1. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Accreditamento istituzionale – Art. 4 , co 7, L. 412/1991 – Rapporto di lavoro con il SSN -Titolarità o compartecipazione quote di struttura accreditata – Incompatibilità
2. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Accreditamento istituzionale – Incompatibilità ex art. 4, comma 7, L. 30 dicembre 1991, n. 412- Estensione strutture sanitarie private accreditate ex art. 1, co 5 L. 662/1996
3. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Accreditamento istituzionale – Art. 1, co. 19, L. 662/1996 – Incompatibilità erogazione – Interpretazione
4. Sanità e farmacie – Servizio sanitario – Accreditamento istituzionale – Accreditamento struttura privata incompatibile -Contratti ex art. 8 quinquies D.Lgs. 502/92 – Nullità -Remunerazione – Illegittimità
1. Ai sensi dell’art. 4, co 7, L. 412/1991, che individua chiare ipotesi di incompatibilità tra i dipendenti del SSN e qualunque forma di cointeressenza con strutture sanitarie diverse da quelle operanti nell’ambito del SSN, il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale determina una forma di incompatibilità con la titolarità o con la compartecipazione delle quote di strutture accreditate perchè configura un conflitto di interessi con lo stesso SSN.
2. L’art. 1, co 5, L. 662/1996 estende le ipotesi di incompatibilità già contemplate dall’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, anche alle strutture sanitarie private accreditate.
3. La norma contenuta nell’art. 1, co. 19, L. 662/1996 per la quale le strutture private devono documentare la capacità di garantire l’erogazione delle proprie prestazioni nel rispetto delle incompatibilità previste dalla normativa vigente in materia di rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale, deve essere interpretata nel senso che tutta l’organizzazione delle strutture private e non solo l’erogazione, che rappresenta la fase finale e più significativa, sia immune da situazioni di incompatibilità .
4. In ipotesi di incompatibilità (di qualunque tipo) è precluso l’accreditamento della struttura privata in cui la situazione di incompatibilità è accertata e sono pertanto nulli i contratti ex art. 8 quinquies D.Lgs. 502/92 che hanno condotto alla remunerazione di prestazioni sanitarie nei confronti di tale struttura.
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Cons. St., sez. III, sentenza 28 novembre 2013, n.5690 – 2013; ric. n. 2940 – 2013
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N. 02034/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00197/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 197 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Studio Medico Odontoiatrico D. C. S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Nichil, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, P.za Massari;
contro
Azienda Sanitaria Locale Lecce, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanna Corrente, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Bari in Bari, Pza Massari;
Regione Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. Adriana Shiroka, con domicilio eletto presso Adriana Shiroka in Bari, c/o Avv.Ra Reg.Puglia- N. Sauro n.33;
nei confronti di
Studio Associato di Odontoiatria D. V. Dr. A. – D. V. Dr.ssa M. C., rappresentato e difeso dall’avv. Giulio V. Petruzzi, con domicilio eletto presso Adriano Garofalo in Bari, via Manzoni, n.15;
per l’annullamento
– della nota a contenuto provvedimentale a firma del direttore generale della asl di Lecce prot. n. 164710/p del 15 ottobre 2010 pervenuta in data 19 ottobre con cui l’Azienda sanitaria, in considerazione della istruttoria in corso volta alla verifica della legittimità del relativo accreditamento ed in attesa di nuove determinazioni o indicazioni in merito da parte dell’Assessorato, riteneva di soprassedere alla sottoscrizione dell’accordo contrattuale con la struttura ricorrente;
– nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, ed in particolare
– della successiva diffida prot. n. 6145/conv del 3 novembre 2010 a firma del dirigente del settore specialistica privata accreditata u.o. gestione rapporti convenzionali della asl di Lecce;
I motivi aggiunti:
