1. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio – Provvedimento – Motivazione plurima – Effetti
 
2. Commercio, industria, turismo – Impianti radioelettrici – Modifica posizionamento antenne – Diniego di autorizzazione – Emissioni – Tutela della salute – Parere Arpa post-autorizzazione su impianto esistente – Necessità  – Fattispecie
 
3. Procedimento amministrativo – Interdipendenza fra due procedimenti – Conseguenze
 
4. Procedimento amministrativo – Principio di buona fede – Reciprocità  – Fattispecie 

1. Nei provvedimenti caratterizzati da motivazioni plurime, la legittimità  anche di una sola delle ragioni poste a fondamento del provvedimento adottato dalla p.A. preclude l’annullamento dell’atto, mentre la procedibilità  del ricorso dipende dalla puntuale contestazione di ciascuna di esse.
 
2. In materia di riposizionamento di antenne, deve ritenersi legittimo il diniego di autorizzazione alla modifica dell’impianto laddove non risulti completato l’iter autorizzativo relativo all’impianto esistente, mediante l’acquisizione del parere post-attivazione di competenza dell’ARPA; pur in assenza di specifici riferimenti normativi testuali, infatti, i due procedimenti sono ritenuti interdipendenti in quanto l’alterazione dello stato di fatto dell’impianto esistente non consentirebbe alla p.a. di compiere la necessaria verifica post-attivazione in ordine all’entità  delle emissioni, verifica finalizzata alla tutela del diritto alla salute.
 
3. Costituisce principio generale quello secondo cui, pur in assenza di previsione espressa, laddove sussistano elementi di fatto o di diritto che legano due procedimenti, la p.A. deve tenerne conto.
 
4. Il principio di buona fede grava non solo sulle p.a. ma anche sugli amministrati (nel caso di specie, è stata ritenuta la natura interlocutoria della richiesta di chiarimenti formulata dall’amministrazione in ottica di collaborazione ed in funzione dello snellimento del procedimento amministrativo).


* * * 
Vedi Cons. St., sez. III, sentenza 19 settembre 2013, n. 4671 – 2013; ordinanza 27 marzo 2013, n. 1058 – 2013; ric. n. 422 – 2013
* * * 

N. 01970/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00963/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 963 del 2009, proposto da: 
Reti Televisive Italiane Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Mangialardi e Alberto Melica, con domicilio eletto presso Alberto Melica in Bari, via F. Crispi n.6; 

contro
Comune di Corato, rappresentato e difeso dagli avv. Michele Dionigi e Tommaso Di Gioia, con domicilio eletto presso Michele Dionigi in Bari, via Nicolai, n.29; 

