1. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Adozione – Da parte del delegato – Fattispecie
2. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Preavviso di rigetto – Mancata comunicazione – Fattispecie
3. Procedimento amministrativo – Provvedimento – Autorizzazione paesaggistica – Termini – Differenza tra sospensione e interruzione – Fattispecie
1. Risulta munito di idoneo titolo colui il quale ha sottoscritto l’atto amministrativo, in nome e per conto del titolare della funzione pubblica esercitata, se munito di idoneo titolo di conferimento dell’esercizio delle funzioni svolte, sulla scorta dei generali principi in materia della delega.
2. La violazione delle garanzie partecipative, per la mancata comunicazione ex art. 10 bis, L. n. 241/1990, può essere contemperata e superata dagli esiti negativi della verificazione disposta in sede istruttoria.
3. In relazione al procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la previsione normativa ex art. 6, comma 6 bis, D.M. n. 495/1994, richiamato dall’art. 159, D.Lgs. n. 42/2004, va interpretata nel senso che dopo l’evento interruttivo il termine di trenta giorni inizia nuovamente a decorrere dal momento del ricevimento della documentazione integrativa richiesta; al contrario, solo in caso di sospensione il termine può considerarsi decorso allorchè, sommando il lasso di tempo trascorso prima della sospensione e quello decorso dopo la stessa, si venga a superare il termine legalmente previsto.
N. 00060/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01551/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1551 del 2010, proposto da:
F.lli Marino Snc di Marino Matteo ed Elia & C., rappresentata e difesa dagli avv. Antonio L. Deramo e Domenico Fasanella, con domicilio eletto presso Antonio L. Deramo in Bari, via F.S. Abbrescia, n. 83/B;
contro
Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali – Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paes. Province di Ba, Fg, Barletta-Andria-Trani, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, presso i cui uffici, siti in Bari, via Melo, n.97, è domiciliato ex lege;
per l’annullamento
a) del decreto prot. n. 6088 del 12.7.2010, comunicato il 24.8.2010, con il quale il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio per le provincie di Ba, Bat e Fg ha annullato, ai sensi dell’art. 159 d.lgs. n. 42/2004, l’autorizzazione paesaggistica n. 68 del 31.12.2009, rilasciata dal comune di Peschici, per la realizzazione di una stazione di servizio in località “valle castellana”;
b) della nota di accompagnamento recante pari data;
c) della nota prot. 1298 del 18.8.2010, con la quale il direttore del II settore presso il comune di Peschici ha comunicato che, stante l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, non è possibile procedere al rilascio del permesso di costruire richiesto;
d) di tutti gli altri atti connessi, presupposti e conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali -Soprintendenza per Beni Architettonici e Paes. Province di Ba, Fg, Barletta-Andria-Trani e di;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2012 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Antonio Deramo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone in fatto la società ricorrente, di essere comodataria di un terreno sito Peschici alla località “Valle Castellana” (in catasto Fg. 5, p.lla 926, attualmente sub frazionata nelle p.lle nn.1053 e 1054 di cui la prima interessata dall’intervento in esame), sottoposto a vincolo paesaggistico.
Con domanda presentata al Comune di Peschici, ha chiesto il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione di una stazione di servizio a ridosso della strada comunale di collegamento tra la SS Foggia – Manfredonia ed il centro urbano.
Ricevuta l’approvazione del Comitato Paesaggistico Comunale nella seduta del 29.12.2009 (decisione n. 15/2009), il Direttore del II Settore rilasciava l’autorizzazione paesaggistica n. 68 del 31.12.2009, in quanto l’intervento proposto non risultava, secondo l’organo comunale, lesivo e/o pregiudizievole alla conservazione zona in cui si inseriva, nè delle peculiarità tutelate direttamente dalle NTA del P.U.T.T.
L’autorizzazione paesaggistica, corredata dalla relativa documentazione, veniva inviata alla Soprintendenza, per essere sottoposta alla verifica di cui all’art. 159 del D.Lgs. n. 42/2004, ed ivi perveniva l’1.2.2010.
