capo al ricorrente, della qualifica di consulente chimico del porto, e sia – e in via consequenziale – l’iscrizione al relativo albo (se non per breve periodo, e per mero errore materiale), sicchè la relativa attività  non è giammai da lui stata sostenuta in via di diritto, ma al più in via di mero fatto.
3. Tenuto conto di tali emergenze documentali, può ora passarsi, nello specifico, all’esame dei vari profili di censura dedotti dal ricorrente, principiando da quello relativo all’asserita violazione della previsione di cui all’art. 7 l. n. 241/90.
Il motivo è infondato.
3.1. Sotto un primo profilo, gli istituti di partecipazione procedimentale, per quanto ispirati ad evidenti esigenze di trasparenza e democraticità  dell’azione amministrativa – corollari, a loro volta, dei principi di buon andamento e imparzialità  della stessa (art. 97 Cost.) – non godono di applicazione indiscriminata, potendo risultare recessivi rispetto ad altre esigenze, del pari dotate di analogo rilievo costituzionale. Così, sotto un primo profilo, la novella di cui alla l. n. 15/05 ha inciso, tra l’altro, sui c.d. vizi non invalidanti (art. 21 octies l. n. 241/90), escludendo l’annullabilità  del provvedimento affetto da vizi formali, quante volte la sua natura vincolata sia tale da escludere che il contenuto del relativo provvedimento avrebbe potuto essere differente.
Si è in tal modo inteso codificare una diffusa prassi giurisprudenziale, tesa ad escludere la declaratoria di annullamento dell’atto, tutte le volte in cui la disciplina sostanziale della funzione, di cui l’atto è espressione formale, non privi l’amministrazione del potere – e in certi casi del dovere – di emettere un nuovo atto, di contenuto analogo a quello affetto dai (rilevati) vizi formali.
Ciò detto in termini generali, non va poi trascurato che, in uno alle eccezioni all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento codificate dall’art. 7 l. n. 241/90, e ribadite – in punto di annullabilità  del relativo atto – dall’art. 21octies l. n. 241/90, la giurisprudenza ha da tempo elaborato ulteriori ipotesi in cui un obbligo siffatto non può dirsi sussistente. Così, ad es, si è esclusa la sussistenza di detto obbligo nel caso di provvedimenti ad istanza di parte, ovvero di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica del privato, o ancora nei casi in cui il provvedimento scaturisca, in chiave di derivazione procedimentale, da un pregresso atto emesso all’esito di un iter che abbia visto la partecipazione del privato (es. l’ordine di demolizione, emesso all’esito di quello di sospensione dei lavori, del cui avvio cui il privato sia stato legalmente notiziato).
Infine, la natura non invalidante del vizio va affermata non soltanto in caso di violazioni di ordine formale, quante volte la sua natura vincolata sia tale da escludere che il contenuto del relativo provvedimento avrebbe potuto essere differente (art. 21 octies, 2° co, prima parte), ma anche nel caso in cui, pur in presenza di atti discrezionali, l’adottato provvedimento non avrebbe, comunque, potuto essere differente (art. 21 octies, 2° co, seconda parte). Si privilegia, sotto questo aspetto, una visione dei rapporti tra le parti fondata non soltanto sull’atto, ma anche sul rapporto sottostante, e che giunge a ritenere irrilevanti gli accertati vizi di natura formale, ove ininfluenti sul bene della vita richiesto dall’istante, e di cui si sia accertata la non spettanza giuridica.
3.2. Venendo ora al caso di specie, il dedotto vizio di partecipazione procedimentale risulta infondato sotto un triplice profilo. Invero, in primo luogo, l’AP del Levante ha inviato al ricorrente nota prot. n. 10636 del 31.12.2010 (cfr. doc. 13 allegato al fascicolo di parte resistente), mettendolo al corrente dell’insussistenza dei requisiti (esame teorico, tirocinio) necessari al fine dell’iscrizione del registro speciale dei consulenti chimici del porto, e invitandolo quindi a controdedurre sul punto. La qual cosa il ricorrente ha fatto con nota 17.1.2011 (cfr. doc. 14 allegato al fascicolo di parte resistente), di replica ai suddetti rilievi.