– della nota prot. n. 2011/0058141 del 12 aprile 2011 del commissario straordinario della asl di Lecce con cui si comunicava allo Studio medico ricorrente il diniego, in via definitiva, della stipula del contratto per la verificata incompatibilità originaria del dr. G.C., legale rappresentante della predetta struttura, al momento della proposizione della domanda di accreditamento;
II motivi aggiunti:
– della determinazione dirigenziale n. 227 del 20 settembre 2011 a firma del dirigente del servizio accreditamento e programmazione sanitaria dell’assessorato alle politiche della salute della regione Puglia, trasmessa al ricorrente con nota prot. n. aoo-081/3734/coord. del 20 settembre 2011 pervenuta il successivo 23 settembre, con è stato revocato in via definitiva, allo studio medico ricorrente, l’accreditamento istituzionale con il SSN;
– nonchè di ogni atto presupposto, connesso o comunque consequenziale anche se allo stato non conosciuto e avverso il quale ci si riserva la proposizione di motivi aggiunti;
ed in particolare ove occorra e ove ritenuti atti lesivi impugnabili
– della nota prot. n. 2011/0061075 del 15 aprile 2011 del commissario straordinario della asl di Lecce;
– delle note dell’avvocatura regionale della Puglia prot. n. 11/l/9333 del 2.05.2011 e prot. n. 11/l/13455 del 28.06.2011;
– delle note del servizio programmazione e gestione sanitaria dell’assessorato alle politiche della salute prot. n. aoo-081/2043/coord dl 10.05.2011 e prot. n. aoo-081/2559/coord del 15.06.2011.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale Lecce e di Studio Associato di Odontoiatria D.V.Dr. Antonio e di Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Antonio Nichil, avv. Giovanna Corrente, avv. Mariangela Rosato, su delega dell’avv. A. Shiroka e avv. G. V. Petruzzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con esposto del 14.06.2010, indirizzato ai competenti Uffici della Regione Puglia, il Sindacato regionale Branche a visita denunciava situazioni di incompatibilità e/o conflitto di interessi del Dr. C., dirigente medico ospedaliero che, contemporaneamente risultava anche legale rappresentante della struttura privata accreditata Studio medico odontoiatrico Dr. C.. Chiedeva, pertanto, di verificare la legittimità dell’accreditamento istituzionale rilasciato in suo favore.
Il Dirigente del Servizio Programmazione e Gestione sanitaria dell’Assessorato alle Politiche per la Salute della Regione Puglia, con nota prot. n. AOO_081/3343/coord. del 14.07.2010, invitava il Dipartimento di Prevenzione dell’ASL LE a verificare quanto rilevato dalla predetta organizzazione sindacale e a fornire la relativa relazione, integrata con la eventuale documentazione, la quale veniva poi trasmessa, con nota prot. n. 147577 del 15.09.2010 a firma del Dirigente medico del Servizio.
Le circostanze denunciate venivano positivamente riscontrate dagli accertamenti svolti.
Emergeva, infatti, che il Dr. G.C., dipendente del Servizio Sanitario Nazionale in servizio presso il P.O. di Gagliano del Capo era stato, parallelamente, legale rappresentante e detentore della totalità delle quote sociali dello “Studio Medico Odontoiatrico Dr. C. s.r.l.”.
In particolare egli, in data 22.07.2005, in tale qualità , aveva anche presentato istanza di accreditamento istituzionale a favore di quest’ultimo.
A far data dal 12.11.2007, in costanza del suo rapporto con il SSN, era stato rilasciato alla succitata struttura il predetto accreditamento, con determinazione dirigenziale del Settore Programmazione e Gestione sanitaria dell’Assessorato alle Politiche della Salute della Regione Puglia, n. 370 del 12.11.2007.
Solo in data 22.09.2008 (e cioè circa un anno dopo l’intervenuto accreditamento), il Dr. G. C. – il quale nelle more aveva proseguito ininterrottamente il proprio rapporto lavorativo quale dipendente pubblico ospedaliero – cedeva l’intera titolarità delle quote in suo possesso a favore della “F.m. s.r.l.”.
Il 25.09.2008 (soli tre giorni dopo), lo Studio odontoiatrico Dr. C. srl sottoscriveva il contratto con la ASL LE per l’acquisto di prestazioni con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale che, successivamente, provvedeva a esigere dalla stessa Azienda, ivi comprese quelle erogate anteriormente alla sottoscrizione del predetto contratto, ottenendone così il pagamento da parte dell’Amministrazione sanitaria (v. nota prot. n. 2011/0058141 del 12 aprile 2011 del commissario straordinario della asl di Lecce di diniego definitivo alla stipula del contratto e richiesta restituzione somme non dovute).
