1. Processo amministrativo – Ricorso – Cumulo di domande – Di annullamento e di ottemperanza – Ammissibilità
2. Edilizia e urbanistica – Attività edilizia privata – Sanzioni amministrative – Demolizione parziale – Ineseguibilità – Manifesta illogicità – Sussiste – Fattispecie
1. àˆ ammissibile il ricorso che contenga contestualmente una domanda di annullamento ed una di ottemperanza; ciò in quanto l’art. 32 C.P.A. contempla la possibilità di petita complessi, mentre l’art. 34, comma 1, lett. e) C.P.A. a sua volta attesta la continuità fra il momento della cognizione e quello dell’esecuzione.
2. àˆ affetta da manifesta illogicità un’ordinanza con la quale venga irrogata la demolizione parziale di un manufatto che si riveli in concreto ineseguibile (nella specie il TAR ha affermato l’illogicità di un’ordinanza con cui era stata irrogata una sanzione demolitoria parziale di fatto ineseguibile in quanto ad oggetto soltanto il piano inferiore di un fabbricato, ma non anche il secondo piano – non attinto da alcun vizio – sulla considerazione che “non si comprende come si possano realmente demolire i piani inferiori lasciando integro il secondo piano”).
N. 00005/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01617/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 del codice del processo amministrativo;
sul ricorso numero di registro generale 1617 del 2012, proposto dalla Parrocchia San Filippo Neri di Barletta e dall’Istituto Oblati di San Giuseppe, rappresentati e difesi dall’avv. Francesco Cito, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Bovio in Bari, via Putignani n. 141;
contro
Comune di Barletta, rappresentato e difeso dagli avv.ti Rossana Monica Danzi e Isabella Palmiotti, con domicilio eletto presso l’avv. Raffaele de’ Robertis in Bari, via Davanzati, 33;
nei confronti di
Francesco Gianferrini, Giovanni Dicosmo;
Antonio Pio Dicosmo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pasquale Nasca e Silvio Giannella, con domicilio eletto presso l’avv. Sabino Liuni in Bari, via Principe Amedeo, 198;
Francesco Assuntino Dicosmo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pasquale Nasca e Silvio Giannella, con domicilio eletto presso l’avv. Sabino Liuni in Bari, via Principe Amedeo, 198;
a) per l’annullamento
previo accoglimento della misura cautelare, dell’ordinanza di ripristino n. 46314/220 del 12/7/2012, a firma del Dirigente comunale del Settore Edilizia Pubblica e Privata, arch. Francesco Gianferrini, emessa in danno dei Sigg. Dicosmo, in uno all’allegata proposta motivata del Tecnico Istruttore, datata 2/8/2011;
B) per la dichiarazione di nullità dello stesso provvedimento, ex art. 114, quarto comma, lett. b), del codice del processo amministrativo;
C) per l’accertamento e la liquidazione del danno ingiusto subito dalla ricorrente Parrocchia a causa dell’attività illegittima dell’Amministrazione oltre che dell’ingiustificato ritardo nell’adozione dei dovuti provvedimenti, ovvero della loro colpevole omissione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e dei signori Antonio Pio Dicosmo e Francesco Assuntino Dicosmo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2012 il cons. Giuseppina Adamo e uditi per le parti i difensori, avv.ti Francesco Cito, Giuseppe Caruso, in sostituzione dell’avv. Palmiotti, e Pasquale Nasca;
Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste;
Sentite le stesse ai sensi dell’art. 60 del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
1. La parrocchia San Filippo Neri di Barletta e l’Istituto oblati di San Giuseppe si dolgono delle modalità con cui è stata data dal Comune di Barletta ottemperanza alla sentenza della Sezione 25 marzo 2011 n. 489, passata in giudicato.
In particolare viene impugnata l’ordinanza di ripristino 12 luglio 2012 n. 46.304.
Si sono costituiti il Comune di Barletta e i signori Dicosmo, che hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza.
