1. Procedimento amministrativo – Autorizzazione – Contenuto vincolato – Diniego – Preavviso – Obbligo – Non sussiste


2. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Piazze pubbliche – Bene culturale – Vincolo ex lege – Sussiste

1. L’omissione del preavviso di rigetto ex art. 10 bis L. n. 241/1990 non può essere causa di annullamento del provvedimento amministrativo (nella fattispecie, diniego di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico), qualora la p.A. dimostri in giudizio (ai sensi dell’art. 21-octies della legge cit.) che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso.


2. Ai sensi dell’art. 10, IV comma – lett. g), del codice dei beni culturali e del paesaggio, così come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale, le piazze pubbliche, appartenenti all’ente territoriale e realizzate da oltre settant’anni, che presentino interesse artistico o storico, sono da includere ex lege nella categoria dei beni culturali e ciò indipendentemente dall’avvio del procedimento di verifica e dalla specifica dichiarazione di interesse culturale prevista dal successivo art. 13 del codice. Alle stesse, pertanto, si applica in via immediata il regime di tutela disciplinato dalla parte seconda del D. L.vo n. 42/2004.

N. 00307/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01083/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1083 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da Scelza Mulè, rappresentata e difesa dall’avv. Cataldo Rosito, con domicilio eletto presso l’avv. Nicola Zanni in Bari, piazza Santa Maria del Campo, 20; 

contro
Comune di Trani, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Capurso, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Caponio in Bari, via Lioce, 52; 
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Bari, Barletta, Andria e Trani e Foggia, Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97; 