In seguito e, più precisamente, in data 04.10.2010, il Dr. D.V., in qualità di legale rappresentante dello “Studio Associato di Odontoiatria D. V. Dr. A.- D. V. Dr.ssa M. C.”, operante nel medesimo distretto, con propria motivata istanza, chiedeva ai competenti uffici regionali e all’ASL LE di verificare tutta una serie di fatti e circostanze attestanti la presenza di una situazione di incompatibilità riguardante lo Studio medico del Dr. C. e di adottare ogni provvedimento utile ai fini della rimozione del correlato rapporto di accreditamento.
Con nota prot. n. 164710/P del 15.10.2010, il Direttore Generale dell’ASL LE comunicava allo Studio medico ricorrente che, definiti i tetti di spesa fissati per l’anno 2010 per le strutture ambulatoriali private provvisoriamente/istituzionalmente accreditate giusta deliberazione n. 2929 dell’08.10.2010, l’Azienda sanitaria, in considerazione della istruttoria in corso, volta alla verifica della legittimità del relativo accreditamento – ed in attesa di nuove determinazioni o indicazioni in merito da parte dell’Assessorato regionale – riteneva di soprassedere alla sottoscrizione dell’accordo contrattuale con la prefata struttura.
Lo Studio Medico Odontoiatrico Dr. C. srl, con ricorso principale del 15.12.2010, adiva questo Tar, impugnando la nota soprassessoria dell’ASL LE del 15.10.2010 e gli atti presupposti.
Successivamente, a seguito di vari espressi solleciti da parte dei titolari dello studio odontoiatrico odierno controinteressato, l’Avvocatura Regionale, con nota prot. n. 11/L/2805 del 22.02.2011, invitava l’ASL LE ad effettuare i relativi accertamenti in ordine alle circostanze di incompatibilità reiteratamente evidenziate e di indebita percezione di somme liquidate a titolo di remunerazione di prestazioni eseguite per con del SSN.
Si accertava anche l’avvenuta liquidazione allo Studio medico Odontoiatrico del Dr. C. srl di € 21.162,01 per prestazioni erogate nel periodo marzo 2008 – agosto 2008, periodo precedente alla sottoscrizione dell’accordo contrattuale per l’anno 2008, avvenuta in data 25.09.2008.
All’esito degli accertamenti, il Commissario Straordinario della ASL LE, con nota prot. n. 2011/0058141 del 12.04.2011 – impugnata con motivi aggiunti del 30.05.2011 -comunicava allo Studio medico ricorrente il diniego, in via definitiva, della stipula del contratto per la verificata incompatibilità originaria del dr. G. C., legale rappresentante della predetta struttura al momento della proposizione della domanda di accreditamento, e richiedeva, altresì, la restituzione delle somme indebitamente percepite per le prestazioni erogate tra il marzo e l’agosto 2008, in assenza del contratto stipulato tra lo stesso Studio medico e l’Azienda Sanitaria.
A seguito di un’ennesima nota del Commissario Straordinario dell’ASL LE, rivolta al Servizio Programmazione e Gestione sanitaria ed all’Avvocatura Regionale, con cui si ribadiva l’indebita remunerazione delle prestazioni per il 2008 all’odierno ricorrente e, al contempo, si richiedeva al competente Ufficio regionale di rivalutare la legittimità dell’accreditamento rilasciato allo stesso Studio medico odontoiatrico Dr. C. srl, il Servizio Programmazione e Gestione Sanitaria, dopo aver comunicato (con nota prot. AOO_081/2043/Coord. del 10.05.2011) l’avvio del procedimento di revoca dell’accreditamento istituzionale conferito giusta D.D. n. 370/2007, e su conforme parere dell’Avvocatura Regionale, con determinazione dirigenziale n. 227 del 20.09.2011 (gravata con il secondo ricorso per motivi aggiunti), disponeva la revoca dell’accreditamento istituzionale con il SSN, per la riconosciuta situazione di incompatibilità , ai sensi del combinato disposto dell’art. 4, comma 7 della L. n. 412/1991 e dell’art. 1, comma 19 della L. n. 662/96.