1.A. La vicenda prende le mosse dalla citata pronuncia, con cui, ex art. 60 del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso proposto dagli odierni istanti e, nei termini di cui in motivazione, per l’effetto, ha annullato la sanzione, a firma del Dirigente comunale, arch. Francesco Gianferrini, prot. 45550 del 23 luglio 2010, irrogata ai Sigg.ri Dicosmo, e gli atti presupposti ed antecedenti, “fatte salve le ulteriori determinazioni”.
Per comodità espositiva se ne riporta il testo:
“Visto il ricorso in esame, con cui la ricorrente impugna i provvedimenti di cui in epigrafe e ne chiede l’annullamento;
Considerato che:
– con p. c. n. 894/08 il Comune di Barletta ha assentito il progetto di completamento urbanistico (sopraelevazione mediante realizzazione del II piano e di volume tecnico al III piano) proposto dai controinteressati Dicosimo Antonio Pio, Dicosimo Giovani e Dicosimo Francesco Assuntino, proprietari del fabbricato sito in Via Mons. Dimiccoli, posto a confine con la Parrocchia ricorrente;
– con diverse note (del 10/2, 10/3 e 24.4.2010) la ricorrente ha sollecitato il Comune resistente alla verifica della conformità delle opere effettivamente realizzate con il progetto approvato;
– il Comune di Barletta, a seguito di sopralluogo, ha accertato che i controinteressati, dopo aver proceduto alla demolizione integrale del fabbricato preesistente, avevano realizzato un complesso edilizio diverso, consistente di un piano seminterrato, un piano rialzato, un primo piano, un secondo piano e volume tecnico in terzo piano, realizzando peraltro delle aperture e affacci al’interno della proprietà della ricorrente;
– il Comune di Barletta, pertanto, dopo aver comunicato l’avvio del procedimento volto alla demolizione del fabbricato (nota prot. n. 34469 del 31.5.10), con l’impugnato provvedimento ha poi ritenuto di dover comminare ai controinteressati la sanzione di € 13.344,44, sul presupposto che le opere abusive realizzate non si sarebbero potute rimuovere senza pregiudizio per le parti regolarmente assentite;
– la ricorrente si duole della mancata adozione del provvedimento di demolizione e impugna il provvedimento sanzionatorio n. 45550 del 23.7.10, deducendo i seguenti motivi di censura:
1. eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e contraddittorietà con precedente manifestazione di volontà ; difetto di istruttoria e sviamento;
2. violazione e falsa applicazione del T.U. n. 380/01; violazione dei principi di legalità , efficienza e imparzialità ; eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto; illogicità manifesta;
mentre con riferimento ai provvedimenti impugnati in via subordinata deduce:
3. eccesso di potere sotto i profili sintomatici del difetto di istruttoria, dello sviamento e dell’erronea presupposizione in fatto e in diritto; violazioni plurime del T.U. n. 380/01; violazione degli artt. 2.19 delle N.T.A. del vigente P.R.G. del Comune di Barletta; incompetenza;
Vista la costituzione in giudizio del Comune di Bar e letta, nonchè dei controinteressati Dicosimo Antonio Pio, Dicosimo Giovani e Dicosimo Francesco Assuntino, i quali tutti contestano le deduzioni della ricorrente e chiedono pervenirsi alla reiezione del ricorso;
Visti i motivi aggiunti depositati in data 14.1.2011, con cui la ricorrente deduce i seguenti, ulteriori, motivi di censura:
4) eccesso di potere nelle sue figure sintomatiche; omissione di atti di ufficio; violazione T. U. 380/01 e dei principi di legalità , efficienza e imparzialità ;
Considerato che nella Camera di Consiglio del 24 febbraio 2011 il Presidente del Collegio ha reso edotte le parti dell’intendimento del Collegio medesimo di definire il ricorso nel merito con sentenza in forma abbreviata, che i difensori presenti nulla hanno osservato in proposito e che il ricorso è stato quindi introitato per la decisione;
Rileva preliminarmente il Collegio che non ricorre l’eccepita irricevibilità del ricorso, atteso che il permesso di costruire rilasciato ai controinteressati aveva anzitutto diverso oggetto e che il manufatto effettivamente realizzato risulta del tutto difforme da quello oggetto del titolo autorizzatorio, anche in considerazione del petitum e della causa petendi, che non attengono alla contestazione dell’an dell’esercizio dello ius aedificandi, bensì al quomodo, nonchè in considerazione del fatto che – sempre alla stregua della prospettazione della domanda – solo la compiuta definizione delle volumetrie e delle fotometrie connesse alla ultimazione del rustico dell’edificio poteva consentire l’esatta percezione della lesione del diritto della parte ricorrente.
