1. Pubblica sicurezza – Esercizio di attività di autorimessa – Autorizzazione di polizia – Necessità – Esclusione – Potere inderdittivo del Prefetto – Termini – Perentorietà – Deroga – Fattispecie
2. Pubblica sicurezza – Procedimento amministrativo – Esercizio attività di autorimessa – Esercizio del potere inderdittivo del Prefetto – Natura urgente – Obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento – Non sussiste – Fattispecie
1. Dopo l’entrata in vigore del d.P.R. 480/2001 l’esercizio di attività di autorimessa è stato escluso dalle attività per le quali necessita l’autorizzazione di polizia, prevedendosi la presentazione di d.i.a. al Comune da parte dell’esercente, salvo l’esercizio da parte del Prefetto del potere interdittivo per “motivate esigenze di pubblica sicurezza” entro il termine perentorio di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione della d.i.a. da parte del Comune. Ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. citato al Prefetto è consentito l’uso del potere interdittivo anche oltre il termine di sessanta giorni ma solo per “sopravvenute motivate esigenze di pubblica sicurezza” sopraggiunte e successive, cioè, alla scadenza del predetto termine e non note precedentemente. (Nel caso di specie la Prefettura ha comunicato al ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato al divieto di esercizio dell’attività allorquando il termine per l’esercizio del potere interdittivo risultava irrimediabilmente decorso: il Prefetto ha ritenuto”sopravvenute motivate esigenze di pubblica sicurezza” alcune vicende penali in realtà molto risalenti nel tempo).
2. Attesa la natura urgente del provvedimento di interdizione emanato dal Prefetto in materia di esercizio di attività di autorimessa “per motivate esigenze di pubblica sicurezza” non ricorre l’obbligo di comunicazione dell’avvio di procedimento all’interessato sul presupposto della necessaria prevalenza dell’interesse pubblico alla sollecita adozione del provvedimento rispetto a quello privato antagonista di natura partecipativa.
N. 02106/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00416/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 416 del 2011, proposto da:
(omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Marco Lancieri, con domicilio eletto presso Marco Lancieri in Bari, via Cardassi N.58;
contro
U.T.G. – Prefettura di Bari, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distr.le Stato Di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento
-del decreto del prefetto della Provincia di Bari prot. 21228/spa/2008 area o.p. 1° bis dell’11.11.2010, notificato in data 23.12.2010, con cui “è fatto divieto al sig. di (omissis)¦.. di esercitare l’attività di rimessa di autoveicoli per le motivazioni di cui in premessa¦”;
-del decreto del prefetto della Provincia di Bari prot. 21228/spa/2008 area o.p. 1° bis dell’11.11.2010, menzionato nel provvedimento appena indicato nella parte in cui si segnala che “per mero errore naturale con decreto pari numero dell’11.10.2010 avente contenuto analogo è stata disposta la notifica nei confronti di altro soggetto¦”;
– di ogni atto comunque presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto dal ricorrente, ivi compresa la nota della Prefettura di Bari prot. 21228/spa/2008 area o.p. 1° bis, in data 06.09.2010, recante comunicazione dell’avvio del “procedimento di divieto dell’attività di autorimessa per improrogabili ed inderogabili di pubblica sicurezza, in ossequio a quanto previsto e disciplinato dall’art. 3 d.p.r. n. 480/2001”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Bari e di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori avv. Giuseppe Macchione, su delega dell’avv. M. Lancieri e avv. Dello Stato F. Manzari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame (omissis) impugna il provvedimento di cui in epigrafe con cui il Prefetto di Bari vieta al ricorrente di esercitare l’attività di autorimessa.
Il ricorrente, che esercita l’attività di soccorso stradale, autorimessa e trasporto merci per conto terzi, attualmente – in qualità di amministratore unico della “Società cooperativa Tredì Soccorso stradale” – gestisce un’attività di rimessa autoveicoli in Bari, a seguito di d.i.a. presentata il 13.5.2010 ex art. 1 d.p.r. 480/2001.
Con atto del 6.9.2010 la Prefettura di Bari ha comunicato al ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato al divieto di esercizio dell’attività di che trattasi, con invito a formulare deduzioni in merito, deduzioni rassegnate dal (omissis) con memoria del 23.9.2010, cui ha fatto seguito tuttavia l’impugnato provvedimento.
Il ricorrente a sostegno dell’impugnazione proposta deduce i seguenti motivi di censura:
1)violazione ed erronea applicazione dell’art. 11 T.U.L.P.S. in rapporto agli artt. 1 e 3 d.p.r. 480/2001. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 166 c.p. Violazione art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti in fatto e in diritto, carente istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta.