La revoca veniva altresì gravata, con ricorso incidentale da parte dello Studio Associato di Odontoiatria D. V. , in quanto la stessa non veniva disposta, in maniera espressa (ritenendola di fatto assorbita), anche per aver il medesimo Studio Odontoiatrico erogato, in assenza di accordo contrattuale, prestazioni per conto del SSN, nell’arco temporale ricompreso nel marzo-agosto 2008, nonchè per averle poi, in maniera parimenti illegittima, rendicontate all’ASL LE ottenendone la relativa non dovuta remunerazione.
Dopo una articolata fase cautelare svoltasi dinanzi alla Sezione staccata di Lecce di questo Tar, la causa veniva, infine, trasmessa alla sede centrale, in accoglimento del rilievo di parte controinteressata, derivante dall’intervenuto atto regionale di ritiro in autotutela dell’atto di accreditamento e dalla conseguente intervenuta spettanza a questa sede della trattazione.
Alla pubblica udienza del 25.10.2012, la causa veniva, infine, discussa nel merito.
SUL RICORSO PRINCIPALE.
Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso principale, con il quale si impugna la nota soprassessoria dell’ASL Le, relativa alla stipula dell’annuale accordo contrattuale ex art. 8 quinquies d.lgs. 502/92, è diventato improcedibile per carenza di interesse, in quanto il definitivo diniego successivamente intervenuto (e impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti) ha completamente sostituito ex tunc quello gravato con il ricorso principale (id est l’originaria decisione di sospendere la stipula del relativo contratto), sicchè, rispetto al ricorso avverso tale primo provvedimento, non può che rilevarsi il difetto sopravvenuto di interesse, in quanto dall’accoglimento del gravame la società ricorrente non trarrebbe alcuna utilità , essendo intervenuto un nuovo e diverso provvedimento negativo su cui si sposta evidentemente l’interesse processuale.
I RICORSI PER MOTIVI AGGIUNTI.
I due ricorsi per motivi aggiunti possono essere, invece, esaminati congiuntamente, essendo le doglianze formulate del tutto analoghe, analoghe essendo, nella sostanza, le motivazioni poste a fondamento di entrambi gli atti impugnati.
Preliminarmente sull’ammissibilità dell’impugnativa dei dinieghi di rinnovo di accordi contrattuali ex art. 8 quinquies, d.lgs. n. 502 del 1992 , ritiene la Sezione di rinviare alla propria giurisprudenza (sent. nn. 1406 e 1457 del 2012) che ha già ammesso la censurabilità per vizi di legittimità di tali atti , pur riconoscendosene la natura di atto prodromico di natura negoziale ovverosia atto prenegoziale (nella specie di manifestazione negativa di volontà ) prodromico ad un accordo sostitutivo ex art. 11 l.241/90.
Venendo all’esame del merito delle doglianze formulate, deve in primo luogo sgomberarsi il campo da quella proposta nel I ricorso per motivi aggiunti, avverso il diniego di rinnovare l’accordo contrattuale, con cui si assume che esso sia stato determinato anche dalla indebita percezione delle somme relative al periodo di marzo -agosto 2008 per circa euro 21.000,00 e si censura, di conseguenza, tale ragione giustificatrice.
La doglianza non coglie nel segno, in quanto è frutto di un evidente equivoco.
L’atto impugnato non motiva affatto (e per ciò non fonda) il diniego di stipula anche con l’indebita percezione.
Tale circostanza, come emerge da una piana lettura del testo della nota, viene indicata solo per giustificare la contestuale richiesta, contenuta nella nota stessa, di restituire quanto indebitamente percepito.
In altri termini, il riferimento all’indebita percezione di somme non dovute non si pone quale giustificazione (ulteriore) del diniego, ma solo quale contestuale (ma del tutto autonoma) ragione della ripetizione delle somme indebitamente erogate.
Per ciò l’ASL, con la nota in esame, ha da un lato rifiutato la stipula di un nuovo contratto e dall’atro richiesto le somme indebitamente percepite.
Tale essendo la natura della nota in parte qua, essa va qualificata, per tale parte, come atto di natura negoziale (cioè come mera richiesta restitutoria di un indebito) che non attiene il merito delle ragioni poste a fondamento della decisione di non stipulare il contratto ex art.8 quinquies d.lgs 502/92, con la conseguenza che la doglianza proposta sotto tale profilo, va respinta perchè frutto di un travisamento delle circostanze di fatto su cui si basa.