per l’annullamento, previa sospensiva,
della nota prot. n. 10338, ricevuta il 20.04.2009, con la quale il comune di Corato ha respinto l’istanza di autorizzazione formulata da reti televisive italiane spa (“RTI”), ai sensi dell’art. 87 d.lgs. 259/2003, “per la modifica delle caratteristiche tecnico-operative già  autorizzate con permesso di costruire n. 129/04, relativamente alla nuova infrastruttura realizzata nell’area distinta in catasto terreni del comune di Corato al mappale foglio n. 67 p.lle 531 – 533, posto in Corato alla contrada “Murgetta”, nonchè per il trasferimento di impianti in detta infrastruttura come ivi indicati”
e per la condanna
del comune di Corato a risarcire il danno subito dalla ricorrente, in forma specifica o per equivalente.
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Corato in Persona del Sindaco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 il dott. Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori avv. Alberto Melica e avv. Pasquale Procacci, su delega dell’avv. M. Dionigi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espone in fatto la società  odierna ricorrente di essere titolare
– di concessione ministeriale per l’esercizio della radiodiffusione televisiva in ambito nazionale con le emittenti Canale 5, Italia 1 e
-di autorizzazione alla prosecuzione di tale attività  con l’emittente Retequattro
e di aver già  installato, nel territorio del Comune di Corato (nell’area distinta in catasto terreni del Comune al foglio 67, particelle 531-533 – contrada “Murgetta”), un traliccio alto circa 150 metri, autorizzato con provvedimento di permesso di costruire n. 129 del 31 marzo 2004.
Tale opera, da tempo funzionante, ospita le antenne di RTI, che ha dismesso altra infrastruttura in precedenza utilizzata.
Aggiunge di aver presentato al Comune di Corato e all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Puglia (ARPA), ai sensi dell’art. 87, comma 3, D.Lgs 1 agosto 2003, n. 259, un’istanza di autorizzazione avente ad oggetto il riposizionamento delle tre antenne esistenti di RTI, agganciate a diverse altezze sulla torre già  in opera alta 150 metri, e l’aggiunta di una quarta antenna di Elettronica Industriale, senza alcuna modifica edilizia del traliccio esistente e del manufatto alla base destinato al ricovero degli apparati.
Il Comune di Corato, con provvedimento sosprassessorio prot. n. 472 del 9 gennaio 2009, ha evidenziato varie ragioni ostative al rilascio dell’autorizzazione richiesta e ha dichiarato sospesa l’istanza di autorizzazione presentata da RTI, fino a quando “non saranno forniti chiarimenti sui rilievi innanzi elencati, con riserva di emettere il provvedimento di diniego”.
Con lettera del 19 gennaio 2009, RTI replicava puntualmente alle osservazione del Comune, e concludeva la propria nota insistendo per il rilascio dell’autorizzazione.
Con il provvedimento prot. 10338 ricevuto da RTI il 20 aprile 2009, oggetto dell’odierna impugnativa, il Comune di Corato ha negato l’autorizzazione richiesta, ritenendo non superate tutte le ragioni ostative già  esposte nel provvedimento soprassessorio.
In particolare, nell’impugnato diniego si osservava:
– sub 1. “relativamente alla nuova infrastruttura (cioè quella autorizzata con provvedimento di permesso di costruire n. 129 del 31 marzo 2004, n.d.e) già  realizzata, non è stata trasmessa a questo Comune alcuna certificazione ARPA di post-attivazione, presupposto imprescindibile sia per l’esercizio degli impianti esistenti che per poter ipotizzare alcuna modifica dei medesimi e/o trasferimento di altri”;
– sub 2. “non è stato ancora chiarito il destino del vecchio traliccio sul quale erano posizionati gli impianti già  trasferiti, nonchè quelli oggetto della presente richiesta di trasferimento”;
– sub 3. “non sono chiare le motivazioni dello spostamento dell’antenna relativa al canale 38 UHF dalla quota di 130 m a 40 m, così come il posizionamento a tale quota delle nuove antenne, con un conseguente abbassamento dal centro elettrico e quindi un aumento dei valori del campo elettrico al suolo”;
– sub 4. “è stata trasmessa una “Valutazione di Impatto Paesaggistico” ma, atteso che l’intervento ricade in ambito territoriale esteso “C” del vigente PUTT, manca asseverazione tecnica di rispetto delle norme vigenti in materia paesaggistica e si ritiene che l’intervento debba essere oggetto di autorizzazione paesaggistica: pertanto è necessario che sia prodotta idonea richiesta e documentazione agli Uffici preposti”;
– sub 5. “nella tavola “Progetto di massima” a firma ing. Pajola è riportata una dicitura “strada da realizzare” non menzionata nella richiesta di autorizzazione”;