per l’annullamento
– del provvedimento a firma del Dirigente S.U.A.P. del Comune di Trani del 4 maggio 2010 prot. n. 0019101, con cui si è respinta la richiesta di occupazione di suolo pubblico presentata dalla ricorrente in data 6 aprile 2010;
– del parere a firma del Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio pervenuto all’Ufficio Tecnico del Comune di Trani in data 24 giugno 2010, con il quale si concorda sul diniego all’occupazione di suolo pubblico;
– di ogni ulteriore atto presupposto, connesso o conseguente, anche se non conosciuto;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2013 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori avv. Cataldo Rosito, avv. Giovanni Caponio (su delega dell’avv. Michele Capurso) e avv. Grazia Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
La ricorrente, titolare dell’esercizio di bar denominato “Crepapelle”, ha presentato al Comune di Trani in data 6 aprile 2010 domanda di occupazione temporanea di suolo pubblico con tavoli, sedie ed ombrelloni.
Con il primo dei provvedimenti indicati in epigrafe, impugnato con il ricorso principale, il Comune ha respinto l’istanza sulla base di una duplice motivazione:
– quanto alla tipologia di arredi ed alla collocazione, contrasto con i criteri indicati nella nota del 17 giugno 2009 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio;
– quanto alle distanze da edifici di culto ed uffici pubblici, contrasto con il regolamento comunale approvato con delibera n. 5 del 7 febbraio 2008.
Avverso il diniego la ricorrente deduce motivi così rubricati:
1) violazione degli artt. 7-ss. della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e difetto d’istruttoria: il diniego non è stato preceduto da rituale comunicazione di avvio del procedimento;
2) violazione dell’art. 4 del regolamento comunale approvato con delibera n. 5 del 7 febbraio 2008, incompetenza ed eccesso di potere per travisamento, illogicità  e contraddittorietà : la distanza radiale minima di 15 metri disposta dal regolamento sarebbe riferita agli accessi agli edifici di culto, e non alle aree pertinenziali (nella specie, l’abside della Chiesa di Ognissanti), mentre la distanza radiale minima di 15 metri dall’accesso ad edifici pubblici sarebbe derogabile, previo parere del responsabile dell’ufficio interessato;
3) sviamento ed eccesso di potere per disparità  di trattamento ed ingiustizia manifesta: il Comune avrebbe inspiegabilmente autorizzato, in situazione analoga, l’occupazione di suolo pubblico della contigua osteria “La Banchina”.
Con motivi aggiunti, la ricorrente impugna il sopravvenuto parere negativo della Soprintendenza, ove si afferma “¦ il particolare ambito urbano interessato, nonchè il vincolo di tutela diretta esistente a salvaguardia dell’insigne monumento ecclesiastico di Ognissanti (anche detto dei Templari), ovvero la preminente esigenza di garantire la piena possibilità  della fruizione pubblica, anche visiva, dei beni culturali costituiti dall’emergenza architettonica della Chiesa e della sua cornice ambientale”. Deduce ulteriori censure così rubricate:
4) violazione dell’art. 4 del regolamento comunale approvato con delibera n. 5 del 7 febbraio 2008 ed eccesso di potere per travisamento, illogicità , contraddittorietà  e disparità  di trattamento: la Soprintendenza si sarebbe limitata a concordare con il diniego espresso dal Comune, trascurando che l’ingresso della Chiesa di Ognissanti è posto su altra strada parallela a quella interessata dalla domanda e che, in passato, occupazioni analoghe sono state autorizzate in favore di altri operatori economici;
5) eccesso di potere per travisamento, difetto d’istruttoria e di motivazione, illogicità  ed ingiustizia manifesta: la motivazione addotta dalla Soprintendenza sarebbe generica ed inidonea a giustificare il sacrificio dell’iniziativa imprenditoriale, tenuto conto della temporaneità  dell’occupazione (limitata ai mesi estivi) e del modesto impatto visivo sul monumento soggetto a tutela.
Si sono costituiti il Comune di Trani, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio ed il Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, chiedendo il rigetto dell’impugnativa.
Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2013 il difensore di parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla domanda risarcitoria e la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. E’ infondato il primo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento (rectius: il mancato preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990).
Invero, la condotta dello Sportello Unico per le Attività  Produttive del Comune di Trani non può dirsi improntata al rispetto delle garanzie procedimentali ed allo svolgimento di un’ordinata istruttoria, non soltanto perchè è stata omessa la doverosa e preventiva comunicazione delle motivazioni ostative all’accoglimento della domanda, ma anche perchè il parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio è stato irritualmente acquisito a posteriori, quanto l’istanza era stata già  definitivamente respinta.
Tuttavia, può affermarsi con sufficiente certezza che l’esito dell’istruttoria non sarebbe mutato, alla luce del parere negativo che la competente Soprintendenza aveva espresso, in termini generali e con riferimento ad una pluralità  di richieste, già  anteriormente alla presentazione dell’istanza (cfr. la nota del 17 giugno 2009 inviata al Sindaco di Trani, richiamata nel provvedimento di diniego e prodotta in giudizio dalla stessa ricorrente – doc. 3), parere che è stato poi confermato dalla Soprintendenza, in seguito, con la nota del 21 giugno 2010 di analogo tenore trasmessa al Comune di Trani (impugnata mediante motivi aggiunti).
La conclusione è avvalorata dal fatto che la Soprintendenza, in entrambi i pareri, ha chiaramente mostrato di avversare qualsivoglia modalità  di occupazione dello spazio contiguo all’abside della Chiesa di Ognissanti, cosicchè sarebbe risultato superfluo ogni intervento collaborativo del soggetto istante volto a modificare la tipologia di arredo e la misura della superficie richiesta.
Nella fattispecie, pertanto, la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità  del provvedimento di diniego, dovendo congiuntamente applicarsi l’art. 10-bis e l’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2012 n. 2550 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Il motivo è perciò respinto.
2. Passando ai profili strettamente sostanziali, si è visto che il diniego opposto dal Comune di Trani si fonda su due distinte e concorrenti motivazioni: il contrasto con le prescrizioni di tutela della Chiesa di Ognissanti impartite dalla Soprintendenza ed il contrasto con le distanze minime prescritte dal regolamento comunale approvato con delibera n. 5 del 7 febbraio 2008.
2.1. Il Collegio ritiene che il primo profilo assuma rilievo assorbente e che le censure ad esso riferite siano infondate.
Dalla documentazione fotografica versata in atti è agevole constatare che l’occupazione richiesta dalla ricorrente, con tavoli, sedie ed ombrelloni, determinerebbe un ingombro non trascurabile ed un impatto visivo notevole sull’area pertinenziale della Chiesa di Ognissanti.
Come correttamente affermato dalla Soprintendenza nella memoria depositata in giudizio il 20 dicembre 2012, le prescrizioni ed i divieti imposti a salvaguardia della cornice ambientale in cui è inserita la Chiesa si fondano non solo, e non tanto, sul potere di tutela indiretta di cui agli artt. 45-ss. del d.lgs. n. 42 del 2004, bensì sull’immediata sottoposizione a vincolo della piazza e della pubblica via antistante all’abside della Chiesa, ai sensi dell’art. 10, quarto comma – lett. g), del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Da quest’ultima norma, secondo le più recenti e condivisibili interpretazioni della giurisprudenza amministrativa e costituzionale, discende infatti la riconduzioneex lege alla categoria dei beni culturali delle piazze pubbliche, appartenenti all’ente territoriale e realizzate da oltre settant’anni, che presentano interesse artistico o storico, indipendentemente dall’avvio del procedimento di verifica e dalla specifica dichiarazione di interesse culturale prevista dal successivo art. 13 del Codice, con la conseguente immediata applicazione del regime di tutela disciplinato dalla Parte Seconda del Codice (cfr., in questi termini: Cons. Stato, sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 482; in precedenza, Corte cost., 8 luglio 2010 n. 247; da ultimo, si veda la Direttiva 11 ottobre 2012 del Ministro per i Beni e le Attività  Culturali, concernente “l’esercizio di attività  commerciali e artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o su posteggio, nonchè di qualsiasi altra attività  non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale”).
Su tale presupposto, il divieto imposto dalla Soprintendenza risulta congruamente motivato in riferimento all’esigenza di tutelare la piena fruizione, anche visiva, del monumento ecclesiastico, tenuto conto che i tavoli e gli ombrelloni dell’esercizio di ristorazione sarebbero stati collocati a ridosso dell’abside, in posizione ben visibile dalla via Banchina del Porto.
Al riguardo, neppure può essere accolta la censura di eccesso di potere per disparità  di trattamento, poichè dalla documentazioni fotografica si desume che l’occupazione di suolo pubblico autorizzata alla contigua osteria “La Banchina” non presenta identico impatto visivo sull’abside della Chiesa, rispetto al quale assume una posizione assai più defilata.
In conclusione, il parere negativo espresso dalla Soprintendenza è immune dai vizi dedotti dalla ricorrente.
Ne discende, per tale profilo, la legittimità  del diniego di occupazione disposto dal Comune di Trani.
2.2. Di conseguenza, il ricorso è improcedibile per difetto d’interesse in relazione agli ulteriori motivi, riguardanti la contestata difformità  dalle distanze minime inderogabili previste dal regolamento comunale sull’occupazione del suolo pubblico.
Il diniego impugnato, infatti, resta in ogni caso sorretto da un’autonoma (e legittima) motivazione attinente alla tutela del bene culturale interessato dalla domanda di concessione di suolo pubblico.
3. Le spese di giudizio possono essere compensate, avuto riguardo alla novità  delle questioni affrontate ad all’applicazione alla fattispecie della previsione dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara improcedibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Savio Picone, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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