Con decreto del 12.7.2009, prot. 6088, la Soprintendenza annullava l’autorizzazione paesaggistica, avendo ritenuto che l’area di intervento risultava molto prossima, a sud, ad una zona boschiva e, comunque, ricadente nella c.d. area annessa ai boschi e macchie, come definita dal PUTT/Paesaggio – art. 3.10.3 lett. B, per la quale sono ammessi i soli interventi previsti dall’art. 3.10.4 punto 2.
Avverso tale provvedimento nonchè avverso gli atti del procedimento, la F.lli Marino Snc è insorta con vari motivi di ricorso, tutti di seguito esaminati.
La causa è stata istruita, oltre che con le produzioni documentali delle parti, attraverso una verificazione disposta per accertare la natura dell’area oggetto dell’intervento controverso ed in particolare la sua natura di area annessa a bosco e macchia.
All’udienza del 13.12.2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di delega amministrativa ed in particolare dell’art. 17, comma 1 e 1/bis, del D. L.vo 30.3.2001 n. 165, nonchè l’incompetenza.
Il provvedimento gravato sarebbe stato adottato da soggetto incompetente.
Lo stesso, infatti, reca la sottoscrizione dell’arch. Nunzio Tomaiuoli, apposta sotto la dicitura “per il Soprintendente”.
Anche a volersi ipotizzare che il predetto arch. Tomaiuoli fosse destinatario di apposita delega che lo abbia autorizzato alla sottoscrizione di atti con rilievo esterno, nondimeno il decreto adottato sarebbe illegittimo: vi era, infatti, l’onere di richiamare espressamente nel corpo del provvedimento la delega che era la fonte del potere esercitato.
La censura non è fondata.
Con relazione allegata alla memoria di costituzione del Ministero intimato, la Soprintendenza ha trasmesso l’atto di delega del Soprintendente (datato 13.5.2010 e per ciò anteriore alla data di adozione del provvedimento impugnato, del 12.7.2010) all’arch. Tomaiuoli che ha firmato il provvedimento impugnato.
Colui che ha sottoscritto l’atto, in nome e per conto del Soprintendente, titolare della funzione pubblica esercitata, risulta pertanto, munito di idoneo titolo che gli abbia conferito l’esercizio delle funzioni svolte, secondo i principi generali in materia di delega.
Non coglie nel segno alcuna delle contestazioni sul punto mosse dalla difesa di parte ricorrente avverso gli scritti ed i documenti difensivi del Ministero inerenti il documento in questione.
E’ in primo luogo superata l’eccepita tardività del deposito (ex art. 73, co 1 c.p.a.), in quanto l’udienza di discussione è stata rinviata, con ordinanza istruttoria n. 1436/2012, in ragione della disposta verificazione, alla data del 13.12.2012, rispetto alla quale il deposito di documenti e memorie risulta tempestivo.
La contestazione mossa dalla difesa con memoria di replica, con cui si sostiene che la delega in questione non sarebbe idonea a conferire l’esercizio del potere di annullamento paesaggistico, in quanto essa contemplerebbe testualmente solo “Autorizzazioni o dinieghi in materia di paesaggio”, ma non il potere di annullamento è inammissibile, in quanto censura ulteriore contenuta in atto non notificato alla parte (memoria di replica e non ricorso per motivi aggiunti).
Essa, comunque, va disattesa, anche nel merito.
Sul punto deve osservarsi che, ripudiandosi ogni interpretazione formalistica, la dicitura va interpretata nel senso che essa contempli, secondo un criterio di ragionevolezza, anche gli atti contrari a quelli espressamente indicati, in applicazione del principio del contrarius actus, in base al quale la funzione pubblica comprende l’esercizio sia dei poteri ampliativi della sfera giuridica altrui (rilascio di autorizzazioni) sia di quelli restrittivi di pari tenore (dinieghi e annullamenti).
Nè è a dire che, data la particolare delicatezza del potere di annullamento, possa ritenersi che il Soprintendente abbia voluto trattenere esclusivamente a sè tale tipologia di atti, in quanto gli atti di diniego hanno analoga portata rispetto a quelli di annullamento e, pur tuttavia, la delega del potere risulta estesa anche ad essi.
D’altro canto milita in favore dell’interpretazione prediletta dalla Sezione anche la dirimente considerazione che il Soprintendente non ha inteso disconoscere il potere esercitato dal delegato.