– sub 6. “non è riportata una rappresentazione grafica “ante opera” e “post operam” ma, a firma di altro tecnico ed all’interno della “Valutazione di Impatto Paesaggistico”, uno “stato autorizzato” ed uno “stato di progetto”;
– sub 7. “manca asseverazione tecnica in riferimento al D.P.R. 06/06/01 n.380 (rispetto di tutte le norme di sicurezza, statiche, igienico-sanitarie, edilizie, ecc…)”;
– sub 8. “manca parere preventivo ARPA” ;
Con lettera del 25 maggio 2009, l’ARPA, ai sensi dell’art. 87 del Codice delle comunicazioni, rilasciava il parere (preventivo) positivo sulla domanda di autorizzazione presentata da RTI, dichiarando la compatibilità  della nuova configurazione delle antenne proposta dalla interessata rispetto ai limiti ed ai livelli di campo elettromagnetico stabiliti dal DPCM 8 luglio 2003.
Avverso il provvedimento di diniego sopracitato insorge la società  ricorrente, denunciando un’articolata serie di motivi di censura, dei quali si darà  conto nel prosieguo.
All’udienza del 25.10.2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
Ritiene la Sezione che le ragioni che hanno indotto ad adottare la decisione cautelare di accoglimento vadano radicalmente riviste a seguito di complesso ed articolato ripensamento.
Deve in primo luogo premettersi che il provvedimento impugnato va qualificato quale atto amministrativo sorretto da una pluralità  di ragioni giustificative, sicchè la sufficienza anche di una sola di esse vale da un lato a supportare validamente il provvedimento e dall’altro – e sotto il diverso profilo processuale- la procedibilità  del ricorso dipende dalla contestazione puntuale di tutte le distinte ragioni (cosa effettivamente fatta dalla società  ricorrente).
Tanto premesso e venendo al merito delle prime doglianze mosse, la società  ricorrente contesta in primo luogo la violazione della normativa di settore (artt. 3, 41, 42 e 97 Cost.; art. 8, comma 6, L. 22 febbraio 2001, n. 36; art. 41, L. 1 agosto 2002, n. 166; artt. 86, 87, 90, 93, D.Lgs 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni); artt. 3 e 4 DPCM 8 luglio 2003; art. 1, 3 e 6, L. 7 agosto 1990, n. 241; punti A.1, A.2 e A. 3 del Regolamento Regionale della Puglia 14 settembre 2006, n. 14; artt. 2 e 5, NTA del PUTT della Regione Puglia approvato con delibera della Giunta regionale 15 dicembre 2000, n. 1748) e l’eccesso di potere per erroneità  dei presupposti, travisamento dei fatti, irragionevolezza, illogicità , contraddittorietà  e genericità .
La pretesa del parere dell’ARPA post-attivazione sarebbe assolutamente erronea: da un lato, l’ARPA ha emesso il parere preventivo favorevole sulla istanza di RTI e, dall’altro, il parere post-attivazione non può essere preteso dal Comune prima dell’avvio dell’esercizio della nuova configurazione delle antenne che, a sua volta, è necessariamente subordinato al rilascio dell’autorizzazione.
In proposito, il punto A.3 del Regolamento Regionale 14 settembre 2006, n. 14, stabilisce che “l’operatore, dopo il perfezionamento del prescritto titolo di legittimazione, ha l’obbligo di comunicare all’ARPA ed al Comune, entro 10 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto, la data di attivazione dello stesso in modo da consentire all’ARPA l’esecuzione di misure post-attivazione onde verificare il rispetto dei limiti e degli obiettivi di qualità  applicabili alla luce del DPCM 8 luglio 2003. ¦ I risultati di detta indagine, ripostati da ARPA in una certificazione di conformità  post-attivazione devono essere comunicati al Comune ed all’operatore. La certificazione di conformità  post-attivazione deve essere redatta in condizioni di impianto attivo a regime”.
Parrebbe, dunque, evidente l’illegittimità  della pretesa del Comune di Corato, laddove l’Ente ha motivato il diniego dell’autorizzazione richiesta dall’operatore con la mancata produzione del parere dell’ARPA di post-attivazione, dimenticando che quest’ultimo documento consegue, ex Reg. Reg. 14/06, all’attivazione “a regime” dell’impianto, la quale, a sua volta, è necessariamente subordinata al rilascio del titolo abilitativo (autorizzazione) da parte del Comune.
Opinando come vuole il Comune non sarebbe mai possibile ottenere l’autorizzazione perchè il parere post-attivazione dell’ARPA, la cui consegna è pretesa dal Comune in fase di istruttoria, presuppone proprio il rilascio della stessa autorizzazione e l’avvio dell’impianto.
Nemmeno meriterebbe considerazione la circostanza adombrata nel provvedimento di diniego impugnato, secondo la quale il Comune lamenterebbe di non aver ricevuto il parere post-attivazione relativo alla configurazione delle antenne precedente alla nuova domanda di autorizzazione.