2) violazione ed erronea applicazione degli artt. 11 e 132 T.U.L.P.S. sotto diverso profilo. Violazione ed erronea applicazione degli artt. 1 e 3 d.p.r. 480/2001 sotto ulteriore profilo. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, carente istruttoria, difetto di motivazione ed ingiustizia manifesta. Irragionevolezza. Illogicità . Sviamento. Violazione del principio del legittimo affidamento del privato.
3) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 10 co. 1 lett. b) l. 241/1990. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti in fatto e in diritto. Carente istruttoria, mancanza assoluta di motivazione ed ingiustizia manifesta. Irragionevolezza. Illogicità . Sviamento.
4) Violazione e falsa applicazione dei principi di proporzionalità , ragionevolezza dell’azione amministrativa ex artt. 1 l. 241/241/90. Illogicità e ingiustizia manifesta.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’Interno, contestando le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza di questo Tribunale n. 315/2011 dell’ 8.4.2011 è stata accolta l’istanza cautelare.
All’Udienza dell’8 novembre 2012, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
A seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 480/2001, è stato abrogato l’inciso relativo all’esercizio di attività di autorimessa contenuto nell’art. 196 del R. D. 18 giugno 1931, n. 773, con conseguente esclusione della predetta attività dall’ambito di quelle soggette ad autorizzazione di polizia, prevedendosi che l’esercizio di autorimessa sia soggetto alla presentazione di denuncia inizio attività .
Secondo lo schema delineato dagli artt. 2, 3 e 4 del citato D.P.R., che ha modificato l’art. 86 del citato R.D., la d.i.a. va presentata al Comune il quale ne dà a sua volta comunicazione al Prefetto, cui è riservato l’esercizio del potere interdittivo da esercitarsi tuttavia entro il termine di sessanta giorni dalla ricevuta comunicazione da parte del Comune, per “motivate esigenze di pubblica sicurezza”.
La norma citata consente al Prefetto l’uso del potere interdittivo anche oltre il termine di sessanta giorni ma, in questo, solo per “sopravvenute motivate esigenze di pubblica sicurezza”.
Nel caso in esame la d.i.a. è stata presentata al Comune di Bari in data 13.5.2010; il Comune di Bari con nota del 28.5.2010 ha trasmesso la documentazione alla Prefettura, documentazione ricevuta solo in data 8.6.2010.
La Prefettura ha comunicato al ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato al divieto di esercizio dell’attività in data 6.9.2010 e, quindi, allorquando il termine per l’esercizio del potere interdittivo risultava irrimediabilmente decaduto.
Peraltro il provvedimento interdittivo dell’11.11.2010, oggetto di impugnazione, notificato al ricorrente in data 23.12.2010, è stato adottato in violazione del paradigma legale sopra delineato, in quanto fondato su vicende penali a carico del ricorrente risalenti nel tempo e non già , pertanto, sulla base di esigenze di pubblica sicurezza sopravvenute e successive.
Per dovere di completezza deve rilevarsi che appare quantomeno dubbio il ritenere necessario anche nel caso in esame l’obbligo dell’Amministrazione di attivazione del sub procedimento di cui agli artt. 7 ss. l. 241/1990.
Ed infatti, se è vero che detto sub procedimento costituisce un segmento infraprocedimentale necessario e integrativo di qualunque procedimento che non preveda già autonomamente una fase partecipativa e in contraddittorio omologa, fatti salvi i casi di esclusione previsti dalla stessa norma, è altrettanto evidente che proprio per effetto di espressa previsione della normativa di che trattasi, non ricorre l’obbligo del sub procedimento qualora vi sia un’urgenza di provvedere, ritenuta evidentemente non compatibile con l’aggravio procedimentale, sul presupposto della necessaria prevalenza dell’interesse pubblico alla sollecita adozione del provvedimento rispetto a quello privato antagonista di natura partecipativa.
Nella fattispecie in esame l’urgenza di provvedere è in re ipsa in relazione al breve termine di soli sessanta giorni assegnato al Prefetto per l’esercizio del potere interdittivo.
E tuttavia, diversamente opinando anche ove per mera ipotesi volesse ritenersi la necessarietà dell’attivazione del sub procedimento partecipativo, dovrebbe di conseguenza ritenersi idonea la mera comunicazione di avvio del procedimento volto all’interdizione dell’attività ad interrompere il predetto termine di sessanta giorni.
Nella fattispecie concretamente in esame, tuttavia, anche la comunicazione di avvio del procedimento del 6.9.2010 risulta al di fuori del termine massimo, supportandosi peraltro a vicende pregresse e non già a situazioni di pericolosità sociale sopravvenute o anche preesistenti ma delle quali la Prefettura sia venuta a conoscenza in tempo successivo rispetto alla scadenza del termine di sessanta giorni.
Il ricorso va dunque accolto, assorbiti i restanti profili di censura.
Ricorrono ragioni equitative per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Bari Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento di cui epigrafe.
Spese compesate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere, Estensore
Desirèe Zonno, Primo Referendario
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)