Con il II motivo si censura la violazione garanzie partecipative, lamentandosi, in particolare, la mancata comunicazione del preavviso di rigetto ex art. 10/bis della L. n. 241/1990.
La ricorrente, ove posta nelle condizioni di contraddire, avrebbe potuto apportare elementi utili all’istruttoria ed avrebbe potuto chiarire la circostanza relativa alla effettiva distanza dell’intervento dall’area boscata.
La doglianza è superata dagli esiti della verificazione, di cui si dirà in seguito, che esclude che possa essere rilasciata autorizzazione paesaggistica nell’area nella disponibilità della società ricorrente.
Con il III motivo di ricorso si deduce la violazione del termine perentorio previsto per l’adozione del provvedimento di annullamento.
Sostiene la ricorrente che una volta interrotto il termine, a seguito di richiesta documentale, questo riprenda a decorrere, come previsto dall’art. 6, co 6-bis. DM 495/1994, richiamato dall’art. 159, d.lgs 42/2004, che recita testualmente ” Qualora, in sede di istruttoria, emerga la necessità di ottenere chiarimenti o di acquisire elementi integrativi di giudizio, ovvero di procedere ad accertamenti di natura tecnica, il responsabile del procedimento ne dà immediata comunicazione ai soggetti indicati all’articolo 4, comma 1, nonchè, ove opportuno, all’amministrazione che ha trasmesso la documentazione da integrare. In tal caso, il termine per la conclusione del procedimento è interrotto, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, dalla data della comunicazione e riprende a decorrere dal ricevimento della documentazione o dall’acquisizione delle risultanze degli accertamenti tecnici”
L’uso del termine “riprende” starebbe ad indicare che nel computo totale del termine a disposizione per esercitare il potere di annullamento dovrebbe comprendersi il periodo già trascorso.
La censura è infondata.
Essa non fa buon governo della distinzione di teoria generale tra interruzione e sospensione del termine.
Solo nel secondo caso il termine è decorso quando, sommando il tempo trascorso prima della sospensione e quello decorso dopo la stessa, si venga a superare il termine legalmente previsto.
Nell’ipotesi di interruzione, invece, il termine inizia a decorrere nuovamente dopo l’evento interruttivo.
A tal fine non è dirimente il dato testuale del verbo (“riprende”) usato dal legislatore, in quanto esso è comunemente usato anche quale sinonimo di “ricomincia” ovverosia significa: “inizia nuovamente”.
Con il IV motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione di legge (art. 159 del D. L.vo 22.1.2004 n. 42), nonchè dei principi generali in tema di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, dell’art. 3 della L. 241/1990 per essere la motivazione apparente e pretestuosa.
Eccesso di potere per erronea presupposizione e per travisamento, nonchè per contraddittorietà oltre che per difetto di istruttoria.
La motivazione addotta dalla Soprintendenza si fonda sulla circostanza che l’intervento sarebbe allocato in un’area molto prossima ad una zona boschiva e, comunque, ricadrebbe nell’area annessa, così come definita dal PUTT/Paesaggio, che all’art. 3.10.3 lett. b, non consentirebbe interventi qual è quello in questione.
Il giudizio espresso dalla Soprintendenza si fonderebbe su erronei dati in fatto.
Infatti, l’intervento in questione non ricadrebbe nell’area annessa, ma posta a distanza superiore ai cento metri previsti dall’art. 3.10.3 del PUTT/P.
Non sfugge al Collegio che il punto nodale della controversia risiede proprio in tale doglianza che va al “cuore” del rapporto e non solo del provvedimento adottato e richiede, per ciò, che si indaghi se, in base alla pianificazione paesaggistica, sia possibile l’intervento edificatorio cui aspira la ricorrente.
Ben conscio della assoluta preminenza di tale questione, il Collegio ha, pertanto, disposto verificazione chiedendo al perito (scelto nella persona del Comandante Regionale del corpo Forestale dello Stato, con facoltà di delega, esercitata in favore del Capo dell’Ufficio, dr. Angeloro) di accertare se l’intervento oggetto della presente controversia ricada in “area annessa ai boschi e macchie”, come definita dal PUTT/paesaggio art. 3.10.3 lett. b), chiedendo, altresì a parte ricorrente di produrre il PUTT/ paesaggio (non conoscibile di ufficio dal Collegio, trattandosi di atto generale ma non normativo), in stralcio, al fine di verificare il contenuto delle disposizioni poste a fondamento del contestato annullamento.