Non vi sarebbe, infatti, nessuna interferenza tra il procedimento attinente l’attivazione dell’impianto esistente (per cui è stata riscontrata la mancanza del parere post attivazione dell’ impianto già  esistente ed a regime) ed il procedimento in esame che è volto a richiedere l’autorizzazione di una diversa configurazione delle antenne poste sul traliccio esistente (in sostanza, il collocamento delle antenne già  presenti ad altezze inferiori e l’aggiunta di una nuova antenna), rilevando il parere post-attivazione dell’ARPA solo in riferimento a tale ultimo assetto proposto e non con riguardo ad altre precedenti configurazioni.
La richiesta del Comune comporterebbe, quindi, un inutile aggravio del procedimento, in violazione dell’art. 1, L. 241/90.
D’altra parte, aggiunge RTI, il parere post-attivazione potrà , comunque, essere richiesto dall’Ente successivamente al rilascio dell’autorizzazione ed all’avvio dell’impianto.
La doglianza è infondata.
In primo luogo occorre chiarire il significato della ragione ostativa indicata dal Comune che la società  ricorrente mostra di fraintendere.
La prima ragione di diniego esposta dal Comune di Corato è rappresentata dal fatto che in relazione all’impianto già  autorizzato e in funzione, di cui si chiede l’autorizzazione alla modifica, non è stato rilasciato dall’ARPA (o se rilasciato non è stato comunicato al Comune) il parere di post-attivazione volto a valutare in concreto (e cioè ad impianto già  attivato e funzionante) la compatibilità  delle emissioni con i livelli prescritti dalla normativa di settore.
La società  ricorrente mostra, pertanto, di non aver centrato il nucleo essenziale delle ragioni esposte dall’Amministrazione se, nella prima parte della doglianza, deduce che il parere post- attivazione non possa che essere rilasciato dopo la modifica richiesta e non prima, quale condizione dell’autorizzazione alla stessa.
E’ assolutamente condivisibile – si potrebbe dire lapalissiano – che il parere post- attivazione non possa che seguire l’attivazione effettiva di un impianto e, di conseguenza, non possa essere considerato una condizione per la sua attivazione.
Il punto nodale della questione è, tuttavia, ben diverso.
Il Comune ha rifiutato l’autorizzazione alla modifica dell’impianto, rilevando (tra le altre cose) che il parere post- attivazione su quello esistente e funzionante – di cui si reclama la modifica – non era stato mai rilasciato.
In altri termini il ragionamento del Comune può essere così sintetizzato: non può essere rilasciata l’autorizzazione alla modifica di un impianto, in assenza del parere post- attivazione sull’impianto che si pretende di modificare.
In verità , la società  ha ben compreso la ragione esposta dal Comune, perchè nella seconda parte della doglianza nega ogni interferenza tra il procedimento di autorizzazione alla modifica e quello di valutazione in concreto delle emissioni elettromagnetiche di quello modificando.
La tesi sostenuta dalla ricorrente non è, tuttavia, in alcun modo condivisibile.
Accettandone il presupposto fondante, rappresentato dalla totale indipendenza tra i procedimenti in questione, si giungerebbe, infatti, a conclusioni in contrasto con i canoni di efficienza dell’attività  amministrativa, di interpretazione logica, razionale e sistematica delle norme di settore, nonchè con il principio fondamentale dell’ordinamento che tutela il diritto alla salute ex art. 32 cost.
Come già  chiarito, stando alla tesi di parte ricorrente, i due procedimenti non presenterebbero alcuna connessione ed il Comune non potrebbe rifiutare l’autorizzazione alla modifica dell’installazione dei ripetitori (benchè senza modifica strutturale del traliccio), in ragione del mancato rilascio del parere post- attivazione sull’impianto da modificare.
La conseguenza della tesi propugnata sarebbe, dunque, che, a fronte di una reiterata (nonchè incontestata) e pervicace inottemperanza ad uno degli adempimenti posti a carico del privato e funzionale a controllare il livello di emissioni, al chiaro fine di evitare l’inquinamento elettromagnetico, e per ciò mirato a tutelare la salute pubblica, il Comune nulla potrebbe fare e dovrebbe supinamente autorizzare la modifica richiesta.
Il che potrebbe anche giustificarsi con la considerazione che l’ordinamento non ammette atti di autotutela delle proprie ragioni e ripudia comportamenti ritorsivi, evidentemente contrari al canone di buona fede.
Senonchè, anche tale obiezione è destinata a cadere, laddove si pensi che una volta effettuata la modifica dell’impianto, il parere post-attivazione su quello già  esistente diviene impossibile, essendo stato modificato il livello delle emissioni da controllare.
