Risarcimento del danno –  Condanna generica – Domanda di quantificazione del danno –  Principio di effettività  della tutela – Conversione della domanda – Necessità 

Per le domande di quantificazione del danno derivanti da precedenti pronunce di condanna generica dell’amministrazione e proposte dopo il 15 settembre 2000 (termine decadenziale previsto dall’art. 69 comma 7 del D. Lgs. 165/2001 per il deferimento di tutte le controversie attinenti il rapporto di lavoro al giudice ordinario) il principio di effettività  della tutela impone che esse siano convertite dal  giudice, ai sensi dell’art. 32, comma 2, del c.p.a., in giudizio di ottemperanza della pronuncia di condanna generica instaurata prima del predetto termine del 15 settembre 2000 (la domanda di quantificazione del danno è stata proposta nel 2010, dopo l’entrata in vigore del c.p.a. –  che ad essa deve, pertanto, ritenersi applicabile – in quanto derivante da un precedente regolamento di giurisdizione: Cass. sent. n. 16194/2010). 
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Vedi Cons. St., sez. VI, sentenza 20 dicembre 2013, n. 6159 – 2013; ric. n. 4632 – 2013
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N. 00297/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01529/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1529 del 2010, proposto da: 
Mario Quaranta, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Lorusso, con domicilio eletto presso Piero Lorusso in Bari, via P. Amedeo, n.234; 

contro
Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Angelo R. Schiano e Lucio Riccardi, con domicilio eletto presso Angelo R. Schiano in Bari, piazza Umberto n.32; 

per la condanna al pagamento di competenze retributive pretese in virtù della sentenza di condanna generica del tar puglia – bari- n. 789/99
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2013 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Nicolò Mastropasqua, su delega dell’avv. P. Lorusso e avv. Elda Pianese, su delega dell’avv. L. Riccardi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espone in fatto il ricorrente, che il giudizio proviene da un lungo iter processuale iniziato con una azione dinanzi al Tar di condanna generica al pagamento dei compensi spettanti, accolta, per come riferisce parte ricorrente nel ricorso, con sentenza di questo Tar di condanna generica, n.789/99.
Il ricorrente ha successivamente adito questo stesso Tar per l’ottemperanza alla citata sentenza, ma il Giudice ha declinato la propria giurisdizione con sentenza n.2512/2003, sul dirimente rilievo che il soggetto nei cui confronti si agiva in ottemperanza aveva perso la propria personalità  di diritto pubblico, in ragione della intervenuta privatizzazione, con conseguente inammissibilità  del giudizio di ottemperanza.
Ha, pertanto, adito il Giudice del lavoro (con procedimento monitorio da cui è scaturita un’opposizione del debitore, respinta in primo grado) per ottenere la liquidazione di quanto dovuto, ma, in sede di appello sull’opposizione, la Corte d’Appello ha declinato la propria giurisdizione, ritenendola del G.A.
Proposto ricorso per Cassazione, la Suprema Corte, con decisione n.16194/2010, ha confermato la giurisdizione del G.A. sul presupposto che ” avendo il Tar Puglia, con la sentenza del 1999, affermato la propria giurisdizione e deciso il merito della causa con condanna generica al pagamento dei compensi spettanti, la giurisdizione AGA resta ferma anche per il successivo giudizio concernente la quantificazione.”
Con il presente ricorso (proposto come ordinario giudizio di cognizione) il ricorrente chiede, pertanto, la liquidazione di quanto dovuto e accertato con condanna generica di cui alla sentenza n.789/1999.
La difesa delle Ferrovie si incentra in primo luogo su di un’eccezione processuale.
La parte rappresenta l’intervenuta inammissibilità  del ricorso per intervenuta decadenza, essendo la controversia inerente pubblico impiego ormai privatizzato proposta (pur a considerare la data di instaurazione del giudizio monitorio dinanzi al G.L . 30.7.2003), dopo il previsto termine del 15.9.2000.