Quanto al merito rileva il Collegio che il ricorso in esame è fondato e meritevole di accoglimento di solo in parte, nei termini e nei limiti di seguito precisati.
Deve anzitutto premettersi che l’impugnazione del provvedimento sanzionatorio innanzi al Giudice Amministrativo concerne la contestazione della legittimità dell’azione amministrativa nell’ambito del rapporto sanzionatorio e risente pertanto dei limiti connessi all’esercizio di potere autoritativo anche con riferimento al provvedimento di demolizione preteso dalla ricorrente; tali limiti non ricorrono ovviamente per il caso di esercizio di altri rimedi offerti dall’ordinamento a tutela delle posizioni giuridiche asseritamente lese dalla costruzione di che trattasi, quali l’azione civilistica di risarcimento dei danni, anche in forma specifica volta a conseguire il ripristino della legalità violata, anche attraverso la demolizione totale o parziale.
Ciò premesso, occorre evidenziare che sia nell’esposto-denuncia presentato dalla ricorrente, sia nel rapporto della Polizia Municipale del 6.5.2010 (cui si immagina abbia fatto seguito una adeguata relazione a cura dell’Ufficio Tecnico) sono state rilevate una serie di difformità rispetto al progetto approvato, in ordine a ciascuna delle quali il Dirigente dell’Ufficio tecnico avrebbe dovuto, previo supporto di specifica relazione e attività istruttoria, verificare la possibilità o meno di sanzionabilità anzitutto attraverso la demolizione e la riduzione al pristino stato.
La sanzione della demolizione e del ripristino costituisce nel sistema normativo di riferimento la sanzione principe, rispetto alla quale la sanzione amministrativa integra eccezione alla regola e necessita pertanto di specifica e puntuale valutazione e motivazione.
Orbene, nell’impugnato provvedimento, l’Amministrazione è pervenuta alla determinazione di comminare la sanzione pecuniaria, in assenza di specifica istruttoria in ordine a ciascuna delle difformità , specificamente considerate, in assenza di adeguata motivazione e senza operare alcuna distinzione tra le difformità urbanistiche, atteso che -prima facie (e fatte salve le ulteriori determinazione che l’Amministrazione dovrà adottare) – taluni abusi sembrano suscettibili della irrogazione della sanzione della demolizione, non ricorrendo per essi il limite connesso al pregiudizio per le parti di costruzione regolarmente autorizzate (ad es.: apertura di finestre eventualmente in violazione delle distanze previsti dalle N.T.A. e dal Regolamento Edilizio, sempre con riferimento a profili urbanistico-edilizi).
L’assenza di richiamo ad una qualsivoglia relazione istruttoria, così come l’assenza di specifica motivazione, rendono evidente l’eccesso di potere e la violazione di legge sotto i profili denunciati.
Il ricorso va dunque accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento, entro i limiti e nei termini sopra indicati e fatte salve le ulteriori determinazioni che l’Amministrazione dovrà adottare a definizione del procedimento sanzionatorio, secondo le indicazioni conformative portate dalla presente sentenza”.
2. Premesso l’antefatto, in rito, innanzitutto, è da respingere l’eccezione d’inammissibilità sollevata dall’Ente resistente a ragione del contenuto promiscuo del ricorso, in parte costituito da un’azione ordinaria di annullamento e in parte di ottemperanza.
àˆ evidente che il medesimo articolo 32 del codice del processo amministrativo, invocato dal Comune, dimostri la possibilità di petita complessi e che l’articolo 34, primo comma, lettera e), attesti la continuità fra il momento della cognizione e quello dell’esecuzione.