Per identiche ragioni va respinta la doglianza formulata nel II ricorso per motivi aggiunti che contesta la legittimità dell’intervenuta revoca, in quanto determinata (anche) dalla indebita percezione di somme, la quale si porrebbe, pertanto, quale ulteriore ragione giustificatrice dell’atto.
La altrettanto piana lettura del provvedimento impugnato rende convinti che esso non è stato disposto affatto in ragione della indebita percezione, circostanza alla quale si fa riferimento nella parte motiva solo a fini descrittivi degli esiti dei complessivi accertamenti disposti.
Ciò risulta confermato anche dal fatto che il controinteressato ha fondato il proprio ricorso incidentale proprio sulla mancata indicazione di tale ulteriore ragione a fondamento dell’atto di ritiro.
Dunque ogni contestazione in merito è del tutto inconferente.
Vero punto nodale della controversia è quello con cui la società ricorrente contesta la legittimità della revoca dell’accreditamento (ed ancor prima del diniego di stipulare ogni accordo contrattuale) per violazione di legge, ritenendo che la disciplina di settore sulle incompatibilità del personale medico non consentirebbe affatto di adottare il provvedimento impugnato.
Per una migliore comprensione della questione giuridica sottoposta all’attenzione della Sezione, è opportuno richiamare le disposizioni poste a fondamento della decisione di revocare (rectius annullare) il già disposto accreditamento.
Dispone l’art.4 , co 7, L.412/1991:
“7. Con il Servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. Il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale è altresì incompatibile con l’esercizio di altre attività o con la titolarità o con la compartecipazione delle quote di imprese che possono configurare conflitto di interessi con lo stesso. L’accertamento delle incompatibilità compete, anche su iniziativa di chiunque vi abbia interesse, all’amministratore straordinario della unità sanitaria locale al quale compete altresì l’adozione dei conseguenti provvedimenti. Le situazioni di incompatibilità devono cessare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. A decorrere dal 1° gennaio 1993, al personale medico con rapporto di lavoro a tempo definito, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, è garantito il passaggio, a domanda, anche in soprannumero, al rapporto di lavoro a tempo pieno. In corrispondenza dei predetti passaggi si procede alla riduzione delle dotazioni organiche, sulla base del diverso rapporto orario, con progressivo riassorbimento delle posizioni soprannumerarie. L’esercizio dell’attività libero-professionale dei medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale è compatibile col rapporto unico d’impiego, purchè espletato fuori dell’orario di lavoro all’interno delle strutture sanitarie o all’esterno delle stesse, con esclusione di strutture private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Le disposizioni del presente comma si applicano anche al personale di cui all’articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. Per detto personale all’accertamento delle incompatibilità provvedono le autorità accademiche competenti. Resta valido quanto stabilito dagli articoli 78, 116 e 117, D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384. In sede di definizione degli accordi convenzionali di cui all’articolo 48, L. 23 dicembre 1978, n. 833, è definito il campo di applicazione del principio di unicità del rapporto di lavoro a valere tra i diversi accordi convenzionali.”
Recita ancora l’art. 1, co 5 e 19 L 662/1996:
“5. Ferme restando le incompatibilità previste dall’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, da riferire anche alle strutture sanitarie private accreditate ovvero a quelle indicate dall’articolo 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724,¦¦ omissis
omissis
19. Le istituzioni sanitarie private, ai fini dell’accreditamento di cui all’articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, devono documentare la capacità di garantire l’erogazione delle proprie prestazioni nel rispetto delle incompatibilità previste dalla normativa vigente in materia di rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale e con piante organiche a regime. L’esistenza di situazioni d’incompatibilità preclude l’accreditamento e comporta la nullità dei rapporti eventualmente instaurati con le unità sanitarie locali. L’accertata insussistenza della capacità di garantire le proprie prestazioni comporta la revoca dell’accreditamento e la risoluzione dei rapporti costituiti.”
Secondo la tesi di parte ricorrente, in estrema sintesi, l’art. 1, co 19, L 662/1996 ed i previsti divieti, atterrebbero solo le ipotesi di erogazione delle prestazioni sanitarie in situazione di incompatibilità , ma non anche il caso, ricorrente per lo studio del dr. C., di titolarità di quote sociali, benchè in situazione di (evidente ed incontestata) incompatibilità .