L’eccezione di parte resistente, sarebbe fondata, se non soccorresse il principio di riqualificazione e conversione della domanda di cui all’art. 32, co 2, c.p.a.
Se la domanda potesse considerarsi solo quale domanda di condanna alla quantificazione di un titolo di condanna generica (per come chiarito dalla sentenza della Suprema Corte già  citata), dovrebbe rilevarsi che, anche a considerare come data iniziale di proposizione del ricorso quella del ricorso in ottemperanza dinanzi al Tar, non potrebbe che rilevarsi che esso risulta notificato e depositato nel 2003, quando cioè il termine decadenziale – di cui all’art. 69, co 7, d.lgs. 165/2001 – del 15 settembre 2000, era ormai decorso.(v. art. 69, co 7, d.lgs cit.: “Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’art. 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000.”).
Si sarebbe, per ciò, verificata la decadenza prevista dalla legge.
Non può però rilevarsi che una conclusione di tal fatta determinerebbe un vuoto di tutela per il ricorrente, in quanto, la sentenza di condanna generica a sè favorevole, non troverebbe possibilità  alcuna di esecuzione, venendo a mancare lo strumento processuale per la liquidazione del credito riconosciuto in termini solo generici.
Siffatta conclusione urterebbe quindi, con il principio di effettività  della tutela e con un’interpretazione costituzionalmente orientata della fattispecie processuale oggetto di controversia.
Al Collegio si impone, pertanto, di verificare se vi siano altri strumenti processuali percorribili (diversi dalla qualificazione della domanda come azione di cognizione per la liquidazione di una condanna generica) che consentano di assicurare piena effettività  al ricorrente.
Tale strumento è senz’altro rappresentato dal giudizio di ottemperanza ex art. 112 c.p.a (il richiamo alla norma codicistica sopravvenuta non è casuale).
La qualificazione nei termini suddetti non incontra il limite del pregresso giudicato rappresentato dalla sentenza di questo Tar del 2003, con cui è stato dichiarato inammissibile il giudizio di ottemperanza per le ragioni innanzi esposte.
Infatti, la giurisprudenza all’epoca pacifica, fondata sul dato normativo vigente ratione temporis, che individuava nella (sopravvenuta) natura privata della parte condannata un limite all’ammissibilità  del giudizio esecutivo, risulta superata alla luce della novella normativa contenuta nel codice del processo.
Sul punto si ritiene opportuno rinviare al recente orientamento espresso da questo stesso Tar con la sentenza n. 1409/2012, emessa, in analoga controversia.
Sulla scorta delle sopravvenienze normative, pertanto, deve ritenersi ammissibile il giudizio di ottemperanza alla sentenza di condanna generica di questo Tar.
In tal senso depone, peraltro, la circostanza che il ricorso, sia pure instaurato come giudizio cognitorio (e per ciò trattato in pubblica udienza), risulta instaurato dopo l’entrata in vigore del codice, sicchè può senz’altro giovarsi della modifica legislativa da questo introdotta.
Nel merito delle richieste formulate si osserva quanto segue.
Il ricorso verte (a seguito di riqualificazione dell’azione esercitata) sull’ottemperanza alla sentenza n. 789/99 di questo Tar.
La sentenza in questione, come rilevato dal precedente della Sezione già  citato, ha accolto parzialmente il ricorso ed ha in particolare così letteralmente statuito: “Le considerazioni che precedono comportano sul punto l’accoglimento del ricorso con il riconoscimento del diritto alla percezione dell’indennità  di contingenza nel suo valore effettivo e reale, sulla indennità  di trasferta e diaria ridotta (Cons. St., Sez. VI, 14 novembre 1991, n.822).
Il diritto va accertato e riconosciuto per il periodo di anni cinque, che decorrono dalla presentazione del ricorso gerarchico, ai sensi dell’art. 10 del R.D. 8 gennaio 1931, n. 148: i ratei antecedenti non possono essere liquidati, attesa la intervenuta prescrizione del relativo diritto, giusta eccezione formulata dalla difesa dell’Amministrazione.