D’altra parte, nella completezza del contraddittorio, alcuna rilevanza possono assumere le differenze di rito (incidenti sulla discussione della causa), nè, nella fattispecie concreta, i poteri da esercitare travalicano la mera verifica di legittimità della sopravvenuta ordinanza di ripristino 12 luglio 2012 n. 46314/220.
3. Nel merito, le censure dedotte sono fondate.
3.A. Il provvedimento gravato invero si presenta del tutto illogico, anche in considerazione dei rilievi sollevati dalla sentenza in riferimento alle circostanze di fatto emerse. Dall’ordinanza del 12 luglio 2012 non risulta infatti che il Comune abbia effettuato alcuna nuova istruttoria (la relazione della responsabile del procedimento, l’architetto Valeria Valendino, del 2 agosto 2011 viene menzionata ma poi disattesa e comunque non è stata mai prodotta in giudizio).
Il Dirigente del Settore in sostanza, richiamando la propria determinazione del 6 luglio 2012, ha ordinato la parziale demolizione del manufatto, “Considerato.. che nella richiamata Sentenza è comunque espresso un principio di prevalenza per la sanzione ripristinatoria, per quanto la Sentenza ha limitato la pronuncia di annullamento all’esistenza di un vizio motivazionale, si ritiene di dover ottemperare ai principi espressi nella Sentenza richiamata, irrogando la SANZIONE RIPRISTINATORIA”.
Ancora una volta però non è assolutamente chiaro come l’ordine in concreto sia scaturito dal concatenarsi dei fatti, peraltro non compiutamente ricostruibile attraverso il percorso motivazionale dell’ordinanza, e dalle irregolarità varie riscontrate dalla Polizia municipale, aspetti questi che dovevano essere partitamente e approfonditamente valutati nell’esercizio del potere di vigilanza attribuito all’Autorità locale.
In definitiva, anche in quest’occasione, l’Ente ha evitato di prendere posizione sia sul non comune percorso procedimentale seguito dai signori Dicosmo (i controinteressati, dopo aver ottenuto, in data 31 luglio 2008, il permesso di costruire per realizzare la sopraelevazione dell’edificio esistente, poi, in corso d’opera, hanno demolito e ricostruito anche la parte originaria, che, secondo i proprietari, troverebbe titolo nella dichiarazione d’inizio attività , successivamente presentata il 23 marzo 2009, sulla quale l’Amministrazione municipale non si è mai pronunciata) sia sulla compatibilità urbanistica ed edilizia del prodotto edilizio in complesso realizzato. Ciò ha portato all’emanazione di un atto illogico perchè, ictu oculi, ineseguibile, la cui ratio suscita notevoli perplessità .
In concreto, l’ordine di demolire viene espressamente circoscritto “all’intervento di ristrutturazione edilizio realizzato, al piano terra/seminterrato, piano ammezzato e I piano, in assenza di titolo abitativo sull’immobile sito in Via Mons. Dimiccoli, 108-110”, sicchè non è agevole comprendere come in definitiva si possano realmente demolire i piani inferiori lasciando integro il secondo piano, oggetto il permesso di costruire 31 luglio 2008 e non inciso dall’ordinanza impugnata.
A ciò consegue l’illegittimità dell’atto impugnato.
3.B. La domanda risarcitoria dev’essere invece respinta.
I deducenti chiedono il ristoro di un nocumento di dubbia consistenza (“grave frattura all’interno della comunità parrocchiale”) ovvero di costi facilmente dimostrabili ma non provati, come quelli sostenuti per gli accertamenti tecnici.
Il ricorso dunque, nella sua parte demolitoria, dev’essere accolto e, per l’effetto, dev’essere annullata l’ordinanza di ripristino n. 46314/220 del 12 luglio 2012.
Le spese seguono la soccombenza nei confronti dell’Amministrazione emanante l’atto, come da liquidazione in dispositivo, che tiene conto dei criteri di cui al decreto ministeriale 20 luglio 2012 n. 120, mentre, date le particolarità della vicenda, si giustifica la compensazione delle spese per i controinteressati.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza di ripristino n. 46314/220 del 12 luglio 2012.
Condanna il Comune di Barletta al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di € 3.000,00, oltre CU, CPI e IVA, come per legge, a titolo di spese di lite. Compensa per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)