La verificazione disposta ha concluso che “le opere a costruirsi interesserebbero, comunque, l’area annessa, in quanto incluse nella fascia perimetrale di rispetto di 100 metri “omissis ” l’area oggetto degli interventi rimane, peraltro, inequivocabilmente e completamente inclusa nel biotipo o sito di interesse naturalistico “Pineta Marzini – Manacore”, riconosciuto nel PUTT/Paesaggio al pari di boschi e macchie , come altro ambito territoriale distinto denominato “Beni naturalistici” (punto 3.11 delle NTA).
Ai sensi del punto 3.11.4 sub 4.1, in tale area trovano luogo le prescrizioni di base dettate al punto 4.1 dell’art. 3.10: come dire quelle applicabili alle aree di pertinenza di boschi e macchie”.
Le conclusioni cui è giunto il verificatore vanno pienamente condivise, in quanto l’elaborato peritale, pur nella sua stringente sinteticità , si segnala per la estrema chiarezza, per la precisione e per la competenza del perito (non a caso scelto tra gli appartenenti del Corpo Forestale).
A tal fine, quale elemento indicativo della professionalità del verificatore, si rinvia alla parte iniziale della stessa, in cui sono state descritte con dovizia di particolari le operazioni di individuazione dell’area oggetto di controversia e se ne è indicato anche il grado di approssimazione (pari a circa 6-10 mt.), a dimostrazione della particolare trasparenza dell’enunciazione dei risultati e della loro precisione.
Dunque, ed in estrema sintesi – il terreno in questione ricade in area annessa a bosco o macchia (tale intendendosi, a norma dell’art. 3.10.3 “Regimi di Tutela”, lett. b) delle NTA, quella formata da una fascia di larghezza costante di 100 mt).
A norma dell’art. 3.10.4.2 nell’area annessa non sono consentiti gli interventi cui aspira la società ricorrente.
Pertanto, sull’area oggetto della richiesta della società Marino non è consentita la costruzione di una stazione di servizio.
In questo laconico ma incisivo sillogismo si racchiude il vero punto nodale della decisione e la ragione ostativa al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica correttamente annullata dalla Soprintendenza.
Nè può accogliersi la diversa tesi sostenuta da parte ricorrente, secondo la quale la presenza di una strada, larga circa 10 mt tra la zona boschiva e l’area della società determinerebbe una soluzione di continuità tra l’area boschiva e l’area annessa, idonea a escludere la configurabilità di quest’ultima.
L’argomentazione non è condivisibile, poichè le NTA forniscono una nozione di area annessa che prescinde completamente dalla presenza (o dall’assenza) di opere viarie e ha riguardo, in assenza di individuazione da parte dei sottopiani o degli strumenti urbanistici generali, solo alla distanza dalla zona boscata, sicchè l’area annessa si atteggia come una sorta di “zona di rispetto”.
In ogni caso, anche a voler seguire la tesi sostenuta dalla difesa di parte ricorrente, la qualificazione della zona nei termini indicati dal verificatore (al cui elaborato, riportato in stralcio nella parte motiva, si rinvia) configura una corposa ed insuperabile serie di ulteriori motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Le doglianze di invalidità derivata relative al diniego di permesso di costruire espresso dal Direttore del II Settore del Comune di Peschici con nota prot. 1298 del 18.8.2010, seguono la sorte delle censure sopra esaminate.
Per le ragioni suesposte il ricorso va respinto.
Stante la novità della tesi proposta da parte ricorrente in ordine alla qualificazione di area annessa, il Collegio ritiene di derogare al criterio della soccombenza in tema di spese che vengono per ciò compensate ad eccezione di quelle di verificazione che vengono liquidate in via definitiva in questa sede (con atto contestuale da qualificarsi, tuttavia, quale decreto collegiale) e vengono poste a carico di parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente le spese di lite ad eccezione di quelle di verificazione che pone esclusivamente a carico di parte ricorrente e liquida in Euro 1.800,00 (comprensive dell’acconto eventualmente già corrisposto), oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)