La norma riportata si limiterebbe a precludere, in sostanza, soltanto che le prestazioni sanitarie siano effettuate da dipendenti del SSN in situazione di incompatibilità , come si desumerebbe dal dato testuale relativo alla “capacità di garantire l’erogazione”.
Del tutto in conferente sarebbe anche l’altra norma contenuta nell’art. 4 , co 7, L. 412/1991 che riguarderebbe esclusivamente ipotesi di incompatibilità del personale medico in posizione dirigenziale dipendente dal SSN, ma non anche i dipendenti di strutture private accreditate.
In altri termini i dipendenti pubblici del SSN sarebbero incompatibili con l’inserimento (la dizione è volutamente generica comprendendo sia la prestazione di attività professionale sia la partecipazione societaria) in strutture private accreditate, ma l’incompatibilità non godrebbe di altrettale proprietà transitiva e per ciò non riguarderebbe le strutture come il centro medico ricorrente.
La tesi di parte ricorrente non è esatta.
La corretta interpretazione del quadro normativo di settore non può che muovere, in ossequio al criterio di esame cronologico delle fonti, dal precetto, contenuto nell’art. 4 , co 7, L. 412/1991, che individua chiare ipotesi di incompatibilità tra i dipendenti del SSN e qualunque forma di cointeressenza con strutture sanitarie diverse da quelle operanti nell’ambito del SSN, ivi compresa la compartecipazione delle quote di imprese che possono configurare un conflitto di interessi con lo stesso (ipotesi evidentemente ricorrente nel caso di specie, in cui si è accertata la totale titolarità delle quote sociali di un istituto sanitario concorrente con il SSN e operante per la sanità pubblica in regime di convenzione).
L’art. 1, co 5 L. 662/1996 estende poi le ipotesi di incompatibilità già contemplate dall’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, anche alle strutture sanitarie private accreditate.
Dunque, la norma enucleabile da tali disposizioni risiede nella previsione di varie ipotesi di incompatibilità per i dipendenti del SSN.
L’art. 1, co 19 L 662/1996 prescrive, invece, che le strutture private debbano erogare le proprie prestazioni nel rispetto delle incompatibilità previste dalla normativa vigente in materia di rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale, con ciò precludendo che esse si possano avvalere di medici in situazione di incompatibilità .
Prevede, inoltre, le conseguenze della violazione di tale precetto, precludendo l’accreditamento e sancendo la nullità dei rapporti eventualmente instaurati con le unità sanitarie locali.
A dire di parte ricorrente solo la concreta prestazione (cioè l’erogazione) dell’attività sanitaria dovrebbe rispettare il divieto di utilizzo di personale incompatibile perchè dipendente del SSN e dunque, il divieto di accreditamento colpirebbe solo quelle strutture che si avvalgono, nelle prestazioni all’utenza, di personale medico dipendente del SSN.
La tesi manifesta la sua palese erroneità laddove si pensi che il precipitato logico di tale impostazione risiede nella conseguenza che in tutti gli altri casi di incompatibilità , l’ordinamento nulla prevederebbe a carico della struttura privata che – in qualunque modo- sia permeata dalla presenza di personale sanitario che, in violazione dei chiari precetti sopra riportati, si trovi in situazione di incompatibilità .
In altri termini, stando a quanto sostenuto da parte ricorrente, alla struttura accreditata che eroghi le prestazioni sanitarie, avvalendosi di medici dipendenti contestualmente del SSN (come tali incompatibili), sarebbe precluso l’accreditamento, mentre laddove fossero riscontrate altre situazioni di incompatibilità , l’accreditamento sarebbe comunque consentito e l’ordinamento non appronterebbe, pertanto, alcuna forma di reazione avverso la violazione del divieto.
Una siffatta interpretazione contrasterebbe irrimediabilmente con il principio di ragionevolezza e con quello di uguaglianza, in quanto situazioni accomunate dal medesimo elemento caratterizzante -la presenza di situazioni di incompatibilità – sarebbero disciplinate in modo ingiustificatamente difforme.