Orbene, alla luce di tale carteggio epistolare, è di tutta evidenza l’infondatezza del dedotto profilo di doglianza, essendo l’impugnato provvedimento emesso all’esito di un iter che ha visto la fattiva partecipazione del ricorrente, ritualmente compulsato nel relativo procedimento.
3.3. In secondo luogo, e ad abundantiam, rileva il Collegio che, in difetto dei requisiti specifici previsti dalla Circ. n. 1160/99, in toto recepita dall’AP del Levante, l’iscrizione del ricorrente nel registro dei chimici di porto, piuttosto che in quello dei consulenti chimici del porto, costituiva atto vincolato, essendosi la discrezionalità  amministrativa consumata a monte, mercè previsione delle suddette direttive. Pertanto, in presenza di un atto di autovincolo della p.a. (la suddetta Circ. n. 1160/99), il successivo atto attuativo adottato dall’AP del Levante si qualifica in termini di atto vincolato quanto al suo contenuto precettivo, ond’è che in alcun modo può predicarsi la violazione del diritto di partecipazione procedimentale scolpito dall’art. 7 l. n. 241/90, trattandosi di vizio non invalidante, a termini dell’art. 21 octies, 2° co, 1° parte, l. n. 241/90.
3.4. In terzo luogo – e ferma restando l’assorbenza dei rilievi di cui sopra – rileva il Collegio che la totale infondatezza, nel merito, delle ragioni di doglianza espresse dal ricorrente (non essendo egli mai stato iscritto – se non in via temporanea, e per mero errore materiale – nel registro dei consulenti chimici del porto), rende evidente la natura non invalidante del dedotto vizio di partecipazione procedimentale, ai sensi dell’art. 21 octies, 2° co, 2° parte l. proc. amm, atteso che quand’anche egli fosse stato compulsato nel relativo procedimento (la qual cosa è peraltro puntualmente avvenuta, stante quanto sopra detto), il relativo provvedimento finale avrebbe avuto identico tenore contenutistico, non spettando al ricorrente la posizione giuridica sostanziale (id est: il bene della vita, rappresentato dal diritto all’iscrizione nell’albo dei consulenti chimici del porto) azionata dapprima in sede amministrativa, e indi in quella giurisdizionale.
3.5. Alla luce del triplice ordine di rilievi sopra tratteggiato, il relativo motivo di gravame è infondato.
Ne consegue il suo rigetto.
4. Con il secondo motivo di censura, deduce il ricorrente la violazione della previsione di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/90, per non avere l’amministrazione in alcun modo valutato la preponderanza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto originario – atto rappresentato, a detta del ricorrente, da quello in forza del quale egli sarebbe stato iscritto, nel periodo 7.5.2010/3.2.2011, nell’albo dei consulenti chimici del porto – rispetto all’interesse del privato ricorrente al mantenimento dell’originaria posizione giuridica.
La censura è priva di fondamento, per un triplice ordine di ragioni.
4.1. In primo luogo, si è già  detto (cfr. supra, punto 2.3) che, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, quest’ultimo è stato iscritto, nel periodo da lui considerato (7.5.2010/3.2.2011), nell’elenco degli esercenti attività  di chimico di porto, e non già , invece, di quello di consulente chimico del porto (salvo il breve periodo nel quale, per mero errore materiale dovuto alla migrazione dei dati dal porto di Barletta a quello del Levante, egli è stato erroneamente iscritto dalla CP di Barletta all’interno della categoria dei consulenti chimici del porto). Già  sotto tale profilo, pertanto, va esclusa la sussistenza di un pregresso atto, del quale l’amministrazione avrebbe dovuto tener conto nell’esercizio dell’asserito potere di autotutela.
4.2. In secondo luogo, e ad abundantiam, la precisazione dell’Ufficio Portuale di Barletta, secondo cui “per mero errore materiale riveniente da una errata annotazione nel registro il Carella veniva indicato a quell’Autorità  Portuale tra i consulenti chimici di porto”, consente di affermare che l’iscrizione (corretta) del ricorrente, per l’anno 2011, all’interno della categoria dei chimici di porto, piuttosto che in quella (erronea) dei consulenti chimici del porto, è avvenuta nell’ambito non già  del generale potere di annullamento d’ufficio codificato dall’art. 21 nonies l. n. 241/90, sibbene di quello, più limitato, di semplice rettifica di dati (un tempo) errati.