Deve essere accolta, altresì, la pretesa riguardante la 13^ e 14^ mensilità , che, in quanto competenze accessorie a carattere fisso e continuativo fanno parte della “retribuzione normale” ex art.6 lett. e) del contratto collettivo nazionale di lavoro del 23 luglio 1976.
Deve invece essere esclusa la computabilità  del compenso per lavoro straordinario, anche se corrisposto in misura forfettaria in base ad esigenze di perequazione tra lavoratori di pari qualifica, in quanto la esclusione evita che le prestazioni di lavoro oltre l’orario normale, legate a necessità  settoriali specifiche, determinino differenze di trattamento di fine rapporto (Sez. VI, 11.7.1991, n.437).
Per quanto riguarda la richiesta di interessi legali e rivalutazione monetaria, essi vanno corrisposti e calcolati separatamente sull’importo nominale del credito (AP 15.6.1998, n.3) tenuto conto della disciplina intervenuta in materia di cumulo; in particolare gli interessi vanno computati secondo i tassi in vigore alla scadenza dei singoli ratei.”
Con la memoria depositata il 16.1.2013 la società  resistente ha rilevato che:
– stante quanto disposto dalla sentenza de qua, essa è stata condannata unicamente al ricalcolo delle indennità  diaria e di trasferta, con inclusione nella retribuzione base della contingenza in misura piena, e non anche degli aumenti periodici di anzianità . Sul punto, infatti, la sentenza nulla dispone (nonostante la esplicita richiesta in tal senso contenuta nel ricorso introduttivo), ma non essendo stata gravata per l’omessa statuizione, non può che farsi riferimento al suo contenuto che nulla dice in ordine alla riliquidazione degli aumenti periodici di anzianità  e di conseguenza nessuna condanna pronuncia sul punto.
– in esecuzione della sentenza in questione (nonchè di quella emessa dal Tar Lecce n. 99/1999, avente identico petitum e causa petendi), essa ha già  autonomamente provveduto al ricalcolo delle indennità  in questione per il periodo intercorrente dal maggio 1982 al maggio 1992, ed ha provveduto a emettere 4 assegni circolari della BNL, regolarmente incassati.
– dal giugno 1992 la resistente ha modificato i criteri di calcolo delle indennità  diaria e di trasferta, adeguandosi al dictum giurisprudenziale.
Le affermazioni di parte resistente non risultano in alcun modo smentite in punto di fatto e per ciò possono definirsi pacifiche (peraltro, tali risultanze in fatto sono del tutto diverse da quelle emerse nel consimile giudizio conclusosi con sentenze nn. 1409/2012 e 1971/2012 e giustificano, in conseguenza, il diverso esito della controversia).
Quanto premesso incide sui termini dell’ottemperanza, in relazione alla quale il Collegio intende fornire puntuali indicazioni.
Deve in primo luogo escludersi che sia dovuto alcunchè dopo il Giugno 1992.
Quanto al periodo antecedente valgono analoghe considerazioni in punto di fatto, in quanto la circostanza dell’avvenuto pagamento è incontestata.
Nulla è, pertanto, dovuto a titolo di indennità  di diaria e trasferta, a causa dell’intervenuto pagamento di cui si è già  detto.
Peraltro, la sentenza de qua agitur esplicitamente dispone l’accoglimento della pretesa riguardante la 13^ e 14^ mensilità . Tuttavia, nulla è dovuto, in relazione a tale pretesa, avendo la società  resistente dedotto, con allegazione in fatto rimasta incontestata e per ciò pacifica, di aver sempre calcolato le mensilità  in questione includendo nella base di calcolo le indennità  pretese in misura piena, sì da non residuare alcun credito.
Nulla è, infine, dovuto a titolo di aumenti periodici di anzianità , dato che la sentenza n. 788/99 non ha disposto condanna a tale titolo.
Il ricorso, pertanto, va conclusivamente respinto.
Considerato l’andamento complessivo della controversia, le spese possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa riqualificazione dello stesso come giudizio di ottemperanza, lo respinge.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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