Deve, invece, ritenersi che la individuabilità di una eadem ratio impone la interpretazione estensiva (non analogica, si badi) del dato testuale contenuto nell’art. 1, co 19 L 662/1996 a tutte le ipotesi di incompatibilità .
Esigenze di ordine logico e coerenza sistematica, sottese al principio di non contraddizione, inducono, pertanto, ad una diversa lettura della norma contenuta nell’art. 1, co 19, L 662/1996.
La lettura coerente con i canoni interpretativi appena citati del dato testuale che prevede che le strutture private “devono documentare la capacità di garantire l’erogazione delle proprie prestazioni nel rispetto delle incompatibilità previste dalla normativa vigente in materia di rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale e con piante organiche a regime” impone di ritenere che il riferimento all’erogazione vada inteso nel senso che tutta l’organizzazione delle strutture private deve garantire che l’erogazione (che rappresenta la fase finale e più significativa) sia immune da situazioni di incompatibilità di qualunque tipo e natura che inciderebbero, viziandola, sulla prestazione finale.
In altri termini, il legislatore, riferendosi all’erogazione, ha inteso richiedere che la prestazione a valle non abbia a monte (e non solo nella fase dell’esecuzione materiale) alcuna situazione di incompatibilità .
Questa è l’unica lettura del dato testuale che non confligge con i canoni di logica coerenza del sistema (oltre che del più banale buon senso).
Dal combinato disposto delle due norme, interpretate nel senso indicato dalla Sezione, si ricava con sillogismo aristotelico che:
– Il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale determina una forma di incompatibilità con la titolarità o con la compartecipazione delle quote di strutture accreditate( perchè configurare conflitto di interessi con lo stesso SSN);
– in ipotesi di incompatibilità (di qualunque tipo) è precluso l’accreditamento della struttura privata in cui la situazione di incompatibilità è accertata;
Il dr. C. versava, al momento dell’accreditamento in ipotesi di incompatibilità perchè titolare di tutte le quote della struttura privata, benchè dipendente del SSN.
Dunque, alla struttura del dr. C. era assolutamente precluso l’accreditamento che la Regione ha inspiegabilmente rilasciato e mantenuto per svariati anni, inducendo, pertanto, la ASL a stipulare contratti nulli che hanno determinato un indebito pagamento di tutte le remunerazioni per erogazione di prestazioni sanitarie.
Nè vale evidenziare la successiva dismissione della totalità delle quote sociali da parte del dr. C., in quanto costui ne ha mantenuto la titolarità per circa un anno dopo l’accreditamento, sicchè la grave situazione di illegittimità verificatasi al momento della concessione dell’accreditamento lungamente perdurante non consentiva deroga alcuna al ripristino della legalità , evidenziando, al contrario, una situazione di pervicace aggiramento, con comportamento elusivo, della normativa di settore in materia di incompatibilità .
I ricorsi per motivi aggiunti vanno pertanto, respinti.
La reiezione degli stessi rende inammissibile per difetto di interesse il ricorso incidentale.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
Le gravi irregolarità riscontrate nel procedimento di rilascio dell’accreditamento (i cui effetti patrimoniali dannosi per l’amministrazione risultano aggravati dalla ingiustificata lentezza nell’adozione dell’atto di ritiro in autotutela) impongono alla Sezione di trasmettere gli atti del presente procedimento al sig. Procuratore presso la Corte dei Conti, sede di Bari, per le determinazioni di sua competenza, potendosi profilare elementi di danno derivanti dalla stipula dei contratti ex art. 8 quinquies d.lgs. 502/92 che hanno condotto alla remunerazione di prestazioni sanitarie nei confronti di struttura versante in ipotesi di palese incompatibilità .
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, rigetta i ricorsi per motivi aggiunti.
Dichiara improcedibile il ricorso principale ed inammissibile quello incidentale per difetto di interesse.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida, nei confronti dell’ ASL Lecce e della Regione Puglia, nonchè nei confronti del controinteressato Studio Associato di Odontoiatria D.V. Dr. A. e D. V. Dr.ssa M.C., ciascuno, in Euro 3000,00 omnicomprensivi, oltre IVA e CPA come per legge.
Dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento al sig. Procuratore presso la Corte dei Conti, sede di Bari, per le determinazioni di sua competenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)