Pertanto, del tutto inconferente deve reputarsi il riferimento ai requisiti normativi (art. 21 nonies l. proc. amm.) legittimanti l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, versandosi al di fuori di detta fattispecie provvedimentale, e avendo l’amministrazione portuale del Levante operato una semplice rettifica di dati riportati in maniera errata.
4.3. Da ultimo – e per mere ragioni di completezza espositiva, rivestendo i rilievi di cui sopra carattere assorbente – rileva il Collegio che, quand’anche si volesse inquadrare l’impugnato provvedimento nell’ambito dei provvedimenti di secondo grado, in funzione di autotutela d’ufficio (il che, però, non è, alla luce dei due rilievi testè esposti), sarebbe comunque fatto salvo il requisito normativo della preponderanza dell’interesse pubblico su quello privato, atteso che l’interesse pubblico alla salute e sicurezza in ambito portuale (che la prova teorica e il tirocinio pratico mirano a garantire) deve considerarsi di gran lunga prevalente sull’interesse del ricorrente all’espletamento dell’attività  di consulente chimico del porto.
Va da sè, che, aderendo alla tesi dell’annullamento d’ufficio (la qual cosa non è, alla luce di quanto sopra detto), sarebbe esclusa la portata invalidante del relativo difetto di partecipazione procedimentale, alla luce dei rilievi sopra esposti (cfr. supra, 3.1 e 3.2).
4.4. Naturalmente, la finalizzazione della prova teorica e del tirocinio pratico al perseguimento dell’interesse pubblico alla sicurezza in ambito portuale consente senz’altro di scrutinare in termini positivi la compatibilità  costituzionale e comunitaria dell’attuale sistema dei registri ex art. 68 cod. nav. con le libertà  di stabilimento e di prestazione dei servizi sanciti dal Trattato FUE. Ciò in quanto nel caso di specie vengono in rilievo esigenze imperative di tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro, che giustificano ampiamente una deroga ai suddetti principi comunitari (in punto di legittimità  di deroghe ai diritti sanciti dal Trattato FUE in presenza di esigenze imperative di carattere generale, cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 20.2.1979, causa Cassis de Dijon). Il tutto tenuto conto che la previsione di un albo dei consulenti chimici del porto deve ritenersi, per il modo in cui si atteggia – libera iscrizione da parte di tutti i soggetti, previa verifica di idoneità  fisico-attitudinale degli aspiranti; assenza di discriminazioni di sorta nei confronti di chicchessia – misura del tutto idonea e proporzionata rispetto al fine da raggiungere.
4.5. Alla luce di tali considerazioni, va rigettato il secondo motivo di gravame.
5. Infine, va rigettato l’ultimo profilo di doglianza, attinente alla presunta disparità  di trattamento attuata dall’amministrazione nei confronti del ricorrente, al quale solo – e non anche a tale ing. Nota – sarebbe stata negata l’iscrizione all’albo dei consulenti chimici del porto. Sul punto, è sufficiente osservare che, quand’anche tale asserita disparità  fosse dimostrata (ciò che non è avvenuto nel caso di specie), ciò comporterebbe al più l’illegittimità  della permanenza di iscrizione all’albo da parte di tale ing. Nota, ma non anche l’illegittimità  del diniego di iscrizione nei confronti del ricorrente. Diniego che, alla luce dell’insussistenza, in capo al dott. Carella, dei relativi requisiti di idoneità  (prova teorica; tirocinio), va senz’altro ritenuto legittimo.
6. Conclusivamente, il ricorso è infondato.
Ne consegue il suo rigetto, con ovvio rigetto dell’ulteriore domanda risarcitoria proposta dal ricorrente.
7. Ricorrono giusti motivi, rappresentati dalla complessità  delle questioni affrontate, per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Rosalba Giansante, Referendario
Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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