Dunque, il nesso di presupposizione tra i due procedimenti, negato da parte ricorrente, è al contrario imposto – benchè in assenza di un riferimento normativo testuale – dagli insuperabili effetti che la modifica richiesta determinerebbe sul procedimento di verifica e controllo delle emissioni dell’impianto attuale, poichè l’alterazione dello stato di fatto dell’impianto da modificarsi, precluderebbe definitivamente l’attività  di controllo post-attivazione.
Bene ha fatto per ciò il Comune, a tutela della salute pubblica, a richiedere che si verificasse in primo luogo l’entità  delle emissioni sull’impianto funzionante e, solo all’esito, ne fosse consentita la modifica.
Deve addirittura affermarsi con decisione che, diversamente facendo, l’amministrazione avrebbe assunto una decisione in evidente contrasto con la tutela del diritto alla salute che la carta costituzionale indica come bene supremo.
Nè vale obiettare che la mancanza di una previsione testuale nel senso ritenuto dalla Sezione, escluda le conclusioni a cui è giunta.
Non sono, infatti, nuove all’ordinamento forme di collegamento tra procedimenti o istituti giuridici (di diritto pubblico o civile) i cui effetti si riflettono dall’atto a monte su quello a valle, pur in assenza di un’espressa previsione.
Tali sono le ipotesi (in campo civilistico) dell’istituto della presupposizione ovvero del collegamento negoziale nonchè (in ambito pubblicistico) degli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto di appalto.
In tutti questi casi l’ordinamento pacificamente riconosce che le vicende attinenti ad un atto riflettano i propri effetti su quelli ad esso collegati.
Dunque, va riconosciuta l’esistenza di un principio generale che impone di affermare che, laddove vi siano elementi di fatto (come nel caso di specie) o di diritto che legano due procedimenti, di tali circostanze l’amministrazione deve tenerne conto, à ncorando gli esiti di un procedimento all’esito di quello ad esso collegato.
Nessun inutile ed ingiustificato aggravio procedimentale ha, pertanto, realizzato l’amministrazione, che ha, invece, operato secondo canoni di logica ed efficienza, a presidio e tutela del incomprimibile diritto alla salute (pubblica e privata).
La reiezione del motivo di ricorso appena esaminato rende improcedibili per difetto di interesse (e per ciò assorbite) le ulteriori censure, in quanto , anche in caso di accoglimento nessuna utilità  potrebbe trarre la società  ricorrente, restando il provvedimento di diniego sorretto dalla ragione giustificativa appena esaminata.
Tuttavia, la Sezione non può esimersi dal rilevare la infondatezza anche del II motivo di censura con cui si lamenta la in conferenza con il procedimento in esame e, per ciò ingiustamente gravoso, del “chiarimento” richiesto dal Comune a RTI in merito al “destino del vecchio traliccio sul quale erano posizionati gli impianti già  trasferiti”.
Sul punto rileva la Sezione che l’obbligo di buona fede grava non solo sulle amministrazioni, ma anche sugli amministrati.
Nel caso di specie, se è senz’altro da escludersi una sorta di “sillagmaticità ” tra la rimozione del primo traliccio a mezzo del quale veniva esercitata l’attività  di radio- tele trasmissione e il rilascio dell’autorizzazione richiesta, trattandosi di impianti distinti, deve, tuttavia rilevarsi, che la richiesta di chiarimenti non è configurabile quale ragione ostativa al rilascio dell’autorizzazione, ma solo quale contestuale richiesta, in un’ottica collaborativa funzionale allo snellimento dell’attività  procedimentale, di fornire indicazioni circa la sorte del precedente impianto (evidentemente anche al fine di attivare eventuali e di distinti poteri sanzionatori).
Pertanto, va escluso che tale richiesta configuri un illegittimo aggravio del procedimento, avendo natura puramente interlocutoria.
La reiezione nel merito delle prime doglianze e l’assorbimento di quelle ulteriori, comportando il positivo superamento del vaglio di legittimità  del provvedimento impugnato, determina il rigetto della domanda risarcitoria.
L’andamento complessivo della controversia impone la compensazione integrale delle spese, in assenza di un quadro univoco della giurisprudenza, dimostrato dai diversi esiti della fase cautelare e di merito.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Rigetta, altresì, la domanda risarcitoria.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Desirèe Zonno, Primo Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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